Operatività e limiti del principio di scissione soggettiva degli effetti della notificazione

Redazione 22/04/20
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di Mario Golia*

* Dottorando di ricerca dell’Università di Bologna

Sommario

1. Premessa introduttiva

2. La scissione soggettiva degli effetti della notifica nella giurisprudenza della Corte costituzionale: da regola del caso concreto a principio generale della materia

3. L’intervento del legislatore e il principio della scissione soggettiva degli effetti nella c.d. notifica in proprio a mezzo posta

4. L’estensione alle nuove forme. La notifica con modalità telematica e la sentenza della Corte costituzionale n. 75 del 2019

5. Principio di scissione ed effetti sostanziali e processuali degli atti

5.1 Principio di scissione e atti unilaterali recettizi

5.2. Principio di scissione ed effetti sostanziali degli atti processuali

5.2.1 Principio di scissione e interruzione della prescrizione nell’azione revocatoria

5.2.2 Principio di scissione e interruzione della prescrizione nelle azioni risarcitorie

6. Conclusioni

1. Premessa introduttiva

La significativa (e ormai nota) incidenza dell’innovazione tecnologia sul processo civile non ha lasciato immune il sistema, tanto pragmatico quanto cruciale, delle notificazioni[1].

Emblematica, a tal proposito, è la diffusione del sistema di notifica a mezzo pec che ha impegnato, a diversi livelli, la giurisprudenza più recente inducendola a riprendere principi ormai consolidati per i tradizionali strumenti e a riadattarne, all’uopo, la morfologia nel suo complesso.

Una tappa rilevante, in tale processo, è la nota sentenza della Corte costituzionale n. 75 del 2019[2], intervenuta proprio a chiarire il ruolo e la portata, in relazione alle notifiche telematiche, di uno dei più significativi principi elaborati in subiecta materia: il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione.

Quella appena segnalata rappresenta solo una delle tante tappe fondamentali di un’evoluzione pretoria – a più livelli – tuttora in fieri che ha investito (e continua ad investire) i più variegati profili del tema, annoverando tra i principali protagonisti del progressivo processo ermeneutico non solo le giurisprudenze di merito e di legittimità ma anche (e soprattutto) quella costituzionale.

Risulta quindi attuale e opportuno tributare qualche spunto di riflessione al principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione anche al fine di provare a meglio delinearne, alla luce della complessiva evoluzione giurisprudenziale, il perimetro operativo e i relativi limiti.

Segnalate le tappe genetiche ed evolutive più rilevanti, l’indagine si svilupperà su due piani, considerato che l’ambito operativo andrà individuato sia con riguardo ai principali strumenti di notifica sia in relazione alla tipologia di effetti che vengono direttamente interessati dall’applicazione della regola in commento.

[1] La letteratura in tema di notificazioni, seppur in gran parte risalente, è relativamente vasta ed eterogenea. Si segnalano, inter alia e senza pretesa alcuna di esaustività, i contributi di: Minoli, Le notificazioni nel processo civile, Milano, 1938; Bolaffi, Notificazione giudiziale e stragiudiziale, in Noviss. Dig. It., VIII, 1939, pagg. 112 e ss.; Redenti, Struttura della citazione e delle notificazioni, in Giur. it., 1949, I, 1, pagg. 643 e ss.; Bignardi, Notificazione degli atti processuali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1953, pagg. 219 e ss.; Chicco, Orario di uffici pubblici e tempo delle notificazioni, in Giur. it., 1956, I, 2, pagg. 308 e ss.; Carnacini, Ancora una vittima delle notificazioni per posta, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1957, pagg. 1005 e ss.; Punzi, La notificazione degli atti nel processo civile, Milano, 1959; Id. Delle comunicazioni e notificazioni, in Commentario del codice di procedura civile diretto da Allorio, II, Torino, 1973, pagg. 1439 e ss.; Id., voce Notificazione (dir. proc. civ.), in Enc. Dir., Milano, 1978, pagg. 645 e ss.; Martinetto, Notificazione (Diritto processuale civile), in Noviss. Dig. It., IX, 1965, pagg. 395 e ss.; La China, Notificazione (diritto processuale civile), in Enc. giur., XXI, 2000, pagg. 3 e ss.; Balena, Notificazione e comunicazione, in Dig. civ., XII, Torino, 1995, pagg. 261 e ss.; Corsini, Art. 149, in Chiarloni (a cura di), Le recenti riforme del processo civile, I, Bologna, 2007, pagg. 117 e ss.; Frassinetti, La notificazione nel processo civile, Giuffrè, 2012; Di Marzio-Matteini Chiari, Le notificazioni e i termini nel processo civile , Milano, 2014.

[2] Corte costituzionale, 9 aprile 2019, n. 75, in Foro it., 2019, 11, 1, 3449; ma pubblicata anche in Giur. cost., II, 2019, pagg. 913 e ss., con commento di Punzi, I limiti di orario nelle notificazioni eseguite con modalità telematiche; in Riv. dir. proc., 2019, III, pag. 908 e ss., con nota di Trinchi, Il tempo delle notificazioni a mezzo pec; in Dir. e prat. trib., 2019, VI, pag. 2627 e ss. con nota di Campodonico, Un principio invincibile? La scissione degli effetti della notifica tra vis expansiva e notifiche via pec.

2. La scissione soggettiva degli effetti della notifica nella giurisprudenza della Corte costituzionale: da regola del caso concreto a principio generale della materia

Il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione ha origine pretoria ed è stato oggetto di significativa attenzione della Corte costituzionale che, dopo averlo plasmato quale regola specifica per la materia delle notifiche all’estero, ne ha, in breve tempo, elevato lo status a principio di portata generale.

Va premesso che originariamente vigeva la regola generale per cui la notifica si perfezionava al momento della conoscenza o conoscibilità legale dell’atto da parte del destinatario. La notificazione, sotto il profilo teorico, veniva considerata come una fattispecie a formazione progressiva idonea a perfezionarsi e a produrre effetti per tutti i soggetti coinvolti solo con la conoscenza o conoscibilità legale da parte del destinatario.

La rilettura di una simile impostazione dogmatica è stata effettuata dal Giudice delle leggi valorizzando, in una prima fase, la portata precettiva dell’art. 24 della Costituzione e, più di recente, la potenzialità espansiva – sotto il profilo ermeneutico – del principio di ragionevolezza, espresso dall’art. 3 della Costituzione.

La ratio sottesa alla regola della scissione soggettiva degli effetti della notifica è stata per la prima volta espressa nella sentenza della Corte costituzionale n. 10 del 1978 la quale ha affermato l’illegittimità rispetto all’ art. 24 del dettato fondamentale della formulazione dell’art. 143, ultimo comma, c.p.c.[3].

La norma veniva, per una prima volta, censurata nella parte in cui non prevedeva che, con riguardo alla operatività della notifica nei confronti del destinatario non residente, né dimorante, né domiciliato nel territorio della Repubblica, la sua applicazione fosse subordinata all’impossibilità di eseguire la notifica nei modi consentiti dalle convenzioni internazionali e dal D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200, recante disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari (c.d. Regolamento consolare).

Per quanto qui d’interesse, seppur senza un richiamo expressis verbis alla regola della scissione, viene affermata la necessità che nel caso di notificazione all’estero le garanzie di conoscibilità dell’atto, da parte del destinatario, si coordinino con l’interesse del notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo di un procedimento notificatorio parzialmente sottratto ai suoi poteri di impulso. Il principio si pone quindi a tutela de diritto di azione del notificante bilanciato con il contrapposto diritto di «conoscere per potersi difendere» in capo al destinatario, egualmente protetto dall’art. 24 Cost.

L’impostazione decisoria in ultimo descritta è ribadita dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 69 del 1994 con riguardo alla notifica all’estero di un provvedimento di sequestro ante causam [4]. In questa occasione, il Giudice delle Leggi ha coerentemente concluso affermando che la notifica si perfeziona per il notificante con il compimento delle sole formalità che non sfuggono alla sua disponibilità.

È stata quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale – questa volta non solo in relazione all’art. 24 della Costituzione ma anche rispetto al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione – degli artt. 142, terzo comma, 143, terzo comma, e 680, primo comma, c.p.c., nella parte in cui non prevedono che la notificazione all’estero del decreto che autorizza il sequestro si perfezioni, ai fini dell’osservanza del prescritto termine, con il tempestivo compimento delle formalità imposte al notificante dalle convenzioni internazionali e dagli artt. 30 e 75 del citato Regolamento consolare.

Siffatta soluzione è stata confermata dalla sentenza n. 358 del 1996, che – proprio in ragione della possibilità di una lettura della norma conforme al precedente e ritenendo ormai il principio consolidato per l’intera materia – ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità dell’art. 669-octies c.p.c., a proposito della notificazione all’estero dell’atto introduttivo del procedimento cautelare uniforme, introdotto dalla novella del 1990[5].

La consacrazione in termini di principio generale della regola de qua è avvenuta, qualche anno più tardi, con l’importante sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002[6].

Con tale arresto, il Giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 c.p.c. e dell’art. 4, comma 3, l. n. 890 del 1982 nella parte in cui prevedeva che la notificazione a mezzo posta[7] si perfezionasse, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.

L’incostituzionalità della (precedente) formulazione normativa veniva affermata assumendo a parametro di riferimento sia il diritto di difesa (art. 24 Cost.) sia il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.). La Corte riscontrava la lesione del diritto del notificante di agire in giudizio, ritenendo altresì irragionevole la norma, poiché essa, così come illo tempore formulata, onerava l’attore (o ricorrente) del rischio dell’omessa o tardiva consegna dell’atto causata da disservizi del servizio postale a lui non imputabili in quanto del tutto estranei alla sua sfera di disponibilità[8].

Tale principio è stato nuovamente riaffermato due anni dopo dalla Corte costituzionale nella sentenza 23 gennaio 2004, n. 28[9]. L’ulteriore intervento del Giudice delle Leggi si è reso necessario per adeguare il sistema di notificazione a mani proprie del destinatario nella residenza, nella dimora o nel domicilio di questi alla regola introdotta con il precedente del 2002. È stato quindi vagliata la legittimità costituzionale, sempre rispetto ai parametri di cui agli artt. 3 e 24 Cost., del combinato disposto degli artt. 139 e 148 c.p.c. «nella parte in cui prevede che le notificazioni si perfezionino, per il notificante, alla data di perfezionamento delle formalità di notifica poste in essere dall’ufficiale giudiziario e da questi attestate nella relazione di notificazione, anziché alla data, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario».

In quest’ultima sentenza è stato espressamente riconosciuto come a seguito dei numerosi interventi della giurisprudenza costituzionale, la regola avesse ormai assunto natura di vero e proprio principio generale della materia, capace di esplicare i suoi effetti a prescindere dalla tipologia di notifica cui si ricorre.

[3] Corte costituzionale, 2 febbraio 1978, n. 10, in Giur. it., 1978, I, pag. 1397 e in Riv. corte conti, 1978, pag. 1297.

[4] Corte costituzionale, 3 marzo 1994, n. 69, in Giust. civ., 1994, I, pag. 1164; in Riv. dir. internaz., 1994, pag. 193; in Nuova giur. civ. commentata, 1994, I, pag. 399; in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 1994, pag. 79; in Giur. cost., 1994, pag. 740.

[5] Corte costituzionale, 22 ottobre 1996, n. 358, in Giust. civ.,1997, I, pag. 604; in Foro it., 1997, I, pag. 1006; in Giur. cost., 1996, pag. 3140; in Cons. Stato 1996, II, pag. 1699; in Giur. it. 1997, I, pag. 448; in Giur. it., 1997, pagg. 10 e ss., con nota di De Cristofaro, Sui termini per la notifica all’estero nel processo cautelare e sulla conseguente articolazione del procedimento iniziato inaudita altera parte. Nel dictum della pronuncia viene rilevato che il meccanismo della notificazione all’estero, sotto il suo aspetto funzionale, è stato definitivamente modificato dalla precedente sentenza n. 69 del 1994, «la quale assume una valenza generale poiché trascende la specifica fattispecie oggetto di quel giudizio e coinvolge il complessivo sistema notificatorio degli atti processuali risultante dagli art. 142 e 143 c.p.c. delimitandone l’ambito di operatività, le modalità e i momenti di perfezionamento a seconda dei soggetti coinvolti e, soprattutto, a prescindere dal contenuto degli atti stessi». Pertanto, «la interpretazione dell’art. 669 octies, conforme all’intervento della Corte, consente di ritenere la norma denunziata immune dai prospettati vizi di incostituzionalità, in considerazione del fatto che la scissione soggettiva dei momenti di perfezionamento e di operatività della notificazione, ed il correlato principio di sufficienza del compimento di quelle formalità che non sfuggono alla disponibilità del notificante, elidono il supposto p>

[6] Corte costituzionale, 26 novembre 2002, n. 477, in Giur. it., 2003, VIII-IX, pagg. 1549 e ss., con nota di Dalmotto, La Corte manipola la norma sul perfezionamento della notifica postale: vecchie alternative e nuovi problemi; in Riv. dir. trib., 2003, II, pagg. 131 e ss,, con nota di Lupi, Sulla legittimità della costituzione in giudizio a mezzo posta, con spedizione degli atti entro i termini per la costituzione; in Guida al dir., 21 dicembre 2002, n. 48, pagg. 38 e ss., con nota di Gentile, Passa il principio di scissione degli effetti tra attori e destinatari dell’atto giuridico; in Corriere giur., 2003, I, pagg. 23 e ss., con nota di Conte, Diritto di difesa ed oneri della notifica. L’incostituzionalità degli artt. 149 c. p. c. e 4, 3° comma, legge 890/82 : una «rivoluzione copernicana»?; in Foro amm. TAR, 2002, pagg. 2535 e ss.; in Foro it., 2003, I, 13, con nota di Caponi, La notificazione a mezzo posta si perfeziona per il notificante alla data di consegna all’ufficiale giudiziario: la parte non risponde delle negligenze di terzi, pagg. 14 e ss. In tema si segnalano gli ulteriori contributi di Caponi, Sul perfezionamento della notificazione nel processo civile (e su qualche disattenzione della corte costituzionale), in Foro it., 2004, I, pagg. 646 e ss.; Id., Sul perfezionamento della notificazione e l’iscrizione della causa a ruolo, in Foro it., 2004, I, pagg. 1321 e ss.

[7] È opportuno ricordare che l’art. 107 del D.P.R., 15 dicembre 1959, n. 1229 (recante «ordinamento degli ufficiali giudiziari e degli aiutanti ufficiali giudiziari»), prevede l’obbligo per l’ufficiale giudiziario di avvalersi del servizio postale per la notificazione degli atti in materia civile ed amministrativa da eseguirsi fuori del Comune ove ha sede il suo ufficio, eccetto che la parte, per iscritto in calce o a margine dell’atto, chieda che la notificazione sia eseguita di persona. Viene poi riconosciuta la facoltà per tutti gli ufficiali giudiziari di «eseguire, a mezzo del servizio postale, senza limitazioni territoriali, la notificazione degli atti relativi ad affari di competenza delle autorità giudiziarie della sede alla quale sono addetti, del verbale di cui all’articolo 492-bis del codice di procedura civile e degli atti stragiudiziali». La più puntuale disciplina della notifica a mezzo posta è contenuta nella legge 20 novembre 1982, n. 890. Sulla figura dell’ufficiale giudiziario e le relative funzioni espletate si rinvia a: Marziale, Ufficiale giudiziario, in Nov. dig. it., XIX, Torino, 1973, pagg. 1022 ss.; Buoncristiani, Ufficiale giudiziario, in Enc. dir., XVL, Milano, 1992, pag. 530 ss. Per quanto concerne i diversi aspetti della notifica a mezzo posta si vedano: Cassisa, Sulla notificazione per posta presso il domiciliatario, in Giust. civ., 1958, I, pagg, 1472 e ss.; Pera, Questioni sulla notificazione a mezzo del servizio postale, in Riv. dir. proc., 1953, II, pagg. 40 e ss.; Greco, Presupposti per la validità della notificazione per posta, in Arch. ric. giur., 1951, pagg. 796 e ss.; De Giacomo, Prova della notificazione per posta, in Arch. ric. giur., 1948, 27; Florino, In tema di notificazioni per mezzo del servizio postale (nullità-inesistenza), in Foro it., 1971, I, pagg. 2285 e ss.; Caputo, La notificazione a mezzo posta con consegna al portiere, in Giur. merito, 1971, IV, pagg. 23 e ss.

[8] Di diverso avviso si era rivelato poco tempo prima il Massimo Consesso della giurisprudenza amministrativa con due pronunce gemelle. Il riferimento è a Consiglio di Stato, Ad. plen., 14 febbraio 2001, n. 1, pubblicata in: Rass. Avv. Stato, 2001, II, pag. 249; Foro it., 2001, III, pagg. 221 e ss.; Guida al dir., 2001, n. 12, pag. 103; Foro Amm., 2001, pagg. 262 e ss. La seconda sentenza di rilievo è la successiva Consiglio di Stato, Ad. plen., 14 febbraio 2001, n. 2, pubblicata in: Giust. civ., 2001, I, 1682 e in Riv. giur. edil., 2001, I, pagg. 425 e ss. Dette pronunce hanno affermato il principio di diritto secondo cui «l’art. 149 c.p.c., nel silenzio del dettato normativo, va interpretato nel senso che la notifica a mezzo del servizio postale non si esaurisce con la spedizione dell’atto, ma si perfeziona con la consegna del relativo plico al destinatario, per cui la tempestività del ricorso è esclusivamente rilevabile dalla certificazione della data di tale consegna da parte dell’agente postale, essendo l’utilizzazione del servizio postale a rischio di chi lo richiede a titolo di (auto) responsabilità oggettiva. Il notificante, che pur può avvalersi di altri e più sicuri mezzi di notificazione, non può, pertanto, ove la notifica avvenga dopo il decorso del termine prescritto, dolersi di tale sua scelta e chiedere il beneficio dell’errore scusabile».

[9] Corte cost., 23 gennaio 2004, n. 28, in Giur. cost., 2004, V, pagg. 3269 e ss., con nota di Basilico, La Corte costituzionale affronta ancora il problema delle notifiche.

3. L’intervento del legislatore e il principio della scissione soggettiva degli effetti nella c.d. notifica in proprio a mezzo posta

L’evoluzione pretoria descritta ha indotto il legislatore a recepire, cristallizzandolo nel dato normativo, il principio in argomento. Sicché con l’entrata in vigore dell’art. 2 della legge 28 dicembre 2005, n. 263, è stato aggiunto un ulteriore comma (il terzo) all’art. 149 c.p.c. in cui è stato espressamente previsto che «la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto».

È d’uopo precisare che nonostante la lettera della norma faccia espresso riferimento alla «consegna del plico all’ufficiale giudiziario», il principio della scissione soggettiva degli effetti della notifica, previsto dall’art. 149 c.p.c., è da ritenersi applicabile anche alla c.d. notificazione in proprio, effettuata, a norma della legge 21 gennaio 1994, n. 53, dall’avvocato munito della procura alle liti e dell’autorizzazione del Consiglio dell’ordine cui è iscritto[10]. La giurisprudenza di legittimità ritiene che in tale ipotesi, per stabilire la tempestività o la tardività della notifica, occorrerà tenere conto della data di consegna del plico all’agente postale incaricato del recapito secondo le modalità stabilite dalla legge 20 novembre 1982, n. 890[11].

[10] In forza dell’art. 55, comma 1, legge 18 giugno 2009, n. 69, la facoltà di effettuare notifiche in proprio di cui alla l. n. 53/1994 è riconosciuta anche all’Avvocatura dello stato. A questa si applicano però modalità esecutive specifiche, stante anche la non necessaria autorizzazione ai sensi degli artt. 1 e 7 della l. n. 53/1994 del Consiglio dell’ordine per gli avvocati dello Stato.

[11] Cass. civ., sez. III, 3 luglio 2014, n. 15234, in Giust. civ. mass., 2014.

4. L’estensione alle nuove forme. La notifica con modalità telematica e la sentenza della Corte costituzionale n. 75 del 2019

Tanto premesso per quanto concerne i tradizionali mezzi di notifica (a mani proprie e a mezzo posta), andrà ora spesa qualche ulteriore considerazione circa l’applicazione del principio de quo nell’ambito delle notifiche telematiche, data la loro ormai nota diffusione.

È bene rammentare, a tal proposito, che l’art. 4, comma 8, d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazione, in l. 22 febbraio 2010, n. 24, ha introdotto nel codice di rito l’articolo 149 bis che riconosce all’Ufficiale giudiziario, nei casi in cui non sia espressamente vietato dalla legge, la facoltà di eseguire la notificazione a mezzo posta elettronica certificata, «anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo» (comma 1). In questa ipotesi, precisa la disposizione, «la notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario» (comma 3).

Un ruolo cruciale nella diffusione della notifica con modalità telematiche lo ha assolto, però, solo l’entrata in vigore del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni in legge 17 dicembre 2012, n. 221. Siffatto articolato normativo ha novellato la citata legge n. 53/1994 riconoscendo agli avvocati la facoltà di notificare atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale a mezzo della posta elettronica certificata, senza neppure la necessità di acquisire la preventiva autorizzazione del Consiglio dell’ordine di appartenenza (ancora richiesta, però, come si è visto, per la notifica in proprio a mezzo posta, salvo che per l’Avvocatura dello Stato).

Più segnatamente, il neo introdotto art. 3 bis, l. n. 53/1994, prevede che la notificazione deve essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, «nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici» ed utilizzando, esclusivamente, un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante, anch’esso risultante da pubblici elenchi[12]. Il rinvio alla normativa secondaria per gli aspetti strettamente esecutivi della notifica impone di richiamare in questa sede, senza pretesa alcuna di esaustività e limitatamente alle fonti di maggior rilevanza, il d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68 e il D.P.C.M. 2 novembre 2005, recante regole tecniche per la formazione, la trasmissione e la validazione, anche temporale, della posta elettronica certificata.

Altre disposizioni di primaria importanza in subiecta materia sono contenute direttamente nella sezione VI (rubricata «Giustizia digitale») del citato d.l. n. 179/2012. Proprio con riguardo a quest’ultimo articolato normativo, si segnala, per quanto qui di interesse, l’art. 16-septies[13] il quale rinvia agli orari previsti dall’art. 147 c.p.c. per quanto concerne il tempo in cui può eseguirsi la notifica, precisando altresì che, se la ricevuta di avvenuta consegna viene generata dopo le ore 21,00, la notificazione a mezzo pec si intende perfezionata per il destinatario alle ore 7 del giorno successivo. La ratio posta a fondamento del divieto di notifica per via telematica oltre le ore 21 è da individuarsi nella necessità di tutelare la sfera privata del destinatario, salvaguardandone «il diritto al riposo in una fascia oraria (dalle 21 alle 24) in cui egli sarebbe stato, altrimenti, costretto a continuare a controllare la propria casella di posta elettronica».

La disposizione è stata tuttavia sottoposta, di recente, al vaglio di legittimità costituzionale. Con la citata pronuncia n. 75 del 2019, il Giudice delle leggi ha sancito l’illegittimità costituzionale del citato articolo nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta.

Pur prendendo atto della nobile funzione assolta dalla limitazione temporale posta alla esecuzione della notifica al domicilio digitale, la Corte non ritiene giustificato il differimento nel tempo degli effetti giuridici della stessa nei riguardi del mittente. A quest’ultimo, verrebbe impedito di «utilizzare appieno il termine utile per approntare la propria difesa» (che in forza dell’articolo 155 c.p.c. va computato in giorni con termine allo spirare della mezzanotte dell’ultimo giorno), «senza che ciò sia funzionale alla tutela del diritto al riposo del destinatario e nonostante che il mezzo tecnologico lo consenta».

Ne risulterebbe, pertanto, leso, in primo luogo, il diritto di difesa del notificante che non potrebbe confidare nella fruizione completa dei termini per l’esercizio dell’azione in giudizio.

Tenendo altresì conto della significativa eterogeneità del sistema telematico di notificazione rispetto a quello tradizionale, «legato “all’apertura degli uffici” da cui prescinde del tutto invece la notificazione con modalità telematica», una limitazione delle potenzialità del modello risulterebbe lesivo del legittimo affidamento che il notificante ripone «nelle potenzialità tutte del sistema tecnologico (che lo stesso legislatore ha ingenerato immettendo tale sistema nel circuito del processo)».

Nell’effettuare il bilanciamento tra i descritti interessi in gioco (quello del destinatario al riposo- da un lato – e quello del notificante allo sfruttamento incondizionato del proprio diritto ad agire – dall’altro), la Corte rinviene il giusto baricentro nell’applicazione del principio generale di scindibilità soggettiva degli effetti della notificazione. Conclude quindi affermando che solo l’estensione del principio de quo anche alla notifica effettuata con modalità telematiche «consente la reductio ad legitimitatem della norma censurata».

[12] I pubblici elenchi sono individuati dall’art. 16 ter dello stesso d.l. 179/2012 che rinvia a sua volta ad altri atti normativi. Peculiare è la vicenda che di recente ha riguardato la validità delle notifiche effettuate su indirizzi estratti dall’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INI-PEC) e la qualificabilità di questo in termini di pubblico elenco. Con la discussa sentenza 8 febbraio 2019, n. 3709, la terza sezione civile della Cassazione aveva ritenuto valida ed efficace esclusivamente la notifica effettuata a mezzo pec dal difensore su indirizzo risultante dal Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE), giungendo ad opposta conclusione con riguardo agli indirizzi estratti da INI-PEC. La pronuncia suscitò non poche polemiche soprattutto in seno alla categoria forense. Sicché la Corte è intervenuta con una nuova ordinanza (Cass. civ., sez. VI- 3, Ord., (ud. 14/11/2019) 15 novembre 2019, n. 29749) con cui ha corretto l’errore (discutibilmente qualificato come «materiale»), così riconoscendo la validità delle notifiche effettuate agli indirizzi INI-PEC.

[13] L’articolo è stato inserito dall’art. 45-bis, comma 2, lettera b), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 («Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari»), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114.

5. Principio di scissione ed effetti sostanziali e processuali degli atti

Tracciato l’ambito operativo del principio con riguardo ai più significativi strumenti di notifica, occorrerà ora individuare in relazione a quale parterre di effetti il principio opera, passando così alla trattazione del secondo profilo di indagine preannunciato in premessa.

Più segnatamente, il principale interrogativo a cui si tenderà di offrire una risposta è se l’operatività del principio debba considerarsi circoscritta ai soli effetti processuali di atti giudiziali di parte o possa essere ampliata anche agli effetti sostanziali da essi prodotti; e ancora, se l’estensione operativa possa addirittura giungere ad investire anche atti stragiudiziali che producono, conseguentemente, effetti meramente sostanziali.

5.1 Principio di scissione e atti unilaterali recettizi

All’ultima categoria citata afferiscono, inter alia, quegli atti di natura negoziale la cui notifica, con la conseguente conoscenza (o conoscibilità) del destinatario, è idonea a produrre effetti (sostanziali) nella sfera giuridica di questi, anche a prescindere da un eventuale (istaurato o istaurando) rapporto processuale (atti stragiudiziali)[14].

Un classico esempio sono le dichiarazioni unilaterali recettizie.

Va evidenziato che, in relazione a questa tipologia di atti, il principio de quo troverebbe un limite proprio nella disciplina sostanziale di cui agli articoli 1334 e 1335 c.c. i quali subordinano la produzione degli effetti da parte di tali atti alla conoscenza o alla conoscibilità del destinatario.

La c.d. teoria dell’atto recettizio prevede infatti che la fattispecie si perfezioni solo con la consegna. Prima di essa, la fattispecie è incompleta e una fattispecie incompleta non può produrre effetti.

Pertanto, la giurisprudenza, questa volta di legittimità, si è trovata di fronte alla necessità di operare un nuovo bilanciamento: da un lato, il diritto del notificante a vedersi riconosciuto il concretizzarsi del proprio diritto senza che gli venga addebitato il rischio derivante da eventuali impedimenti o ritardi , indipendenti dalla sua sfera di disponibilità e intervento; dall’altro, la garanzia almeno della conoscibilità dell’atto, non solo quale tutela per il destinatario ma anche quale momento in cui si configura pienamente la fattispecie di cui agli articoli 1334 e 1335 c.c.

A riguardo, la Cassazione ha ritenuto prevalente il secondo interesse in ragione della peculiare conformità operativa degli atti unilaterali recettizi.

A tal proposito, si è osservato che, affinché possa operare la presunzione di conoscenza della dichiarazione diretta a persona determinata stabilita dall’art. 1335 c.c., «occorre la prova, il cui onere incombe al dichiarante, che la stessa sia stata recapitata all’indirizzo del destinatario, e cioè, nel caso di corrispondenza, che questa sia stata consegnata presso tale indirizzo»[15].

Sicché, alla luce della pregnante portata di tale presunzione, la giurisprudenza di legittimità ha considerato insufficiente il tentativo di recapito ad opera dell’agente postale «tutte le volte in cui questo, ritenuto – sia pure a torto – il destinatario sconosciuto all’indirizzo indicato nella raccomandata, ne abbia disposto il rinvio al mittente, stante la mancanza, in casi siffatti, di ogni concreta possibilità per il soggetto al quale la lettera è diretta, di venirne a conoscenza»[16].

Va segnalato che tale restrittivo orientamento postula la sussistenza dell’ulteriore presupposto per cui il principio della scissione soggettiva della notificazione è stato implicitamente circoscritto dalla stessa Corte costituzionale ai soli atti processuali (anche in ragione della ritualità dei mezzi di notifica) e una sua estensione fuori da tale ambito sarebbe in contrasto con il principio generale di certezza dei rapporti giuridici, compromettendo contra litteram legis la teoria dell’atto recettizio[17].

Seguendo una simile impostazione, è stata quindi esclusa l’operatività del principio nel caso della dichiarazione con cui il conduttore esercita il proprio diritto di riscatto dell’immobile locato ai sensi della legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 39[18]. Egualmente, il principio de quo è stato considerato non operativo nell’ipotesi del c.d. retratto in materia agraria previsto dalla legge 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, ossia quella dichiarazione unilaterale recettizia di carattere negoziale idonea a determinare autoritativamente ex lege l’acquisto dell’immobile a favore del retraente[19].

[14] Va premesso che, con riguardo agli atti stragiudiziali in generale, non sempre è richiesta dall’ordinamento la notifica a mezzo ufficiale giudiziario. Sicché quando il dato normativo ricorre all’espressione “notifica” lo fa, talora, in senso lato per intendere qualsiasi attività mediante la quale un soggetto porta qualcosa a conoscenza di un altro. Nel codice civile, si rilevano diverse disposizioni che fanno specifico riferimento alla notifica di atti di per sé stragiudiziali e su cui la giurisprudenza si è sovente interrogata circa la necessità di una notifica (in senso stretto) attraverso l’Unep oppure con libertà di forme. A tal proposito, con riguardo all’art. 782, comma 2, c.c. che prevede ai fini del perfezionamento della donazione la notifica al donante dell’accettazione da parte del donatario, si ritiene che questa debba necessariamente avvenire a mezzo ufficiale giudiziario (cfr Cass. civ., sez. II, 14 settembre 1991, n. 9611, in Giur. it., 1992, I, 1, pag. 235 e in Arch. civ., 1992, pag. 271, secondo la quale: «la notifica al donante dell’accettazione del donatario deve essere eseguita esclusivamente a mezzo di ufficiale giudiziario, non essendo ammessi equipollenti». Può avvenire invece con forme libere la notifica della cessione del credito ai sensi dell’art. 1264 c.c. (cfr. Cass. civ., sez. V, ord., 7 novembre 2018, n. 28390 Cass. civ., sez. III, 28 gennaio 2014, n. 1770, in Leggid’italia).

[15] Cass. civ., sez. III, 8 giugno 2012, n. 9303, in CED Cassazione, 2012.

[16] Ivi.

[17] È stato rilevato come il timore di un pregiudizio per il superiore principio della certezza delle situazioni giuridiche, alla base di alcune remore giurisprudenziali e dottrinali verso la regola della scissione degli effetti, può essere dominato se si considera che, in realtà, quest’ultima «comporta una distinzione tra l’an e il quando degli effetti della notifica. Invero: a) se la notifica non si perfeziona, la notifica non produce effetto alcuno e decadono anche gli effetti provvisoriamente prodotti: se non si realizza l’an, è inutile pure discutere del quando; b) se la notifica si perfeziona, gli effetti di essa retroagiscono per il notificante al momento in cui ha consegnato all’ufficiale giudiziario (ma lo stesso discorso vale per le notifiche a mezzo posta) l’atto da notificare. In altri termini, tale consegna produce per il notificante effetti immediati e provvisori, che si stabilizzano e diventano definitivi se e solo se la notifica viene validamente perfezionata» (v. Cass. civ., sez. un., 9 dicembre 2015, n. 24822, in Guida dir., 2016, 15, pagg. 42 e ss. e in Foro it. 2016, 3, I, pagg. 893 e ss. Quest’ultima pronuncia giunge comunque alla conclusione che il principio di scissione soggettiva non può essere applicato agli atti unilaterali recettizi (stragiudiziali) essendo precluso dal legislatore che nella previsione di cui all’art. 1335 c.c. ha già effettuato un bilanciamento a favore del destinatario.

[18] Cass. civ. sez. III, 8 giugno 2012, n. 9303, cit., va segnalato che nel caso trattato da questa pronuncia il diritto di riscatto è stato esercitato con la notifica della domanda giudiziale di accertamento del trasferimento di proprietà.

[19] Cass. civ., sez. III, 8 novembre 2007, n. 23301, in Mass. giur. it., 2007; Cass. civ., sez. III, 27 settembre 2006, n. 20948, in Obbl. e contr., 2006, XII, pagg. 966 e ss.

5.2. Principio di scissione ed effetti sostanziali degli atti processuali

Alla luce dell’appena menzionato orientamento con riguardo agli effetti sostanziali di atti stragiudiziali, la giurisprudenza si è anche interrogata se una simile restrittiva impostazione possa riguardare, in via generale e astratta, anche gli effetti sostanziali derivanti dalla notifica di atti (di parte) aventi valenza processuale.

Com’è noto, alla notifica dell’atto introduttivo del giudizio possono conseguire, generalmente, una serie di effetti sia sostanziali[20] che processuali[21].

Estremizzando la portata dell’impostazione più restrittiva, già segnalata con riguardo agli atti stragiudiziali, si potrebbe giungere alla conclusione che il principio di scissione soggettiva sarebbe in grado di incidere solo sugli effetti processuali della domanda, non riguardando invece gli effetti sostanziali.

Al contrario, valorizzando un’impostazione incline a conferire maggiore uniformità alle conseguenze derivanti dalla notifica, si potrebbe giungere a sostenere che il principio de quo opera egualmente sia con riguardo agli effetti sostanziali che agli effetti processuali dell’atto contenente la domanda giudiziale.

[20] Gli effetti sostanziali sono rappresentati: i) dalla costituzione in mora (art. 1219 c.c.); ii) dalla dichiarazione di volersi avvalere dell’eventuale clausola risolutiva espressa (art. 1456 c.c.); iii) dall’interruzione della prescrizione (art. 2943 c.c.) e dalla sua sospensione fino al passaggio in giudicato della sentenza (art. 2945 c.c.); iv) dall’impedimento della decadenza (art. 2966 c.c.); v) dal sorgere del diritto alla restituzione dei frutti anche nei confronti del possessore di buona fede (art. 1148 c.c.) nonché del diritto agli interessi per le obbligazioni pecuniarie (art. 1283 c.c.); vi) dalla irrevocabilità della scelta tra domanda di risoluzione e adempimento contrattuale (art. 1453, 2° co., c.c.) o tra più obbligazioni alternative (art. 1492 c.c.), vii) dal diritto di prevalenza rispetto a successivi aventi causa a seguito di trascrizione della citazione (art. 2652 c.c.).

[21] Tra questi si annoverano: i) la c.d. perpetuatio legitimationis, che rileva ai fini della successione a titolo particolare nel diritto controverso (ex art. 111 c.p.c.); ii) la c.d. perpetuatio iurisdictionis et competentiae (ovvero, in forza dell’art. 5 c.p.c., l’irrilevanza ai fini della individuazione della competenza e della giurisdizione dei mutamenti della legge o dello stato di fatto esistenti al momento della proposizione della domanda); iii) la determinazione della prevenzione ai fini della disciplina sulla litispendenza (art. 39, comma 3, c.p.c.); iv) la determinazione dell’oggetto del processo con il conseguente divieto di mutatio libelli; vi) l’impedimento del passaggio in giudicato formale della sentenza, nel caso delle impugnazioni.

5.2.1 Principio di scissione e interruzione della prescrizione nell’azione revocatoria

Cruciale banco di prova, a proposito, è rappresentato dal dibattito sull’applicabilità del principio in argomento in relazione all’effetto interruttivo della prescrizione conseguente alla «notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio» secondo la previsione di cui all’art. 2943 c.c., comma 1.

Ci si è chiesti, in sostanza, se, anche ai fini della interruzione della prescrizione, per il notificante sia da considerarsi come rilevante il momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario o quello della ricezione da parte del destinatario.

Una recente ordinanza della Suprema Corte ha ribadito l’impossibilità di individuare una soluzione valida in via generale e astratta, affermando che occorre valutare case to case la possibilità di ammettere «l’applicazione di una regola diversa da quella dettata dall’art. 1334 c.c. per gli atti unilaterali negoziali»[22] che potrebbe discendere «dal ricorso alla logica del bilanciamento»[23].

In tale ottica, una significativa deroga sarebbe rappresentata da quei casi in cui l’effetto sostanziale attenzionato sia conseguibile solo per mezzo della notificazione di un atto processuale, come, ad esempio, le azioni costitutive e più in particolare l’azione revocatoria[24].

Proprio con riguardo a quest’ultima, già qualche anno fa, le Sezioni Unite, nel rimeditare ab imis fundamentis l’orientamento fino ad allora prevalente[25], hanno ammesso che «ai fini della interruzione della prescrizione dell’azione revocatoria ordinaria, ai sensi dell’art. 2903 c.c. in combinato disposto con l’art. 2943, comma 1, c.c., è sufficiente che l’atto di citazione venga consegnato da parte del notificante all’ufficiale giudiziario e non che lo stesso sia portato a conoscenza (cui è equiparata la conoscibilità) del destinatario, applicandosi anche all’atto di citazione in revocatoria, che rientra nella categoria degli atti processuali che producono effetti anche sostanziali, il principio della scissione degli effetti della notificazione nelle sfere giuridiche, rispettivamente, del notificante e del destinatario»[26].

La Suprema Corte giunge a tale conclusione «mediana» attraverso l’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione dell’art. 2943 c.c.. A tal fine è individuato quale parametro di riferimento non tanto il diritto di difesa (ex art. 24 della Costituzione) quanto il principio di ragionevolezza il quale, ai fini della determinazione dell’ambito operativo del principio di scissione, impone un bilanciamento dei beni in conflitto, all’esito del quale uno verrà necessariamente sacrificato a vantaggio dell’altro.

Se rispetto agli atti sostanziali, il bilanciamento è stato già effettuato dal legislatore il quale ha predisposto una norma specifica che ritiene indispensabile per l’integrazione della fattispecie la conoscibilità dell’atto da parte del destinatario (art. 1334 c.c.), a diversa conclusione si potrebbe giungere con riguardo agli atti processuali e agli effetti sostanziali di questi.

Con riguardo agli atti processuali, il diritto del destinatario va certamente bilanciato con quello del notificante a poter godere, nella sua interezza, del termine che la legge gli riconosce per lo svolgimento della sua attività processuale. Sicché, il notificante «va tutelato anche se consegna l’atto all’ufficiale giudiziario proprio allo scadere del termine»[27].

Rispetto agli effetti sostanziali di un atto processuale, la Suprema corte, non ritenendo operante – neppure per analogia legis -l’art. 1334 c.c., sostiene che vada applicato – per analogia iuris – il principio generale della scissione degli effetti il quale ha una portata espansiva potenzialmente estensibile «a tutti gli atti (processuali e negoziali) in quanto il parametro di costituzionalità utilizzato dalla Corte costituzionale non è solo il diritto di difesa, ma soprattutto il principio di ragionevolezza»[28].

Neppure può obiettarsi, ad avviso della Corte, il fatto che tra gli effetti sostanziali derivanti dalla notifica dell’atto di citazione ci siano quelli tipici di atti recettizi (come ad esempio la costituzione in mora); è, infatti, necessario tenere distinti gli effetti (sostanziali) dell’atto rispetto alla sua natura.

Tanto premesso dal punto di vista teoretico, la Corte conclude ritenendo che «nel bilanciamento tra la perdita definitiva del diritto per una parte e un lucro indebito per l’altra parte, la soluzione più razionale è quella di salvaguardare il diritto di una parte incolpevole ponendo a carico dell’altra parte – parimenti incolpevole – un pati, cioè una situazione di attesa che non pregiudica, comunque, la sua sfera giuridica». Risulterebbe in sostanza irragionevole «allocare sul notificante incolpevole la perdita definitiva del diritto quando basterebbe imporre al notificato il lieve peso di un onere di attesa, dettato dal principio di precauzione»[29].

Va però segnalato che gli Ermellini offrono una rilevante precisazione: «la soluzione a favore del notificante vale nel solo caso in cui l’esercizio del diritto può essere fatto valere solo mediante atti processuali», non potendo consentire, nelle altre ipotesi, «che il pregiudizio per la parte destinataria, incolpevole, derivi dalle scelte arbitrarie e ad libitum della controparte»[30].

[22] Cass. civ., sez. I, ord., 14 febbraio 2019, n. 4519, in Pluris.

[23] Ivi.

[24] La giurisprudenza di legittimità è pacifica nel ritenere che l’interruzione della prescrizione in relazione all’azione revocatoria debba necessariamente avvenire con la domanda giudiziale. A tal proposito si segnala Cass. civ. sez. II, 15 febbraio 2007, n. 3379 (rv. 594734), in Mass. giur. it., 2007, secondo cui: «in tema di azione revocatoria la posizione vantata dal creditore configura un diritto potestativo all’esercizio dell’azione, relativamente al quale pertanto non corrisponde l’obbligo di un soggetto tenuto a un comportamento ma una posizione di mera soggezione all’iniziativa altrui». Nello stesso senso già: Cass. civ., sez. I, 8 gennaio 2003, n. 58, in Arch. civ., 2003, pag. 1226. È altresì interessante segnalare un ultimo arresto della giurisprudenza di legittimità con cui è stato precisato il rapporto, in relazione sempre all’interruzione della prescrizione, tra l’atto introduttivo del giudizio ordinario di cognizione e il ricorso per rito sommario. È stato a tal proposito affermato che: «in caso di proposizione di azione revocatoria ordinaria mediante ricorso ex art. 702 bis c.p.c., il termine di prescrizione non è validamente interrotto dal solo deposito del ricorso nella cancelleria del giudice adito, atteso che, trattandosi di azione che può essere introdotta a scelta dell’attore sia con ricorso che con atto di citazione, non sussiste l’esigenza di evitare che sul soggetto che agisce in giudizio ricadano i tempi di emanazione del decreto di fissazione dell’udienza con conseguente compressione del termine assegnato dal legislatore per l’esercizio del diritto di difesa» v. Cass. civ., sez., 12 settembre 2019, n. 22827 (rv. 655301-01), in CED Cassazione, 2019.

[25] Cass. civ., sez. lavoro, 11 giugno 2009, n. 13588, in Foro it., 2010, XII, 1, pagg. 3522; Cass. civ., sez. un., 14 aprile 2010, n. 8830, in Corriere Giur., 2010, XII, pagg. 1591 e ss. Contra: Cass. civ., sez. III, 19 agosto 2009, n. 18399, in Mass. giust. civ., 2009, 7-8, 1193,e in Vita not., 2009, III, 1453.

[26] Cass. civ., sez. un., 9 dicembre 2015, n. 24822, cit.

[27] Ivi

[28] Ivi.

[29] Ivi.

[30] Ivi.

5.2.2 Principio di scissione e interruzione della prescrizione nelle azioni risarcitorie

In coerenza con il principio di diritto testé analizzato, si è espresso recentemente il Tribunale di Bologna – sezione specializzata imprese – chiamato a vagliare la diversa ipotesi dell’applicabilità del principio della scissione all’interruzione della prescrizione di un diritto risarcitorio[31].

Nel caso di specie, un istituto bancario agiva nei confronti dell’ex amministratore di una società per azioni chiedendone la condanna ai sensi dell’art. 2395 c.c. per una serie di operazioni che il convenuto avrebbe compiuto a favore della compagine amministrata nella consapevolezza che questa non sarebbe stata in grado di far fronte agli impegni assunti, tanto da presentare, pochi giorni dopo, istanza di concordato preventivo.

A fronte dell’eccezione preliminare di avvenuta prescrizione, l’attore, invocando il principio di scissione soggettiva, ha sostenuto che la notifica si fosse per lui perfezionata al momento della consegna dell’atto agli ufficiali giudiziari avvenuta tre giorni prima della scadenza dell’individuato dies ad quem prescrizionale. Al contrario, il convenuto ha insistito per l’intervenuta prescrizione del diritto, ritenendo che la notifica si fosse perfezionata, in relazione all’effetto sostanziale della interruzione della prescrizione, nel momento in cui egli ha provveduto a ritirare il plico in giacenza presso l’Ufficio postale (ossia quattro giorni dopo lo spirare del termine prescrizionale).

Il Tribunale felsineo ha concluso affermando «l’inoperatività del principio della scissione soggettiva degli effetti della notifica, con la conseguenza che ai fini della interruzione del termine prescrizionale la notifica dell’atto dovrà considerarsi perfezionata al momento della avvenuta conoscenza legale da parte del notificato, ossia al momento del ritiro del plico presso l’Ufficio postale in cui era stato depositato»[32].

Anche in questa ipotesi, il Collegio ha coerentemente fatto ricorso al bilanciamento di interessi in ossequio al principio di ragionevolezza. Alla luce della natura (risarcitoria) della pretesa azionata, si è ritenuta ingiustificata “l’inerzia complessiva” del notificante che avrebbe potuto, già precedentemente, interrompere il decorso della prescrizione attraverso un atto stragiudiziale.

[31] Tribunale di Bologna, sez. spec. impresa, 29 ottobre 2019, n. 2329, in DeJure.

[32] Ivi.

6. Conclusioni

Da quanto rassegnato è possibile notare che il principio di scissione, inizialmente elaborato in seno alla giurisprudenza costituzionale per l’ipotesi specifica della notificazione all’estero, si è presto trasformato da regola del caso concreto a principio generale della materia, universalmente applicabile ai diversi mezzi di notifica, sia in proprio che a mezzo ufficiale giudiziario.

La sua vicenda esistenziale si interseca inevitabilmente, oltre che con la garanzia del diritto di azione, con il principio della ragionevolezza.

Questo ha rappresentato il criterio guida precipuo non solo per l’estensione del principio ai nuovi mezzi di notifica (come la pec) ma anche per operare quei bilanciamenti necessari che hanno consentito di individuare, caso per caso, il baricentro tra interessi contrapposti, tutti spesso espressione di valori costituzionalmente tutelati.

Se si sposta l’attenzione sulla tipologia di effetti che vengono direttamente interessati dall’applicazione della regola in commento, si p>

Nel primo caso, con particolare riguardo agli atti unilaterali recettizi, il bilanciamento è operato direttamente dal legislatore il quale ha inteso privilegiare il notificato, prevedendo la conoscibilità dell’atto tra gli elementi costitutivi della fattispecie (art. 1334 c.c.). Nessun margine per una diversa interpretazione giurisprudenziale pare, pertanto, sussistere in queste ipotesi.

Nel secondo caso, con particolare riguardo agli effetti processuali di atti giudiziali, il bilanciamento è operato dalla giurisprudenza, mediante l’interpretazione, e privilegia il notificante.

Più delicata risulta la questione degli effetti sostanziali degli atti processuali. In questa ipotesi, l’interprete è chiamato a una valutazione caso per caso in cui il principio di ragionevolezza può tramutarsi in autentico limite e non più in chiave interpretativa per l’estensione del principio.

Se gli effetti sostanziali (lo si è visto in particolare con la prescrizione) possono essere prodotti esclusivamente attraverso la notifica dell’atto processuale (es. azione revocatoria), il principio opererà a tutela del notificante.

A soluzione opposta, si giunge nell’ipotesi in cui gli effetti sostanziali possono essere ottenuti dal soggetto anche attraverso atti stragiudiziali o comunque con maggiore libertà di forme (es. interruzione della prescrizione su pretesa risarcitoria). In tale circostanza, il criterio della ragionevolezza diventa limite per il principio in commento, inibendone l’operatività.

Redazione

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