Ontologia della prescrizione del reato. Conclusioni

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Ontologia della prescrizione del reato 1. Conclusioni 2.
 
In dottrina ed in giurisprudenza vi è tuttora dibattuta la questione se l’istituto giuridico della prescrizione del reato abbia carattere sostanziale ovvero processuale.
La questione non è di poco conto in quanto, se si propenda per la natura processuale di tale istituto trova applicazione la regola del tempus regit actum di cui all’art. 11 delle cd. preleggi, i.e. delle disposizioni preliminari al codice civile, per cui è sancita l’irretroattività della legge, che non può disporre che per l’avvenire, facendo salvi diritti ed azioni quesiti (nel significato comune del termine), mentre se si propenda per la natura sostanziale di detto istituto, in ambito penale vige il combinato disposto di cui agli artt. 25, co. 2, Cost. e 2 c.p., per cui è sancita l’applicabilità della legge più favorevole al reo in caso di successioni di leggi penali nel tempo.
E’ da evidenziare che tale istituto ha carattere interdisciplinare, nel senso che esso è regolato anche nel codice civile, mentre nel codice di procedura penale si parla di “prescrizioni” nel Libro IV, in rubrica “Misure cautelari”, sub art. 276 “provvedimenti in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte” e sub art. 307 “provvedimenti in caso di scarcerazione per decorrenza dei termini”.
Di prescrizioni, per l’appunto, non di prescrizione, il che significa, anche per l’inserimento strategico in cui tali norme sono collocate nel corpus del codice di rito penale, che ivi tale termine è utilizzato nell’accezione del linguaggio comune di “norma fissata dalla competente autorità”, mentre nel linguaggio giuridico propriamente la prescrizione, per il vocabolario della lingua italiana, riguarda “l’estinzione di un diritto”.
Tuttavia la vexata quaestio sulla natura processual-penalistica o sostanzial-penalistica della prescrizione è sorta proprio intorno alla problematica se essa costituisca estinzione di un diritto, donde l’applicazione degli artt. 25, co. 2, Cost. e 2 c.p., ovvero estinzione dell’azione, donde l’applicazione dell’art. 11 delle preleggi.
A tal proposito giova ricordare che il codice di rito civile non conosce affatto l’istituto della prescrizione ma il diverso istituto della decadenza che è la rinuncia all’azione, in questo caso, civile, che trova il suo omologo in ambito penale nell’art. 124 c.p., in rubrica “termine per proporre la querela. Rinuncia”, atteso che la parte privata può sempre rinunciare alla querela, che è condizione di procedibilità dell’azione penale da parte dell’organo pubblico, il P.M., il quale, pacificamente, non può mai rinunciarvi per il dettato costituzionale dell’art. 112.
Non va peraltro sottaciuto che il Libro V del codice civile, dedicato alla tutela dei diritti, incipria il titolo sulla prescrizione (e sulla decadenza) con l’art. 2934, ove è enunciata proprio la nozione di prescrizione, che, in rubrica, espressamente recita: “estinzione dei diritti”.
Ne deriva che la prescrizione è un istituto che inerisce l’estinzione del diritto e non dell’azione, sia in ambito civile sia in ambito penale.
Avv. Mariarosaria Porfilio
 
1 la natura giuridica della prescrizione del reato, se istituto di carattere processuale o sostanziale, ritorna prepotentemente ogni qual volta il legislatore promulga leggi che ne incidano, modificandolo, il regime. In materia di prescrizione del reato da ultimo la vexata quaestio si è riproposta con la L. n. 251 5 (cd. ex Cirielli), ed in particolare con il suo art. 10, comma 3. il vivace dibattito, dottrinario e giurisprudenziale, è efficacemente riassunto nella sentenza della Corte Costituzionale n. 393 6, cui si rinvia espressamente. La medesima tematica attanaglia anche altri istituti: la custodia cautelare e le condizioni di procedibilità dell’azione penale.
2 ad esse è pervenuta autonomamente l’autrice mediante il presente studio, che si presenta.

Avv. Porfilio Mariarosaria

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