Omeostasi, catastrofe e autorganizzazione

Scarica PDF Stampa

Nei sistemi complessi vi è la capacità di mantenere relativamente stabile l’ambiente in cui operano, ogni perturbazione dell’omeostasi viene rapidamente riassorbita attraverso feedback negativi ma questo equilibrio ha una sua durata limitata nel tempo più o meno lungo, finché o una evoluzione spontanea o perturbazioni esterne eccessivamente intense portano ad una instabilità tale per cui un minimo evento induce il sistema al caos, in una competizione fra la stabilizzazione della comunicazione e l’instabilità delle fluttuazioni (Prigogine).

La complessità è data dall’alto numero degli elementi, dalle loro interazioni non lineari, dal modularsi degli effetti nel tempo e dalla presenza di feedback negativi o positivi, la struttura a rete che ne deriva risulta essere un sistema aperto all’ambiente circostante, dinamico, innovativo e creativo, con sensibilità differenziata tra le varie parti del sistema e per questo imprevedibile; queste caratteristiche portano a comportamenti spesso discontinui, con autonomia parziale degli elementi che lo compongono e fenomeni di autorganizzazione non del tutto controllabili col crescere del tempo, nonostante un sistema inscatolato in livelli successivi, tutto questo può condurre alla presenza di paradossi in cui coesistono nello stesso momento e nello stesso sistema in punti diversi gli opposti (Gandolfi).

All’aumentare della fragilità strutturale del sistema in rapporto con il crescere delle sue dimensioni si può rispondere o aumentando il controllo gerarchico o al contrario alleggerendo le interconnessioni tra sottosistemi e sfruttando i sempre possibili errori quali fonti di conoscenza, bisogna distinguere tra sistemi complessi o più semplicemente complicati, mentre nel sistema complicato conosciamo tutti gli elementi del sistema e le relazioni che li legano nella complessità vi è l’impossibilità di una conoscenza sistematica completa, ne deriva una imprevedibilità nel lungo periodo in quanto la conoscenza derivante dall’esperienza si esaurisce nel breve/medio termine nel periodo di omeostasi e addirittura si risolve in illusione nei periodi di passaggio dalla complessità alla caoticità.

Se nei sistemi complicati vi è un’alta prevedibilità comportamentale con relazioni lineari tra elementi solitamente semplici, circostanze che determinano alta controllabilità, bassa flessibilità e staticità, nei sistemi complessi al contrario i processi risultano connessi in parallelo e non seriali con relazioni non lineari tra elementi essi stessi complessi, vi è conseguentemente una bassa prevedibilità e controllabilità ma al contempo una forte flessibilità e dinamicità (Gandolfi), in questo contesto il sistema normativo individuato quale sistema di per sé complicato si trasforma attraverso l’interazione con le forze sociali instabili costituenti la società complessa in un sistema a sua volta complesso, in quanto progressivamente incontrollabile, autonomamente dinamico con progressiva perdita della prevedibilità i cui elementi risultano riprodurre se stessi in una infinita espansione, si riduce la sua capacità di stabilizzazione.

Il sistema giuridico è un ordinatore che deve impedire la diffusa staticità dell’eccesso dello stato ordinato che comporta di fatto la morte evolutiva del sistema e al contempo lo stato caotico dell’impossibilità organizzativa, esso in altri termini è colui che tra questi opposti termini deve agire sul margine del caos facilitando l’utilizzo da parte sociale della stabilità e flessibilità proprie di ciascuno dei due stati precedenti, la base culturale su cui è imperniato lo può deviare verso l’irrigidimento o l’eccessiva complessità tale da favorire lo slittamento verso la caoticità, si ha quindi una riduzione della resistenza e della flessibilità del sistema che viene sottoposto a continue riorganizzazioni riducendo così l’ambito reale del comportamento complesso, il diritto viene a perdere in tal modo la funzione di parametro di controllo del sistema.

Ogni sistema è qualcosa di organico la cui globalità fa sì che togliendone una parte se ne modifica la funzionalità, la totalità è quindi differente dalle singole parti fornita di una propria capacità di apprendimento e riorganizzazione adattiva, essendo aperto, immerso nell’ambiente da questi vi è un flusso di informazioni ed energetico che ne impedisce l’entropia solo il prosciugarsi dell’ambiente in cui è immerso lo porta al “disordine” verso un progressivo pauperismo e staticità.

L’imprevedibilità di un sistema complesso nel medio/lungo periodo è frutto della sua linearità dovuta ai feedback, che nel creare la circolarità nel sistema impedisce non solo un rapporto diretto tra input e output ma anche l’individuazione di un punto di partenza previsionale del sistema (Gleick), nella sua autoreferenzialità a seguito della mancata correlazione temporale diretta si vengono così a creare tempi di reazione diversi a seconda degli effetti e del punto considerato nel sistema.

Sia nel sistema complesso che negli stati caotici si a creano degli attrattori i quali nel loro oscillare tenderanno a stabilizzare in termini ciclici, puntiformi o “strani”, interagendo fra loro, i feedback su cui si fondano i sistemi possono condurre a una retroazione di rafforzamento tale da creare instabilità e attraverso nuovi attrattori nuove forme di ordine quale autorganizzazione (Capra), tanto che Maturana parla di processo identico a quello cognitivo in cui vi è l’autopoiesi, ossia la “produzione di sé”, dobbiamo considerare che sono le reti auto poietiche a creare un confine alla rete entro cui operare e in tal modo definiscono il sistema quale unità.

Mentre nei sistemi lineari piccoli cambiamenti producono effetti limitati e solo la loro somma può dare luogo a grossi cambiamenti, nei sistemi non lineari viene meno questo rapporto diretto a causa della retrodatazione di auto rafforzamento, la quale nel successivo ripetersi viene ad amplificare ripetutamente lo scostamento iniziale, fino all’eventuale catastrofe.

Questa connessione non lineare è una delle caratteristiche dell’autorganizzazione che permette di tenere un sistema lontano dall’equilibrio, il dinamismo che si crea viene ad essere imprevedibile e fortuito nel lungo periodo ma è proprio questo aspetto che permette la nascita di nuove strutture e modelli di comportamento attraverso cui si manifestano nel reale le nuove organizzazioni e gli schemi qualitativi che le sorreggono (Capra).

Nel pensiero sistematico vi è il trasferimento dell’attenzione dal singolo particolare alle relazioni di insieme dove nascono i nuovi modelli comportamentali, questo comporta che l’attenzione debba espandersi non solo alle relazioni orizzontali ma anche a quelle in senso verticale, ossia alla gerarchia, in questo le parti del tutto perdono parte del proprio significato intrinseco ed acquistano un significato estrinseco, ecco l’importanza della gerarchia nell’organizzazione quale coordinamento armonioso, dobbiamo considerare che ogni livello gerarchico aumenta esponenzialmente le possibilità combinatorie e quindi creative (Gandolfi), riducendo al contempo la libertà teorica degli elementi asserviti (Haken), da cui Morin osserva che le qualità emergenti nel sociale dalle organizzazioni complesse non possono essere dedotte logicamente.

In una dinamica globale di sistema si possono ignorare le dinamiche interne ai singoli elementi che le compongono, in quanto acquistano maggiore importanza le relazioni fra gli elementi del sistema che la natura degli stessi elementi (Haken), la gerarchia nel costituire livelli sovrapposti permette il sorgere dell’autorganizzazione, ossia il superamento della soglia critica della complessità da cui scaturiscono nuove strutture e relazioni che nel coordinare armonicamente in una nuova organizzazione gli elementi del sistema permettono il sorgere di nuove proprietà, si ha quindi il superamento della natura dei singoli elementi in favore delle tipologie di relazioni fra gli elementi (Haken), così che nel sociale le qualità non sono che il risultato diretto della storia relazionale.

La semplificazione è il risultato del nuovo processo evolutivo della complessità, una visione olistica che verrà progressivamente a frantumarsi nel tempo in una serie di biforcazioni decisionali, questa complessità è frutto del reiterarsi seriale di semplici regole che interagendo fra loro creano una “intelligenza globale” superiore (Prigogine).

Come il ripetersi delle scelte nelle biforcazioni porta inesorabilmente prima alla complessità e successivamente ad uno stato di caoticità, altrettanto inesorabilmente si presenteranno degli attrattori che rimoduleranno i sistemi in progressiva disgregazione, ma quello che sorprende è che alla radice di tali sistemi complessi vi sono regole semplici ripetute da innumerevoli elementi interagenti fra loro (Làszlò).

Se un sistema complesso è in grado di variare il proprio comportamento a seguito di vari fattori interni o esterni, fondamentale risulta l’individuazione dei parametri di controllo che ne permetta il regolamento funzionale mantenendolo in equilibrio tra staticità e caos (Kauffman), vi potranno essere punti di instabilità locale ma nell’insieme vi sarà uno stato di criticità che reggerà nel tempo e in cui le fluttuazioni saranno riassorbite (P. Bak – K. Chen).

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento