Obbligatorietà della negoziazione assistita e norme U.E.

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L’obbligatorietà della negoziazione assistita nell’Ordinamento Giuridico Italiano

L’art.3 d.l. 132/14, comma 1 così dispone: “Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di circolazione di veicoli e natanti deve, tramite il suo avvocato, invitare l’altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita. Allo stesso modo deve procedere, fuori dai casi previsti dal periodo precedente e dall’art.5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010 n.28, chi intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro. L’esperimento del procedimento di negoziazione assitita è condizione di procedibilità della domanda giudiziale”.  Il comma 2, prevede che “Quando l’esperimento del procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se l’invito non è seguito da adesione o è seguito da rifiuto entro 30 giorni dalla sua ricezione ovvero quando è decorso il periodo di tempo di cui all’art.2, comma 2, lett. a)”.  Il terzo comma della norma elenca le procedure in cui la negoziazione assitita non si applica, anche qualora ricorrano le controversie di cui al primo comma dell’art.3.

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È autore di pubblicazioni su condominio e locazioni.Serena SibonaDottoressa, laureata nel 2017 presso l’Università di Torino, ha maturato esperienze accademiche all’estero. Da gennaio 2018 si dedica prevalentemente al diritto commerciale e al trattamento dei dati personali.Caterina Sola Avvocato, partner dello studio R&P Legal, da oltre 25 anni svolge la propria attività nell’ambito del contenzioso civile, avendo maturato particolare esperienza soprattutto nei procedimenti cautelari ed esecutivi.Stefania Tiengo Avvocato, partner dello studio R&P Legal, si occupa principalmente di contenzioso civile e di assistenza alle imprese nell’ambito della contrattualistica, soprattutto nel settore immobiliare e delle locazioni.Monica Togliatto Avvocato, partner dello studio R&P Legal, dottoressa di ricerca in diritto civile presso l’Università degli Studi di Torino. 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Il Tribunale di Verona torna ad analizzare l’obbligatorietà dell’Istituto rispetto alle norme UE

Il Tribunale di Verona, con due distinte pronunce, ha sancito che l’obbligatorietà della procedura di negoziazione sarebbe contraria alle norme U.E.

Con la sentenza 16 gennaio 2020 il Tribunale di Verona, in una controversia avente ad oggetto la richiesta di somme non eccedenti i 50.000,00 euro, ha respinto l’eccezione di improcedibilità della domanda sollevata dalla parte convenuta in virtù di quanto disposto dalla Corte di Giustizia U.E. Con sentenza 457 del 14 giugno 2017 la Corte Comunitaria aveva elencato le condizioni in base alle quali i procedimenti ADR non potevano ritenersi compatibili con la tutela giurisdizionale effettiva dei diritti. I principi sanciti dalla Corte Europea, e confermati dal Tribunale di Verona sono i seguenti:

  • Il non condurre ad una decisione vincolante per le parti;
  • Il non comportare un ritardo sostanziale per poter agire in via giudiziale;
  • Il sospendere prescrizione e decadenza;
  • Il non generare costi ingenti per le parti.

Secondo il Tribunale veronese, la normativa nazionale contrasta con i suddetti principi in quanto la negoziazione assistita genera costi ingenti per le parti. Il Tribunale afferma che i costi per l’assistenza legale che la parte deve sostenere in fase di negoziazione, non sono in alcun modo recuperabili anche in caso di esito vittorioso del giudizio; costi che, ad avviso dell’Organo Giudicante, sarebbero ingenti. Inoltre, prosegue il Tribunale, a volte la negoziazione viene solo introdotta dalle parti, ma non effettivamente compiuta. Il DM 37/18 non prevede un compenso ridotto per l’avvocato che assista la parte nella fase della procedura (quella iniziale) di durata ed impegno assai contenuti, “..cosicché per la relativa quantificazione occorre far riferimento sempre ai sopra citati valori medi di liquidazione da ridursi adeguatamente ma sempre con risultati di una certa consistenza. Ad un contenimento dei costi non può giovare il carattere ampiamente discrezionale dei parametri poiché esso, inevitabilmente, determina soluzioni diversificate mentre per raggiungere quell’obiettivo sarebbe necessaria in via normativa di importi fissi inderogabili, ovvero una sorta di calmiere, analogamente a quanto è previsto per le spese di mediazione”.

Nella mediazione ad avviso del Tribunale Veneto, non vi sarebbe la violazione del diritto comunitario sotto il profilo dell’esigenza di contenimento dei costi. Nell’ambito della mediazione, quale metodo ADR, obbligatorio per altre categorie di controversie (art.5 D.Lgs.vo 4 marzo 2020 n.28), il decreto 180/2010 ha stabilito marcate riduzioni quanto al compenso dei mediatori nel caso in cui la mediazione sia condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’ art.16, comma 4 lett.d) del D.M. 180/2010 prevede che l’importo massimo delle spese di mediazione “nelle materie di cui all’art.5, comma 1 bis e comma 2 del decreto legislativo deve essere ridotto di un terzo per i primi sei scaglioni e della metà per i restanti..”. Inoltre la mediazione, prosegue il Tribunale veneto, prevede un’indennità fissa, di importo esiguo qualora il procedimento si arresti al primo incontro. “Tali scelte si giustificano proprio per l’esigenza di contenere dei costi dell’Adr di cui si è detto e risultano quindi anche pienamente compatibili con i principi comunitari”.

Il Giudice conclude dichiarando che “..la norma che viene qui in rilievo (art.3 comma 1 D.L. 132/14) essendo fonte, seppur indiretta, di costi non contenuti per le  parti, va disapplicata in quanto in contrasto con l’art.47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea”.

Si legga anche:”Negoziazione assistita: non è più obbligatoria”

In data 27 febbraio 2018, in una controversia relativa ai danni derivanti dalla circolazione dei veicoli e natanti, il Tribunale di Verona si era pronunciato in senso conforme.

Il Tribunale veneto “salva” pertanto l’istituto della mediazione rispetto alla negoziazione.

Vero è che nella mediazione, oltre alle indennità per l’Organismo di cui al D.M. 18 ottobre 2010 n.180 che sono di fatto esigue, nel caso in cui il procedimento si concluda con una mancata adesione o non proceda oltre il primo incontro, i compensi dell’avvocato che assiste la parte in mediazione rappresentano comunque un costo ulteriore che va sostenuto prima dell’eventuale giudizio. Le spese per l’assistenza legale in mediazione sono disciplinate dal DM 37/18.

Tuttavia, nella mediazione, a differenza della negoziazione, la presenza del terzo imparziale, tende a garantire maggiore efficacia della procedura ADR finalizzata al raggiungimento di un accordo.   Quanto alla effettività della tutela giurisdizionale dei diritti, di cui ai principi U.E., la garanzia del contenimento dei costi parrebbe rappresentata dal DM 180/10, che detta un criterio di riduzione in caso di mediazione obbligatoria.

Non si dimentichi inoltre che l’art.8 del D.Lgs.vo 28/10 dispone  che “Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e in caso positivo, procede con lo svolgimento”. Solo dopo l’effettivo ingresso delle parti in mediazione, sorge l’obbligo di versare l’indennità.

Il precedente intervento della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale con sentenza resa in data 18 aprile 2019 n.97, ha dichiarato non fondata la questione di illegittimità costituzionale, in riferimento all’art.3 Cost, dell’art.5 comma 4, lett. a) del D.Lgs.vo 4 marzo 2010 n.28 nella parte in cui prevede l’esperimento della mediazione, all’esito delle pronunce di cui agli articoli 648 e 649 c.c., nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, “..a fronte dell’esclusione della necessità di tentare la negoziazione assistita nei medesimi giudizi di opposizione poiché in quest’ultimo caso l’attività conciliativa è condotta direttamente dalle parti e dai loro avvocati mentre nella mediazione è richiesto l’intervento di un terzo imparziale”.

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