Nuova richiesta di intervento delle Sezioni Unite in materia di assegno divorzile: la nuova convivenza ne determina l’estinzione automatica?

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Sommario: 1. L’introduzione del divorzio con la L. n. 898/1970 – 2. La modifica dell’assegno divorzile – 3. Brevi cenni sulla vicenda dalla quale è scaturita l’ordinanza n. 28995/2020 – 4. L’ordinanza n. 28995/2020: le ragioni alla base della richiesta di intervento delle Sezioni Unite

1. L’introduzione del divorzio con la L. n. 898/1970

Il codice civile del 1942, basato sul principio di indissolubilità del matrimonio, prevedeva originariamente che il matrimonio potesse essere sciolto solo a seguito della morte di uno dei coniugi. Attualmente, invece, il principio sotteso all’istituto matrimoniale è quello dell’effettività dell’unione coniugale, ossia è necessaria la permanenza della comunione materiale e spirituale tra i coniugi.

Giova rilevare come al centro del profondo cambiamento del concetto di matrimonio vi sia stata l’introduzione del divorzio con la legge n. 898/1970. Il divorzio interviene nel momento in cui il rapporto tra i coniugi è entrato definitivamente in crisi senza possibilità di sanare i contrasti: ha dunque una finalità rimediale.

Dallo scioglimento del matrimonio ovvero, se matrimonio concordatario, dalla cessazione degli effetti civili, discendono una serie di effetti di carattere patrimoniale. Tra di essi figura in primo luogo il diritto a conseguire l’assegno divorzile sancito dall’art. 5, comma 6 L. 898/1970, vale a dire la corresponsione di un assegno periodico dovuto da un coniuge all’altro.

A tal proposito occorre brevemente premettere che la decisione in merito al riconoscimento dell’assegno consta di due fasi: la prima (fase dell’an debeatur) consiste nella valutazione circa l’esistenza del diritto; la seconda (fase del quantum debeatur) riguarda la determinazione in concreto dell’ammontare della somma da corrispondere all’altro coniuge.

Per quel che attiene la funzione dell’assegno, la nota sentenza a Sezioni Unite della Cassazione n. 18287/2018 ne ha evidenziato la natura composita: in primo luogo viene riconosciuta la sua funzione assistenziale a tutela del coniuge più debole. Pertanto in sede di giudizio vi sarà preliminarmente una comparazione delle condizioni economiche e patrimoniali dei coniugi.

Nella citata pronuncia viene evidenziata, inoltre, la funzione compensativa e perequativa dell’assegno che assume, di conseguenza, l’ulteriore fine di remunerare le rinunce professionali fatte e l’apporto fornito alla vita familiare dal coniuge richiedente. Siffatta funzione non è altro che una declinazione del principio solidaristico di cui all’art. 2 della Costituzione.

Alla luce di ciò vi sarà, quindi, una ulteriore valutazione in merito ai sacrifici professionali della parte, nonché riguardo al contributo apportato a livello familiare anche tenendo conto della durata del matrimonio e dell’età del richiedente.

Tali aspetti, infatti, sono rilevanti in quanto il modello familiare prescelto dai coniugi incide inevitabilmente sulla condizione economico-patrimoniale successiva al divorzio.

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2. La modifica dell’assegno divorzile

Tanto premesso, una volta intervenuto il provvedimento che dispone l’assegno divorzile, è comunque sempre possibile ottenere una modifica di quest’ultimo, sia per quanto attiene al diritto alla corresponsione, sia in merito all’importo stabilito.

Affinchè ciò sia possibile, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 898/1970, è necessario in primo luogo  che sia passata in giudicato la sentenza di divorzio e, in seconda battuta, la sopravvenienza di giustificati motivi che legittimino la richiesta.

Il tema è stato oggetto di copiosa giurisprudenza, intervenuta nel corso degli anni al fine di individuare i motivi legittimanti la richiesta di modifica.

A titolo meramente esemplificativo, uno di essi è il mutamento in peius delle condizioni economiche dell’ex-coniuge obbligato a versare la somma. Invero la perdita del lavoro, o anche la contrazione del reddito, comportano una indubbia modifica del complessivo assetto economico-patrimoniale delle parti così come individuato all’esito del procedimento di divorzio.

Parimenti è possibile agire tramite ricorso ex art. 710 c.p.c. qualora la parte destinataria della somma abbia medio tempore trovato una nuova occupazione.

Inoltre, nulla quaestio nel caso in cui l’ex-coniuge al quale debba essere corrisposto l’assegno contrae nuove nozze, posto che, come sancito dall’art. 5, comma 10, l’obbligo alla corresponsione cessa.

Al contrario, il problema è sorto nell’eventualità in cui non vi siano nuove nozze bensì l’instaurazione di una nuova convivenza tale da determinare la costituzione, ancorché di fatto, di una nuova famiglia.

Su tale questione è ben nota l’esistenza di un consolidato orientamento che ritiene che debba venir meno il diritto all’assegno per la parte che abbia intrapreso una convivenza more uxorio, purché la stessa abbia i connotati della stabilità, continuità e regolarità, dando luogo ad una vera e propria famiglia di fatto”. La ratio risiede nella nascita di una nuova realtà familiare costituzionalmente tutelata dall’art. 2 Cost. quale formazione sociale e, quindi, idonea a rescindere ogni legame con il pregresso matrimonio.

In merito a questo aspetto è importante evidenziare che attualmente la famiglia di fatto, quale nucleo formato da una coppia di sesso diverso non legata da matrimonio, trova pieno riconoscimento nella legge n. 76/2016. Gli elementi fondanti la convivenza more uxorio richiesti dall’art. 1, comma 36 della citata legge sono: la sussistenza di una comunione morale e materiale di vita, l’assenza di rapporti di parentela, affinità o adozione o matrimonio o di unione civile e, infine, la stabilità del rapporto affettivo.

Ciò posto, in virtù del principio di auto-responsabilità, l’ex-coniuge che intraprende una nuova convivenza decide autonomamente e coscientemente di far venir meno ogni forma di residua responsabilità post-matrimoniale.

Dunque la problematica sottesa a tale profilo risulta essere quella della automaticità o meno dell’estinzione dell’assegno divorzile in caso di instaurazione della nuova convivenza.

Recentemente, infatti, con ordinanza n. 28995/2020, la Corte di Cassazione ha sollecitato sul punto l’intervento delle Sezioni Unite al fine di pronunciarsi circa la revoca automatica o, al contrario, la perduranza dell’assegno alla luce del contributo dato dall’avente diritto nel precedente matrimonio.

3. Brevi cenni sulla vicenda dalla quale è scaturita l’ordinanza n. 28995/2020

Al fine di una compiuta disamina della questione giuridica in esame è opportuno ripercorrere i fatti oggetto della causa.

La vicenda origina dalla sentenza del Tribunale di Venezia con la quale veniva disposto a carico dell’ex-marito l’obbligo di versare l’assegno divorzile. In costanza di matrimonio la moglie, infatti, aveva rinunciato a lavorare per dedicarsi ai figli mentre il marito si era dedicato alla propria carriera professionale. La medesima, non più in età lavorativa, sosteneva di vivere con l’assegno divorzile in quanto l’attuale compagno, dal quale aveva avuto una figlia, percepiva circa mille euro mensili.

In sede di appello siffatta decisione è stata parzialmente modificata: non è stato infatti riconosciuto il diritto all’assegno proprio in virtù della nuova stabile convivenza instaurata dalla ex-moglie.

A fronte del rigetto della domanda di assegno divorzile, la ex-moglie proponeva ricorso per Cassazione deducendo, per quel che riguarda l’oggetto dell’odierna trattazione, la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 10, della legge n. 898/1970, nella parte in cui la Corte di Appello di Venezia aveva ritenuto che “la semplice convivenza more uxorio con altra persona provochi, senza alcuna valutazione discrezionale del giudice, immediata soppressione dell’assegno divorzile.”

In altre parole la pronuncia oggetto di ricorso ha stabilito che in caso di nuova convivenza non occorre la pronuncia del giudice per la decadenza dall’assegno divorzile, operando quest’ultima immediatamente ed automaticamente. Dunque deve applicarsi, anche in caso di convivenza, l’automatismo riservato dal legislatore al caso in cui il coniuge contragga nuove nozze.

4. L’ordinanza n. 28995/2020: le ragioni alla base della richiesta di intervento delle Sezioni Unite

La ricostruzione effettuata risulta necessaria ai fini della comprensione dell’ordinanza n. 28995/2020 con la quale la Prima Sezione della Corte di Cassazione ha richiesto un intervento delle Sezioni Unite Civili, ai sensi dell’art. 374, secondo comma c.p.c. ponendo il seguente quesito: “se, instaurata la convivenza di fatto, definita all’esito di un accertamento pieno su stabilità e durata della nuova formazione sociale, il diritto dell’ex coniuge, sperequato nella posizione economica, all’assegno divorzile si estingua comunque per un meccanismo ispirato ad automatismo, nella parte in cui prescinde di vagliare le finalità proprie dell’assegno, o se siano invece praticabili altre scelte interpretative che, guidate dalla obiettiva valorizzazione del contributo dato all’avente diritto al patrimonio della famiglia e dell’altro coniuge, sostengano dell’assegno divorzile, negli effetti compensativi suoi propri, la perdurante affermazione, anche, se del caso, per una modulazione da individuarsi nel contesto sociale di riferimento.”

Nel dettaglio, la Sezione rimettente dissente dall’orientamento secondo il quale la convivenza more uxorio sia idonea, laddove abbia i caratteri della stabilità e della continuità, a far cessare automaticamente il diritto all’assegno divorzile. Tale consolidata giurisprudenza muove dall’assunto secondo il quale, in virtù del già citato principio di auto-responsabilità, l’ex-coniuge che decide coscientemente di intraprendere una nuova convivenza accetta, come conseguenza, quella di un detrimento della precedente posizione di vantaggio. Sicché in questo caso, al pari delle nuove nozze, non sarebbe necessaria alcuna valutazione da parte del giudice una volta accertata la costituzione della nuova famiglia.

Il motivo del dissenso è da rinvenire nella riconosciuta funzione retributivo-compensativa dell’assegno divorzile da parte delle Sezioni Unite nella sentenza n. 18287/2018.

Invero, posto che la ratio dell’assegno è quella di ristorare l’ex coniuge per quanto fatto e sacrificato nell’interesse della famiglia e dell’altro coniuge, non può escludersi per intero il diritto allo stesso qualora il beneficiario economicamente più debole instauri una stabile convivenza.

Ne consegue che, secondo la Sezione rimettente, tramite una lettura evolutiva che si emancipi dall’ottica meramente assistenziale dell’assegno divorzile, il diritto all’assegno possa permanere anche in caso di nuova convivenza, ferma restando la possibilità per il giudice di una modulazione dello stesso.

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Valentina Di Ciero

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