Nel procedimento di convalida del DASPO è possibile presentare memorie e richieste al giudice tramite posta elettronica certificata

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(Annullamento con rinvio)

Il fatto

Il GIP presso il Tribunale di Venezia convalidava il provvedimento del Questore di quella città con cui veniva vietato a taluno l’accesso per 5 anni ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso questo provvedimento proponeva ricorso per Cassazione il difensore del destinatario di questa decisione deducendo: 1) vizio di motivazione in relazione alla omessa valutazione di una memoria tempestivamente inviata alla cancelleria del GIP a mezzo posta elettronica certificata osservandosi a tal proposito come fosse stato comunicato al difensore, da parte della cancelleria del giudice, che la memoria non sarebbe stata presa in considerazione in ragione della non ritualità dell’invio ma che, ciò nonostante, era stata comunque utilizzata la nomina del difensore e l’elezione di domicilio presso lo stesso da parte dell’interessato allegata all’atto in quanto la cancelleria del GIP aveva notificato la convalida del provvedimento al difensore anche nella sua qualità di domiciliatario; 2) vizio di motivazione in relazione alla mancanza di riferimenti, nel provvedimento impugnato, alla pericolosità del prevenuto in relazione alla sua condotta di vita, ovvero al fatto rispetto al quale era stato emesso il provvedimento del Questore;
3) vizio di motivazione riguardo alle ragioni di necessità e urgenza che avrebbero giustificato l’adozione della misura lamentandosi che il giudice non avrebbe minimamente analizzato la questione omettendo di spiegare e contestualizzare le ragioni di necessità e urgenza sottese all’adozione della misura personale; 4) violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di motivazione del provvedimento del Questore a proposito del principio di gradualità della sanzione e del provvedimento del GIP in relazione alla congruità della stessa osservandosi che il destinatario del provvedimento era completamente incensurato e sottoposto ad un precedente DASPO il cui procedimento penale presupposto era stato comunque archiviato nel merito tenuto conto altresì del fatto che il GIP non avrebbe motivato neppure in relazione alla durata della misura; 5) violazione di legge e vizio di motivazione in merito alle ragioni per cui l’interessato avrebbe dovuto presentarsi presso la Questura anche in corrispondenza delle partite amichevoli non avendo il giudice motivato sul punto; 6) violazione di legge in relazione alla convalida delle prescrizioni di cui alla L. n. 481 del 1989, art. 6, comma 1 e assenza totale di motivazione osservandosi che, nel provvedimento impugnato, il dispositivo non sarebbe stato ben chiaro dal momento che si concludeva con la formula “rigetta la richiesta” sicché non era dato comprendere se il giudice avesse effettivamente accolto la richiesta di convalida.

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Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione

Il ricorso veniva ritenuto fondato per le seguenti ragioni.

Si rilevava prima di tutto come, sulla base di quanto evidenziato in ricorso e dalla documentazione ad esso allegata, emergesse che il difensore aveva effettivamente inviato una memoria difensiva a mezzo posta elettronica certificata (PEC) il 27 settembre 2019 – alle ore 9,31 – come risultava dalla certificazione della consegna nonché trapelava che, nel testo della PEC alla quale era stata allegata la memoria, il difensore faceva presente l’impossibilità del deposito nella data precedente in orario di apertura delle cancellerie a causa della indisponibilità degli atti e, chiedendo di inoltrare la memoria al giudice competente per la convalida, faceva rilevare come la giurisprudenza della Cassazione avesse dapprima autorizzato l’invio tramite fax e, successivamente, anche tramite PEC delle memorie difensive nell’ambito della specifica procedura prevista dalla L. n. 481 del 1989, art. 6.

Risultava altresì, che, con comunicazione sempre a mezzo PEC dell’ufficio GIP del Tribunale di Venezia, diretta al difensore, del 27 settembre 2019 – ore 9,57, veniva comunicato allo stesso come la precedente comunicazione contenente la memoria fosse stata “cestinata” e lo si invitava a depositare gli atti in maniera rituale non essendo previsto per il processo penale il deposito telematico.
Sempre dalla documentazione prodotta in allegato al ricorso, veniva inoltre rilevato come il provvedimento di convalida oggetto di impugnazione fosse stato notificato al difensore, ancora una volta tramite PEC, non soltanto in tale qualità, ma anche quale domiciliatario del ricorrente e che effettivamente alla memoria trasmessa risultava essere stata allegata la nomina del difensore di fiducia con elezione di domicilio presso lo stesso.

Ciò premesso, il Supremo Consesso reputava opportuno ricordare come, in tempi recenti, la giurisprudenza della stessa Cassazione avesse ritenuto possibile la presentazione di richieste e memorie al giudice competente per la convalida del DASPO anche tramite PEC: in particolare, con una prima decisione [Sez. 3, Sentenza n. 14832 del 13/12/2017 (dep. 2018)], si era dato conto di un dibattito ancora in corso circa l’utilizzo della PEC nel processo penale richiamando le precedenti pronunce in tema e si era posta in rilievo la particolare formulazione della L. n. 401 del 1989, art. 6, comma 2-bis – il quale non prescrive espressamente che la facoltà di presentare memorie e deduzioni al giudice competente per la convalida debba essere esercitata mediante deposito nella cancelleria considerando che tale previsione normativa si giustifica col fatto che l’oggetto del procedimento, attinente alla libertà personale, e la particolare natura dello stesso, cartolare ed informale nonché la fisiologica ristrettezza dei tempi entro cui deve necessariamente concludersi il controllo di legalità di un atto che limita la libertà personale del soggetto pena l’inefficacia delle relative prescrizioni – giustifica ampiamente l’uso del mezzo telematico e che tale soluzione interpretativa trova conferma nel D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 48 e succ. mod. (codice dell’amministrazione digitale) ove la posta elettronica certificata è equiparata alla trasmissione postale a mezzo di lettera raccomandata pur dando atto che la PEC può ritenersi produttiva di effetti solo se pervenuta presso la cancelleria del giudice competente per la convalida e non già ove la stessa sia giunta alla cancelleria centrale del tribunale.

Si evidenziava inoltre come a tale pronuncia si fosse dato seguito in altre più recenti decisioni ove tale principio era stato richiamato riconoscendo, ancora una volta, la possibilità di presentare memorie e richieste al giudice tramite posta elettronica certificata in considerazione della particolarità della procedura stabilita nel procedimento di convalida del DASPO caratterizzata dall’assenza di indicazioni specifiche circa le modalità di deposito degli atti ed anche in considerazione del fatto che il mezzo telematico garantisce sicura affidabilità sulla provenienza e la ricezione di quanto inviato (Sez. 3, n. 11475 del 17/12/2018; Sez. 3, n. 17844 del 12/12/2018).

Ciò posto, riteneva la Corte di legittimità come le considerazioni svolte nelle richiamate pronunce fossero pienamente condivisibili e che ai principi affermati dovesse darsi continuità rilevandosi al contempo come il ricorso proposto avesse dato compiutamente dimostrazione del fatto che la memoria era stata effettivamente inviata alla Cancelleria del GIP del Tribunale di Venezia con riferimenti specifici al provvedimento oggetto di convalida e che la stessa era effettivamente pervenuta a quell’ufficio come dimostrano la comunicazione con la quale si evidenziava che la PEC contenente la memoria della difesa sarebbe stata cestinata nonché la successiva comunicazione del provvedimento di convalida al difensore di fiducia anche come domiciliatario sulla base della nomina allegata all’atto.

Veniva inoltre considerato che, come effettivamente evidenziato in ricorso, di tale memoria il giudice non aveva tenuto conto nel provvedimento di convalida ove non veniva neppure menzionata e che, nell’illustrare la specifica doglianza, il ricorrente non si era limitato ad una generica censura avendo, non soltanto richiamato gli atti ritenuti rilevanti al fine di dimostrare l’effettiva ricezione della memoria da parte dell’ufficio destinatario, ma aveva anche segnalato i contenuti dell’atto, che aveva integralmente allegato, dando quindi conto delle questioni sottoposte al giudice e da questi non valutate.

Si evidenziava a tal proposito, tra l’altro, come la stessa terza Sezione penale avesse già avuto modo di rilevare che è affetta da nullità, per violazione del diritto di difesa, l’ordinanza di convalida del provvedimento del Questore impositivo dell’obbligo di presentazione priva di qualsivoglia riferimento alle deduzioni oggetto della memoria difensiva depositata nei termini (Sez. 3, n. 20143 del 27/05/2010) e come tale principio, come chiarito nella menzionata pronuncia, traesse origine dall’esigenza di intendere la garanzia offerta al diffidato non in senso meramente formale, come possibilità di interlocuzione attraverso la presentazione di memorie, ma come garanzia effettiva che impone al giudice una valutazione delle deduzioni difensive.

Tale valutazione, inoltre, veniva ulteriormente precisato, può avvenire anche in forma concisa
atteso che, come successivamente ribadito [Sez. 3, Sentenza n. 2862 del 13/11/2014 (dep. 2015)] l’obbligo del giudice, di motivare in ordine al contenuto delle memorie o deduzioni tempestivamente presentate dall’interessato in vista della convalida del provvedimento del Questore impositivo dell’obbligo di presentazione ad un ufficio o comando di polizia, si intende assolto anche nel caso in cui ne risulti testualmente avvenuto l’esame e sia desumibile, dal complessivo tenore del provvedimento, l’implicita esclusione della loro fondatezza (Sez. 3, Sentenza n. 46223 del 16/11/2011) cosa che nel caso di specie non era avvenuto.

Il Supremo Consesso, di conseguenza, disponeva l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Venezia per nuovo esame.

Conclusioni

La decisione in esame desta notevole interesse in quanto, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, afferma come sia possibile presentare memorie e richieste al giudice tramite posta elettronica certificata nel procedimento di convalida del DASPO.

In questa decisione, inoltre, viene altresì chiarito che, ove sia presentata una memoria con questa modalità di trasmissione, la sua mancata disamina comporta la nullità, per violazione del diritto di difesa, dell’ordinanza di convalida del provvedimento del Questore impositivo dell’obbligo di presentazione fermo restando che tale onere motivazionale si può considerare assolto nel caso in cui ne risulti testualmente avvenuto l’esame e sia desumibile, dal complessivo tenore del provvedimento, l’implicita esclusione della fondatezza di quanto sostenuto in tale scritto difensivo.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, proprio perché fa chiarezza su tali tematiche procedurali, dunque, non può che essere positivo.

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