Negoziazione assistita: come si fa e cosa accade se non si fa? 

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Secondo le previsioni fatte da parte della legge, se una persona subisce un torto e vuole andare in Tribunale, è possibile che non lo possa fare prima di avere provato a riappacificarsi con la sua controparte.

Stando al nostro ordinamento, non ci si può rivolgere alla giustizia se prima non si dimostra di avere provato a concludere una conciliazione in modo amichevole.

La negoziazione assistita serve a questo.

Rappresenta una condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria, vale a dire, che il giudice non si può esprimere sulla domanda che gli è stata proposta se prima non è stato fatto il tentativo di conciliazione.

È evidente che, prima di fare causa, sia opportuno accertarsi dei casi nei quali la negoziazione assistita è prevista come obbligatoria per legge.

Nell’articolo che segue scriveremo che cosa accade se non si fa la negoziazione assistita.

     Indice

  1. Che cos’è la negoziazione assistita?
  2. In che modo funziona?
  3. Quando è obbligatoria?
  4. Che cosa accade se non si fa?
  5. Che cosa accade se non si partecipa?

1. Che cos’è la negoziazione assistita?

La negoziazione assistita è una procedura di conciliazione che avviene tra le parti assistite dai rispettivi avvocati.

Quando è obbligatoria, è condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria.

Questo significa che chi intende agire in Tribunale deve come prima azione invitare la controparte a provare a raggiungere un accordo pacifico.

In caso di esito negativo, si potrà procedere davanti al giudice.

2. In che modo funziona?

La procedura di negoziazione assistita si deve svolgere con la presenza necessaria degli avvocati di entrambe le parti.

A volere essere precisi, l’invito a partecipare alla negoziazione deve provenire dall’avvocato di chi, per primo, intende agire in giudizio.

Il destinatario può aderire alla conciliazione, facendo pervenire risposta attraverso il suo avvocato. In questo caso, le parti, con i rispettivi legali, si ritroveranno intorno allo stesso tavolo per cercare di raggiungere una soluzione bonaria.

A questo punto, se le parti siglano un accordo, gli avvocati provvederanno a certificarlo in un verbale, cosiddetta “convenzione di negoziazione assistita”, che varrà come titolo esecutivo, esattamente come una sentenza del giudice.

Se questo non dovesse essere possibile, gli avvocati redigono un verbale che ha esito negativo, e dopo questo, chi intende proseguire in Tribunale lo potrà fare senza nessun ostacolo.

La parte invitata può anche non fare pervenire nessuna risposta all’invito della controparte.

In simili ipotesi, se non perviene nessun riscontro entro trenta giorni, la negoziazione si intenderà fallita e si potrà procedere in giudizio.

3. Quando è obbligatoria?

La negoziazione assistita è obbligatoria per legge nelle seguenti materie:

  • Risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti.
  • Pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti i cinquantamila euro.

Chi vuole chiedere il risarcimento perché, ad esempio, è stato investito da una macchina, per prima cosa dovrà invitare la controparte a stipulare una negoziazione assistita, a raggiungere un accordo bonario.

Lo stesso per chi si voglia fare restituire un prestito inferiore a 50mila euro.

La negoziazione assistita non è obbligatoria quando si procede con decreto ingiuntivo, per crediti certi, liquidi ed esigibili provati per iscritto, e nei casi nei quali la legge prevede la mediazione.


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4. Che cosa accade se non si fa?

Come scritto in precedenza, la negoziazione assistita obbligatoria è condizione di procedibilità.

Significa che, se non si fa, il giudice non può entrare nel merito della vicenda.

Ad esempio, se qualcuno va davanti al giudice per chiedere la restituzione di un prestito di diecimila euro senza prima avere tentato la negoziazione assistita non potrà ottenere un provvedimento favorevole perché il giudice si non potrà neanche esprimere sulla vicenda.

La negoziazione assistita obbligatoria è un passaggio necessario che, se non dovesse essere compiuto, l’atto preclude al giudice la possibilità di affrontare la causa.

In questi casi, per legge, il giudice, quando si accorge alla prima udienza che non è stato fatto il tentativo di negoziazione assistita, rinvia la causa a un’altra data, concedendo all’attore un termine di 15 giorni per mettersi in regola, vale a dire, effettuare l’invito alla controparte.

All’udienza successiva, se il tentativo di raggiungere un accordo attraverso la negoziazione assistita non è stato fatto, il giudice dichiarerà in modo definitivo l’improcedibilità della domanda, chiudendo il processo.

Riassumendo:

se la negoziazione assistita non si fa, il giudice concede un termine per rimediare, vale a dire, per effettuare il tentativo obbligatorio previsto a pena di improcedibilità.

All’altra udienza, il giudice verifica se l’invito è stato fatto nei termini indicati (15 giorni), se i fatti sono in regola, si potrà proseguire con il processo, altrimenti, al giudice non resta che dichiarare l’improcedibilità.

5. Che cosa accade se non si partecipa?

La questione è diversa nel caso nel quale la parte invitata decida di non partecipare alla negoziazione assistita, ad esempio non facendo pervenire nessun riscontro entro trenta giorni oppure declinando espressamente la richiesta.

In simili casi, la negoziazione  assistita ha esito negativo e consente all’attore di potere procedere in giudizio.

Il comportamento dell’invitato può essere in modo negativo dal giudice.

Secondo la legge, chi non risponde all’invito entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può essere valutata dal giudice ai fini delle spese del giudizio e dell’eventuale condanna al risarcimento dei danni.

Se la parte invitata alla conciliazione non partecipa senza nessun motivo legittimo, il giudice può valutare negativamente questo atteggiamento, punendolo con l’obbligo di pagare le spese del procedimento e, come ipotesi finale, in realtà rara, anche con il risarcimento per avere causato un giudizio che altrimenti si poteva evitare.

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