Motivi di revocazione in pendenza del termine per l’appello.

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Conversione automatica dei motivi di revocazione in motivi di gravame e slittamento del termine di 30 giorni. In pendenza del termine per l’appello, il motivo di revocazione si converte automaticamente in ragione di gravame. La scoperta del vizio revocatorio interrompe il termine dell’appello, che inizia a decorrere dal giorno in cui si è avuta conoscenza legale del motivo di revocazione.

Non sono soggette a revocazione le sentenze ancora appellabili. Ai sensi del secondo comma dell’art. 396 c.p.c., in pendenza del termine per l’appello, il termine di trenta giorni per la proposizione del gravame slitta di ulteriori trenta giorni dalla scoperta della falsità. Ciò perché in pendenza del termine per l’appello il motivo di revocazione si converte automaticamente in motivo di gravame.

Per l’oggettiva rarità degli eventi che conducono a scoprire, nel processo civile, un vulnus revocatorio in pendenza del termine breve di gravame, la questione non ha mai originato un vero e proprio dibattito dottrinario né un’altalena giurisprudenziale, così ponendosi come pietra miliare una risalente pronuncia della Corte di Cassazione dei primi anni della Repubblica (Cass. n. 1462/1949). Da allora, nell’ambito del processo civile non si sono registrate pronunce di legittimità tanto esplicite o in senso contrario. Difatti, per la risalente sentenza “Se i fatti previsti come motivo di revocazione … si verificano durante il corso del termine per l’appello, non si fa luogo alla revocazione: detti fatti si risolvono in motivi di appello e il termine stesso è prorogato dal giorno dell’avvenimento in modo da raggiungere i trenta giorni da esso”.

La pronuncia della Cassazione, peraltro, si sovrappone al dato letterale del codice di procedura civile, con l’estrapolazione integrale di interi periodi e il loro assemblaggio. Un “copia e incolla” ante litteram degli Ermellini che resiste sino ai giorni nostri.

Incidentalmente troviamo recenti conferme nella giurisdizione amministrativa. Nel processo amministrativo, per la sua peculiare “accelerazione” con riferimento ai riti speciali, in particolare quelli elettorale e di accesso agli atti, le pronunce hanno teso negli anni a confermare il dato letterale della norma, quindi dell’art. 396, comma 2, c.p.c.

In campo amministrativo, si conferma il principio per cui in pendenza dei termini per proporre appello, il ricorso per revocazione deve essere ritenuto inammissibile

Il Tar Palermo ha ben spiegato che mentre “In ambito processualcivilistico la questione dei rapporti tra la revocazione e l’appello è risolta dalla legge in base al principio della sussidiarietà … Al contrario, nel processo amministrativo, la questione dei rapporti tra la revocazione e l’appello non è risolta dalla legge, ma deve essere risolta dall’interprete” (Tar Palermo, Sez. III, sentenza n. 1042 del 1 giugno 2011).

Il giudice amministrativo ha spiegato che nel processo civile “la revocazione delle sentenze appellabili deve ritenersi esclusa in quanto non prevista né dall’art. 396 c.p.c. che si riferisce solo alle “sentenze per le quali è scaduto il termine per l’appello”, né da alcuna altra norma del c.p.c., compreso l’art. 395 c.p.c. che si riferisce alle “sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado”, e tale non è la sentenza di primo grado per la quale penda il termine per l’appello”.

In definitiva, più per il dato letterale della norma che per i rarissimi spunti che la giurisprudenza ha offerto, ai sensi dell’art. 396, primo comma, c.p.c., le sentenze per le quali è scaduto il termine per l’appello possono essere impugnate per revocazione nei casi dei nn. 1, 2, 3 e 6 dell’articolo 395, purché la scoperta del dolo o della falsità o il recupero dei documenti o la pronuncia della sentenza di cui al n. 6 siano avvenuti dopo la scadenza del termine suddetto, mentre se i fatti menzionati nel comma precedente avvengono durante il corso del termine per l’appello, il termine stesso è prorogato dal giorno dell’avvenimento in modo da raggiungere i trenta giorni da esso.

In pratica: se non è ancora decorso il termine per proporre appello, la sentenza di primo grado dovrà essere impugnata con il normale mezzo di gravame. In tal caso, infatti, i motivi di revocazione si convertono in motivi di appello, essendo quest’ultimo un rimedio impugnatorio a carattere generale; se la scoperta del vulnus avviene durante il corso del termine per l’appello, il termine stesso è prorogato dal giorno dell’avvenimento in modo da raggiungere i trenta giorni da esso; se viene chiesta la revocazione di una sentenza appellabile, il ricorso è inammissibile.

Lillo Massimiliano Musso

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