Mediazione in condominio: la riforma Cartabia è in vigore

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In considerazione dell’articolo 37 del D.L. 24 febbraio 2023, n. 13 (decreto PNRR) il 30 giugno è entrato in vigore il nuovo articolo 5-ter del decreto legislativo 28/2010; in contemporanea, però, si devono ritenere abrogati i commi 2, 4, 5 e 6 del vigente articolo 71-quater disp. att. c.c.; in ogni caso è rimasto in vigore solo il comma 1 dell’articolo 71-quater disp. att. c.c., e il comma 3 dello stesso articolo, che viene riscritto per rinviare all’articolo 5-ter.
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Indice

1. Le norme rilevanti


Secondo il primo comma 71-quater disp. att. c.c., per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice. La norma definisce l’ambito di applicabilità della condizione di procedibilità in materia condominiale, chiarendo che l’obbligo di mediazione riguarda le cause tra il condominio e il singolo condomino; quelle tra il condominio e l’amministratore e tra il condominio e i terzi, mentre esulano dal procedimento condominiale i giudizi tra singoli condomini. Il terzo comma dello stesso articolo 71-quater precisa che al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore secondo quanto previsto dall’articolo 5-ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. Quest’ultima norma stabilisce perciò che l’amministratore del condominio è legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi. Il verbale contenente l’accordo di conciliazione o la proposta conciliativa del mediatore sono sottoposti all’approvazione dell’assemblea condominiale, la quale delibera entro il termine fissato nell’accordo o nella proposta con le maggioranze previste dall’articolo 1136 c.c. In caso di mancata approvazione entro tale termine la conciliazione si intende non conclusa.


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2. Il nuovo ruolo dell’amministratore


Alla luce della normativa sopra vista l’amministratore, dunque, non sarà più condizionato nella partecipazione al procedimento di mediazione dal previo ottenimento di una delibera autorizzativa, ma potrà attivare, aderire e partecipare alla mediazione essendovi legittimato ex lege. Lo scopo è certamente quello di rendere ancora più celere oltre che agevole l’ausilio della mediazione quale strumento di composizione delle controversie alternativo rispetto al giudizio, soprattutto in termini di partecipazione al procedimento. Non è più necessario coinvolgere i condomini al fine di conferire all’amministratore il potere negoziale di rappresentare il condominio coinvolto nella controversia. Non vi è più neppure la preoccupazione di chiedere al mediatore di concedere proroghe dei termini del primo incontro, per garantire l’assunzione della delibera e la partecipazione titolata dell’amministratore.
Non sarebbe prudente però per un amministratore svolgere intere procedure di mediazione senza informare tutti i condomini interessati. In altre parole si può affermare con certezza che non è necessario un passaggio assembleare ma non pare possibile che l’amministratore prudenzialmente (cioè per prevenire pericolosissime successive contestazioni) non voglia conoscere preventivamente le intenzioni della collettività condominiale a cui poi la proposta di mediazione dovrà essere sottoposta. È vero infatti che, la scelta di conciliare o di accettare la proposta del mediatore, dovrà essere sempre approvata dall’assemblea, con la maggioranza prevista dall’articolo 1136 c.c. Del resto il verbale o la proposta fissano un termine per l’approvazione assembleare, spirato inutilmente il quale, la conciliazione dovrà intendersi conclusa. Meglio poi farsi autorizzare anche per la nomina dell’avvocato che assisterà l’amministratore (del resto al detto professionista dovrà essere corrisposto l’onorario anche nel caso in cui l’assemblea decida di non ratificare ex post la relativa iniziativa.

3. La maggioranza per approvare la proposta di mediazione


Bisogna notare come sia generica la maggioranza con cui i condomini devono approvare l’accordo di conciliazione o la proposta conciliativa del mediatore: il testo ambiguamente parla di “maggioranze previste dall’articolo 1136 del codice civile”. Il vecchio testo precisava che per l’approvazione della proposta di mediazione era richiesta la maggioranza di cui all’articolo 1136 c.c., secondo comma (e cioè la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio). Non senza incertezze bisognerebbe continuare ad approvare l’accordo di mediazione con la stessa maggioranza o valutare la maggioranza in relazione alla materia trattata. Quello che si può affermare con certezza però è che, qualora dall’approvazione della proposta conciliativa derivi la limitazione dei diritti dei condomini sulle parti comuni, tale approvazione deve avvenire con il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio. Questa conclusione è coerente con la posizione della Cassazione che, ai sensi dell’art. 1108 c.c., comma terzo, (applicabile al condominio in virtù del rinvio operato dall’art. 1139 c.c.), richiede il consenso di tutti i comunisti – e, quindi, della totalità dei condomini – per gli atti di alienazione del fondo comune, o di costituzione su di esso di diritti reali, o per le locazioni ultranovennali, con la conseguenza che tale consenso è necessario anche per la transazione che abbia ad oggetto i beni comuni, potendo essa annoverarsi, in forza dei suoi elementi costitutivi (e, in particolare, delle reciproche concessioni), fra i negozi a carattere dispositivo. Pertanto, non rientra nei poteri dell’assemblea condominiale – che decide con il criterio delle maggioranze – autorizzare l’amministratore del condominio a concludere transazioni che abbiano ad oggetto diritti comuni (Cass. civ., sez. VI, 11/01/2022, n. 514; Cass. civ., sez. II, 24/02/2006, n. 4258).

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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