IL MARCHIO AZIENDALE. ASPETTI LEGALI E REGISTRAZIONE ANCHE INTERNAZIONALE

Redazione 28/11/00
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Il caso Albania.

Strumento appositamente predisposto per rapprentare l’immagine dell’azienda, quale espressione del carattere, del modus operandi, della sensibilità dell’imprenditore, è il “Marchio Aziendale”. Molto spesso sotto forma di logo (immagine sintetizzante un prodotto, un nome o un’idea) il marchio aziendale consente di “imporre” un determinato prodotto/servizio sul mercato, quindi farne maturare valore e livello di notorietà.
Gestire un marchio aziendale significa studiarne il posizionamento in relazione ad un target (geografico-economico) di riferimento, tutelarne gli aspetti economici e giuridici, promuoverlo presso i canali distributivi o di rappresentanza evidenziati dalla pianificazione strategica.
E infatti il marchio, quale segno distintivo del prodotto o del servizio dell’azienda, nei nostri giorni si vede accreditare sempre di più la facoltà sia di “nobilitazione” dei prodotti o servizi che lo posseggono, sia di distinzione del prodotto all’interno di un mercato ultra-affollato, consentendo al bene aziendale di realizzare un “quid” in più (garanzia qualitativa e suggestione pubblicitaria) rispetto a tutti gli altri presenti sul mercato.
Dalla sempre maggiore importanza del marchio, quale strumento di affermazione commerciale dell’azienda, derivano varie conseguenze tra le quali la crescente difficoltà di trovare marchi nuovi, i soli che possano essere validamente registrati e che possano essere quindi liberamente utilizzati (art. 16 L. Marchi).
Possono essere qualificati come marchi aziendali, e quindi registrati, parole (cd. “marchi verbali), disegni (cd. “marchi figurativi”), cifre, lettere, combinazioni di colori, tonalità cromatiche, e anche suoni e persino forme (cd. “marchi tridimensionali”). Per fare un esempio di marchio tridimensionale basti pensare alla famosa bottiglia della Coca-Cola: la forma della bottiglia rivestiva indiscutibilmente la funzione precipua di differenziare il prodotto contenuto (occorre riferire che forme utili, funzionali o estetiche – e che quindi non posseggono la caratteristica, o meglio, la funzione di individuazione del prodotto – non sono registrabili quali marchi, ma sono tutelabili con il brevetto per modello industriale).
La Legge Marchi (R.D. 21 giugno 1942 n. 929 come modif. dal D. Lgs. n. 480/1992) enuncia l’ampia facoltà per il titolare di un marchio aziendale di cedere liberamente (e anche parzialmente) lo stesso marchio a terzi o di concederne licenze d’uso, ma con il preciso limite che “dal trasferimento di un marchio non deve derivare inganno in quei caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali nell’apprezzamento del pubblico”.
L’uso esclusivo del marchio può essere acquisito in due modi:
con la registrazione – come vedremo nazionale, comunitaria ed internazionale – (cd marchio registrato);
con l’uso di fatto (cd. marchio non registrato). In quest’ultimo caso, chi ha fatto uso di un marchio può continuare ad usarne, nonostante la registrazione da altri ottenuta, nei limiti in cui anteriormente si è avvalso, nei limiti cioè del preuso.
In ogni caso bisogna riferire che la legge offre una tutela notevolmente minore in caso di mancata registrazione del marchio. Un marchio registrato gode invece nella legislazione italiana di una ampia tutela sia civile che penale per la difesa di tutti quei diritti che derivano dall’uso esclusivo del marchio stesso, permettendo quindi di bloccare (anche con provvedimenti giudiziari di natura cautelare) qualsiasi comportamento sleale di un proprio concorrente.
Come già anticipato, le imprese italiane possono contare su tre procedure di registrazione dei marchi e quindi di tutela per la commercializzazione di prodotti e servizi.
1) Registrazione nazionale. Un richiedente, persona fisica o giuridica, che intenda utilizzare un segno grafico per individuare determinati prodotti e/o servizi, deve presentare una domanda di registrazione all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (Uibm), pagando le relative tasse. L’esclusiva, di durata decennale, (illimitatamente rinnovabile) decorre dalla data di presentazione della domanda ed ha efficacia su tutto il territorio nazionale. Occorre avvertire che la legge italiana presuppone che il richiedente utilizzi il marchio o che “si proponga di utilizzarlo”, prevedendo così una decadenza per le registrazioni di marchi che non siano poi utilizzati in maniera seria ed effettiva entro 5 anni dalla data del rilascio della registrazione.
2) Registrazione Internazionale. Per quanto concerne la tutela di marchi nei Paesi esteri, le norme da rispettare sono sostanzialmente simili a quelle italiane, mentre diverse sono le procedure. Si può genericamente dire che, mentre in Italia l’esame della domanda di registrazione è un esame essenzialmente formale (e quindi “facile da superare”), di solito all’estero gli esami sono più severi perché prevedono una verifica anche della regolarità ‘sostanziale” della domanda (viene verificata cioè anche la novità del marchio e l’interferenza con eventuali altri marchi registrati localmente). Per la registrazione nei Paesi esteri esistono due alternative: o depositare la domanda di registrazione Paese per Paese oppure – per i Paesi che aderiscono al relativo accordo detto di Madrid del 1891 – chiedere una singola Registrazione Internazionale (cd. Marchio Internazionale), ossia una procedura semplificata che consente di tutelare un marchio in più Stati mediante un solo deposito, redatto in una sola lingua ed effettuato presso un solo ente, l’organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (Ompi o WIPO).
Con la recentissima adesione dell’Italia al Protocollo relativo all’accordo di Madrid, adottato il 27 giugno 1989 (D. L.8 ottobre 1999 n. 447 pubbl. nella Gazzetta Ufficiale il l dicembre 1999) tale ultima procedura è stata notevolmente semplificata ed oggi la registrazione estera (per i soli Stati che hanno aderito al relativo Protocollo) può essere richiesta sulla base della sola domanda di registrazione nazionale all’Uibm.
3) Registrazione comunitaria (cd. Marchio Comunitario). È la grande novità degli anni ’90 e si tratta di una registrazione che ha effetto in tutti gli Stati dell’Unione Europea, a differenza della registrazione internazionale che dà vita ad una serie di marchi aventi effetto a livello nazionale. Competente a rilasciare la registrazione, previo esame di natura anche sostanziale, è un Ufficio situato ad Alicante (Uami). Dopo tale esame la domanda di registrazione viene pubblicata e terzi interessati possono sollevare opposizione motivata (tale possibilità è esclusa a livello nazionale, dove l’unica tutela per i terzi è il ricorso al giudice).
Caso Albania L’Albania, come è noto, non è ancora entrata a far parte dell’Unione Europea (…anche se si susseguono in questi giorni varie dichiarazioni “istituzionali” che lasciano intravedere un necessario allargamento dei “confini comunitari” ai territori balcanici) e, quindi, se si vuole tutelare un proprio marchio in Albania occorre chiedersi se questo Stato ha aderito all’accordo di Madrid e quindi se si può procedere con la cd. “registrazione internazionale”.
In Albania, le norme generali a tutela del Diritto d’Autore e della Proprietà Industriale sono contenute in due leggi, la legge n. 7819 sulla proprietà industrile e la n. 7564 sul diritto d’autore. L’Albania è membro dell’Organizzazione Mondiale per la proprietà Intellettuale, ciò consente agli investitori italiani di poter utilizzare la procedura semplificata prevista dal’Accordo di Madrid.
A Tirana è stato attivato un Ufficio Marchi e Brevetti che, anche se ancora oggi in maniera un po’ “confusa” (conviene, come sempre, affidarsi a consulenti esperti prima di procedere nella registrazione…), è atto a tutelare le invenzioni, i marchi, i disegni industriali, i contrassegni presenti nel territorio albanese.

Studio Legale Associato Caneva Carpani – Milano
& Studio D. L. – Lecce

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