Mandato di arresto europeo: rimedio di ricorso per Cassazione

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In tema di mandato di arresto europeo, l’unico rimedio esperibile avverso i provvedimenti relativi a misure cautelari personali è il ricorso per Cassazione per violazione di legge.
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Corte di Cassazione -sez. VI pen.- sentenza n. 34525 del 31-05-2023

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Indice

1. La questione


Un consigliere delegato della Corte di Appello di Roma convalidava un arresto di polizia giudiziaria, ai sensi dell’art. 13 l. n. 69 del 2005, applicandosi contestualmente la misura cautelare della custodia in carcere.
Ciò posto, avverso tale provvedimento proponeva ricorso per Cassazione la difesa dell’arrestato che deduceva i seguenti motivi: 1) violazione di legge in relazione agli artt. 9 l. n. 69 del 2005 e 274 cod. proc. pen.; 2) mancanza di motivazione sul pericolo concreto di fuga; 3) violazione di legge in relazione agli artt. 9 l. n. 69 del 2005 e 275 e 275-bis cod. proc. pen. e mancanza di motivazione.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


Il ricorso suesposto era ritenuto non meritevole di accoglimento per le seguenti ragioni.
Si osservava innanzitutto, in via preliminare, che, in tema di mandato di arresto europeo, l’unico rimedio esperibile avverso i provvedimenti relativi a misure cautelari personali è il ricorso per Cassazione per violazione di legge, a norma degli artt. 9, comma 7, della L. n. 69/2005 e 719 cod. proc. pen., che può essere dunque proposto per dedurre, oltre ad errori di diritto, anche l’inesistenza della motivazione o per la presenza di una motivazione solo apparente, ma non vizi logici della stessa (Sez. 6, n. 10906 del 06/03/2013).
Premesso ciò, gli Ermellini rilevavano – una volta fatto presente che, come evidenzia l’art. 9, comma 4, l. n. 69 del 2005, l’applicazione di misure coercitive alla persona richiesta deve tener conto dell’esigenza di garantire che la stessa non si sottragga alla consegna, e ciò in quanto lo Stato italiano ha assunto a livello internazionale l’impegno di consegnare le persone ricercate da altri Stati dell’Unione europea per ragioni di giustizia e che si trovino sul suo territorio, tenuto conto altresì del fatto che la presenza del ricercato sul territorio italiano costituisce il presupposto indefettibile di fatto della decisione di consegna (cfr. Sez. 6, n. 1317 del 12/01/2023) dato che il mandato di arresto europeo, al pari dell’estradizione, sono istituti preordinati al solo scopo della consegna di una determinata persona allo Stato estero che ne abbia fatto richiesta, con la conseguenza che la ‘fisica disponibilità” da parte dello Stato richiesto costituisce un presupposto la cui mancanza rende privo il procedimento del suo oggetto tipico, fermo restando che le suddette esigenze cautelari vanno poi correlate con l’esito del procedimento di consegna: la traditio in vinculis della persona richiesta – che i requisiti di concretezza ed attualità del pericolo di fuga, richiesti per l’applicazione delle misure coercitive di cui all’art. 9 l. n. 69 del 2005, al pari dei criteri per la scelta della misura cautelare, devono essere scrutinati dal giudice della cautela, avendo presente le esigenze e le caratteristiche proprie del procedimento di consegna.
Ciò posto, ad avviso dei giudici di piazza Cavour, a fronte del fatto che il giudice delegato della Corte di Appello, nel motivare il rischio di irreperibilità del ricorrente per sottrarsi alla consegna, aveva valorizzato una serie di circostanze che non consentivano di ritenere sufficienti a contenere tale pericolo misure diverse da quella carceraria, la motivazione ivi addotta non era considerabile come silente o apodittica sulle esigenze cautelari in quanto l’ordinanza aveva esposto, quant’anche in modo sintetico ma sufficiente, un giudizio prognostico sul pericolo di fuga, tipico della procedura di consegna, “verificabile“, ovvero ancorato ad obiettivi elementi concreti della vita del soggetto, così come sempre siffatta motivazione non poteva dirsi errata in diritto, alla luce dei peculiari parametri di valutazione che devono improntare la decisione cautelare come già dedotto in precedenza.
La Suprema Corte, di conseguenza, alla stregua delle considerazioni sin qui esposte, rigettava il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quale rimedio è esperibile, in tema di mandato di arresto europeo, avverso i provvedimenti relativi a misure cautelari personali.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che, in tema di mandato di arresto europeo, l’unico rimedio esperibile avverso i provvedimenti relativi a misure cautelari personali è il ricorso per Cassazione per violazione di legge, a norma degli artt. 9, comma 7, della L. n. 69/2005 e 719 cod. proc. pen., che può essere dunque proposto per dedurre, oltre ad errori di diritto, anche l’inesistenza della motivazione o per la presenza di una motivazione solo apparente, ma non vizi logici della stessa.
Dunque, avverso un provvedimento di questo tipo, in relazione a tale approdo ermeneutico, si può solo ricorrere per Cassazione per violazione di legge, fermo restando che in questa “violazione”, oltre agli errori di diritto, possono annoverarsi anche l’inesistenza della motivazione o la presenza di una motivazione solo apparente, ma non i vizi logici della stessa.
Codesto provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba impugnare una decisione di siffatto genere.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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