Locazione di locale commerciale trasformato in abitazione: come può reagire il locatore? Il“Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile, acquistabile su Shop Maggioli e su Amazon. Come supporto per i professionisti, consigliamo il Codice Civile e norme complementari, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
riferimenti normativi: art. 80, comma 1, L. n. 392/78
precedenti giurisprudenziali: Trib. Roma, Sentenza n. 11753 del 08/08/2025
Indice
1. La vicenda: il locale commerciale trasformato in abitazione
Il proprietario di un immobile citava in giudizio la conduttrice, chiedendo la risoluzione del contratto di locazione commerciale e il risarcimento dei danni derivanti dalla rottura della colonna di scarico. Secondo il ricorrente, l’immobile, destinato contrattualmente ad uso commerciale, era stato invece adibito ad abitazione da almeno due donne, e proprio queste avrebbero provocato l’otturazione della colonna fognaria gettando nel water oggetti non smaltibili. Il proprietario del locale commerciale faceva presente che il conduttore, pur dichiarandosi disponibile a risarcire, non consentiva di accedere all’immobile per verificare lo stato dei luoghi, insistendo inoltre per l’accensione del riscaldamento anche nei fine settimana. Il Tribunale, verificata la regolarità delle notifiche, dichiarava la contumacia della resistente e ammetteva le prove orali richieste dal ricorrente. Successivamente la conduttrice si costituiva tardivamente, contestando ogni addebito: negava di aver mutato la destinazione d’uso, di aver causato danni o impedito l’accesso, e respingeva l’accusa di manomissione dell’impianto termico. Inoltre sollevava un’eccezione di decadenza, sostenendo che il locatore non poteva più chiedere la risoluzione del contratto perché erano trascorsi oltre tre mesi dalla scoperta della presunta violazione, come previsto dall’art. 80 della legge n. 392/1978. Il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile, acquistabile su Shop Maggioli e su Amazon. Come supporto per i professionisti, consigliamo il Codice Civile e norme complementari, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.
2. La questione: come può reagire il locatore?
La decadenza del locatore ex art. 80 L. 392/1978 può essere rilevata d’ufficio dal giudice o deve essere eccepita tempestivamente dal conduttore?
3. La soluzione
Il Tribunale ha dato pienamente ragione al locatore. In primo luogo lo stesso giudice ha respinto l’eccezione di decadenza ex art. 80 L. 392/1978 per paralizzare la domanda di risoluzione del locatore che non agisce entro tre mesi dalla scoperta del mutamento di destinazione. Come ha notato il Tribunale, la convenuta si è costituita tardivamente, ben oltre la prima udienza, decadendo così dalla possibilità di far valere tale eccezione, non rilevabile d’ufficio, trattandosi di eccezione in senso stretto. Nel merito il Tribunale ha ritenuto provata la circostanza del mutamento di destinazione dell’immobile da commerciale ad abitativo. Tale prova è stata raggiunta sia attraverso la produzione documentale (fotografie), sia mediante le dichiarazioni rese dai testimoni. A conferma ulteriore dell’utilizzo dell’immobile come abitazione, è stata valorizzato un accordo transattivo e un successivo addendum, entrambi prodotti dalle parti e, quindi, da considerarsi fatti non contestati.
In quella scrittura, infatti, la conduttrice si impegnava a liberare l’alloggio dalle persone che lo occupavano come abitazione, prevedendo un sopralluogo congiunto per verificare l’effettiva restituzione dell’immobile alla sua destinazione commerciale. L’addendum successivo, fissava un nuovo termine finale, per consentire lo sgombero.
Da tali elementi è emerso chiaramente che l’immobile era stato effettivamente utilizzato come abitazione, in violazione della destinazione contrattuale. Pertanto, il Tribunale ha accertato la sussistenza del mutamento di destinazione d’uso; di conseguenza il giudice partenopeo ha dichiarato la risoluzione del contratto di locazione, condannando la conduttrice al rilascio dell’immobile libero da persone o cose e fissando la data per l’esecuzione.
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4. Le riflessioni conclusive
Se il conduttore utilizza l’immobile in modo diverso da quello pattuito e ciò comporta l’applicazione di un diverso regime giuridico, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto di locazione. Tale rimedio può essere utilizzato dal locatore se la destinazione dell’immobile locato passa da ufficio (non comportante rapporti con il pubblico) a negozio (comportante contatti diretti con il pubblico), con conseguente applicabilità al contratto di una disciplina giuridica ben diversa. Infatti la destinazione dell’immobile ad attività comportanti i contatti diretti con il pubblico espone il locatore all’obbligo di pagare al conduttore l’indennità per la perdita dell’avviamento in caso di scioglimento o cessazione del contratto.
La richiesta di risoluzione deve avvenire entro tre mesi decorrenti dal giorno in cui il locatore scopre l’uso diverso. Decorso tale termine senza che venga chiesta la risoluzione, al contratto si applica il regime giuridico diverso corrispondente all’uso effettivo dell’immobile (art. 80 L. 392/1978). Il silenzio del locatore viene interpretato come implicito consenso al mutamento d’uso, con effetti novativi del precedente rapporto ed applicazione ad esso del regime giuridico corrispondente all’uso effettivo, con decorrenza dalla scadenza del termine per proporre l’azione di risoluzione (Cass. civ., sez. III, 27/06/2002, n. 9356). Se il locatore lascia trascorrere il termine di tre mesi previsto dall’art. 80 della legge n. 392/1978 senza agire per la risoluzione del contratto, egli perde non solo la possibilità di chiedere lo scioglimento del rapporto, ma anche ogni altro rimedio collegato a quell’inadempimento. In altre parole, la decadenza non riguarda soltanto l’azione di risoluzione, ma si estende a qualsiasi pretesa che il locatore voglia fondare sul mutamento di destinazione dell’immobile.
Ciò significa che, una volta spirato il termine, il locatore non può più domandare il risarcimento dei danni né invocare altri diritti derivanti dalla violazione commessa dal conduttore. In ogni caso si ricorda che qualora le parti del contratto di locazione, nell’ambito dei propri poteri di autonomia contrattuale, abbiano convenzionalmente stabilito, per quanto attiene all’uso della cosa locata, il divieto di ogni forma di innovazione, consentita solo con il consenso (scritto o orale) del locatore, ove il locatore si sia avvalso, ai sensi dell’art. 1456 cod. civ., della clausola risolutiva espressa, il giudice – chiamato ad accertare l’avvenuta risoluzione del contratto per l’inadempimento convenzionalmente sanzionato – non è tenuto ad effettuare alcuna indagine sulla gravità dell’inadempimento stesso, giacché, avendo le parti preventivamente valutato che l’innovazione o la modifica dell’immobile locato comporta alterazione dell’equilibrio giuridico – economico del contratto, non vi è più spazio per il giudice per un diverso apprezzamento (Trib. Roma 8 agosto 2025 n. 11753).
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