Lo scioglimento consensuale del fondo patrimoniale: una vexata quaestio

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Sommario: 1. Nozione e inquadramento sistematico dell’istituto – 2. Lo scioglimento volontario del fondo patrimoniale da parte dei coniugi: ricostruzione storica delle posizioni assunte dalla dottrina e dalla giurisprudenza  – 3. Il “nuovo corso” inaugurato dalla giurisprudenza di legittimità: Cass., 8 agosto 2014, n. 17811

  1. Nozione e inquadramento sistematico dell’istituto

Il fondo patrimoniale (artt. 167 – 171 c.c.), introdotto con la riforma del diritto di famiglia (L. n. 151/1975), è un patrimonio di destinazione costituito da quel complesso di beni destinati al soddisfacimento dei bisogni familiari, privo di soggettività autonoma.

Si tratta, inoltre, di un patrimonio separato[1], poiché i beni in esso ricompresi sfuggono alla regola generale secondo la quale il debitore risponde dell’adempimento delle sue obbligazioni con tutti i suoi beni, presenti e futuri (cfr. art. 2740, primo comma c.c.): l’esecuzione, infatti, non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia (art. 170 c.c.).

Ai sensi dell’art. 167, primo comma c.c., “ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o un terzo, anche per testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della famiglia”; la proprietà di tali beni, ai sensi dell’art. 168, primo comma c.c., “spetta ad entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di costituzione”.

Il negozio costitutivo del fondo patrimoniale (che, se perfezionato inter vivos, va ricompreso fra le convenzioni matrimoniali e, pertanto, è soggetto alle disposizioni dell’art. 162 c.c. circa le forme delle convenzioni medesime), anche qualora provenga da entrambi i coniugi, è generalmente un atto a titolo gratuito, così come costantemente affermato anche dalla giurisprudenza di legittimità[2]. Infatti, l’assenza di corrispettivo è di per sé sufficiente per qualificare l’atto a titolo gratuito[3]. La natura gratuita della costituzione del fondo patrimoniale produce conseguenze dirette in ordine all’azione revocatoria eventualmente esperita dai terzi creditori[4].

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  1. Lo scioglimento volontario del fondo patrimoniale da parte dei coniugi: ricostruzione storica delle posizioni assunte dalla dottrina e dalla giurisprudenza

Ai sensi dell’art. 171 c.c., “la destinazione del fondo termina a seguito dell’annullamento, o dello scioglimento, o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Se vi sono figli minori, il fondo dura fino al compimento della maggiore età dell’ultimo figlio. In tal caso il giudice può dettare, su istanza di chi vi abbia interesse, norme per l’amministrazione del fondo”.

Relativamente all’ammissibilità di uno scioglimento consensuale del fondo patrimoniale, occorre rilevare come sia la dottrina che la giurisprudenza abbiano assunto nel tempo posizioni tutt’altro che univoche, frammentandosi in molteplici rivoli interpretativi.

Secondo un primo indirizzo, particolarmente restrittivo, l’elencazione contenuta nell’art. 171 c.c. ha carattere tassativo, indi va esclusa la possibilità per i coniugi di procedere ad uno scioglimento convenzionale, atteso che la citata disposizione non contempla il mutuo dissenso fra le cause di cessazione del fondo patrimoniale.

Si afferma[5] che, una volta costituito il fondo, non è più consentito alle parti di sciogliere il vincolo, né totalmente (riguardo, cioè, a tutti i beni), né parzialmente (riguardo, cioè, a singoli beni che si voglia estromettere dallo stesso) in quanto i coniugi hanno perso la disponibilità dei beni conferiti.

Alcuni autori[6] assumono una posizione permissiva ed affermano che lo scioglimento convenzionale del fondo patrimoniale è sempre ammissibile, sia perché le cause indicate nell’art. 171 c.c. non sono da ritenersi tassative, sia perché le convenzioni matrimoniali possono essere modificate in ogni tempo.

Tale opinione dottrinale è stata accolta anche da talune pronunce di merito le quali hanno precisato che l’art. 171 c.c. disciplina esclusivamente le ipotesi di cessazione legale del fondo e che, conseguentemente, deve ritenersi ammissibile la cessazione volontaria del fondo patrimoniale per mera volontà dei coniugi nelle stesse forme di cui all’art. 163 c.c.

Secondo altro indirizzo dottrinale[7] e giurisprudenziale, occorre distinguere a seconda della presenza, o meno, di figli minori:

– se dal matrimonio non sono nati figli o se, pur in presenza di figli, costoro sono divenuti maggiorenni, è consentito uno scioglimento convenzionale, totale o parziale, del fondo patrimoniale, mediante modifica della convenzione matrimoniale ex art. 163 c.c.;

– se, invece, esistono figli minori, lo scioglimento volontario del fondo patrimoniale è ugualmente consentito, ma deve essere previamente autorizzato dal Tribunale per i minorenni. La presenza di figli minori imporrebbe, infatti, “una particolare attenzione al fine di evitare che i genitori possano non tener conto delle esigenze dei figli e sottrarre beni che garantiscono il mantenimento della prole e condizioni di vita adeguata[8].

Spetta al Tribunale per i minorenni, dunque, la competenza a decidere sulla richiesta congiunta dei coniugi con prole minore di essere autorizzati a sciogliere per mutuo consenso il vincolo su uno o più beni costituiti in fondo patrimoniale.

Tale conclusione è fortemente contestata da alcune sentenze di merito in cui si afferma che i coniugi possono addivenire liberamente all’atto pubblico di modifica o risoluzione del negozio costitutivo del fondo patrimoniale, senza necessità di alcuna autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria, quand’anche vi siano figli minori d’età. L’autorizzazione giudiziale, infatti, è richiesta dall’art. 169 c.c. soltanto per l’alienazione dei beni facenti parte del fondo ovvero per dare in pegno, ipotecare o comunque vincolare beni del fondo nei soli casi di necessità o utilità evidente. Alla revocabilità per mutuo consenso del fondo patrimoniale, al contrario, non può porsi un controllo giudiziario non previsto da alcuna norma di legge e del quale mancherebbero i parametri di valutazione e che si porrebbe in contrasto con l’esigenza di salvaguardia della autonomia privata dei coniugi/genitori[9].

Va, a questo punto, ricordato che finanche il Consiglio Nazionale del Notariato, prima della sentenza della Suprema Corte di Cassazione 8 agosto 2014, n. 1781 di cui si parlerà in seguito, non era stato in grado di assumere una posizione univoca sul tema dello scioglimento consensuale del fondo patrimoniale; difatti, in una risposta ad espresso quesito[10], dopo aver esaminato tutte le contrastanti opinioni della dottrina e della giurisprudenza sull’argomento, si era concluso affermando che “si tratta, in ogni caso, di questione estremamente dibattuta, sulla quale è rimessa alla scelta del notaio l’adesione all’una o all’altra tesi”.

  1. Il “nuovo corso” inaugurato dalla giurisprudenza di legittimità: Cass., 8 agosto 2014, n. 17811

Con la sentenza dell’8 agosto 2014, n. 17811, la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta a risolvere l’annosa questione relativa all’ammissibilità dello scioglimento volontario del fondo patrimoniale da parte dei coniugi assumendo una posizione del tutto innovativa.

Il nodo critico sciolto dalla pronuncia in commento riguarda, sul piano ermeneutico, la angusta formulazione dell’art. 171 c.c., il quale non annovera fra le cause di scioglimento del fondo patrimoniale la concorde volontà dei coniugi, limitandosi a prevedere che “la destinazione del fondo termina a seguito dell’annullamento o dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio”.

Nel colmare tale vulnus normativo, la Suprema Corte ha affermato che è ammissibile la risoluzione consensuale del fondo patrimoniale sulla base del solo consenso dei coniugi, quando manchino figli minori. A siffatta conclusione conduce sia la natura giuridica dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale, del tutto assimilabile alle convenzioni matrimoniali, sia la natura non tassativa dell’elencazione contenuta nella previsione normativa testè richiamata.

Diversamente la medesima Corte argomenta qualora siano presenti figli minori, in quanto si ritiene in tal caso necessario, oltre alla manifestazione di volontà dei coniugi, anche il consenso di un curatore speciale all’uopo nominato (essendovi conflitto di interessi tra costoro e i genitori) e debitamente autorizzato dal Giudice Tutelare ad intervenire in atto in rappresentanza ed a tutela di un loro specifico interesse, “atteso che per i componenti del nucleo familiare non è certamente irrilevante la consistenza del patrimonio istituzionalmente destinato all’esclusivo soddisfacimento dei relativi bisogni[11].

La Cassazione ha, dunque, individuato nel Giudice Tutelare il giudice competente ad autorizzare il negozio e la soluzione, a parere di autorevole dottrina[12], risulta condivisibile in quanto la risoluzione per mutuo consenso incide sul precedente contratto, ma non produce trasferimento di diritti (circostanza che, invece, farebbe spostare la relativa competenza al Tribunale Ordinario ai sensi dell’art. 375 c.c.).

Le stesse conclusioni da ultimo esposte si considerano applicabili anche nell’ipotesi in cui si sia in presenza di figli soltanto concepiti, perché ad essi deve essere riconosciuta (alla luce del combinato disposto degli artt. 1, secondo comma, 462, primo comma e 784, primo comma, c.c.) l’attitudine ad essere titolari di diritti, indi anche la legittimazione sostanziale in relazione agli atti di disposizione del fondo patrimoniale.

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Note

[1] Grasso, Il regime patrimoniale della famiglia, in Tratt. Dir. Priv., a cura di Rescigno, vol. III, Torino, 1982, p. 350.

[2] Si veda Cass. 19 febbraio 2020, n. 4175, secondo cui “ l’atto di costituzione del fondo patrimoniale, dovendosi ritenere a titolo gratuito, è soggetto all’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901, primo comma, n. 1, c.c., ove sussista un pregiudizio arrecato ai creditori e non sia dimostrato che l’atto abbia una diversa causa giustificativa; Cass. 7 ottobre 2008, n. 24757 (in Guida Sole24ore, 2008, 43, 24, con nota di N. Corea, In presenza di atti a titolo gratuito ammessa anche la prova presuntiva; in Nuova giur. civ. comm., 2009, 401, nota M. Marini, Più agevole l’azione revocatoria ordinaria dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale): “L’atto di costituzione del fondo patrimoniale, anche quando è posto in essere dagli stessi coniugi, costituisce un atto a titolo gratuito che può essere dichiarato inefficace nei confronti del creditore, qualora ricorrano le condizioni di cui al n. 1 dell’art. 2901 c.c. Nell’ambito della nozione lata di credito accolta dalla norma citata, non limitata in termini di certezza, liquidità ed esigibilità, ma estesa fino a comprendere le legittime ragioni o aspettative di credito – in coerenza con la funzione propria dell’azione revocatoria, la quale non persegue scopi specificamente restitutori, bensì mira a conservare la garanzia generica sul patrimonio del debitore in favore di tutti i creditori – deve considerarsi ricompresa la fideiussione”.

[3] Genghini L., La volontaria giurisdizione e il regime patrimoniale della famiglia, vol. II, in  Manuali Notarili, Cedam 2020, p. 449.

[4] Cass. 30 gennaio 2020, n. 2077: “La costituzione del fondo patrimoniale per fronteggiare i bisogni della famiglia, anche qualora effettuata da entrambi i coniugi, non integra, di per sé, adempimento di un dovere giuridico, non essendo obbligatorio per legge, ma configura un atto a titolo gratuito, non trovando contropartita in un’attribuzione in favore dei disponesti. Esso, pertanto, è suscettibile di revocatoria, a norma dell’art. 64 l. fall., salvo che si dimostri l’esistenza, in concreto, di una situazione tale da integrare, nella sua oggettività, gli estremi del dovere morale ed il proposito del solvens di adempiere unicamente a quel dovere mediante l’atto in questione”.

[5] Finocchiaro A. e M., Diritto di famiglia, II, Milano, 1984, pp. 832-833.

[6] Gabrielli, Patrimonio familiare e fondo patrimoniale, voce Enc. D., dir. XXXII, p. 318; Carresi, Del fondo patrimoniale, in Commentario alla riforma del diritto di famiglia, a cura di Carraro, Oppo e Trabucchi, I, Padova, 1977, p. 66.

[7] Santarcangelo G., La volontaria giurisdizione,  vol. IV, Milano, 2003, p. 656; Cian-Casarotto, Fondo patrimoniale della famiglia, voce N.ss Dig. Appendice, III, Torino, 1982, p. 838.

[8] Trib. Venezia, sez. minorenni, 17 novembre 1997, in Riv. not., 1998, p. 222 ss. Nello stesso senso, Id., 7 febbraio 2001. “Il giudice, allorchè vi sia prole minore, deve necessariamente valutare se lo scioglimento sia o meno inquadrabile nelle fattispecie di “necessità ed utilità evidenti”, poiché solo in tal caso potrà concedere l’autorizzazione all’estinzione, anche solo parziale, del fondo. Ed invero la cessazione totale o parziale del fondo patrimoniale si configura come un atto certamente più pregiudizievole rispetto all’alienazione di un bene o ad uno degli altri atti contemplati dall’art. 169 c.c.,che, pur incidendo sulla consistenza del fondo patrimoniale, non ne determinano comunque lo scioglimento”.

[9] Trib. Milano, 6 marzo 2013, in Redazione Giuffrè, 2013. “In tema di fondo patrimoniale, va evidenziata la differenza di ambito applicativo tra l’art. 171 c.c. e l’art. 169 c.c.: nel primo caso, che disciplina le ipotesi di cessazione del fondo patrimoniale nella sua interezza, con “prorogatio” del vincolo di indisponibilità dei beni in presenza di figli minori fino al compimento della maggiore età dell’ultimo figlio, la ratio deve essere rinvenuta nell’esigenza di tutela degli interessi dei minori che sopravvivono e che potrebbero trovarsi in conflitto con gli interessi dei genitori; nel secondo caso, invece, la ratio risiede nella necessità di contemperare l’esigenza di garantire la destinazione dei beni al solo soddisfacimento dei bisogni della famiglia e quella di rendere possibile la circolazione dei beni in accordo con il principio di autonomia negoziale con riguardo alle ipotesi di atti di disposizione dei coniugi che incidano sulla sorte dei singoli beni conferiti nel fondo medesimo”.

[10] Risposta a quesito del CNN, numero 5953, del 27 ottobre 2005 a cura di A. Ruotolo intitolato: “Scioglimento convenzionale del fondo patrimoniale”.

[11] Cass., 8 agosto 2014, n. 17811, reperibile sul sito www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com.

[12] Santarcangelo G., La risoluzione consensuale del fondo patrimoniale in presenza di figli minori, in Notariato, 6/2014, p. 688.

Pasquale Di Giorgio

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