Lo Ius soli sportivo è legge: la L. n. 12/2016 sull’integrazione sociale sportiva dei minori residenti in Italia

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È stata recentemente pubblicata il 1° febbraio scorso sulla Gazzetta Ufficiale la Legge n. 12 del 20 gennaio 2016 (entrata poi in vigore il 16 febbraio) che riconosce nell’ordinamento giuridico italiano il c.d. ius soli sportivo attraverso il provvedimento che è stato rubricato come “Disposizioni per favorire l’integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia mediante l’ammissione nelle società sportive appartenenti alle federazioni  nazionali, alle discipline associate o agli enti di promozione sportiva”. Si tratta di una svolta epocale rispetto all’ordinamento vigente in precedenza che incontrava, in particolare a livello calcistico, dei limiti nella rigidità della normativa FIFA (Fédération Internationale de Football Association) e nella valutazione dei requisiti per il tesseramento di giovani calciatori stranieri che competeva alla stessa federazione internazionale che governa il calcio mondiale.

L’entrata in vigore della nuova normativa permette a tutti gli stranieri minorenni residenti in Italia almeno dal compimento del decimo anno di età di essere regolarmente tesserati attraverso le medesime procedure adoperate per ottenere il “cartellino” dei cittadini italiani e di usufruire di una proroga che permetterà loro di mantenere in corso di validità il tesseramento anche dopo il compimento del diciottesimo anno di età, fino al pieno espletamento delle pratiche per l’acquisizione della cittadinanza italiana. Si va a segnare, in tal modo, una svolta epocale in materia calcistica (e sportiva in generale) sia dilettantistica che di base con l’introduzione del principio del c.d. “Ius soli sportivo”.

Il provvedimento è costituito da due articoli, il primo dispone che: “i minori di anni diciotto che non sono cittadini italiani e che risultano regolarmente residenti nel territorio italiano almeno dal compimento del decimo anno di età possono essere tesserati presso società sportive appartenenti alle federazioni nazionali o alle discipline associate o presso associazioni ed enti di promozione sportiva con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani”.

Di fatto è stata inserita una sostanziale equiparazione tra il minorenne italiano e quello straniero, purché in possesso del requisito della residenza, al fine di agevolarne non solo le procedure di tesseramento nelle realtà sportive presenti sul territorio nazionale, ma anche per favorirne un’integrazione culturale e sociale.

Tale intervento legislativo rappresenta una svolta soprattutto per quanto concerne una disciplina in particolare, quella del calcio, dove recentemente la già citata FIFA ha mantenuto una certa rigidità richiamandosi alla dottrina ed alla giurisprudenza internazionale, ma anche e soprattutto alla propria autonomia organizzativa, prevedendo, qualora si volesse tesserare per la prima volta un minore straniero, di sottoporre la richiesta in esame all’apposita Commissione federativa che ne valuterà successivamente la conformità al Regolamento FIFA per lo Status ed il Trasferimento dei calciatori. In quest’ottica vanno viste le sanzioni che hanno colpito alcuni fra i principali club europei, come ad esempio Real Madrid e Barcelona, rei di per aver violato l’articolo 19 dello Statuto appena menzionato, quello che regola la cessione del cartellino di minori di diciotto anni. Secondo il regolamento, infatti, i trasferimenti internazionali dei calciatori sono consentiti solo al superamento della maggiore età. A questa norma si applicano tre eccezioni ex articolo 19 comma 2 del medesimo Statuto: a) il trasferimento è ammesso se i genitori del ragazzo si trasferiscono nel Paese della società per motivi indipendenti al calcio; b) se avviene all’interno della zona dell’Unione Europea (in questo caso il limite d’età si abbassa a 16 anni purché vengano offerte comprovate garanzie di sostegno scolastico e quotidiano dal club); c) se il ragazzo vive a cinquanta chilometri di distanza dal confine con l’altro Paese. Infine, si è recentemente affermata nella giurisprudenza federativa calcistica un’ultima eccezione quella della c.d. “five years rule”, che permette il tesseramento dell’under 18 straniero se questi ha vissuto ininterrottamente per un minimo di cinque anni nella nazione della società sportiva che intende acquisirne il cartellino prima della richiesta alla Commissione FIFA. Al di fuori di queste condizioni, tutti i trasferimenti internazionali di minori devono essere approvati da un’apposita commissione compresi quelli, ex articolo 19 comma 3 ed oggetto principale in Italia della Legge 12 del 2016, inerenti il primo tesseramento di calciatori che hanno una nazionalità diversa da quella del paese nel quale richiedono di poter svolgere la propria attività agonistica.

Si tratta di requisiti caratterizzati, secondo l’opinione di molti addetti ai lavori, da un rigore eccessivo ma volti a salvaguardare i giovani dall’essere oggetto di contese di mercato già in età precoce ed a garantire una rappresentazione nei vivai nazionali di atleti da cui attingere all’interno delle rappresentative nazionali affiliate alla FIFA (ferma restando la possibilità di far acquisire la cittadinanza del paese in cui si risiede, a seconda delle normative vigenti in materia di cittadinanza stessa). I fautori della necessità di rivedere l’eccessiva rigidità delle normative a sostegno delle proprie posizioni pongono quanto espresso dall’Autorità Giudiziaria Ordinaria che più volte ha riconosciuto come “contra legem” tale rigore.

Il carattere rivoluzionario dell’articolo 1 della Legge 12 del 2016 sta proprio nel non assoggettare ai vincoli imposti dalla governance del calcio i minori, anche extraeuropei, residenti in Italia almeno dal decimo anno di età equiparandoli in tutto e per tutto ai coetanei in possesso della cittadinanza nazionale. Il tesseramento sarà permesso anche agli atleti minorenni stranieri al seguito di un solo genitore o affidati a un tutore disposto dal Tribunale successivamente all’espletamento della procedura di volontaria giurisdizione (condizioni non sufficientemente idonee in precedenza secondo il Regolamento federativo). La normativa alla quale sarà, di conseguenza, d’ora in poi sottoposta la FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio), così come tutte le altre federazioni interne sportive, sarà quella nazionale spiazzando la FIFA che vedrà derogati per la prima volta i propri istituti.

Analogo discorso può essere esteso anche al secondo articolo del Disegno di Legge recentemente convertito in Legge, il quale sancisce che: “Il tesseramento di cui al comma 1 resta valido, dopo il compimento del diciottesimo anno di età, fino al completamento delle procedure per l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei soggetti che, ricorrendo i presupposti di cui alla Legge 5 febbraio 1992, n. 91, hanno presentato tale richiesta”. Si estende così l’equiparazione non soltanto per quanto concerne l’ingresso nell’ordinamento federale italiano, ma anche con riferimento alla natura del vincolo ed allo status. Infatti, a condizione che si presenti richiesta di acquisizione della cittadinanza, una volta compiuti i diciotto anni di età l’atleta straniero assumerà un vincolo, analogo tanto a quello dei giovani dilettanti quanto a quello dei non professionisti in genere, che estenderebbe il tesseramento fino al termine della stagione agonistica federale in cui lo stesso abbia compiuto il venticinquesimo anno di età. Il tutto in combinato disposto con l’articolo 40 quater, comma 3, delle Norme di Organizzazione Interna della FIGC che parifica tutti i calciatori e le calciatrici over 16 aldilà della nazionalità “fermi i limiti derivanti dalla durata del permesso di soggiorno […]”.

A conclusione di questa breve analisi della normativa entrata in vigore, si può tranquillamente affermare che essa rappresenta un momento di apertura da parte del Legislatore nei confronti dell’integrazione, veicolata anche per mezzo del mondo dello sport, anche alla luce dell’introduzione, risalente a più di vent’anni fa, dell’istituto della c.d. cittadinanza europea con l’articolo 8 del Trattato di Maastricht e del principio della libertà di circolazione e di soggiorno per motivi lavorativi e formativi, fermo restando che nel caso dei minori va preservato l’aspetto accademico-scolastico visto e considerato che non tutti gli under 18 avviati al calcio o allo sport professionistico in genere riescono poi a tramutare il proprio talento in una vera e propria attività lavorativa.

Dal punto di vista delle società sportive l’ingresso della nuova normativa costituisce un’innovazione positiva ed allettante poiché rende più agevoli e conformi a principi di giustizia sostanziale le procedure di tesseramento fino ad oggi eccessivamente complesse anche per gli addetti ai lavori proprio a causa dell’eccessiva rigidità. Ciò che ancora, invece, non è cambiato è la possibilità per questi giovani atleti di essere selezionati all’interno delle nazionali, giovanili e non, per le quali sarebbe necessaria una legge sullo “Ius soli” in generale e non solo su quello “sportivo”. Nel resto d’Europa la situazione è ben definita, infatti, in Germania la cittadinanza è riconosciuta ai bambini nati da genitori stranieri in possesso di permesso di soggiorno permanente; mentre in Belgio al compimento dei 12 anni qualora i genitori siano residenti da almeno dieci anni. I risultati di tale politica integrativa sono tangibili anche nello sport, con nazionali multietniche e vincenti. In Italia, invece, i c.d. “nuovi italiani” sono considerati come degli apolidi dal punto di vista sportivo, come nel caso reso celebre dalla storia di Mario Balotelli che solo al compimento del diciottesimo anno d’età, pur essendo nato a Palermo, cresciuto in Lombardia e formatosi in settori giovanili italiani affiliati alla FIGC poté, una volta ottenuta la cittadinanza italiana, rispondere alla convocazione della Nazionale di calcio Under 21. Una situazione che fu amplificata alla luce del precoce talento messo all’epoca in mostra dal calciatore menzionato ma riguardante centinaia di giovani atleti e che potrebbe essere un ulteriore stimolo nei confronti del Governo per far sì che si intervenga sulle norme volte a regolamentare l’istituto dell’acquisizione della cittadinanza.

Stefano Zoccali

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