Limiti previsti per l’attività degli avvocati degli enti pubblici

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Gli avvocati degli uffici legali degli enti pubblici possono patrocinare cause solo per l’ente di appartenenza. Il principio, affermato dalla legge professionale forense del 1933, riconfermato dalla riforma del 2012 ( legge n. 247) e più volte interpretato restrittivamente dalle sezioni unite della cassazione, non ammette deroghe.

Lo ha stabilito la Corte costituzionale nella sentenza n. 91 del 22 maggio 2013 redatta dal giudice Marta Cartabia

La disciplina delle incompatibilità prevista per l’esercizio della professione forense è oggetto di legislazione statale sin dall’art. 3, secondo comma, del regio decreto-legge n. 1578 del 1933, il quale prevede che l’esercizio della professione di avvocato “è incompatibile con qualunque impiego o ufficio retribuito con stipendio sul bilancio dello Stato (…) ed in generale di qualsiasi Amministrazione o istituzione pubblica “.

Tale rigoroso regime di incompatibilità è derogabile, per quanto riguarda gli avvocati afferenti agli uffici legali degli enti pubblici, solo “per quanto concerne le cause e gli affari propri dell’ente presso il quale prestano la loro opera” e a condizione che siano iscritti nell’elenco speciale annesso agli albi professionali, secondo quanto stabilito dall’art. 3, quarto comma, lettera b), del medesimo regio decreto-legge n. 1578 del 1933.

L’art. 3, quarto comma, lettera b), del regio decreto-legge n. 1578 del 1933, il quale prevede per gli avvocati degli enti pubblici una deroga al regime delle incompatibilità, ha carattere di norma eccezionale, stante appunto la sua natura derogatoria rispetto al principio generale di incompatibilità. Tale previsione è, pertanto, da ritenere assoggettata a regole di stretta interpretazione ed è suscettibile di applicazione analogica.

In forza di tali vincoli interpretativi è da ritenere, tra l’altro, che gli avvocati dipendenti da enti pubblici siano tenuti a svolgere attività professionale solo in relazione agli affari propri dell’ente presso il quale prestano la loro opera, non essendo consentito ritenere” propri dell’ente pubblico datore di lavoro le cause e gli affari di un ente diverso, dotato di distinta soggettività.

Va dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 29, commi 1 e 2, della legge Regione Campania 19 gennaio 2009, n. 1 ( Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania) – legge finanziaria anno 2009), il quale abilita l’avvocatura regionale a svolgere attività di consulenza e a patrocinare in giudizio per gli enti strumentali della Regione e per le società il cui capitale è interamente sottoscritto dalla Regione e, allo scopo, consente la stipula di convenzioni tra la Giunta regionale da un lato, e gli enti strumentali e le singole società dall’altro, per regolare, in particolare, le modalità attraverso cui può essere richiesta l’attività dell’avvocatura regionale, quantificando anche i relativi oneri.

Tale norma regionale, infatti, amplia la deroga al principio di incompatibilità, prevista dal legislatore statale esclusivamente in riferimento agli affari legali propri dell’ente pubblico di appartenenza e, pertanto, si pone in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost.; invero, la disposizione statale secondo cui gli avvocati dipendenti possono patrocinare per l’ente di appartenenza – e solo per esso – non è suscettibile di estensione da parte del legislatore regionale, ma rientra nell’ambito dei principi fondamentali della materia delle professioni, riservato alla competenza del legislatore statale.

Ha aggiunto la sentenza in rassegna che,  del tutto coerente con gli orientamenti consolidati sul piano giurisprudenziale, è l’intervento del legislatore statale che, ridisciplinando la professione forense con la legge 31 dicembre 2012, n. 247 ( Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense), ha anzitutto ribadito il regime d’incompatibilità della professione d’avvocato con qualsiasi attività di lavoro subordinato, anche se con orario limitato ( art. 18, comma 1, lettera d), e ha poi precisato le condizioni nel rispetto delle quali, in deroga al principio generale di incompatibilità, è consentito agli avvocati degli uffici legali istituiti presso gli enti pubblici svolgere attività professionale per conto dell’ente di cui sono dipendenti ( artt. 19 e 23).

In particolare, gli avvocati dipendenti di enti pubblici sono abilitati alla trattazione degli affari legali dell’ente stesso , a condizione che siano incardinati in un ufficio legale stabilmente costituito e siano incaricati in forma esclusiva dello svolgimento di tali funzioni.

Casesa Antonino

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