Libero professionista, incertezza dei redditi futuri e crisi da sovraindebitamento. Nota a Tribunale di Varese, Sez. II civile, decreto del 14 aprile 2019

Redazione 31/05/19
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di Emanuele Caimi

Sommario

1. Sulla vicenda

2. La posizione assunta dal Tribunale di Varese

3. Sulla liquidazione del patrimonio: cenni

4. Osservazioni

1. Sulla vicenda

Un architetto presentava ricorso ex art. 14 – ter e ss. Legge 3/2012 illustrando le ragioni della situazione di crisi, in parte dovuta alla peculiare condizione del settore immobiliare ed in parte a ragioni di carattere familiare.

L’indebitamento era costituito principalmente da tributi e contributi per circa 50 mila euro, uno scoperto di conto corrente per circa 15 mila euro, un residuo di un prestito per circa 5 mila euro ed euro 2.000,00 di arretrati per il mantenimento della prole.

Il ricorrente non era proprietario di immobili. Al ricorso è stato allegato un elenco dettagliato dei beni mobili con evidenziazione di quelli non pignorabili – tra cui quelli necessari all’esercizio della professione – e la loro stima per euro 1.000,00.

L’unico suo bene mobile registrato – autovettura usata e sottoposta a fermo amministrativo – aveva un valore di circa euro 5.000,00 come da valutazione Eurotax; nel ricorso, tuttavia, si chiedeva di escludere la vettura dalla liquidazione in quanto essenziale per l’esercizio dell’attività professionale[1].

Il fabbisogno minimo del ricorrente era indicato in euro 1.300,00 mensili, comprensivo del dovuto a titolo di mantenimento della prole per euro 250,00 al mese.

Il Tribunale di Varese chiedeva al ricorrente un’integrazione documentale e chiarimenti in ordine alla soddisfazione dei creditori, evidenziando l’irrilevanza dell’attivo e la centralità dei soli redditi futuri.

Il dato tendenzialmente obiettivo cui ancorare una valutazione in punto di soddisfazione dei creditori, veniva indicato nei redditi medi conseguiti dagli esercenti la professione di architetto nella Regione Lombardia.

In particolare, il ricorrente metteva a disposizione della procedura tutti i redditi futuri ricavabili dalla propria attività professionale ad eccezione del minimo individuato ai sensi dell’art. 14 ter, comma 6, lettera b) Legge 3/2012 come indispensabile per il proprio sostentamento.

[1] Nel senso che non possa essere esclusa l’autovettura dalla liquidazione si veda Tribunale di Firenze 23 gennaio 2018 che ha escluso dal novero dei beni esclusi dall’art. 14 ter comma 6 legge 3/12 : “è corretto, altresì, che il liquidatore abbia inserito nel programma anche la vendita dell’autoveicolo della signora atteso che le disposizioni normative stabiliscono che la liquidazione ha riguardo a tutti i beni immobili e mobili del debitore fatta eccezione per i beni e crediti di cui all’art. 14 ter comma 5 tra cui non può essere fatta rientrare l’autovettura”, in ilcaso.it sez. giurisprudenza, 21262 pubblicata il 22 febbraio 2019.

2. La posizione assunta dal Tribunale di Varese

Il Tribunale di Varese concludeva per il “rigetto” del ricorso presentato dal debitore evidenziando che “non vi è alcuna ragionevole probabilità che l’architetto…possa conseguire nel prossimo futuro (ovvero nel quadriennio 2019/2023) redditi di importo superiore a euro 1.300,00 mensili da destinare al soddisfacimento parziale dei suoi creditori (a prescindere da quanto accertato in altre procedure da altri Tribunali), deve escludersi pertanto che possa essere aperta la procedura di liquidazione … avente a oggetto (solo ed esclusivamente) “presunti” redditi futuri mensili di importo superiore ad euro 1.300,00 del tutto eventuali / ipotetici (giacché, allo stato, tutt’altro che verosimili) e che, per l’effetto, allo stato, l’istante possa giovarsi del beneficio di cui all’art. 14 quinquies, comma 2 lett. b) , L. 3/2012″.

Il ragionamento probabilistico – presuntivo, per quanto sintetico, del Tribunale di Varese induce ad escludere che il debitore possa realizzare nel quadriennio della procedura un quid, per la soddisfazione dei creditori, pluris rispetto al minimo esistenziale e si riduce nell’apprezzare l’andamento decrescente dei redditi dell’istante negli anni precedenti alla proposizione della domanda piuttosto che la sua capacità di ripartire (fresh start).

Pare pertanto assumere rilievo il solo dato immanente e statico della consistenza attuale, rectius, dell’inconsistenza del patrimonio del debitore alla data della richiesta, esclusa ogni considerazione in merito all’andamento futuro della procedura che, per espressa previsione normativa, si proietta in un arco temporale di almeno un quadriennio.

3. Sulla liquidazione del patrimonio: cenni

L’istituto della liquidazione del patrimonio, introdotto con il cosiddetto decreto sviluppo bis, è modellato sullo schema fallimentare ed il fallimento ben può essere dichiarato anche in assenza di beni[2].

Al pari del fallimento la liquidazione interessa tutto il patrimonio – anche futuro – del richiedente ed esplica i propri effetti nei confronti di tutti i creditori anteriori alla sua proposizione[3].

Il presupposto oggettivo comune alle altre procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, così come definito nell’art. 6 comma 2 lettera a) Legge 3/2012, consiste nella “situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente”.

Per come formulata, la norma considera sia una situazione di difficoltà temporanea (assimilabile allo stato di crisi del concordato[4]) sia una situazione di “definitiva” incapacità di adempire “regolarmente” alle obbligazioni assunte (assimilabile all’insolvenza[5]); in particolare, ponendo l’accento sul rapporto tra “obbligazioni assunte” e “patrimonio prontamente liquidabile”, pare sottendere ad indici di “liquidità” immediata[6], inducendo così attenta dottrina ad affermare che “il sovraindebitamento è, quindi, un concetto relazionale, non rappresentabile con valori assoluti e determinati” poiché richiede una valutazione non compiuta in modo astratto ma che tenga conto sia della situazione patrimoniale del debitore che del suo “progetto” economico[7].

Quanto all’elemento soggettivo, il proponente non deve essere assoggettabile al fallimento né deve aver fatto ricorso nei cinque anni precedenti[8] a procedure di composizione della crisi di sovraindebitamento[9].

Il procedimento, introdotto con ricorso ed indirizzato al Tribunale del luogo di residenza o di sede principale del debitore[10], deve essere corredato della documentazione analiticamente prevista dal terzo comma dell’art. 14 – ter Legge 3/2012, di guisa che sia possibile ricostruire “compiutamente” la situazione economico-patrimoniale del debitore, pena la declaratoria di inammissibilità. La domanda di apertura della procedura di liquidazione, una volta presentata, non rimane più nella disponibilità del proponente ed è irrinunciabile[11].

La fase d’apertura si conclude o con il decreto d’inammissibilità ovvero con il decreto di apertura della procedura art. 14 – quinquies che assume gli effetti propri del pignoramento; da quel momento il debitore non potrà più disporre liberamente dei propri beni[12].

Il decreto di ammissione ax art. 14 – quinquies, comma 2 contiene la nomina del liquidatore (a) che si curerà della sua trascrizione nei pubblici registri quando il patrimonio comprenda beni immobili o mobili registrati (d), l’individuazione delle modalità di pubblicità del ricorso e del decreto eventualmente anche nel registro delle imprese (c), l’inibitoria delle azioni esecutive individuali[13] (b), l’ordine di rilascio dei beni facenti parte del patrimonio da liquidarsi salvo, in presenza di particolari ragioni, l’autorizzazione al debitore ad usarne (e), con riferimento ai crediti – ai sensi dell’art. 14 ter comma 6 – la misura limite di quanto necessario al sostentamento del debitore e della sua famiglia (f).

La seconda fase è quella relativa all’accertamento del “passivo”, disciplinato dagli articoli 14 – sexies, septies ed octiesL. 3/2012[14], che vede il ruolo centrale del liquidatore; questi è chiamato a formare l’inventario dei beni liquidabili, a notiziare i creditori, a ricevere le domande di partecipazione e a formare lo stato del passivo e ad approvarlo con l’intervento del giudice nel caso in cui insorgano contestazioni “non superabili” (art. 14 – octies, comma 4 L. 3/2012).

Conclusa la formazione dell’inventario nel termine ordinatorio di 30 giorni, il liquidatore procede alla redazione di un programma di liquidazione (art. 14 – novies, comma 1 L. 3/2012). Il programma deve essere depositato nella cancelleria del giudice ma non è soggetto ad alcuna approvazione e contiene l’indicazione delle attività da svolgersi per il realizzo dei beni e per l’incasso dei crediti anche futuri del debitore proponente lungo l’arco di quattro anni[15] dal deposito della domanda.

Al liquidatore compete “l’amministrazione dei beni che compongono il patrimonio di liquidazione” (Art. 14 – novies comma 2 L. 3/2012) beni tra cui rientrano quelli ” sopravvenuti” (art. 14 – undecies L. 3/2012). Questa figura presenta alcuni punti di contatto con quella del curatore fallimentare[16].

Terminato il realizzo dell’attivo disponibile, il liquidatore redigerà il conto della propria gestione, composto da una parte prettamente contabile e da una relazione esplicativa dell’attività svolta. Il liquidatore, dopo aver chiesto la liquidazione del proprio compenso, provvederà alla predisposizione del piano di riparto ed alla distribuzione del realizzato tra i partecipanti. Su sua formale istanza di chiusura il giudice, ai sensi dell’art. 14 – novies ultimo comma L. 3/2012 si pronuncerà solo una volta accertata la completa esecuzione del programma di liquidazione, sempre che sia trascorso il termine “di quattro anni dal deposito della domanda”.

Nella procedura di liquidazione, al pari del fallimento, l’esdebitazione è una fase meramente eventuale, dal momento che non consegue automaticamente alla chiusura della procedura e deve essere provocata da un ricorso del debitore entro un anno dalla chiusura stessa. L’art. 14 – terdecies della L 3/2012 richiede peraltro un comportamento “virtuoso” del debitore, da valutarsi sia durante lo svolgimento della procedura (anche con riferimento ad una soddisfazione, per lo meno parziale, dei creditori anteriori alla domanda) che anteriormente alla proposizione della domanda medesima, dal momento che si dovrà valutare sia (i) l’assenza di un ricorso “colposo” al credito che (ii) l’assenza di atti in senso lato in frode e pregiudizievoli per i creditori[17].

[2] In questi termini Tribunale di Verona 21 dicembre 2018 “l’istituto della liquidazione è strutturato secondo lo schema del fallimento, posto che la dichiarazione di fallimento non è preclusa dall’assenza di beni in capo al fallito per analogia si deve ritenere che la liquidazione del patrimonio non possa ritenersi preclusa in capo al sovraindebitato privo di beni mobili o immobili” in ilcaso.it sez. giurisprudenza, 21128 pubblicato 25 gennaio 2019, in questi termini anche Tribunale di Rovigo 31 dicembre 2018: “giova, infatti, evidenziare che l’istituto della liquidazione è stato – per così dire – mutuato dalla procedura fallimentare, potendosi facilmente confrontare la simmetria terminologica e funzionale”. Si veda anche Nisivoccia. È ammissibile la procedura di liquidazione anche quando il debitore è privo di beni, in il fallimentarista, 28 marzo 2019.

[3] Non potendo il creditore iniziare o proseguire azioni individuali né costituire cause legittime di prelazione.

[4] Paciello, Prime riflessioni (inevitabilmente) critiche sulla composizione della crisi da sovra indebitamento, in Riv. Dir. Comm. 2012, I, p. 90.

[5] Con ciò assimilandola all’insolvenza di cui all’art. 5 della legge fallimentare, sul punto si veda Fabiani, La gestione del sovra indebitamento del debitore “non fallibile” (d.l. 212/2011) il www.ilcaso.it documento n. 278/2012.

[6] Nel senso che il rapporto da valutarsi al fine di accertare la sussistenza non sia da svolgersi avendo riguardo all’intero patrimonio del debitore in relazione alle obbligazioni assunte (e scadute) bensì soltanto con il patrimonio prontamente liquidabile. L’avverbio prontamente pare restringere l’ambito alle sole utilità liquidabili nel breve termine.

[7] Leozappa, Il sovra indebitamento del debitore fallibile, delle società professionali e degli enti pubblici, 2015, pp. 574 e ss. per il quale “la valutazione non va svolta in astratto, ma avendo riguardo alla attuale e specifica situazione patrimoniale del debitore, senza tuttavia prescindere dal progetto economico o dallo stile di consumo del debitore”.

[8]La presentazione da parte del debitore di precedenti domande dichiarate inammissibili dal tribunale, non costituisce un impedimento alla conseguente ammissione alla procedura di liquidazione”, così Tribunale di Prato 28 settembre 2016 in il fallimentarista.it 21 ottobre 2016.

[9] Si ritiene che possano accedere alla procedura di composizione della crisi: professionisti, le loro associazioni, fondazioni, la società semplice, gli enti non commerciali come le fondazioni, l’imprenditore agricolo (per espressa previsione normativa), le start up innovative limitatamente ai primi quattro anni dalla costituzione della società, i soci illimitatamente responsabili di società fallibili, si veda De Matteis – Graziano, Crisi da sovraindebitamento. Ovvero il fallimento del consumatore, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, pp. 65 – 67.

[10] In conformità dell’art. 14 – ter, comma 2 L. 3/2012. Foro ritenuto inderogabile, si veda sul punto De Matteis – Graziano, p. 67 con riferimenti in nota 11.

[11] Così Tribunale di Venezia, Sez. Fallimentare, 11 ottobre 2016, in fallimentarista.it 19 aprile 2017, con nota di Valentini, La domanda di liquidazione dei beni è irrinunciabile. In particolare: il Tribunale di Venezia evidenziava che “delle procedure disciplinate dalla L. n. 3/2012 sono l’accordo del debitore ed il piano del consumatore a presentare affinità con il concordato, mentre la liquidazione dei beni è più vicina alla procedura fallimentare”. Conforme anche Tribunale di Treviso, Sez. II, 22 giugno 2017, Redazione Giuffrè, 2017.

[12] Si veda Tribunale di Treviso Sez. II. Civ., 22 giugno 2017 cit.: “la natura e la struttura del procedimento di liquidazione dei beni ex art. 14 ter L. 3/2012, una volta intervenuto il decreto di apertura – come nel caso di specie – non consente al debitore di disporne liberamente tant’è che la legge non prevede la possibilità di rinunciare o di revocare il decreto ex art. 15 quinquies”.

[13] Nella norma vigente si fa riferimento all’omologazione da intendersi, in realtà, quale chiusura della procedura. Si veda Tribunale di Livorno 5 gennaio 2017 in ilprocessocivile.it 21 marzo 2017.

[14] Si veda Tribunale di Verona 21 agosto 2018 in Redazione Giuffrè, 2018, che ha affermato l’applicazione, in via residuale, dei principi generali che disciplinano le procedure concorsuali: “le procedure previste dalla legge 3/12 devono essere considerate come delle procedure concorsuali, in quanto tali soggette alla disciplina contenuta nella legge stessa e, per quanto non previsto, ai principi generali che regolano le procedure concorsuali”.

[15] La durata “minima” della procedura di liquidazione fissata in quattro anni è stata oggetto di critiche in dottrina poiché ritenuta non conforme al parametro della ragionevole durata delle procedure di composizione della crisi prevista nell’art. 14 – novies L. 3/2012. Si veda De Matteis – Graziani, op. cit., p. 85

[16] Così Carrieri, Adempimenti e atti del liquidatore, in De Matteis – Graziano, op. cit., p. 96.

[17] Tribunale di Monza, Sez. Fall., 4 maggio 2016 interpreta in modo estensivo la nozione di atto di frode ritenendo rilevante “anche solo la presenza di un’iniziativa in tal senso”, in Riv. Dottori Commercialisti, 2016, 3, 447.

4. Osservazioni

La conclusione a cui è giunto il Tribunale di Varese[18] non convince pienamente, risolvendosi nell’esclusione all’accesso alla procedura di liquidazione del patrimonio di tutti coloro i quali, alla data di proposizione della domanda, non dispongano di beni o di redditi ragionevolmente certi (come quelli dei lavoratori subordinati e parasubordinati) e ciò in difetto di una specifica previsione normativa; comunque in contrasto con la ratio dell’introduzione dell’istituto, che con il “fallimento civile” persegue, al pari del fallimento, la massima soddisfazione dei creditori nel rispetto della par condicio creditorum[19].

Ciò che rileva, in sede di ammissione, è l’evenienza che il debitore “possa comunque contare su un reddito da potersi usare come fonte di soddisfacimento parziale dei creditori”[20].

D’altro canto la lettera dell’art. 14 – undecies Legge 3/2012[21], sia pure con i limiti della sua formulazione[22], contempla espressamente l’apprensione all’attivo per la soddisfazione dei creditori anche di beni e redditi futuri del debitore proponente[23].

La lettera dell’art. 14 – quinquies comma 1 L. 3/2012 pare circoscrivere poi la valutazione che il Tribunale debba compiere in sede di ammissione all’accertamento dei requisiti di cui all’art. 14 – ter Legge 3/2012[24] ed all’assenza di atti in frode compiuti nel quinquennio precedente alla proposizione, esclusa, nel silenzio della norma, ogni considerazione in ordine alla “probabilità” di realizzo di redditi futuri[25].

E la valutazione di tipo meritorio argomentabile ex art. 14 – terdecies Legge 3/2012 rileva non già in punto di ammissibilità della domanda bensì in punto di meritevolezza dell’esdebitazione[26] che, in presenza degli altri requisiti, ben potrà essere accordata anche nell’ipotesi in cui il debitore “abbia cercato un’occupazione e non abbia rifiutato, senza giustificato motivo, proposte di impiego” (art. 14 – terdecies, comma 1 lettera e) Legge 3/2012). Con ciò attribuendo rilievo non già alla certezza del “reddito” futuro generabile ma alla ricerca di una occupazione da cui trarre un reddito con il quale soddisfare, almeno in parte, i propri creditori.

Il richiamo operato dal provvedimento in esame[27] in ordine all’esclusione degli effetti di cui alla lettera b) del comma 2 articolo 14 – quinquies Legge 3/2012 non convince, sia perché nel caso di specie il proponente aveva una vettura utilmente aggredibile, sia perché l’ipotetica non operatività in concreto di un “beneficio” normativamente previsto non giustifica l’esclusione dalla procedura, soprattutto se si tratta di una conseguenza automatica del decreto di ammissione; la lettera b) del comma 2 dell’art. 14 quinquiesi, infatti, non contempla margini di discrezionalità per il giudice che una volta ammesso il debitore alla procedura, “dispone” l’inibitoria delle azioni esecutive individuali.

Del resto, ben potrebbe verificarsi l’ipotesi che il proponente non abbia in corso alcuna azione esecutiva, cionondimeno l’inibitoria opererà non solo nel senso che non si potranno coltivare espropriazioni individuali già iniziate, ma anche nel proibirne di nuove.

Per quanto anche una sola presunzione semplice possa giustificare il convincimento e fondare la decisione[28] e per quanto “gli elementi assunti a fonte di prova non debbono essere necessariamente più d’uno”, è necessario che l’unico elemento posto a fondamento del ragionamento sia “grave e preciso”[29]: nel caso di specie, quest’ultimo è rappresentato dalla sola contrazione del reddito professionale del professionista nel periodo antecedente la proposizione della domanda.

Ciò non è logicamente in grado di escludere in modo rigoroso e certo la probabilità che il debitore possa migliorare la propria posizione reddituale per il soddisfacimento (quand’anche parziale) dei creditori. D’altro canto non è seriamente dubitabile l’impatto positivo complessivo derivante dall’ammissione alla procedura da sovraindebitamento sul debitore che, posto al riparo da azioni esecutive , riacquista una maggiore serenità con indubbi riflessi sulla propria capacità reddituale.

Si pensi del resto all’ipotesi in cui taluno, pur titolare di un reddito da lavoro dipendente, perda l’occupazione e non riesca a reperirne una nuova: pur non essendo in grado di soddisfare i propri creditori non incorrerà in alcuna ipotesi di revoca dall’ammissione[30] né di per sé ciò determinerà l’esclusione dal beneficio dell’esdebitazione, figura meramente eventuale nella procedura di liquidazione del patrimonio.

Il porre al centro del fenomeno del sovraindebitamento la persona significa annetterle una prevalenza normativa rispetto ad altri termini di riferimento della disciplina”[31] e tale centralità non può che costituire un favor a cui riconoscere, in situazioni di incertezza, prevalenza.

Concludendo, solo modificando la prospettiva e quindi ponendo al centro la persona e la sua dinamicità anche reddituale e futura, rispetto al patrimonio esistente al momento della presentazione della domanda, si può attuare l’intento ultimo perseguito dal legislatore con l’istituto della liquidazione e più in generale con gli istituti finalizzati al superamento della crisi da sovraindebitamento.

[18] Negli stessi termini si veda anche Tribunale di Mantova 18 giugno 2018: “non si giustifica il ricorso alla procedura di liquidazione del patrimonio di cui all’art. 14 – ter della legge n. 3/2012 quando il ricorso non offra la possibilità di liquidare bene alcuno ma si fondi esclusivamente su somme provenienti da retribuzioni”, anche in questo caso si trattava di redditi futuri da attività libero professionale, in ilcaso.it sez. giurisprudenza, 2018, 10 luglio 2018.

[19] Di Marzio, Sovraindebitamento: il procedimento di liquidazione del patrimonio, al quale può seguire la concessione dell’esdebitazione, altra importante novità del decreto sviluppo – bis, in Il fallimentarista, Giuffrè, 2013.

[20] Tribunale di Milano 15 novembre 2017, in ilcaso.it sez. giurisprudenza, 19.426, pubblicato il 30 marzo 2018.

[21] Rubricata “beni e crediti sopravvenuti”, recita: “i beni sopravvenuti nei quattro anni successivi al deposito della domanda di liquidazione di cui all’art. 14 – ter costituiscono oggetto della stessa, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi”.

[22] De Marzio, L’estensione e la tutela del patrimonio oggetto di liquidazione nella novella legislativa, in La “nuova” composizione della crisi da sovraindebitamento, Terranova, Macario, 2013, p. 81

[23] Compresa anche la quota riscattabile del trattamento di fine rapporto maturata, in questi termini Tribunale di Milano, Sez. II, 22 aprile 2017, in Redazione Giuffrè, 2017. Ben potrà mettersi a disposizione dei creditori anche la quota riscattabile del trattamento di fine rapporto che maturerà nel corso del quadriennio trattandosi di credito futuro.

[24] Deve ritenersi ostativa all’ammissibilità della domanda soltanto le procedure effettivamente aperte e non già la mera proposizione d’istanze dichiarate inammissibili o improcedibili, in questi termini: Tribunale di Prato 28 settembre 2016, in ilcaso.it, sez. giurisprudenza, 15979, pubblicata il 20 ottobre 2016.

[25] Diversamente Tribunale di Alessandria, 15 ottobre 2016 “anche per il procedimento di liquidazione il controllo giurisdizionale, oltre che sui profili di ammissibilità coinvolge anche quello della “meritevolezza”, infatti la relazione dell’organismo di composizione della crisi, da allegarsi alla domanda, deve anche contenere le indicazioni necessarie in ordine alle cause dell’indebitamento, alla diligenza del debitore nell’assunzione delle obbligazioni, alle ragioni del sovra indebitamento ed all’attendibilità della documentazione allegata all’atto introduttivo della procedura, in assenza di tali requisiti la domanda è da considerarsi inammissibile”, in Redazione Giuffrè, 2016.

[26] In questi termini Tribunale di Rovigo, 31 gennaio 2018: “la valutazione meritorio (contenuta nell’art. 14 terdecies), non è stata presa in considerazione quale condizione di ammissibilità – data esclusivamente dall’idoneità della documentazione prodotta alla ricostruzione compiuta della situazione economica patrimoniale del debitore (art. 14 ter comma 5)- ma recuperata quale presupposto per la concessione della esdebitazione”. Per l’estensore di questo decreto è la lettura sistematica della legge 3/2012 ad ammettere una liquidazione in assenza d’attivo attuale: “ritiene il giudice adito che la ricostruzione sistematica della l. n. 3/2012 deponga, invero, nel senso contrario” fondando il proprio ragionamento sull’assimilazione al fallimento della liquidazione, alla mera eventualità della previsione di cui alla lettera d) dell’art. 14 quinquies, alla persistenza dell’utilità della nomina del liquidatore per l’espletamento delle attività a lui demandate soprattutto in tema di stato del passivo.

[27] Così il Tribunale di Varese: “e, che, per l’effetto, allo stato, l’istante possa giovarsi del beneficio di cui all’art. 14 quinquies, comma 2 lett. b) L. 3/2012″.

[28] Cass. III Sez. Civ. 26 febbraio 2019 n. 5484 Giust. Civ. Mass. 2019, così anche Cass. Sez. Lav. 6 luglio 2002, n. 9834, in Giust. Civ. Mass. 2002.

[29] Cass. I Sez. Civ., 26 settembre 2018 n. 23.153, in Mass. Giust. Civ. 2018.

[30] Tribunale di Treviso, Sez. II, 22 giugno 2017 cit..

[31] De Gregorio, Spunti introduttivi sulla buona fede nel piano del consumatore in Banca – Borsa, II, 2019, 2 pp. 232 e ss..

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