L’ex marito può prendere l’ex moglie a lavorare con lui per non pagarle il mantenimento a “fondo perduto”?

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Ipotizziamo che un uomo sia titolare di una piccola azienda.

Il suo matrimonio entra in crisi e lui e sua moglie decidono di separarsi.

L’ex moglie non lavora e lui, essendo il coniuge più forte economicamente, le deve versare l’assegno di mantenimento.

La donna, da parte sua, per essere indipendente dal suo ex marito, si dovrebbe cercare un lavoro.

A questo punto, l’ex marito ha un’idea.

Con la finalità di evitare di passarle il mantenimento, pensa di proporle di assumerla facendola diventare una dipendente della sua azienda.

Secondo un recente orientamento della Suprema Corte di Cassazione, la donna ritornata single si deve dare da fare per cercare un’occupazione e rendersi indipendente dall’ex coniuge.

La questione, che potrebbe sembrare singolare ma che in realtà è sorta diverse volte, è stata di recente risolta da parte della stessa Corte, con la sentenza 19/01/2022 n.1643/22.

In questo articolo scriveremo quale sia stato il pensiero della Suprema Corte di Cassazione.

Indice

  1. L’autonomia dell’ex moglie nel mantenersi
  2. L’ex marito che propone un’assunzione all’ex moglie per non pagarle il mantenimento

1. L’autonomia dell’ex moglie nel mantenersi

Facciamo qualche passo indietro, ritornando al 2017, quando la IV sezione della Cassazione Civile stabilì, nella famosa “sentenza Grilli”, che obbligo della moglie, in seguito al divorzio, è quello di rendersi autonoma, facendo leva sul fatto che il matrimonio non sia un’assicurazione sulla vita e il mantenimento non può essere scambiato per una rendita parassitaria.

In questo modo, quando la donna è giovane, preparata e in salute, dovrebbe fare il possibile                              per cercare un lavoro e pensare a sé stessa.

Quando l’indisponibilità di risorse economiche non dipende da sua colpa, la stessa può bussare alla porta del marito e chiedere gli alimenti e deve essere lei a dimostrare di avere fatto quello poteva per potere lavorare o di essere nella impossibilità oggettiva per poterlo fare.

Nel frattempo, a luglio 2018, le Sezioni Unite della Cassazione hanno aggiunto un significativo tassello.

Si deve lo stesso fare sempre salvo il diritto al mantenimento per l’ex moglie che, in costanza di matrimonio, d’accordo con il marito, abbia rinunciato a costruirsi una carriera per agevolare l’uomo nella sua.

Il sacrificio della donna che si è occupata della gestione della casa e dei figli, ha determinato un arricchimento del patrimonio familiare e dello stesso è giusto che lei continui a godere, indipendentemente dalle sue capacità di reddito.

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2. L’ex marito che propone un’assunzione all’ex moglie per non pagarle il mantenimento

Ci si chiede che cosa potrebbe essere l’accoglimento dell’offerta di assunzione, proposta dall’ex marito all’ex moglie, per non pagarle il mantenimento.

Il fatto che, per ottenere quello che un tempo avrebbero dato senza nessuno sforzo, adesso dovrà lavorare.

Però questo non è sufficiente.

Secondo la Suprema Corte di Cassazione la donna, se è possibile e ha l’età per farlo si deve occupare di se stessa.

Un altro aspetto è rappresentato dalla conflittualità con l’ex marito.

È sicuro che non ci si lascia a causa di un capriccio ma perché non si va più d’accordo e, in diversi casi, non ci si vuole più vedere, mentre dovere lavorare insieme potrebbe essere fonte di prolungamento dell’agonia.

Questo potrebbe portare a ritenere che la proposta di assunzione avanzata dall’uomo sia esclusivamente un abile espediente per ottenere il rifiuto da parte della ex moglie e potere in un secondo momento dire al giudice che se non lavora deve dare la colpa a se stessa.

A mettere un altro carico al rifiuto di assunzione della donna potrebbe contribuire lo stipendio che le verrebbe offerto.

Se dovesse essere irrisorio rispetto al genere di lavoro da svolgere e all’orario prestabilito, non si potrà di sicuro disapprovare il comportamento della donna improntato alla rinuncia, essendo la dignità del lavoratore tutelata da parte della Costituzione.

Lo stesso si deve dire in relazione all’età.

Non si può costringere a lavorare una donna che, per più di trent’anni di matrimonio, non lo ha fatto e che adesso ha i capelli bianchi e le rughe sul viso che denotano che il trascorrere del tempo non sia un’opinione ma rappresenti la pura realtà.

Altra argomentazione potrebbe essere l’eventuale sede di lavoro.

Se dovesse essere molto lontana da casa potrebbe implicare un insormontabile sacrificio rispetto al vantaggio che dallo stesso si potrebbe ricavare, anche in relazione ai costi della trasferta.

Senza considerare il fatto che se la donna dovesse assistere la madre anziana o malata avrebbe bisogno di stare vicino all’abitazione della stessa.

Non meno importante la mansione da svolgere, come nel caso deciso da parte della Cassazione, nel quale l’ex marito aveva offerto all’ex moglie un lavoro di addetta alle pulizie, forse per mortificare la sua figura e la sua formazione professionale.

In conclusione, questi elementi dovranno essere valutati caso per caso al fine di potere stabilire se il rifiuto della moglie alla proposta di assunzione possa essere considerato legittimo.

Nel caso specifico, la Suprema Corte ha confermato l’assegno alla donna nonostante la proposta di lavoro avanzata dal suo ex marito, proprio in relazione al fatto che concorrevano le condizioni sopra scritte.

Quello che in questa sentenza colpisce di più è che non esiste un’affermazione secca da parte dei Giudici, in relazione al principio secondo il quale dovrebbe essere diritto dell’ex moglie rifiutare il posto di lavoro offerto dall’ex marito esclusivamente per non rivederlo più.

Si devono valutare le diverse condizioni dell’offerta.

A iniziare dallo stipendio per finire alla sede lavorativa, dalle mansioni alle esigenze familiari.

Se sussistono delle giustificazioni ritenute valide al rifiuto della proposta lavorativa, non si può più parlare di una “inerzia colpevole dell’ex moglie”, vale a dire che la causa della sua precaria condizione di reddito, non risiede nel comportamento da lei adottato.

In simili casi può essere riconosciuto alla donna l’assegno di mantenimento.

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Sentenza collegata

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