L’evoluzione giurisprudenziale della fideiussione omnibus

Paola Francone 04/10/22
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La fideiussione omnibus, apparsa intorno agli anni ’50 quale fideiussione generale destinata a garantire tutte le obbligazioni del debitore principale , comprese quelle future, è oggi sempre più ricorrente per la duttilità che la contraddistingue:  se da un lato, infatti, consente al soggetto finanziato di accedere facilmente alla concessione del credito poiché garantito a monte dal contratto di fideiussione per tutte le obbligazioni cui è sottoposto, dall’altro permette alla banca, nel concedere finanziamenti o aperture di credito, di avere a garanzia del proprio credito uno o più patrimoni dei fideiussori da escutere in caso di inadempimento del c.d. debitore principale.

I vari dibattiti giurisprudenziali che hanno nel corso del tempo investito la fideiussione omnibus e che hanno condotto alla pronuncia di massime da parte della Corte di Cassazione, non sono fini a sé stessi e da relegare in un mondo asettico del diritto privo di legami con la realtà. Le conseguenze pratiche dei principi di diritto, infatti, saranno oggetto d’analisi nel presente articolo, al fine di fornire uno sguardo d’insieme sulla fideiussione omnibus, percorrendo il doppio binario del mondo del diritto e del mondo della pratica.

    Indice

  1. Il fideiussore quale consumatore: ordinanza n. 742/2020
  2. La natura della fideiussione omnibus: sentenza n. 3947/2010
  3. L’(in)determinabilità dell’oggetto della fideiussione omnibus: L. n. 154/92
  4. La nullità parziale delle clausole della fideiussione omnibus in contrasto con la normativa antitrust: ordinanza n. 41994/2021

1. Il fideiussore quale consumatore: ordinanza n. 742/2020

Il dibattito circa i criteri sulla base dei quali attribuire al fideiussore la qualifica di consumatore rileva dal punto di vista pratico per la legittimazione a sollevare l’eccezione pregiudiziale di incompetenza per territorio, nell’ipotesi in cui il giudizio sia incardinato in un luogo differente da quello di residenza e domicilio elettivo del fideiussore che si possa qualificare come consumatore.

Il tradizionale approccio formalista che attribuiva al fideiussore la qualifica di consumatore in relazione unicamente alla natura dell’obbligazione garantita,[1] è stata sostituito dalla nuova prospettiva, introdotta con l’ordinanza della Suprema Corte n. 742 del 16.01.2020[2]. La pronuncia, ribaltando i precedenti orientamenti, e dando continuità alla giurisprudenza della Corte di Giustizia[3], ha precisato che la questione centrale concerne l’interrogativo se la persona fisica che, pur fuori dall’ambito delle sue attività professionali, presti fideiussione a garanzia di un debito di un soggetto che non è consumatore, rimanga tale o debba per contro essere considerato come soggetto diverso dal consumatore. In risposta, ritiene irrilevante l’attività svolta dal debitore principale per l’attribuzione o meno al fideiussore della qualità di consumatore, stabilendo che “è in capo alle parti del contratto di garanzia o fideiussione che deve essere valutata la qualità in cui queste hanno agito.”

Le conseguenze giuridiche si collegano alla disciplina della tutela del consumatore, particolarmente favorevole nei riguardi del soggetto “debole”.[4]  Da ciò deriva l’applicazione dell’art. 33 comma 2, lettera u), del Decreto Legislativo n. 206 del 2005, secondo cui “alle controversie tra consumatore e professionista la competenza territoriale spetta al giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo, c.d. foro del consumatore, che è esclusivo ma derogabile.”

2. La natura della fideiussione omnibus: sentenza n. 3947/2010

Proseguendo nell’analisi dell’evoluzione giurisprudenziale sulla fideiussione omnibus, obbligatoria è la disamina del dibattito sulla qualificazione della natura della fideiussione omnibus quale fideiussione ordinaria, seppur con clausole di deroga, oppure quale contratto autonomo di garanzia. È dalla soluzione di tale distinzione che derivano nella realtà processuale rilievi diversi circa l’ammissibilità (o meno) dell’opposizione a decreto ingiuntivo della banca da parte del fideiussore e dell’opponibilità (o meno) delle eccezioni al creditore.

Se alla fideiussione omnibus, infatti, si attribuisse la natura di contratto autonomo di garanzia, il fideiussore non avrebbe la facoltà di far valere le eccezioni relative al contratto principale fra debitore e creditore, fatto salvo il caso di excepito doli[5], di inesistenza del credito e di nullità del rapporto principale per contrarietà a norme imperative o illiceità della causa[6]. Ciò implicherebbe, nella pratica, che il fideiussore omnibus non avrebbe la legittimazione ad opporsi al decreto ingiuntivo del creditore per le questioni riguardanti il merito del debito principale e comporterebbe anche l’inapplicabilità delle clausole previste per la fideiussione, in quanto incompatibile con la fideiussione omnibus. [7]

Tale qualificazione della fideiussione omnibus come garanzia autonoma deriverebbe dalle clausole inserite nel contratto di garanzia e dalla causa del contratto di fideiussione omnibus. Se si aderisse a tale tesi, alla fideiussione omnibus si attribuirebbe la funzione propria della garanzia di tipo autonomo di indennizzare il creditore per le conseguenze del mancato o inesatto adempimento della prestazione da parte del debitore principale, trasferendone il rischio economico al garante e non quella (propria della fideiussione accessoria) di garantire l’esatto adempimento dell’obbligazione altrui ossia di assicurare al beneficiario la medesima prestazione oggetto del debito principale.

Sulla base di una diversa interpretazione, la fideiussione omnibus non potrebbe qualificarsi come contratto autonomo di garanzia, per la mancanza nel testo standardizzato della rinuncia espressa del garante alla facoltà di opporre eccezioni in deroga all’art. 1945 c.c. È prevista, infatti, una mera clausola di “pagamento immediato” o “a prima richiesta”, di per sé non sufficiente per qualificare il negozio come garanzia autonoma, implicando un’inversione processuale della clausola “solve et repete”. Essa, infatti, non risulta incompatibile con il carattere dell’accessorietà della fideiussione, ma consente che il garante, sia pure dopo l’avvenuto pagamento, possa agire in ripetizione verso il beneficiario, facendo valere tutti i diritti spettanti al debitore in base al rapporto principale. Anche a fronte di clausola di pagamento “a prima richiesta” inclusa nella fideiussione omnibus essa continuerebbe a qualificarsi come una fideiussione, poiché è il garante a dover adempiere la medesima prestazione del debitore principale, mentre, al contrario, il garante autonomo non è chiamato all’adempimento del debito principale ma ad indennizzare il creditore insoddisfatto con una somma di denaro predeterminata sostitutiva della prestazione del debitore mancata o inesatta. Attribuire alla fideiussione la natura di natura di fideiussione ordinaria, implicherebbe la legittimazione per il fideiussore ad eccepire al creditore tutte le eccezioni spettanti al debitore ex art. 1945 c.c., con la facoltà di imporsi ad un eventuale decreto ingiuntivo. In questo caso alla fideiussione omnibus si applicherebbero le norme sulla fideiussione di cui agli artt. 1936 c.c., 1955 c.c., 1956 c.c., 1957 c.c.

È la sentenza n. 3947/2010[8], dopo aver evidenziato le differenze tra il contratto autonomo di garanzia e la fideiussione, a far propendere per la qualificazione della fideiussione omnibus quale contratto di fideiussione, seppur con deroghe, con la conseguente rilevanza sul piano pratico, dell’applicazione degli art. 1945 c.c. e i conseguenti articoli 1955 c.c.,1956 c.c.,1957 c.c.


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3. L’(in)determinabilità dell’oggetto della fideiussione omnibus: L. n. 154/92

Proseguendo nell’analisi dei principali dibattiti giurisprudenziali, concernenti l’istituto della fideiussione omnibus, che hanno portato alla pronuncia di principi di diritto con importanti risvolti pratici, non ci si può non soffermare sul tema dell’(in)determinabilità dell’oggetto della fideiussione omnibus.

La garanzia della fideiussione omnibus, infatti, a differenza della fideiussione ordinaria, non è circoscritta ad un certo debito ma si estende al pagamento di tutti i debiti assunti o che si assumeranno con l’istituto di credito per ogni operazione, attuale o futura, apparendo in contrasto ai sensi del combinato disposto degli artt. 1346 c.c. e 1418 c.c. secondo il quale il contratto deve avere un oggetto determinato o, comunque, determinabile.

La prima decisione della Corte di Cassazione in tema di fideiussione omnibus risale al 1971[9] quando la Suprema Corte formula il criterio della determinabilità per relationem dell’oggetto della fideiussione omnibus, recepito poi successivamente[10], sostenendo la sussistenza della determinabilità dell’oggetto, perché il fideiussore nel garantire obbligazioni future, così come consentito dall’art. 1938 c.c., farebbe riferimento alle somme per le quali la banca facesse poi credito alla persona per cui egli presta la garanzia, permettendo, nel caso in cui la banca facesse valere la fideiussione, di determinare con esattezza il dovuto.

La Cassazione, con sentenza n. 6656 del 1° agosto 1987, ha indicato ulteriori tesi a supporto della determinabilità dell’oggetto della fideiussione omnibus con un richiamo all’art. 1349 c.c. e al principio della progressiva integrabilità dell’oggetto del contratto, che consentirebbe la determinazione.

Tuttavia, a porre fine alla vexata quaestio, è intervenuto il Legislatore con la L. n. 154 del ’92 sulla trasparenza delle operazioni bancarie, che ha modificato il testo dell’art. 1938 c.c., con lo scopo di limitare quantitativamente l’impegno assunto dal fideiussore, imponendo un importo massimo garantito per le fideiussioni a garanzia di obbligazioni future. Nel caso in cui la fideiussione preveda che l’obbligazione del fideiussore comprenda l’integrale adempimento, si può affermare che essa sia valida solo se pattuisca il tetto massimo entro il quale la garanzia può operare, in assenza del quale deve ritenersi nulla.[11]

A fine anni ’90, la giurisprudenza non ha ritenuto risolto la questione relativa all’indeterminabilità dell’oggetto nella fideiussione omnibus portando la Cassazione civile, nella sentenza n. 27005 del 12.11.2008, a ritenere che “la rispondenza dei contratti di fideiussione c.d. omnibus alla prescrizione normativa (e dunque la legittimità’ della garanzia) debba, in effetti, essere accuratamente valutata nel merito, per verificare ed accertare che la indicazione di un importo limite sproporzionatamente elevato non si traduca, nella sostanza, in una limitazione solo apparente e, dunque, nella sostanziale elusione della norma“. Tale verifica nel mondo pratico implica il rispetto da parte del fideiussore e del creditore dei principi di correttezza e buona fede. La banca, infatti, nella valutazione delle condizioni economiche del debitore, deve avere un grado di diligenza rigoroso, mentre il garante, qualificato quale “soggetto debole”, può far ricorso ad una tutela giuridica nel caso in cu la banca adotti una condotta negligente o fraudolenta a suo danno in un momento successivo alla stipula della fideiussione.

E ciò, cosa implica nel mondo pratico?!  La liberazione del fideiussore, ex art. 1956 c.c., dal vincolo di garanzia quando la banca continui, senza autorizzazione del fideiussore, a “a far credito” al debitore, pur conoscendone le sue condizioni patrimoniali tali da rendere difficile il soddisfacimento del credito da parte del fideiussore (cd. abusiva concessione del credito).

4. La nullità parziale delle clausole della fideiussione omnibus in contrasto con la normativa antitrust: ordinanza n. 41994/2021

Il punto d’approdo della presente analisi è rappresentato dalla recentissima ordinanza della Suprema Corte di Cassazione n. 41994/2021, a cui si attribuisce il merito di aver (forse) messo fine al dibattito circa il regime di nullità, totale o parziale, da attribuire alle clausole inserite nelle fideiussioni bancarie riproduttive delle clausole n. 2,6 e 8 dello schema ABI (2003), giudicate nulle da Banca d’Italia, con provvedimento n. 55/2005, in violazione dell’art. 2 co. 2 lett. a) della L. 287/90 (Norme sulla tutela della concorrenza e del mercato) e 101 del TFUE.

La Suprema Corte, infatti, sancisce che la nullità[12] delle clausole della fideiussione corrispondenti a quelle degli artt. 2-6-8 dello schema ABI, lungi dal travolgere automaticamente l’intero contratto, deve essere necessariamente coniugata con quanto sancito dall’art. 1419 c.c. a norma del quale, la nullità di alcune clausole contrattuali travolge il contratto nella sua interezza solo se risulta che il contraente non l’avrebbe stipulato in loro assenza.[13]  L’eliminazione, infatti, delle sole clausole nulle, appare quale rimedio sufficiente a ristabilire l’equilibrio competitivo e, al tempo stesso, a preservare la garanzia fideiussoria nella sua causa, che persegue l’interesse di entrambe le parti contraenti.

La sentenza aggiunge che il consumatore, davanti ad un’intesa che limiti la libertà di concorrenza, vede eluso, da un lato, il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza, e, dall’altro, che il contratto a valle costituisca lo sbocco di tale intesa. Ne deriva che, poiché la violazione di interessi rilevanti integra potenzialmente il danno ingiusto ex art. 2043 c.c., il consumatore finale possa proporre l’azione di accertamento della nullità dell’intesa e di risarcimento danno ex art. 33 della L. 287/1990, la cui competenza esclusiva è rimessa alla Corte d’Appello, con esclusione della “tutela reale”.

Passando dal mondo teorico a quello pratico, alla dichiarazione di nullità delle clausole della fideiussione omnibus riproduttive delle clausole n. 2,6 e 8 dello schema ABI (2003), fa seguito l’applicazione della disciplina generale contenuta nella norma codicistica e la conseguente possibilità del fideiussore omnibus, ex art. 1945 c.c., di far valere le clausole ex art. 1955 c.c., 1956 c.c., 1957 c.c., stante la qualificazione, analizzata nel paragrafo n.2, della fideiussione omnibus quale fideiussione ordinaria, seppur con deroghe.

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Note

[1] Cass. Civ., Sez. III, 29 novembre 2011, n. 25212, con nota di S. Bortolotti, Il fideiussore di una società non è un consumatore, in Diritto & Giustizia, fasc. 0, 2011, 506; Cass. Civ., Sez. I, 9 agosto 2016, n. 16827.

[2] In tal senso anche Cass. Civ. 15.10.2019 n. 25914, Cass. civ. ord. 31.10.2019 n. 28162, Cass. civ. ord. 24.01.2020 n. 1666, Cass. civ. ord. 08.05.2020 n. 8662

[3] Corte di Giustizia, n. 19.11.2015, causa  c- 74/15, n. 14.09.2016, causa c- 534/15, ritiene che “le regole uniformi, concernenti le clausole abusive, devono applicarsi a qualsiasi contratto stipulato tra un professionista ed un consumatore”, che “l‘oggetto del contratto è quindi irrilevante”, che “è con riferimento alla qualità dei contraenti, a seconda che essi agiscono o meno nell’ambito della loro attività professionale, che la Dir. 93/13 definisce i contratti ai quali essa si applica”, che “il contratto di garanzia o di fideiussione, stipulato tra un istituto bancario e un consumatore, sebbene possa essere descritto come un contratto accessorio rispetto al contratto principale da cui deriva il debito che garantisce, tuttavia, dal punto di vista delle parti contraenti, si presenta come un contratto distinto quando è stipulato tra soggetti diversi dalle parti del contratto principale”.

[4] G. CAVALLI, Contratti bancari su modulo e problemi di tutela del contraente debole, Torino, 1976

[5] A tal proposito, la Cass. civ., 21 giugno 2018, n. 16345 afferma: “ai fini dell’”exceptio doli”, “il garante deve allegare – sussistendone prova liquida ed incontrovertibile – la condotta abusiva del creditore, il quale, nel chiedere la tutela giudiziale del proprio diritto, abbia fraudolentemente taciuto, nella prospettazione della fattispecie, situazioni sopravvenute alla fonte negoziale del diritto azionato ed aventi efficacia modificativa o estintiva dello stesso»

[6] Cass. 10 febbraio 2021, n. 3193; Cass. civ., 24 aprile 2008, n. 10652.

[7] Si tratta, cioè, dell’inapplicabilità della liberazione del fideiussore per fatto del creditore ex art. 1955 c.c., della liberazione del fideiussore per obbligazione ex art. 1956 c.c. e della decadenza dalla garanzia per mancato esercizio del credito nel termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale ex art. 1957 c.c.

[8] Cassazione civile Sez. Unite sentenza n. 3947 del 18 febbraio 2010, dichiara esplicitamente che: “Il contratto autonomo di garanzia, espressione dell’autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, che può riguardare anche un fare infungibile, contrariamente al contratto del fideiussore, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui; inoltre, la causa concreta del contratto autonomo è quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no, mentre con la fideiussione, nella quale solamente ricorre l’elemento dell’accessorietà, è tutelato l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale. Ne deriva che, mentre il fideiussore è un “vicario” del debitore, l’obbligazione del garante autonomo si pone in via del tutto autonoma rispetto all’obbligo primario di prestazione, essendo qualitativamente diversa da quella garantita, perché non necessariamente sovrapponibile ad essa e non rivolta all’adempimento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore.

[9] 5 Cass., 29 ottobre 1971, n. 3037, in Foro it., 1972, I, 396 con nota di Martinelli.

[10] 6 Cass., 15 gennaio 1973, n. 118, in Giust. civ.; Cass., 6 febbraio 1975, n. 438, ivi, 1975, II, 22; Cass., 27 gennaio 1979, n. 615, ivi, 1981, II, 266; Cass., 5 gennaio 1981, n. 23, in Foro it., 1981, I, 704.

[11] A tal proposito la giurisprudenza afferma che “La fideiussione “omnibus” senza limitazione di importo, stipulata anteriormente alla data di entrata in vigore dell’art. 10 della l. n. 154 del 1992 – il quale, sostituendo il testo originario dell’art. 1938 c.c., ha subordinato la validità della fideiussione per obbligazioni future all’indicazione dell’importo massimo garantito – conserva efficacia unicamente per i debiti verso la banca sorti a carico del debitore principale prima della predetta data, e non anche per quelli successivi, salvo le parti fissino l’importo massimo garantito con la rinnovazione della convenzione di garanzia, la quale, risolvendosi nel compimento di un negozio diverso dal precedente, con effetto “ex nunc”, esula dall’ipotesi di inammissibilità della convalida del negozio nullo, ai sensi dell’art. 1423 c.c., norma diretta ad impedire la sanatoria di un negozio nullo con effetti “ex tunc”, ma non a comprimere la libertà delle parti di reiterare, depurandola dal vizio invalidante, la manifestazione della loro autonomia negoziale al fine di regolare i loro interessi.” (Cass. 5 maggio 2016, n. 8944).

[12] Si è in presenza di una “nullità speciale” a presidio di un interesse pubblico e, in specie, dell’“ordine pubblico economico”; dunque “nullità ulteriore a quelle che il sistema già conosceva”. (Cass. n. 287/1999). Tale forma di nullità ha una portata più ampia delle nullità codicistica ex art. 1418 c.c. e delle altre nullità conosciute dall’ordinamento come la “nullità di protezione” nei contratti del consumatore (c.d. secondo contratto) e la nullità nei rapporti tra imprese (c.d. terzo contratto), in quanto colpisce anche atti, o combinazioni di atti avvinti da un “nesso funzionale”, non tutti riconducibili alle fattispecie di natura contrattuale. La ratio di tale speciale regime è salvaguardare l’ordine pubblico economico, a presidio del quale sono state dettate le norme imperative nazionali ed europee antitrust. In tal senso Gentili, La nullità dei “contratti a valle” come pratica concordata anticoncorrenziale (il caso delle fideiussioni ABI), in Giust. civ., 2019, 698.

[13] V. PISAPIA, Fideiussioni omnibus e normativa antitrust: validi per la Procura della cassazione i contratti «a valle», in dirittobancario.it, 26 novembre 2021; G. GUIZZI, I contratti a valle delle intese restrittive della concorrenza: qualche riflessione vingt ans après, aspettando le Sezioni Unite, in Contratti, 2021, pp. 1180 e ss; C. BELLI, Contratto a “valle” in violazione di intese vietate dalla Legge Antitrust, in www.giustiziacivile.com, 2018; P. CARRIERE, Lo spinoso tema della validità delle fideiussioni omnibus nel recente orientamento della Cassazione, in www.dirittobancario.it, 2018; B. BORRILLO, La nullità della fideiussione omnibus per violazione della normativa antitrust, in www.dirittobancario.it, 2018; G. CALABRESE, Fideiussione omnibus “a valle”: illecito antitrust e nullità (parziale?), in Nuova giur. civ. comm., 2019, I, pp. 517 e ss.; S. D’ORSI, Nullità dell’intesa e contratto “a valle” nel diritto antitrust, in Giur. comm., 2019, 3, pp. 575 e ss.; M MORESCO, Fideiussioni omnibus su modelli standard ABI: condizioni generali di contratto anticoncorrenziali e nullità parziali, in Banca, borsa e tit. cred., 2020, 1, pp. 85 e ss.; M. LIBERTINI, Gli effetti delle intese restrittive della concorrenza sui cosiddetti contratti “a valle”. Un commento sullo stato della giurisprudenza in Italia, in Nuova giur. Civ. comm., 2, 2020, pp. 378 e ss.; CAMILLERI, Validità della fideiussione omnibus conforme a schema-tipo dell’ABI e invocabilità della sola tutela riparatoria in chiave correttiva, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2, 2020, pp. 397 e ss.

Paola Francone

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