L’estinzione per novazione delle obbligazioni naturali: dibattito in corso per il riconoscimento della rilevanza giuridica dei doveri morali e sociali

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Quello dell’estinzione per novazione delle obbligazioni naturali è l’istituto da taluni proposto per garantire l’adempimento del dovere morale e/o sociale oggetto di un’obbligazione naturale, scalfendo i consolidati approdi giurisprudenziali e dottrinali che ne negano la rilevanza giuridica e, di conseguenza, l’applicazione degli istituti previsti dalla disciplina delle obbligazioni in generale. Tra i due contrapposti orientamenti sembra emergere una tesi mediana che, al fine di giungere ai medesimi risultati pratici, vede nel contratto la chiave risolutiva della questione interpretativa.

Le obbligazioni naturali nell’impianto normativo del codice civile.

L’estinzione per novazione delle obbligazioni naturali rappresenta una questione che ha acceso in dottrina ed in giurisprudenza un dibattito non ancora sopito. Vivida ed aspra è la critica, infatti, nei confronti dei sostenitori della tesi dell’ammissibilità della novazione delle obbligazioni naturali, in quanto costoro disattenderebbero il consolidato orientamento che da sempre ne disconosce la natura giuridica, da cui consegue l’inapplicabilità di tutte le disposizioni del codice relative alle cause di estinzione del rapporto obbligatorio, nonché di quelle relative alle modificazioni soggettive del medesimo. A stemperare i contrasti in materia si farebbe largo una tesi che, piuttosto che consentire, ai fini della sua riemersione sul piano giuridico, la novazione di un’obbligazione giuridicamente inesistente, come quella naturale, ammette la possibilità, ai medesimi fini, di giuridicizzarne l’oggetto attraverso la stipulazione di un contratto.

Nel codice civile all’obbligazione naturale è destinata unicamente la disposizione di cui all’art. 2034 c.c., che sancisce il principio dell’irripetibilità di quella prestazione che sia stata spontaneamente adempiuta da un soggetto in ottemperanza a doveri morali ovvero sociali, definito anche con il latinismo “soluti rententio”. Nel dettaglio, poi, il Legislatore del codice del ’42 individua e tipizza le uniche ipotesi di obbligazioni naturali rinvenibili nel dato positivo, cui ricollegarne l’effetto sopramenzionato, quali le fattispecie della fiducia testamentaria, del pagamento di un debito di gioco ovvero del pagamento di un debito scaduto, di cui rispettivamente agli artt. 627, co. 2, 1933, 2940 c.c. A questa espressa nomenclatura, la giurisprudenza nel tempo ha poi riconosciuto ulteriori ipotesi di obbligazioni naturali nelle fattispecie del pagamento delle obbligazioni di mantenimento nella convivenza more uxorio, dell’esecuzione del contratto viziato e nel pagamento del debito residuo nel concordato fallimentare o preventivo.

In tutti questi casi, affinché sia efficacemente e validamente riconosciuto l’effetto della soluti rententio, dalle circostanze della fattispecie concreta di riferimento è necessario che vengano riscontrati gli elementi costitutivi della spontaneità dell’adempimento della prestazione e la finalità cui essa è protesa, quale l’ottemperanza di un dovere morale ovvero di un dovere sociale.

Il Legislatore, in tal modo, ha negato la possibilità di esperire con successo un’azione di ripetizione dell’indebito ovvero di arricchimento senza causa, ogni qualvolta sia rivolta al Giudice una domanda di restituzione della prestazione adempiuta in costanza di un dovere morale ovvero sociale. Attraverso il principio sancito all’art. 2034 c.c. è stato giustificato lo spostamento ricchezza verificatosi con l’adempimento spontaneo delle prestazioni di cui sopra, altrimenti esposto alle azioni della ripetizione dell’indebito ovvero a quella dell’arricchimento senza causa, poiché contrastante con il principio generale della giustificazione causale degli spostamenti di ricchezza. Al di fuori di tale contesto, l’obbligazione naturale non viene in rilievo sul piano giuridico, inducendo la giurisprudenza e la dottrina prevalente unanimemente a disconoscere la natura giuridica dell’obbligazione naturale ed a disapplicare la disciplina codicistica in materia di obbligazioni, in quanto non è civile quella obbligazione il cui vincolo non sia coercibile.

Novazione dell’obbligazione naturale: orientamenti a confronto.

Le argomentazioni giuridiche sin qui dedotte rappresentano le motivazioni addotte da quella tesi, che sulla questione relativa all’ammissibilità dell’estinzione per novazione delle obbligazioni naturali fornisce rigidamente una risposta negativa.

Pertanto, non intendendosi fermare alla negazione della natura giuridica delle obbligazioni in oggetto ed alla incomunicabilità della disciplina del codice civile in punto di obbligazioni in generale, cui devono certamente essere ricomprese le disposizioni in tema di novazione, è necessario approfondire la questione analizzando il dato positivo.

L’istituto della novazione è disciplinato agli artt. 1230 ss. c.c., dalla lettura dei quali si acquisisce la distinzione tra la novazione soggettiva e la novazione oggettiva, a seconda del profilo del rapporto obbligatorio su cui incide l’accordo e l’animus novandi delle parti. Posto che lo spazio applicativo riservato nella prassi all’istituto della novazione soggettiva sia oramai marginale, in ragione della vigenza del principio della trasferibilità delle obbligazioni e della sovrapposizione dell’istituto in questione a quelli della delega, dell’accollo e dell’espromissione, la questione su cui è incentrato il dibattito giuridico in commento attiene, dunque, le sole vicende di novazione oggettiva del rapporto obbligatorio.

La giurisprudenza, più precisamente, si è chiesta se fosse possibile novare un’obbligazione naturale, affinché dall’estinzione della medesima si costituisca una nuova obbligazione, questa volta, giuridicamente rilevante, che consenta indirettamente, attraverso la modifica della prestazione dovuta, di garantire l’osservanza, per mezzo degli strumenti di tutela apprestati dal codice civile, del dovere morale o sociale in forza del quale il soggetto ha adempiuto la prestazione originaria.

Secondo una parte autorevole della dottrina[1], ciò sarebbe consentito e garantirebbe l’efficacia giuridica dell’adempimento indiretto dell’obbligazione naturale, nonché dei doveri morali ovvero sociali cui essa si ricollega. A tal proposito, si fa riferimento all’ipotesi in cui, sostituendo l’oggetto della prestazione dovuta, viene consentito l’adempimento del debito di gioco.

A tale approccio, si contrappone l’orientamento consolidato e prevalente di quella parte della giurisprudenza e della dottrina[2], che, partendo dal dato positivo della norma di cui all’art. 2034 c.c., nega ogni possibilità di novazione di un’obbligazione naturale. A sostegno di questa tesi, viene ricondotto il requisito imprescindibile su cui si poggia l’istituto in generale della novazione: la preesistenza dell’obbligazione da novare.

Infatti, affinché si determini l’effetto estintivo e costitutivo tipici della novazione, è necessario che l’obbligazione da estinguere preesista sul piano giuridico. L’obbligazione naturale, come già detto nel corso della presente argomentazione, non è ritenuta un’obbligazione civile, giuridicamente rilevante e, dunque, esistente.

Al più, infatti, la giurisprudenza ritiene che l’articolo in commento non disciplini una tipologia “peculiare” di obbligazione, bensì un effetto giuridico che deve essere ricondotto ad un negozio giuridico unilaterale posto in essere da quel soggetto che, adempiendo la prestazione spontaneamente, in osservanza di un dovere morale o sociale, produca un vantaggio giuridico-patrimoniale nella sfera altrui. Quello della soluti retentio, dunque non sarebbe l’unico profilo giuridicamente rilevante della categoria delle obbligazioni naturali, bensì l’effetto giuridico riconducibile ad uno schema negoziale.

Tesi mediana: no alla novazione, sì al contratto come strumento di giuridicizzazione dei doveri morali e sociali.

A far luce su quello che appare essere un contrasto indissolubile è una tesi, emersa di recente, che, in maniera più ragionevole e condivisibile, muovendo da argomentazioni giuridiche differenti, finisce con il consentire di rendere coercibile l’adempimento di un dovere morale o sociale, percorrendo però una strada differente da quella della novazione.

L’emersione sul piano giuridico dell’adempimento di una prestazione per scopi di dovere sociale ovvero morale, secondo questa tesi, potrebbe essere, parimenti, ottenuta attraverso la sua contrattualizzazione.

Le parti, più precisamente, dovrebbero stipulare, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1321 c.c., un accordo attraverso cui l’una si vincola all’adempimento di una prestazione di siffatta tipologia nei confronti ed a vantaggio dell’altra. Due, certamente, sono i limiti cui una siffatta operazione si espone e da cui non si può prescindere.

È necessario, affinché il contratto possa validamente perfezionarsi, che la prestazione dedotta in contratto sia suscettibile di valutazione economica, in quanto la lettera della norma di cui al sopracitato art. 1321 c.c. richiede che il contenuto dell’accordo abbia carattere patrimoniale.

Sulla valutazione economica della prestazione deducibile in contratto, peraltro, si rammenta l’oramai consolidato approdo giurisprudenziale, che trova concorde anche la dottrina, secondo cui la prestazione è patrimoniale ogni qualvolta in cui essa abbia un valore economico in sé e tutte le volte in cui, altresì, le parti vi attribuiscano un apprezzamento economico personale.

In secondo luogo, infine, laddove le parti addivengano ad uno schema negoziale atipico, l’interesse delle parti deve superare il vaglio di meritevolezza di cui all’art. 1322, co. 2, c.c., essendo necessario che il regolamento contrattuale tragga fonte e legittimazione in una causa giusta e compatibile con i principi sanciti dall’ordinamento giuridico.

Tale tesi condivide taluni profili di entrambi i suesposti orientamenti. Pur muovendo dalla convinzione dell’impossibilità di novare un’obbligazione naturale, in quanto si tratterebbe un contratto nullo per difetto di causa, condivide l’esigenza di rendere coercibile in taluni casi l’adempimento di prestazioni protese all’osservanza di doveri morali ovvero sociali, a ciò offrendo il rimedio della deduzione della prestazione in contratto.

Il dato positivo conferma la tesi della facoltà di giuridicizzazione per contratto dei doveri morali e sociali ad opera delle parti.

La fondatezza giuridica e l’ammissibilità di quest’ultimo assunto sono state confermate dal Legislatore della L. 76 del 2016, nota come Legge Cirinnà, che nel disciplinare le unioni civili e le convivenze di fatto, disciplina il contratto di convivenza, in seno al quale il convivente economicamente più forte può assumere il vincolo di mantenimento nei confronti dell’altro convivente economicamente più debole. Con tale previsione normativa è stata, quindi, prevista e legittimata a tutti gli effetti la facoltà di dedurre obbligazioni naturali di mantenimento e di contribuzione nei confronti del convivente economicamente più debole in un contratto atipico di cd. “convivenza”, affinché siffatto vincolo possa assumere rilevanza giuridica ed essere, dunque, coercibile, onde garantire l’osservanza dei doveri di assistenza morale e materiale che vengono assunti anche in costanza di una stabile e consolidata convivenza more uxorio. Sebbene la convivenza rappresenti sul piano giuridico una situazione di fatto, cui la legge di regola non ricollega diritti e/o doveri giuridici, attraverso tale previsione viene consentito ai conviventi more uxorio, laddove interessati, di definire gli aspetti economico-patrimoniali del rapporto, assumendo in tal sede diritti e doveri, non più assunti in forza di un senso di rispetto o di dovere morale nei confronti del proprio patner, ma giuridicamente rilevanti e, dunque, vincolanti.

Alla luce delle possibilità offerte con la predetta legge Cirinnà, in giurisprudenza e dottrina è stato confermato il principio di valenza generale della giuridicizzazione mediante la stipulazione di un contratto delle prestazioni adempiute in forza di doveri morali e sociali, al fine di garantire coercizione e tutela a doveri ex se giuridicamente non rilevanti, benché tali effetti siano rimessi alla volontà delle parti del rapporto.

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Note

[1] Oppo.

[2] Schlesinger, Pellegrini.

Federica Romanazzi

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