Legge europea 2013, riscritti i criteri di computo dei lavoratori a tempo determinato ai fini dell’applicazione della L. 300/1970

Redazione 22/08/13
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Lilla Laperuta

L’articolo 12 della  L. 6 agosto 2013, n. 97, Legge europea 2013, in vigore dal prossimo 4 settembre, al fine di recepire correttamente la direttiva 1999/70/CE (sul lavoro a tempo determinato), sostituisce l’articolo 8 del D.Lgs. 368 del 2001. La modifica è finalizzata ad espungere la disposizione, attualmente vigente, la quale prevede che i lavoratori con contratto a tempo determinato sono computabili soltanto nel caso in cui il contratto abbia durata superiore a nove mesi.

Sul punto, si ricorda, la Commissione europea, nel gennaio 2013, aveva  chiesto all’Italia di applicare appieno la direttiva appena richiamata, direttiva che obbliga tutti gli Stati membri a porre in atto l’accordo quadro sottoscritto dalle organizzazioni europee che rappresentano sindacati e datori di lavoro, in cui si delineano i principi generali e i requisiti minimi applicabili ai lavoratori con contratto a tempo determinato.

In particolare, il documento contiene una disposizione che impone di prendere in considerazione i lavoratori con contratto a tempo determinato in sede di calcolo della soglia a partire dalla quale, ai sensi delle disposizioni nazionali, devono costituirsi gli organi di rappresentanza dei lavoratori. L’ordinamento nazionale viola i requisiti della direttiva poiché tiene conto solo dei contratti a tempo determinato superiori a nove mesi ai fini di tale calcolo. Ciò significa che i lavoratori con contratto di durata inferiore a nove mesi non vengono conteggiati all’atto di valutare se un’impresa sia sufficientemente grande per essere tenuta a istituire organi di rappresentanza dei lavoratori.

Pertanto, in base alla nuova formulazione dell’articolo 8 succitato, tutti i lavoratori a tempo determinato verranno computati, pro rata temporis, ai fini delle soglie occupazionali contemplate dall’articolo 35 dello statuto dei lavoratori di cui alla L. 300/1970. Viene previsto, infatti, il criterio di computo che si basa sul «numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro».

Contestualmente, al fine di recepire correttamente la direttiva 2002/14/CE, si provvede a riformulare il testo dell’articolo 3, comma 2, del D.Lgs. 25 del 2007, sopprimendo il secondo ed il terzo periodo ed eliminando, così, la previsione che i lavoratori occupati con contratto a tempo determinato sono computabili soltanto nel caso in cui il contratto abbia durata superiore ai nove mesi. Per effetto dell’intervento di allineamento alle disposizioni europee, dunque, sia i lavoratori con contratto a tempo indeterminato (come è già previsto dalla norma attualmente in vigore), che quelli con contratto a tempo determinato (qualunque sia la durata del contratto) verranno computati in base al criterio del numero medio mensile dei lavoratori impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro.

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