Le Sezioni Unite sul principio della bilateralità degli effetti della notificazione della sentenza

Redazione 16/05/19
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di Martina Mazzei

Sommario

1. Il caso

2. I profili ontologici e funzionali del termine lungo e del termine breve di impugnazione

3. Il principio della bilateralità degli effetti della notificazione della sentenza e il contrasto giurisprudenziale sulla decorrenza del dies a quo per il notificante

4. La soluzione delle Sezioni Unite: la sentenza 4 marzo 2019 n. 6278

1. Il caso

Il proprietario di un fondo esercitava l’azione di manutenzione nei confronti del proprietario del fondo confinante, chiedendo che gli fosse inibita la costruzione di un muro posto a distanza illegale dal confine dei rispettivi fondi e che venisse ordinata la demolizione delle opere già edificate.

Il Tribunale di Salerno, in parziale accoglimento della domanda attorea, condannava la parte resistente a ridurre ad un’altezza non superiore ai tre metri – come disposto dall’art. 878 c.c. – il muro edificato al confine con la proprietà del ricorrente.

L’attore, quindi, ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione, notificava al convenuto la sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 285 c.p.c. e, successivamente proponeva appello lamentando che il Tribunale, pur avendolo presupposto nella motivazione, non aveva ordinato la demolizione del terrapieno realizzato dal confinante sul proprio fondo a distanza non legale. Parte resistente eccepiva la tardività dell’appello in quanto l’atto di gravame era stato notificato oltre il termine di trenta giorni di cui all’art. 325 c.p.c. ricorrendo, infatti, tale termine dalla data nella quale l’attore aveva consegnato all’ufficiale giudiziario la sentenza di primo grado ai fini della notifica ex art. 285 c.p.c.

La Corte d’appello di Salerno rigettava l’eccezione di inammissibilità del gravame ed accoglieva l’impugnazione riformando la sentenza di primo grado secondo la prospettazione dell’appellante. La Corte territoriale riteneva, in particolare, tempestivo l’appello dell’attore sul rilievo che il principio secondo il quale la notificazione della sentenza determina il decorso del termine breve per l’impugnazione anche per il notificante (c.d. efficacia bilaterale della sentenza) deve essere inteso nel senso che la decorrenza del termine a carico del predetto inizia soltanto dal momento in cui la notificazione si è perfezionata nei riguardi del destinatario non potendo operare la regola della scissione soggettiva degli effetti della notificazione.

Avverso il predetto provvedimento la parte soccombente proponeva ricorso per cassazione rilevando che il principio enunciato dai giudici d’appello si poneva in contrasto sia col principio per cui il termine breve per l’impugnazione decorre dal momento in cui si ha conoscenza legale del provvedimento da impugnare sia col principio fissato dall’art. 149 c.p.c. secondo cui la notifica si perfeziona, per il notificante, con la consegna del plico all’ufficiale giudiziario.

La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria del 3 maggio 2018, n. 10507, rilevata l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale sul punto, ha rimesso la questione al Primo Presidente per l’assegnazione della causa alle Sezioni Unite.

Le Sezioni Unite, chiamate a risolvere la seguente questione di diritto: «se, in tema di notificazione della sentenza ai sensi dell’art. 326 c.p.c., il termine di impugnazione di cui al precedente art. 325 decorra, per il notificante, dalla data di consegna della sentenza all’ufficiale giudiziario ovvero dalla data di perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario», con la sentenza n. 6278 del 4 marzo 2019 le SS.UU., componendo il contrasto giurisprudenziale, hanno risolto la questione relativa all’individuazione del dies a quo del termine breve per l’impugnazione nei confronti della parte che procede alla notificazione della sentenza.

2. I profili ontologici e funzionali del termine lungo e del termine breve di impugnazione

Prima di analizzare il contrasto giurisprudenziale e la soluzione apportata dalla Suprema Corte nella sua massima composizione occorre fare qualche premessa sul profilo ontologico e funzionale del termine di impugnazione.

Il codificatore processuale del 1940, accanto a talune fattispecie particolari in cui ha stabilito termini di impugnazione c.d. mobili (la cui decorrenza è ancorata a un momento non prestabilito[1] oppure alla data di comunicazione della sentenza[2]), ha previsto, in via generale, per tutte le altre impugnazioni, due termini per impugnare: un termine c.d. breve (artt. 325 e 326 c.p.c.), che costituisce eredità del codice previgente, la cui decorrenza è rimessa alla iniziativa delle parti, ed un termine c.d. lungo (art. 327 c.p.c.), la cui decorrenza è, invece, indipendente dall’iniziativa dei contendenti.

La previsione di un termine di impugnazione indipendente dalla iniziativa delle parti è espressione della visione pubblicistica del fenomeno processuale che ha ispirato il vigente codice e manifesta l’interesse dello Stato a non lasciare indefinitivamente pendenti le cause e ad assicurare, invece, la sollecita formazione del giudicato e, quindi, la certezza dei rapporti giuridici.

Il termine lungo di impugnazione, previsto dall’art. 327 c.p.c., decorre dalla venuta ad «esistenza giuridica» della sentenza ossia con la sua pubblicazione mediante il deposito nella cancelleria (art. 133 c.p.c.). Tale adempimento rende, infatti, la sentenza conoscibile dalle parti (si parla di conoscenza legale) essendo loro onere informarsi tempestivamente della decisione che le riguarda mediante l’uso della ordinaria diligenza.

Il termine lungo in questione (di durata annuale, secondo l’originario testo dell’art. 327 c.p.c.) decorre dalla pubblicazione della sentenza indipendentemente dal rispetto, da parte della cancelleria, degli obblighi di comunicazione alle parti[3] e vale anche nei confronti delle parti contumaci qualora non ricorrano le condizioni ostative di cui all’art. 327 c.p.c., comma 2.[4] Esso opera, peraltro, anche per le impugnazioni in cui il dies a quo venga fatto normalmente decorrere dalla comunicazione del provvedimento ove questa sia mancata.[5]

L’esigenza pubblicistica di accelerare la formazione del giudicato – posta a fondamento della previsione codicistica di un termine lungo di impugnazione automaticamente decorrente nei confronti di tutte le parti per il mero fatto della pubblicazione della sentenza – trova ora nuovo fondamento nel principio costituzionale della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost. (come modificato dalla Legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2) ed è stata una delle ragioni ispiratrici della riforma del rito civile introdotta con Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Tale novella, da un lato, ha modificato l’art. 327 c.p.c., dimezzando l’originario termine lungo annuale di impugnazione e, dall’altro, ha previsto, in seno al procedimento sommario di cognizione, la decorrenza officiosa (svincolata, cioè, da un’attività notificatoria su impulso di parte) del termine breve per proporre appello (trenta giorni) dalla comunicazione a cura della cancelleria dell’ordinanza decisoria (art. 702 quater) che, ove non appellata entro detto termine, passa in giudicato.

Con l’introduzione dell’art. 348-ter (ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito con L. 7 agosto 2012, n. 134) è stata poi prevista anche la decorrenza officiosa del termine breve (sessanta giorni) per proporre ricorso per cassazione, dipendente analogamente a quanto previsto dall’art. 702 quater, dalla comunicazione, a cura della cancelleria, dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità dell’appello ai sensi del precedente art. 348 bis c.p.c.

Tuttavia, accanto alla previsione di un termine lungo di impugnazione o, in talune ipotesi, di termini brevi decorrenti officiosamente, nel sistema processuale permane il tradizionale istituto, di natura privatistica, della notificazione della sentenza a cura della parte interessata ai fini della decorrenza di un termine breve di impugnazione (artt. 325 e 326 c.p.c.).

Si tratta di un istituto che attribuisce alla parte un vero e proprio diritto potestativo[6] di natura processuale cui corrisponde una soggezione dell’altra parte. Attraverso la notificazione della sentenza, infatti, la parte ha il potere di operare un mutamento della situazione giuridica dell’altra parte (che diviene soggetto passivo dell’attività processuale altrui), assoggettandola, secondo una scelta di convenienza, ad un termine di impugnazione più breve di quello altrimenti previsto.

In altre parole, la parte ha il potere, mediante la notificazione della sentenza eseguita nelle forme prescritte dagli artt. 170 e 285 c.p.c., di circoscrivere, in funzione sollecitatoria e acceleratoria, l’esercizio del potere di impugnazione dell’altra parte (destinataria della notifica) entro il termine breve previsto dall’art. 325 c.p.c.

Tale accelerazione del termine per impugnare è condizionata al fatto che la notificazione della sentenza sia effettuata al procuratore costituito della controparte, secondo la previsione degli artt. 285 e 170 c.p.c., ovvero ad un soggetto professionalmente qualificato in grado di assumere, nel minor tempo concesso dall’art. 325 c.p.c., le più opportune decisioni in ordine all’eventuale esercizio del potere impugnazione.

E ciò spiega perché la giurisprudenza della Suprema Corte abbia assimilato alla notifica della sentenza al procuratore costituito la notifica della sentenza alla parte presso il procuratore costituito ma non la notifica della sentenza eseguita alla parte personalmente, ritenendo tale ultima notifica inidonea a far decorrere il termine breve di impugnazione.[7]

È’ opportuno sottolineare che la decorrenza del termine breve non è correlata alla conoscenza legale della sentenza, già esistente per il mero fatto della sua pubblicazione, nè alla conoscenza effettiva della stessa, quale può essere derivata dalla comunicazione della sentenza da parte della cancelleria o dalla richiesta di copia effettuata dalla parte o dalla notificazione della sentenza ai fini esecutivi nei modi stabiliti dall’art. 479 c.p.c.[8]

La decorrenza del termine breve, infatti, è ricondotta dalla legge al sollecito indirizzato da una parte all’altra per una decisione rapida cioè entro il termine breve previsto dalla legge in ordine all’eventuale esercizio del potere di impugnare. Tale sollecito, come si è detto, è veicolabile solo mediante il paradigma procedimentale tipico previsto dalla legge quale unico modulo in grado di garantire il diritto di difesa ai fini impugnatori ossia la notificazione della sentenza al procuratore costituito, ai sensi degli artt. 285, 326 e 170 c.p.c.[9]

Dottrina e giurisprudenza sono, poi, concordi nel ritenere che la notificazione della sentenza eseguita ai sensi dell’art. 285 c.p.c. ha efficacia bilaterale[10] nel senso che il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c. decorre non solo nei confronti del destinatario della notificazione ma anche nei confronti del notificante (ovviamente nel caso in cui sia soccombente su un capo della sentenza) il quale, pertanto, subisce gli effetti dell’attività sollecitatoria che ha imposto all’altra parte.[11]

1 Così per la revocazione straordinaria ai sensi dell’art. 395 c.p.c., nn. 1, 2, 3 e 6, e dell’art. 397 c.p.c.; nonché per l’opposizione di terzo revocatoria di cui all’art. 404 c.p.c., comma 2.

2 Così per il regolamento di competenza ai sensi dell’art. 47 c.p.c., comma 2; e per l’impugnazione del pubblico ministero ai sensi dell’art. 72 c.p.c.

3 Cfr. da ultimo Cass. civ., sez. V, 8 marzo 2017, n. 5946; Cass. civ. sez. VI, 29 luglio 2010, n. 17704. V. anche Corte Cost. sent. n. 297 del 2008, che ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 327 c.p.c., comma 1, in riferimento all’art. 24 Cost nonché Corte Cost., sent. n. 584 del 1990.

4 Cfr. Cass., SS.UU. civ., 05 febbraio 1999, n. 26.

5 Come avviene nei casi di regolamento di competenza, di appello ex art. 702 quater, avverso l’ordinanza decisoria che ha definito il procedimento sommario o di ricorso per cassazione per saltum nel caso di cui all’art. 348 ter c.p.c.

6 In dottrina cfr. F. AMATO, Termine breve di impugnazione e bilateralità della notificazione della sentenza nel processo con due sole parti, in Riv. dir. proc., 1985, 330 ss.

7 Cfr. Cass. civ. sez. V 5 ottobre 2016, n. 19876; Cass. Civ. sez. III, 13 agosto 2015, n. 16804; Cass. civ. sez. III, 1° giugno 2010, n. 13428; Cass. civ. sez. lav, 27 aprile 2010, n. 10026; Cass. civ. sez. lav, 27 gennaio 2001, n. 1152.

8 Cfr. Cass. SS.UU. civ., 9 giugno 2006, n. 13431.

9 Cfr. Cass. SS.UU. civ.. 13 giugno 2011, n. 12898 con nota di BECHIS, Nota in tema di notificazione della sentenza esecutiva, in Giur. It., 2012, 7, 1647.

10 A favore della bilateralità in dottrina cfr.: A. PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 1994, 500; S. SATTA-C. PUNZI, Diritto processuale civile, Padova, 1992, 462, nt. 24. Rifiutano, invece, la tesi della bilateralità degli effetti della notificazione: A. CERINO CANOVA, Sulla soggezione del notificante al termine breve di gravame, in Riv. dir. proc., 1982, 624 ss., e, di recente, R. POLI, Sugli equipollenti della notificazione della sentenza ai fini della decorrenza del termine di impugnazione, in Riv. dir. proc., 2018, 78 ss.

11 Cfr. Cass. SS.UU. civ. 19 novembre 2007, n. 23829; Cass. civ. sez. II, 12 giugno 2007, n. 13732; e, da ultimo, Cass. civ. sez. III, 6 marzo 2018, n. 5177.

3. Il principio della bilateralità degli effetti della notificazione della sentenza e il contrasto giurisprudenziale sulla decorrenza del dies a quo per il notificante

Ed è proprio su questo punto che si innesca il contrasto sincronico nella giurisprudenza di legittimità in relazione al quale è stato invocato un intervento nomofilattico risolutivo da parte delle Sezioni Unite. A queste ultime, in sostanzia, è stato chiesto di stabilire se il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione operi anche con riferimento alla notificazione della sentenza ai fini del decorso del termine breve di impugnazione e se, quindi, la notifica della sentenza eseguita ex art. 285 c.p.c. abbia efficacia bilaterale “sincronica” nel senso che il termine di impugnazione decorra da un unico momento sia per il notificante che per il destinatario della notifica ovvero “diacronica” nel senso che il termine di impugnazione decorra da momenti diversi.

L’ordinanza interlocutoria con la quale era stata rimessa la questione alle Sezioni Unite aveva rilevato, sul punto, l’esistenza di due contrapposti orientamenti in ordine alla individuazione, per il notificante, del dies a quo del termine breve per impugnare.

Un primo orientamento, di cui è espressione la sentenza n. 883 del 17 gennaio 2014[12], individua individua il dies a quo del termine breve nel momento in cui il notificante consegna all’ufficiale giudiziario la sentenza o l’atto di impugnazione da notificare essendo detta consegna un fatto idoneo a provare in modo certo, e con data certa, la conoscenza della sentenza da parte dell’impugnante, in applicazione analogica del principio di cui all’art. 2704 c.c., comma 1, ultimo periodo.

Un secondo orientamento, nel quale si iscrive la sentenza n. 9258 del 7 maggio 2015[13], afferma, invece, che la bilateralità degli effetti della notifica della sentenza per il notificante e per il destinatario implica contestualità degli effetti e, quindi, decorrenza del termine breve dalla medesima data.

Secondo il Collegio rimettente, inoltre, i due orientamenti sono insuscettibili di essere ricondotti ad unità e, in via di principio, sono entrambi sostenibili. Il riferimento alla notificazione da parte dell’art. 326 c.p.c., ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare, infatti, potrebbe essere correlato sia al principio della “presunzione di conoscenza” della sentenza che incombe su tutte le parti coinvolte nel procedimento di notifica sia al principio, di creazione dottrinale, dell’effetto bilaterale della notifica che presuppone, invece, il completamento del procedimento di notificazione.

12 La sentenza Cass. civ. sez. III, 17 gennaio 2014, n. 883 richiama in senso conforme Cass. civ. sez. II, 23 luglio 2007, n. 16207; Cass. civ. sez. III, 27 ottobre 2005, n. 20912; Cass. civ. sez. III, 20 ottobre 2004, n. 20547; Cass. civ. sez. lav. 23 gennaio 1998, n. 643; Cass. civ. sez. I, 29 novembre 1994, n. 10177.

13 La sentenza Cass. civ. sez. VI-3, 7 maggio 2015, n. 9258 richiama in senso conforme Cass. civ. sez. III, 14 luglio 2004, n. 13065; Cass. SS.UU. civ. 13 gennaio 2005, n. 458, Cass. SS.UU. civ. 6 novembre 2014, n. 23675.

4. La soluzione delle Sezioni Unite: la sentenza 4 marzo 2019 n. 6278

Le Sezioni Unite, aderendo al più recente indirizzo ermeneutico, hanno risolto il contrasto interpretativo ritenendo che, ai fini del decorso del termine breve di impugnazione, non possa trovare applicazione il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione e che vada, di contro, affermata l’efficacia bilaterale “sincronica” della notifica della sentenza e l’unicità (o comunanza) del termine per impugnare nel senso che quest’ultimo decorre per entrambe le parti dalla medesima data.

Innanzitutto è stesso tenore letterale della norma di riferimento, l’art. 326 c.p.c.comma 1,[14] che collega la decorrenza del termine breve di impugnazione alla “notificazione della sentenza” ossia all’evento della notificazione considerato oggettivamente senza distinguere tra la posizione del notificante e quella del destinatario della notifica.

Infatti, ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare, la citata disposizione normativa richiede che il procedimento notificatorio si sia perfezionato nel suo complesso[15] e, poichè il momento perfezionativo del procedimento in questione va individuato nella consegna dell’atto notificando al destinatario o a chi sia abilitato a riceverlo[16], prima del compimento di tale attività non si ha notificazione e, dunque, non può decorrere il termine per impugnare, neppure per il notificante.

La decorrenza unica del termine di impugnazione – tanto per la parte che effettua la notifica della sentenza quanto per quella che la riceve – trova poi ulteriore fondamento nell’impossibilità di applicare, in questo particolare ambito della materia notificatoria, il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione enucleato dalla Corte costituzionale che, con la sentenza n. 477 del 2002, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., del combinato disposto dell’art. 149 c.p.c., e della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 4, comma 3, «nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anzichè a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario».

La Consulta, infatti, ha ritenuto palesemente irragionevole, oltre che lesiva del diritto di difesa, l’esposizione incolpevole del notificante al rischio di decadenze per gli eventuali ritardi dell’ufficiale giudiziario o per i possibili disservizi postali e, conseguentemente, ha escluso che un effetto di decadenza possa discendere per il notificante dal ritardo nel compimento di un’attività riferibile a soggetti da lui diversi (l’ufficiale giudiziario o l’agente postale) e, quindi, del tutto estranea alla sua sfera di disponibilità.

La stessa ha affermato, perciò, che gli effetti della notificazione a mezzo posta devono essere ricollegati, per quanto riguarda il notificante, al compimento delle sole attività a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario restando fermo, per il destinatario, il principio del perfezionamento della notificazione solo alla data di ricezione dell’atto, attestata dall’avviso di ricevimento, con conseguente decorrenza solo da quella data di qualsiasi termine imposto al destinatario medesimo.

Sebbene la pronuncia della Corte Costituzionale fosse riferita espressamente soltanto alle notificazioni eseguite a mezzo posta ai sensi dell’art. 149 c.p.c., (disposizione sulla quale è poi intervenuto il legislatore con la L. 28 dicembre 2005, n. 263, aggiungendovi un comma che ha recepito il dettato della richiamata pronuncia), i successivi interventi del giudice delle leggi hanno affermato la portata generale del suddetto principio e la sua applicazione ad ogni fattispecie di notificazione.[17]

Pertanto l’introduzione nel sistema processuale del principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione ha trovato la sua ratio nella esigenza di tutelare il soggetto notificante e di sottrarlo al rischio di decadenze da facoltà processuali a lui non imputabili.

Il principio in parola, perciò, presuppone logicamente la previsione di un termine perentorio a carico del notificante per l’esercizio di poteri processuali e la necessità di evitare che egli possa incorrere in decadenza qualora, entro il detto termine, abbia posto in essere tutte le attività che gli competono.[18]

Questa ratio non può evidentemente operare con riferimento alla notificazione della sentenza su iniziativa della parte. Infatti, nel momento in cui la parte provvede alla notificazione della sentenza allo scopo di far decorrere il termine breve di impugnazione non è più soggetta a suddetto termine breve ma lo sarà solo dopo che il procedimento di notificazione potrà dirsi perfezionato. Il perfezionamento della notifica rileva, quindi, non già per verificare il rispetto di un termine perentorio pendente ma per far decorrere un termine dapprima inesistente.

In altre parole, la notificazione della sentenza serve al notificante non per evitare decadenze processuali ma per abbreviare il tempo della formazione del giudicato.

E allora, se si facesse operare il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare, la parte notificante non solo non ne trarrebbe un effetto favorevole (nel senso che non eviterebbe alcuna decadenza) ma addirittura ne subirebbe un pregiudizio perché per essa il termine breve decorrerebbe e, di riflesso, maturerebbe, prima rispetto a quanto in proposito previsto per il destinatario della notifica.

Sarebbe evidente, quindi, il sovvertimento del principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione che, concepito a tutela e a favore del notificante in quanto finalizzato a salvaguardarlo da decadenze incolpevoli, così facendo si trasformerebbe «in un congegno a svantaggio e a carico del notificante medesimo inteso a creare nuove decadenze al di fuori dei casi previsti dalla legge».

E’ per tale ragione, d’altra parte, che la Suprema Corte ha più volte affermato come debba escludersi che il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione possa comportare, per il notificante, l’anticipazione del dies a quo del termine di costituzione dell’attore trattandosi di effetto a lui pregiudizievole.[19]

Poste queste premesse le Sezioni Unite confutano gli argomenti della citata pronuncia del 2014 secondo cui il dies a quo del termine breve per impugnare decorrerebbe, per il notificante, dalla data in cui egli consegna l’atto (la sentenza o l’equipollente atto di impugnazione) all’ufficiale giudiziario, in quanto tale consegna costituirebbe, in applicazione analogica dell’art. 2704 c.c., comma 1, ultimo periodo, un fatto che stabilisce in modo certo la conoscenza della sentenza.

Secondo le Sezioni Unite, innanzitutto, non può farsi discendere dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario la conoscenza della sentenza in quanto la stessa è già legalmente nota alle parti. La decorrenza del termine breve di impugnazione, infatti, trova la sua ragion d’essere non nell’acquisizione della conoscenza della sentenza, essendo quest’ultima già legalmente nota alle parti per il semplice fatto della sua pubblicazione, ma nel sollecito indirizzato da una parte all’altra per una più rapida decisione in ordine all’eventuale esercizio del potere di impugnare.

In secondo luogo la Suprema Corte nella sua massima composizione rileva che non sussistono neppure i presupposti per procedere all’applicazione analogica dell’art. 2704 c.c., comma 1, ultimo periodo. Manca, infatti, la lacuna normativa che legittima il ricorso all’analogia, perchè la materia dei termini di impugnazione è compiutamente disciplinata dalle disposizioni codicistiche ed ogni possibile fattispecie trova in esse regolamentazione anche grazie alla interpretazione logico-sistematica e a quella estensiva. E difetta, parimenti, l’eadem ratio legis necessaria a legittimare il ricorso alla analogia: l’art. 2704 c.c., opera, infatti, nel campo dei rapporti giuridici sostanziali e regola la materia della opponibilità ai terzi della data della scrittura privata non autenticata mentre il decorso del termine per impugnare attiene al rapporto processuale e non riguarda i soggetti terzi ma le parti del giudizio.

Peraltro, secondo la Corte, ove si aderisse alla tesi affermata dal citato arresto giurisprudenziale, si introdurrebbe una decadenza da un diritto processuale ricavata in via analogica di per sè incompatibile con il principio di tassatività che informa la disciplina dei termini perentori.

Per tali ragioni l’applicazione analogica dell’art. 2704 c.c., comma 1 ultimo periodo, non è consentita in questa materia e non può costituire un argomento valido a sostegno della tesi secondo cui il termine breve di impugnazione decorrerebbe, per il notificante, dalla consegna della notificanda sentenza all’ufficiale giudiziario.

Infine, secondo le Sezioni Unite, una diversificazione della decorrenza del termine breve per impugnare, tra notificante e destinatario della notificazione della sentenza, condurrebbe ad un assetto irrazionale del sistema delle impugnazioni.

L’unicità del decorso del termine di impugnazione tutela, infatti, l’equilibrio e la parità processuale fra le parti e garantisce, al contempo, la certezza dei rapporti giuridici, in quanto il giudicato si forma contemporaneamente nei confronti di tutte le parti.

Al contrario, la diversità del decorso del termine di impugnazione determinerebbe una sorta di disparità di trattamento nei confronti del notificante. Infatti, il notificante, ove parzialmente soccombente, vedrebbe decorrere il proprio termine breve per impugnare prima della decorrenza del medesimo termine per il destinatario della notifica e prima ancora di avere la possibilità di verificare se tale notifica si sia perfezionata. Ne deriverebbe una grave disarmonia sistematica, priva di ragioni ordinamentali giustificative.[20]

Sulla scorta delle suddette argomentazioni le Sezioni Unite rigettano il ricorso e con la sentenza in commento enunciano il seguente principio di diritto:

«In tema di notificazione della sentenza ai sensi dell’art. 326 c.p.c., il termine breve di impugnazione di cui al precedente art. 325, decorre, anche per il notificante, dalla data in cui la notifica viene eseguita nei confronti del destinatario, in quanto gli effetti del procedimento notificatorio, quale la decorrenza del termine predetto, vanno unitariamente ricollegati al suo perfezionamento e, proprio perché interni al rapporto processuale, sono necessariamente comuni ai soggetti che ne sono parti.»

14 Più in generale, sull’art.326 c.p.c. v. i commenti in CONSOLO (a cura di), Codice di procedura civile. Commentario, II, Milano, IV ed., 2018, 1155 ss.; COMIGLIO – CONSOLO – SASSANI – VACCARELLA (diretto da), Commentario del codice di procedura civile, IV, Torino, 2013, 46 ss., nonché MANDRIOLI – CARRATTA, Diritto processuale civile, Torino, 2017, II, 437 ss.; LUISO, Diritto processuale civile, Milano, 2017, II, 310; RICCI, Diritto processuale civile, Torino, 2017, II, 208 ss.

15 Cfr. Cass. civ. sez. III, 17 dicembre 2004, n. 23501.

16 Cfr. Cass., SS.UU. civ., 19 aprile 2013, n. 9535 con nota di RUSSO, In tema di notificazione dell’atto introduttivo e momento determinante la litispendenza, in Riv. Dir. Proc., 2014, 6, 1608; Cass. SS.UU. civ., 6 novembre 2014, n. 23675.

17 Cfr. Corte Cost., sent. n. 28 del 2004, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 139 e 148 c.p.c.; ord. n. 97 del 2004, che ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 140 c.p.c

18 Cfr. Cass. SS.UU. civ. 19 aprile 2013, n. 9535; Cass. SS.UU. 6 novembre 2014, n. 23675; Cass., SS.UU. civ., 13 gennaio 2005, n. 458 con nota di CAPONI, Svolta delle sezioni unite nella disciplina della notificazione ex art. 140 c.p.c ., in Foro It., 2005, I, 699. In dottrina, ex multis, DALMOTTO, La giurisprudenza costituzionale come fonte dell’odierno sistema delle notificazioni a mezzo posta, in Riv. Trim. Dir. e Proc. Civ., 2005, 223 e segg.; TURRONI, Perfezionamento della notificazione e termine per iscrivere la causa a ruolo (nota a Corte cost., 2 aprile 2004, n. 107), in Giur. It., 2005, 92; BALESTRO, La doppia personalità della notifica (nota a Corte cost., 23 gennaio 2004, n. 28), in Riv. critica dir. lavoro, 2004, 43; CAMPESE, Il principio della possibile scissione soggettiva dal momento della perfezione del procedimento notificatorio nell’evoluzione della giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di cassazione (nota a Corte cost., 23 gennaio 2004, n. 28), in Rass. Locaz. Condom., 2004, 395; CAPONI, Sul perfezionamento della notificazione nel processo civile (e su qualche disattenzione della Corte costituzionale) (ancora nota a Corte cost., 23 gennaio 2004, n. 28), in Foro It., 2004, I, 646; Id., Sul perfezionamento della notificazione e l’iscrizione della causa a ruolo (nota a Corte cost., 2 aprile 2004, n. 107), ibidem, 1321; DI IASI, Le insospettabili vie del formalismo. Dieci anni di interventi della Corte costituzionale in materia di notificazione nel processo civile, in Leggi civ. comm., 2004, 819; GLENDI, La notificazione degli atti dopo l’intervento della Corte costituzionale (nota a Corte cost., sent. 23 gennaio 2004, n. 28; Id., ord. 12 marzo 2004, n. 97; Id., sent. 24 marzo 2004, n. 107 e Id., ord. 28 aprile 2004, n. 132), in Corriere Giur., 2004, 1310; CAMPUS, Notificazioni a mezzo posta e principio di sufficienza delle «formalità che non sfuggono alla disponibilità del notificante», in Studium iuris, 2003, 685.

19 Cass. civ. sez. III, 29 gennaio 2016, n. 1662; Cass. civ. sez. I, 21 maggio 2007, n. 11783.

20 Così Cass. SS.UU. civ. 13 giugno 2011, n. 12898

Redazione

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