Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sulla ripartizione della giurisdizione in materia di opposizione agli atti esecutivi nell’esecuzione forzata tributaria

Redazione 11/06/19
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di Elena Briganti*

* Dottoressa in Giurisprudenza

Sommario

1. Breve introduzione alla questione di diritto e norme di riferimento

2. Il caso sottoposto al vaglio delle Sezioni Unite

3. La pronuncia della Cass. a Sezioni Unite n. 13913 del 05.06.2017: dibattito giurisprudenziale sotteso e soluzione offerta

4. Considerazioni conclusive

1. Breve introduzione alla questione di diritto e norme di riferimento

Come noto, la potestas iudicandi in tema di controversie riguardanti tributi, sanzioni ed interessi, di qualsiasi genere e natura, è attribuita, piuttosto che al giudice ordinario, al giudice speciale tributario: le Commissioni tributarie provinciali e regionali territorialmente competenti.

La valutazione circa la giurisdizione si fa più complessa, ed è stata oggetto di ampio dibattito, in materia di opposizione gli atti dell’esecuzione forzata aventi ad oggetto crediti di natura tributaria.

In particolare, la valutazione si complica nel momento in cui il soggetto impositore tenta di soddisfare la propria pretesa mediante lo strumento coercitivo dell’esecuzione mobiliare, immobiliare o presso terzi (promossa dinanzi al giudice ordinario competente), ed il contribuente voglia proporre relativa opposizione lamentando vizi però relativi all’attività compiuta dal soggetto impositore, prodromica rispetto alla esecuzione coattiva e che la vanno, di conseguenza, ad inficiare.

Occorrerà, a tal punto, valutare quando l’opposizione debba essere proposta dinanzi alle Commissioni tributarie e quando, al contrario, si debba far ricadere sotto la giurisdizione del giudice ordinario.

Le norme cardine a cui occorre rifarsi e sulle quali la pronuncia in commento ha fondato la propria decisione, sono fondamentalmente tre.

In primo luogo, l’art. 2 del d.lgs. 546/1992 (Codice del processo tributario), nel quale il legislatore, al primo comma, oltre a delineare i confini della materia tributaria come sopra accennato, al secondo capoverso specifica che “restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento […]”.

Poi, l’art. 19 dello stesso Codice ove, al punto 3, viene prevista una ipotesi di impugnazione congiunta dell’atto “non conosciuto” dal contribuente (che sarebbe stato autonomamente impugnabile), insieme con il successivo “atto notificato”; il tutto a tutela del diritto costituzionalmente garantito all’art. 24.

Infine, l’art. 49, comma secondo, del d.p.r. n. 602/1973 che estende al procedimento di esecuzione forzata tributaria le disposizioni previste dal Codice di procedura civile laddove non derogate dalla disciplina speciale contenuta nel medesimo d.p.r.

2. Il caso sottoposto al vaglio delle Sezioni Unite

La questione alla base della sentenza in commento (Cass. civ. n. 13913/2017), riguardava l’impugnazione dell’atto di pignoramento presso terzi ai danni di una società di persone, avente ad oggetto crediti di natura tributaria e non.

La società esecutata adiva, mediante ricorso, la Commissione tributaria provinciale territorialmente competente, lamentando, tra i motivi di impugnazione, l’omessa previa notificazione dei titoli esecutivi posti alla base del suddetto pignoramento.

Riferiva, pertanto, di non essere stata edotta della propria esposizione debitoria sino al momento della notificazione dell’atto esecutivo.

La Commissione adita, aderendo appieno alle difese opposte dall’Agente della riscossione, rilevava il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario, sulla base sia della natura dell’atto impugnato (atto dell’esecuzione forzata), sia della natura, in parte non tributaria, dei crediti azionati[1].

La società proponeva così appello, avverso tale pronuncia, dinanzi alla Commissione tributaria regionale territorialmente competente, che, in accoglimento delle doglianze lamentate con l’atto di gravame, riteneva sussistente la giurisdizione del giudice tributario e, per l’effetto, rimetteva la questione ad altra sezione della Commissione tributaria provinciale competente, ai sensi dell’art. 59 del Codice del processo tributario[2].

Avverso tale pronuncia, l’Agente della riscossione proponeva ricorso per Cassazione, lamentando in uno dei due motivi del ricorso, la violazione dell’art. 2 del Codice del processo tributario sopra menzionato, con riferimento all’esatta individuazione del giudice al quale doveva devolversi la cognizione circa l’opposizione avverso un atto di pignoramento per crediti di natura tributaria, basata sulla dedotta mancata o invalida previa notificazione della relativa e prodromica cartella di pagamento[3].

[1] C.T.P. Bari, n. 161/11/13.

[2] C.T.R. Puglia, n. 1194/05/15 depositata in data 26.05.2015. Nello specifico, la Commissione, nel decidere l’appello osservava innanzitutto che, nella sostanza, la questione riguardava l’efficacia del titolo esecutivo azionato col pignoramento. Stante la mancata notificazione della cartella, in questo caso, il pignoramento era, sostanzialmente, il primo atto con cui la società veniva a conoscenza della pretesa tributaria. Pertanto, il controllo giudiziale coincideva, in effetti, nel controllo delle cartelle di pagamento, che devono considerarsi a tutti gli effetti atti di riscossione e non atti di esecuzione sottoposti al vaglio del giudice ordinario.

[3] O comunque di altro atto che deve precedere l’inizio dell’espropriazione.

3. La pronuncia della Cass. a Sezioni Unite n. 13913 del 05.06.2017: dibattito giurisprudenziale sotteso e soluzione offerta

La Corte di legittimità, nell’articolare il quadro normativo di riferimento, evidenzia la presenza di due orientamenti interpretativi contrapposti sul tema.

Secondo un primo orientamento[4], visto quanto disposto dall’art. 57 del d.p.r. n. 602/1973[5] e dagli artt. 9 e 617 c.p.c., non rilevando la tipologia di vizio dedotto, la giurisdizione spetterebbe al giudice ordinario ogni qualvolta venga impugnato un atto relativo all’esecuzione forzata tributaria successivo alla notificazione della cartella di pagamento. Quindi, si dovrebbe fare riferimento al giudice ordinario per tutti quegli atti che presuppongono l’esistenza di una cartella di pagamento (pignoramento es.), anche nel caso di mancata o viziata notifica della stessa, per il semplice fatto che l’atto impugnato, essendo di esecuzione, si colloca oltre il confine indicato dall’art. 2 del Codice del processo tributario.

Il riparto tra le giurisdizioni è da farsi, secondo questo primo orientamento, con riferimento al c.d. “petitum sostanziale”, ovvero con riferimento all’atto impugnato e non, invece, in base al vizio denunciato o al motivo dedotto dalla parte.

L’orientamento contrapposto[6], ritiene che, qualora si debba lamentare una irregolarità inficiante la notifica degli atti prodromici (es. cartella di pagamento), la questione deve sollevarsi mediante l’impugnazione del primo atto tramite il quale il contribuente viene a conoscenza della pretesa dell’ente impositore (es. pignoramento), da proporsi dinanzi al giudice tributario ai sensi degli artt. 2 e 19 del Codice del processo tributario sopra citati.

Quindi, secondo quest’ultimo orientamento, qualora al contribuente non sia stata correttamente o affatto notificata la cartella di pagamento o altro atto similare, egli potrà impugnare il pignoramento stesso (se primo atto tramite il quale viene a conoscenza della vertenza) eccependo contestualmente il vizio di notifica della cartella e dovrà farlo dinanzi alla Commissione tributaria territorialmente competente.

Con la sentenza in commento, le Sezioni Unite della Corte di legittimità hanno definitivamente risolto questo ampio dibattito e, aderendo al secondo sei sopra citati orientamenti, hanno stabilito che “in materia di esecuzione forzata tributaria, l’opposizione agli atti esecutivi riguardante l’atto di pignoramento, che si assume viziato per l’omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o degli altri atti presupposti al pignoramento), è assimilabile e va proposta, ai sensi dell’art. 2, comma primo, e art. 19, del d.p.r. n. 602 del 1973, nonché dell’art. 617 c.p.c., davanti al giudice tributario”.

Il discrimine tra le due giurisdizioni, in tema di opposizione, deve quindi essere individuato nella notificazione della cartella di pagamento (o dell’atto ipoesattivo).

Citando la sentenza in commento, prima di “tale notifica la controversia è devoluta al giudice tributario, dopo, al giudice ordinario”.

[4] Ex multis Cass., S.U, n. 21690/2016, Cass., Sez. III, n. 24235/2015.

[5] La Corte Costituzionale con pronuncia n. 114 del 31/05/2018 ha ritenuto fondata la questione di illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 24 e 113 Cost. dell’articolo in commento, in quanto preclude al debitore la possibilità di opporsi agli atti esecutivi. Nella stessa sentenza, la Corte, tentando di delinearne i confini in materia di esecuzione forzata, ha specificato che l’area della giurisdizione tributaria corrisponde e si esaurisce nell’attività di riscossione, che si esplica mediante l’iscrizione a ruolo e mediante la notificazione della conseguente cartella di pagamento.

[6] Cass., S.U., n. 14667/2011 ad esempio.

4. Considerazioni conclusive

In conclusione, alla luce di questa importante pronuncia[7], è possibile figurare tre macro-scenari e, conseguentemente, il relativo discrimine tra le due giurisdizioni.

Le controversie riguardanti le cartelle, le intimazioni di pagamento, le ingiunzioni, gli atti ipoesattivi, fermi o ipoteche, rientrano nell’ambito della giurisdizione tributaria.

Se la procedura esecutiva è, invece, correttamente instaurata, il campo della giurisdizione tributaria è da considerarsi esaurito. Il debitore potrà far valere eventuali vizi formali degli atti relativi all’esecuzione[8], successivi a quelli esattoriali, dinanzi al solo giudice ordinario.

Qualora, al contrario, ci si trovi nella particolare situazione in cui venga notificato al contribuente un pignoramento i cui atti prodromici (es. la cartella di pagamento) non sono mai giunti a conoscenza dello stesso, egli potrà impugnare il primo atto utile[9], quindi l’atto di pignoramento, e dovrà farlo mediante lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi lamentando l’omessa o viziata notifica della cartella esattoriale con conseguente nullità derivata dell’atto espropriativo[10]. Questa opposizione dovrà essere proposta dinanzi alla Commissione tributaria competente e non davanti al giudice ordinario.

La soluzione da ultimo così offerta dalle Sezioni Unite, crea alcuni problemi di non trascurabile importanza.

L’intento di semplificazione sotteso alla pronuncia, pare disatteso nel caso in cui il contribuente, oltre alla mancata notificazione dell’atto prodromico al pignoramento, voglia far valere altresì altri vizi propri dell’atto stesso. In questo caso, pare che egli sia costretto ad esperire una doppia azione: la prima diretta alla Commissione tributaria, la seconda dinanzi al giudice ordinario.

Infine, utile sottolineare come possa crearsi effettivamente un ulteriore problema in tema di coordinazione tra le due giurisdizioni.

A seguito della opposizione al pignoramento spiegata dinanzi alla Commissione tributaria, rimane pur sempre radicato un giudizio di esecuzione dinanzi al giudice ordinario. Quest’ultimo, difatti, non si arresta a seguito della proposizione dell’opposizione, ma, al contrario, procede.

Facile notare come, il contribuente, tutelando le proprie ragioni dinanzi alle Commissioni tributarie, sia in realtà scoperto sull’altro “fronte”, nel procedimento di esecuzione dinanzi al giudice ordinario e non solo con riguardo al creditore procedente, ma anche rispetto ad altri creditori che potrebbero intervenire nella esecuzione non correttamente instaurata nelle more di una decisione della Commissione competente a decidere sulla relativa opposizione.

[7] Confermata anche in una successiva recente ordinanza: Cass., S.U., n. 32729 del 18/12/2018 decidendo su un ricorso per regolamento di giurisdizione proposto d’ufficio dal Tribunale di Napoli rimettendo la questione dinanzi alla Commissione tributaria provinciale.

[8] Quindi, tutti gli atti compiuti a partire dal pignoramento sino alla distribuzione del ricavato nel caso si tratti di esecuzione mobiliare o immobiliare.

[9] È questo il momento, difatti, in cui sorge effettivamente l’interesse ad agire del contribuente ex art. 100 c.p.c.

[10] Trattasi di una impugnazione congiunta dell’atto notificato (pignoramento) e dell’atto presupposto (cartella di pagamento). Possibilità riconosciuta al contribuente dall’art. 19 Codice del processo tributario come sopra esplicato.

Redazione

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