Le prove, definizione e caratteri

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Le prove nel diritto processuale penale sono disciplinate dall’articolo 187 del codoce di procedura penale.

 

Sono oggetto di prova i fatti relativi all’imputazione, alla punibilità e alla determinazione della pena o della misura di sicurezza.

 

Sono oggetto di prova anche i fatti dai quali dipende l’applicazione di norme processuali.

 

Se c’è costituzione di parte civile, oggetto di prova i fatti relativi alla responsabilità civile derivante dal reato (ex art. 185 c.p.).

 

 

Esistono diverse tipologie di prova.

La prova materiale, è un oggetto direttamente collegato ai fatti, prelevati dalle forze dell’ordine e custoditi dall’autorità giudiziaria, oppure di rilievi di polizia scientifica su tali oggetti.

 

L’indizio, consiste in quel ragionamento che da un fatto provato (la cosiddetta circostanza indiziante) ricava l’esistenza di un altro fatto da provare, che può essere sia il fatto addebitato all’imputato (cosiddetto fatto principale), sia un fatto secondario (cioè un’altra circostanza indiziante).

 

Il collegamento tra la circostanza indiziante e il fatto da provare è rappresentato da un’inferenza, la quale è fondata o su una massima di esperienza o su una legge scientifica.

L’indizio è funzionale alla ricostruzione di un fatto storico esclusivamente quando esistano altre prove che escludo una diversa ricostruzione dell’accaduto, e si  dedice dall’articolo 192, comma 2, del codice di procedura paenale, il quale afferma che “l’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi non siano gravi, precisi e concordanti”.

Da questa disposizione si ricava, in primis, che un indizio non consente di accertare un fatto, dalla stessa si ricavano le caratteristiche che debbono assumere i vari indizi perché possano essere poste a fondamento del fatto che deve essere provato, esse devono essere:

 

Gravi, sono quegli indizi che abbiano un elevato grado di persuasività, in quanto resistenti alle obiezioni.

 

Precisi, sono quegli indizi che sono stati ampiamente provati.

 

Concordanti, sono quegli indizi che si orientano verso una medesima conclusione.

 

Le prime due caratteristiche sono relative ai singoli indizi, mentre il terzo si riferisce alla intertezza delle prove indiziarie a disposizione del giudice per la ricostruzione del fatto.

 

La Prova rappresentativa, consiste in quel ragionamento che da un fatto noto (ad esempio quello che afferma un testimone nel corso di una deposizione) ricava, per rappresentazione, l’esistenza di un fatto da provare.

 

Questa tipologia probatoria si distingue dalla prova indiziaria in ragione non dell’oggetto da provare (che può essere sia il fatto principale, che uno secondario, quindi una circostanza indiziante), ma della struttura del procedimento logico che è sotteso a questa tipologia probatoria: tramite la prova rappresentativa, e si prova un determinato fatto con un fatto noto.

 

Attraverso gli indizi, un fatto viene provato grazie all’inferenza che lo lega ad un fatto già provato (inferenza basata su massime d’esperienza o regole scientifiche).

Anche la prova rappresentativa deve essere sottoposta al vaglio di attendibilità da parte del giudice; in particolare l’autorità procedente deve effettuare un duplice controllo:

 

Credibilità della fonte di prova: il giudice deve verificare, ad esempio, quanto un testimone sia stato attento allo svolgimento del fatto che ha narrato.

 

Attendibilità dell’elemento di prova, il giudice, cioè, deve verificare quanto la rappresentazione del fatto ad opera della fonte di prova sia idonea a descrivere il fatto avvenuto.

 

Una prova si dice atipica, quando non trova disciplina nel codice di procedura penale.

 

Lo stesso termine sottintende tre diversi significati.

In un primo significato è atipica quella prova che mira ad ottenere un risultato diverso da quelli perseguiti dai mezzi di prova tipizzati dal codice di procedura penale. In questo caso il significato di atipicità si riferisce alle prove innominate perché non corrispondenti a nessuno dei mezzi tipici individuati dal codice.

 

In una seconda accezione è atipica quella prova che si svolge con modalità diverse da quelle previste da un mezzo di prova tipico.

Qui l’atipicità consiste nella diversa modalità di svolgimento, con il rischio di svuotamento del mezzo i prova tipico, con le relative garanzie, ad esempio, la ricognizione informale.

 

In un terzo significato è atipica quella prova che mira ad ottenere mediante un mezzo di prova tipico il risultato di un diverso mezzo di prova, esso pure tipico.

L’atipicità consiste nell’usare un mezzo di prova che persegue un determinato risultato per ottenere il risultato di un diverso mezzo di prova tipico.

 

Nel secondo e nel terzo significato l’atipicità non è relativa a strumenti non compresi nell’elenco dei mezzi tipici del codice, ma nell’impiego di mezzi tipici, rispetto ai quali la diversità dal modulo legale consiste nel fatto che vengono impiegati in una sede diversa o per un uso diverso da quelli previsti dalla legge.

 

L’unico articolo del codice di procedura penale che né fa menzione è l’articolo 189 del codoce di procedura penale, il quale dispone:

 

“Quando è richiesta una prova non disciplinata dalla legge, il giudice può assumerla se essa risulta idonea ad assicurare l’accertamento dei fatti e non pregiudica la libertà morale della persona.

Il giudice procede all’ammissione sentite le parti sulle modalità di assunzione della prova.”

 

Questo articolo è connesso e rafforza l’articolo 188 del codoce di procedura penale, secponso il quale “non possono essere utilizzati, neppure col consenso della persona interessata, metodi o tecniche idonei ad influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti”.

 

Il fatto notorio è l’elemento di fatto che il giudice (e l’uomo medio) conosce come elemento nozionistico comune, rientra in  fattispecie, ad esempio, la sussistenza di uno sciopero in un certo periodo, l’intervento di una calamità naturale, l’evento bellico, un fatto di cronaca particolarmente rilevante, una festività civile o religiosa.

 

 

L’ambito di applicazione di questo istituto,  può essere relativizzato anche a seconda del settore in considerazione: se la causa verte su uno specifico ambito tecnico, il fatto notorio potrà essere riferito alla nozione comunemente conosciuta e accettata da parte degli operatori del settore in oggetto.

 

In relazione alle massime di esperienza, l’articolo 115 del codice di procedura penale prevede che il giudice “può … senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza”. In altre parole, la massima d’esperienza è una regola basata su dati scientifici o su esperienze qualificate nel tempo.

 

Un esempio può essere dato dalle impronte digitali, se un’impronta presenta caratteristiche uguali (per forma e posizione) all’impronta dell’imputato, è corretto ritenere che l’imputato sia il soggetto che ha lasciato l’impronta stessa.

 

La prova nel diritto processuale penale deve appartenere a tre gruppi:

 

Il complesso degli elementi storici, integrano la fattispecie giudiziale che si enuncia nel capo d’imputazione, ovvero la dimostrazione che un imputato ha commesso materialmente e storicamente ciò che gli viene imputato.

 

La prova della punibilità (ex artt. 133 c.p.), visto che gli elementi storici non sono sufficienti a provare la colpevolezza dell’imputato, devono assumersi prove che escludano cause di giustificazione, cause di non punibilità ed infine la capacità di intendere e di volere.

 

I fatti per la determinazione della pena, fanno parte del gruppo precedente, i fatti che sono assolutamente indispensabili per la determinazione della pena, posto che ne deriva la capacità a delinquere del soggetto e la gravità del reato.

 

La distinzione tra mezzo di prova e mezzo di ricerca della prova è stata introdotta dalla riforma che ha emanato il codice di procedura penale vigente e ha un’importanza elevata:

 

Il mezzo di prova è l’esame dei testimoni e delle parti, i confronti, le ricognizioni, gli esperimenti giudiziali, la perizia e i documenti sono mezzi di prova che si caratterizzano per l’attitudine ad offrire al giudice risultanze probatorie direttamente utilizzabili in sede di decisione, sono mezzi destinati ad incidere in maniera risolutiva sull’esperienza del giudice.

 

Sembra evidente che i mezzi in considerazione rappresentano direttamente all’organo giudicante il fatto da provare.

 

Il mezzo di ricerca della prova, non è di per sé fonte di convincimento, ma rendono possibile acquisire cose materiali, tracce o dichiarazioni dotate di attitudine probatoria.

 

Manca l’elemento diretto atto a convincere il giudice, una perquisizione, ad esempio, non è un mezzo di prova, ma è diretto a ricercare prove.

 

Un’altra distinzione si può fare tra prova ed elemento di prova, il quale viene acquisito durante le indagini preliminari, ma acquista qualità probatoria se assunto in fase dibattimentale, salvo che non venga effettuato l’incidente probatorio.

 

L’assunzione delle prove è una fase molto importante e delicata, vista l’incidenza che ha questo elemento riguardo l’esito del processo.

Servono i principî che regolino o ispirino questo istituto.

Si è dibattuto molto sull’eventualità dell’inserimento prima della riforma di un principio di tassatività della prova, ma alla fine non fu inserito per le critiche pesanti ricevute dalla commissione redigente che si appoggiavano ad una vistosa sfiducia per l’organo giudicante.

Con un compromesso però, che il giudice non è libero, (ex art. 189 c.p.p.), la prova deve assicurare l’accertamento dei fatti e  non deve pregiudicare la moralità della persona (ex188 c.p.p.).

 

Il principio maestro è quello dispositivo, espressamente previsto dall’articolo 190 del codice di procedura penale, per il quale le prove sono ammesse a richiesta di parte e possono non essere ammesse dal giudice se contrarie alla legge o manifestamente superflue o irrilevanti.

Oltre alla limitata possibilità del giudice di non ammettere la prova, è importante notare che l’iniziativa probatoria, dato l’aspetto accusatorio del processo penale, è quasi esclusivamente riservata alle parti.

 

Residuale deve essere il parere del Giudice, e ossequioso del disposto, sul dibattimento, dell’articolo 507 del codice di procedura penale, e in udienza preliminare degli articoli 421 bis e 422 del codice di procedura penale.

 

Fondamentale è anche il principio del libero convincimento da parte del giudice, il quale non è vincolato a valutare determinate prove ma può evitare motivando la sua decisione (192 c.p.p.).

 

Il principio del libero convincimento subisce numerose deroghe:

 

La prova indiziaria, (ex art.192 comma 2 c.p.p.), l’indizio deve essere grave, preciso e concordante, altrimenti il giudice non può ritenere accertato il fatto, questo perché mentre per una prova diretta si deve compiere una valutazione sulla bontà della prova, in quella indiziaria si deve compierne un’altra, vale a dire anche quella se sia idonea a risalire al fatto collegato.

Per gravità si intende la capacità dell’indizio di dimostrare il fatto considerando anche la sua resistenza alle obiezioni, la precisione è la non genericità dell’indizio, che altrimenti può portare a varie interpretazioni, la concordanza, il non contrasto con altri indizi

 

La chiamata in correità, (ex art.192 comma 4 e 5 c.p.p.), deve essere valutata insieme agli altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità.

Dott.ssa Concas Alessandra

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