Le ordinanza sindacali, limiti

sentenza 17/06/10
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La norma di cui all’art. 54, co. 2, T.U.E.L. n. 267/2000 – nel testo anteriore al D.L. n. 92/08 – è stato interpretato dalla giurisprudenza amministrativa, sulla scorta delle indicazioni provenienti dalla Corte Costituzionale, nel senso che la potestà del sindaco di adottare, quale ufficiale del Governo, provvedimenti contingibili e urgenti è strettamente finalizzata a prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini.

Ne consegue come tale potere di urgenza possa essere esercitato solo per affrontare situazioni di carattere eccezionale ed impreviste, costituenti concreta minaccia per la pubblica incolumità, per le quali sia impossibile utilizzare i normali mezzi apprestati dall’ordinamento giuridico e unicamente in presenza di un preventivo accertamento della situazione che deve fondarsi su prove concrete e non su mere presunzioni.

Siffatti presupposti non ricorrono laddove il Sindaco possa fronteggiare la situazione con rimedi di carattere corrente nell’esercizio ordinario dei suoi poteri, ovvero la situazione possa essere prevenuta con i normali strumenti apprestati dall’ordinamento.

N. 01701/2010 REG.SEN.

N. 00983/2008 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 983 del 2008, proposto da:
******************** e ***************, rappresentate e difese dall’avv. ******************** la prima, e dall’avv. ***************** la seconda, con domicilio eletto presso lo studio dei predetti legali in Firenze, via degli Artisti 20;

contro

Comune di Sesto Fiorentino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. ********************, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli 40;

nei confronti di

CIR Costruzioni S.r.l.;

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

dell’ordinanza sindacale del Comune di Sesto Fiorentino n. 182 del 21 marzo 2008, notificata alla Sig.ra ******************** in data 1 aprile 2008 con la quale si è intimato, tra l’altro, alle ricorrenti “di ottemperare, ognuno per quanto di rispettiva competenza sulle singole proprietà, di sgomberare gli occupanti abusivi dell’area ex industriale sita nel Comune di Sesto Fiorentino, in Via Ponte a Quaracchi, catastalmente rappresenta al NCT del Comune di Sesto Fiorentino, foglio di mappa n. 62, part. 188, 189, 190, 192, 194 e di mettere in sicurezza l’area impedendo le possibilità di accesso alla stessa, entro e non oltre il termine di venti giorni dalla notifica del presente atto” avvertendo “che in caso di accertata mancata ottemperanza all’ordine impartito, verrà provveduto d’ufficio a spese dei soggetti intimati e dell’eventuale inottemperanza verrà data comunicazione all’autorità competente al fine dell’applicazione delle sanzioni previste dal codice penale”, nonché di tutti gli atti, connessi, consequenziali e presupposti tra cui, ove lesive, la nota del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco n. 665 dell’11 luglio 2007, la nota dirigenziale del Comune di Sesto Fiorentino n. 8686 del 22 febbraio 2008 ed il verbale dell’ASL del 7 marzo 2008 n. 101I.S.P.

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Sesto Fiorentino;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 marzo 2010 il dott. **************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale il 27 maggio e depositato il 9 giugno 2008, ********** e ***************, comproprietarie di un terreno sito nel Comune di Sesto Fiorentino, via S. Pietro a Quaracchi, proponevano impugnazione avverso l’ordinanza sindacale del 21 marzo 2008, in epigrafe, mediante la quale era stato ordinato loro ed ai proprietari dei terreni limitrofi, tutti appartenenti ad un’area industriale in stato di abbandono, di provvedere allo sgombero dei rispettivi fondi dagli occupanti abusivi ivi insediatisi, nonché di provvedere alla messa in sicurezza del sito.

Premesso di aver concesso in affitto quel terreno nel 1986 a certa società *******, cui era subentrata nel 1999 la CIR Costruzioni S.r.l., le ricorrenti esponevano di non aver mai ottenuto la restituzione del bene alla scadenza del contratto, sebbene la CIR, in sede di conciliazione giudiziale, si fosse obbligata a rilasciarlo entro il 31 dicembre 2003. In tale situazione, il Comune, del tutto sorprendentemente, aveva adottato nei loro confronti (e nei confronti dei proprietari degli altri terreni occupati dalla predetta CIR Costruzioni) un primo ordine di bonifica, poi annullato in autotutela e seguito da una richiesta di chiarimenti in ordine alla attuale disponibilità dei fondi in questione; ma nonostante esse ricorrenti, nel fornire i chiarimenti richiesti, avessero ribadito di non aver mai recuperato il possesso del terreno, si erano tuttavia viste notificare l’ordinanza del 21 marzo, qui impugnata. Sulla scorta di cinque motivi in diritto, le signore ********* intimavano dunque dinanzi a questo tribunale l’amministrazione procedente e la CIR Costruzioni, frattanto ammessa all’amministrazione straordinaria, e concludevano per l’annullamento dell’atto impugnato, previa sospensiva.

Costituitosi in giudizio il solo Comune di Sesto Fiorentino, che resisteva alle pretesa avversarie, con ordinanza del 25 – 26 giugno 2008 il collegio accordava la misura cautelare richiesta.

Nel merito, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 4 marzo 2010, preceduta dal deposito di documenti e memorie difensive.

DIRITTO

L’impugnazione è rivolta nei confronti del provvedimento contingibile ed urgente del 21 marzo 2008, adottato dal Sindaco del Comune di Sesto Fiorentino ai sensi dell’art. 54 co. 2 T.U.E.L. (nel testo anteriore alla sostituzione operata dal D.L. n. 92/08), mediante il quale alle odierne ricorrenti, come agli altri proprietari di terreni compresi nell’area industriale abbandonata “ex CIR”, viene ordinato di sgomberare – ciascuno per le rispettive proprietà – l’area stessa dagli occupanti abusivi ivi insediatisi, nonché di mettere in sicurezza i fondi impedendo la possibilità di accedervi dall’esterno. In punto di fatto, giova peraltro precisare che, come accennato in narrativa, l’ordinanza impugnata è stata preceduta nell’anno 2007 dall’adozione, ad opera del Comune e nei confronti dei medesimi soggetti, di un ordine dirigenziale di bonifica dell’area in questione, pronunciato ai sensi dell’art. 192 D.Lgs. n. 152/06 ma successivamente rimosso in autotutela relativamente alla posizione di quei proprietari, ivi comprese le ricorrenti, rispetto ai quali l’amministrazione – sollecitata dalla richiesta di riesame di uno degli interessati – ha dubitato potersi configurare il requisito soggettivo richiesto dalla norma azionata.

Nell’ordine logico delle questioni, deve preliminarmente avvertirsi che saranno trattate per ultime quelle attinenti alla violazione dell’art. 7 della legge n. 241 e del contraddittorio procedimentale, dedotte con il primo motivo di ricorso, e questo onde poter compiutamente valutare la concreta incidenza del vizio – ove ritenuto sussistente – nella prospettiva sostanzialistica oggi imposta dallo statuto dei c.d. vizi non invalidanti, dettato dall’art. 21-octies co. 2 della stessa legge n. 241/90.

L’esame prenderà dunque le mosse dalle censure articolate con il secondo motivo, con cui è denunciata la circostanza che l’amministrazione, volendo bonificare la situazione di degrado venutasi a creare nell’area “ex CIR”, avrebbe omesso di svolgere i dovuti accertamenti istruttori nel confronto con le parti interessate, come prescritto dal citato art. 192 D.Lgs. n. 152/06: se il Comune avesse fatto ciò, si sostiene, non avrebbe potuto far altro che riconoscere l’assenza di qualsivoglia responsabilità in capo alle ricorrenti, prive sin dal 1986 della materiale disponibilità del fondo di loro proprietà incluso nell’area, oltre che constatare l’inesistenza, su quel fondo, di discariche o abbandono incontrollato di rifiuti; da cui, sotto un diverso profilo, il difetto di motivazione dell’atto impugnato in ordine alla concreta responsabilità delle ricorrenti medesime. Censure connesse sono altresì dedotte con il terzo motivo, volto ad ulteriormente contestare l’imputabilità alle ricorrenti, a titolo di dolo o colpa, di condotte idonee a determinare le condizioni di asserito degrado della zona.

I motivi sono infondati. Essi presuppongono, infatti, che nella sostanza il provvedimento sindacale del 21 marzo 2008 rappresenti la riedizione, sotto mentite spoglie, dell’ordinanza dirigenziale di bonifica pronunciata dal Comune nel 2007 e poi rimossa in autotutela, ma la tesi si scontra irrimediabilmente con il rilievo che il contenuto dell’ordine impartito alle ricorrenti non è in alcun modo riconducibile alla fattispecie delineata dall’art. 192 D.Lgs. n. 152/06, in forza del quale al responsabile dell’abbandono di rifiuti può esserne ordinata la rimozione, l’avvio a recupero o lo smaltimento, insieme con il ripristino dello stato dei luoghi; mentre, lo si è detto, alle ricorrenti è stato imposto di provvedere allo sgombero del fondo di loro proprietà dagli occupanti abusivi e di impedire per il futuro il ripetersi dell’occupazione, misure alla cui ratio sono obiettivamente estranei profili di immediata tutela ambientale, giacché, anche con riguardo alla presenza di rifiuti nell’area, l’obiettivo dichiarato dal provvedimento è quello di prevenire innanzitutto i possibili incidenti, e non quello della bonifica.

Alla luce di tale rilievo, occorre dunque passare all’esame dei rimanenti motivi di gravame, proposti in via subordinata. Con il quarto motivo, l’illegittimità dell’ordinanza è affermata con riferimento all’assenza dei presupposti per fare ricorso ai poteri straordinari ex art. 54 co. 2 T.U.E.L., trattandosi di situazione fronteggiabile con i mezzi ordinari offerti dalla legge, e venendo per altro verso ribadita la mancanza di prova in ordine alla concreta riferibilità delle condizioni di degrado riscontrate dal Comune al terreno di proprietà delle ricorrenti, e comunque l’imputabilità del problema a queste ultime. Con il quinto motivo, è quindi censurata la pretesa del Comune che i proprietari dei terreni si facciano carico di attività (lo sgombero degli occupanti abusivi) di esclusiva pertinenza della pubblica amministrazione.

I motivi sono fondati.

L’art. 54 co. 2 T.U.E.L. – nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore al D.L. n. 92/08 – è stato stabilmente interpretato dalla giurisprudenza amministrativa, sulla scorta delle indicazioni provenienti dalla Corte Costituzionale, nel senso che la potestà del sindaco di adottare, quale ufficiale del Governo, provvedimenti contingibili e urgenti è strettamente finalizzata a prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini, con la conseguenza che il potere di urgenza può essere esercitato solo per affrontare situazioni di carattere eccezionale ed impreviste, costituenti concreta minaccia per la pubblica incolumità, per le quali sia impossibile utilizzare i normali mezzi apprestati dall’ordinamento giuridico e unicamente in presenza di un preventivo accertamento della situazione che deve fondarsi su prove concrete e non su mere presunzioni: tali presupposti non ricorrono, dunque, laddove il Sindaco possa fronteggiare la situazione con rimedi di carattere corrente nell’esercizio ordinario dei suoi poteri, ovvero la situazione possa essere prevenuta con i normali strumenti apprestati dall’ordinamento (fra le molte, cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 dicembre 2007, n. 6366).

Tanto premesso, come si evince dalla lettura della sua motivazione, l’ordinanza qui impugnata trae spunto dagli accertamenti istruttori effettuati dalla A.S.L. n. 10 (si veda la relazione del 17 marzo 2008), dai quali risulta che sull’area denominata “ex CIR”, abbandonata, invasa dai rifiuti ed interessata di recente da incendi, sono presenti alcuni edifici industriali fatiscenti, muniti di coperture anche in eternit, privi di ogni requisito igienico e ridotti a depositi di immondizia, e tuttavia utilizzati come abitazione da non meglio identificati “cittadini”; sull’area, non recintata ed accessibile dall’esterno, insistono altresì diverse baracche di fortuna, anch’esse apparentemente abitate: tale stato dei luoghi, contrastando con le più elementari norme igieniche, ad avviso degli accertatori renderebbe necessario il trasferimento urgente dei “cittadini” ivi dimoranti, nonché la “messa in sicurezza e la bonifica dell’area” anche “ai fini della prevenzione del rischio derivante dalla presenza di infestanti”. Sulla base delle indicazioni della A.S.L., il Sindaco di Sesto Fiorentino ha quindi ritenuto che la situazione di occupazione abusiva realizzatasi sull’area ponga in essere una situazione eccezionale e imprevedibile, “dalla quale derivano gravi pericoli per la pubblica incolumità in relazione all’accertato rischio provocato dalla presenza di infestanti”, situazione aggravata dal rischio di esplosione dovuta alla presenza di rifiuti pericolosi, e a fronte della quale l’unico intervento possibile sarebbe pertanto quello dello sgombero degli occupanti e della messa in sicurezza della zona onde impedire gli accessi.

Ora, ribadito che l’ordinanza sindacale del marzo 2008 presenta un oggetto affatto differente rispetto a quella dirigenziale del novembre 2007, il collegio osserva in prima battuta come l’esercizio del potere di ordinanza venga giustificato dal Sindaco in ragione dello stato eccezionale ed imprevedibile pericolo per la pubblica incolumità connesso alla presenza di infestanti, laddove la relazione della A.S.L. mette primariamente in rilievo le esigenze di tutela della salute degli occupanti abusivi degli edifici insistenti sull’area, ed in relazione a dette esigenze formula la proposta di trasferire gli occupanti, mettere in sicurezza l’area e bonificarla; mentre l’indicazione circa la presenza di “infestanti” appare solo rafforzativa della proposta, e – leggendola in una prospettiva di tutela della pubblica incolumità che meglio traspare dal rapporto di sopralluogo della A.S.L. del 7 marzo 2008 – deve ritenersi semmai collegata alla necessità finale di bonificare l’area, e non allo sgombero. Se, da questo, discende la non perfetta corrispondenza tra i presupposti di fatto accertati ed il contenuto dispositivo delle misure adottate dal Sindaco (nessun ordine di bonifica è stato impartito, e, al contempo, nessuna nuova collocazione è stata reperita per gli occupanti abusivi dell’area), può anche aggiungersi che la documentazione in atti non consente di comprendere in cosa consista la presenza di fattori “infestanti” all’interno dell’area; il che impedisce di valutare la potenzialità lesiva di tali fattori e, conseguentemente, di apprezzare la configurabilità di un pericolo tale da legittimare l’esercizio dei poteri straordinari di ordinanza contingibile e urgente, anziché di quelli ordinari, viziando l’atto impugnato sotto il dedotto profilo del difetto di istruttoria e di motivazione. In altri termini, il grave pericolo per la pubblica incolumità dovuto alla presenza di infestanti finisce per rivelarsi un’affermazione non sorretta da adeguata valutazione ad opera dell’organo tecnico e della stessa autorità decidente, ed, inoltre, non vi è alcuna prova che la presenza degli infestanti riguardi specificamente la particella di proprietà delle ricorrenti (il provvedimento fa un indebito trattamento unitario della situazione dell’area, senza distinguere tra le diverse proprietà che la compongono).

Una volta stabilito che la situazione critica verificata dalla A.S.L. dipende in via prioritaria dalla abusiva occupazione di alcuni degli edifici (capannoni industriali, baracche di cantiere, manufatti di fortuna) presenti sull’area, destinati a precario ricovero abitativo in assenza delle più elementari condizioni igienico-sanitarie, debbono poi essere confermati i rilievi espressi in sede cautelare circa la riconducibilità della fattispecie alla previsione dettata dall’art. 222 R.D. n. 1265/34, in forza del quale il Sindaco può dichiarare inabitabile una casa o parte di essa per ragioni igieniche e ordinarne lo sgombero: infatti, anche a voler ritenere che i provvedimenti di cui all’art. 222 ricadano essi stessi nel novero delle ordinanze sindacali contingibili, la possibilità conclamata di avvalersi di poteri tipicizzati, ancorché d’urgenza, esclude, in virtù dei principi giurisprudenziali inizialmente richiamati, il ricorso ai poteri atipici e sussidiari disciplinati dall’art. 54 co. 2 T.U.E.L.. Né in contrario vale sostenere, come fa il Comune resistente nella memoria difensiva depositata il 19 febbraio 2010, che, non trattandosi di “case”, ma di ripari di fortuna, la disciplina del testo unico delle leggi sanitarie sarebbe inapplicabile, atteso che il potere di sgombero sancito dall’art. 222 cit. a presidio dell’igiene non soltanto degli aggregati urbani e rurali nel loro complesso, ma delle singole abitazioni, non può considerarsi confinato ai soli edifici ab origine destinati all’uso abitativo, ma riguarda qualsiasi edificio o manufatto cui sia stata impressa quella destinazione, anche di fatto.

Di tale conclusione non può dubitarsi, se si considera che l’art. 24 del D.P.R. n. 380/01 estende la verifica di agibilità a qualsiasi tipologia di edificio, quale che ne sia la destinazione d’uso, mentre il successivo art. 26 espressamente prevede che il rilascio della relativa certificazione non impedisca l’esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità ai sensi dell’art. 222 R.D. n. 1265/34; così come non può rappresentare un ostacolo all’esercizio di quel potere l’eventuale passaggio non autorizzato da una destinazione d’uso non abitativa alla destinazione abitativa, mutamento che, oltre alle possibili sanzioni sul piano urbanistico-edilizio (si vedano gli artt. 58, 59 e 136 l.r. toscana n. 1/05), resta comunque sottoposto al controllo, sempre immanente, dell’idoneità igienico-sanitaria dell’edificio ai fini dell’uso abitativo non corrispondente a quello originario. Diversamente opinando, dovrebbe ritenersi che il cambio di destinazione d’uso di un edificio diverso in abitazione priva dei requisiti di igiene, ovvero la realizzazione di manufatti precari ad uso abitativo, sia di per sé sottratto al controllo sanitario e di agibilità, il che è irragionevole. Per inciso, le condizioni di degrado degli edifici presenti nell’area “ex CIR” sono tali da potersi ritenere pacifico che nessun loro utilizzo sia allo stato ammissibile, ciò che giustificherebbe in ogni caso l’esercizio del potere di dichiararne l’inagibilità e ordinarne lo sgombero anche a prescindere dalla destinazione d’uso, ai sensi dell’art. 222 R.D. n. 1265/34 come richiamato dall’art. 26 D.P.R. n. 380/01, cit..

Precisato, infine, che non vi è prova che l’occupazione abusiva dei capannoni sia solo notturna (e che questo non modificherebbe la finalità abitativa degli occupanti, i quali mostrano di voler in qualche modo ovviare alla indisponibilità di alloggi adeguati), l’ordinanza impugnata incorre dunque nella denunciata violazione dei confini dei poteri atipici regolamentati dall’art. 54 co. 2 D.Lgs. n. 267/00, nella parte in cui pone a carico delle ricorrenti l’onere di provvedere allo sgombero degli occupanti abusivi, anziché rivolgere l’ordine direttamente nei confronti di costoro. D’altro canto l’ordine, come formulato, finisce per porsi, di fatto, in contraddizione con le medesime esigenze di celerità ed urgenza che ne fondano l’adozione, tenuto conto della necessità, per i proprietari destinatari del provvedimento, di munirsi di titolo esecutivo in sede giurisdizionale onde poter eseguire lo sgombero in via coattiva, limite non incontrato dai poteri dell’amministrazione, cui sarebbe del resto inopponibile, da parte degli occupanti sottoposti all’esecuzione dell’ordinanza, la stessa eventuale titolarità di diritti reali o personali legittimanti la disponibilità degli immobili.

Il carattere di stretta consequenzialità fra l’ordine di sgombero degli occupanti abusivi e quello relativo alle successive attività di messa in sicurezza del terreno, anch’esse oggetto dell’ordinanza impugnata, fanno sì che la rilevata illegittimità del primo si trasmetta al secondo, travolgendolo. Deve peraltro escludersi che il fondare la decisione sull’esistenza di una norma attributiva di poteri tipicizzati non espressamente invocata dalle ricorrenti rappresenti una violazione del principio della domanda e della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, come eccepito dal Comune resistente. Nel momento in cui una delle censure articolate con il ricorso riguarda la violazione dell’art. 54 co. 2 T.U.E.L. sotto l’aspetto dell’insussistenza dei presupposti applicativi della norma, e avuto specifico riguardo al mancato rispetto del limite della residualità dei poteri sindacali di ordinanza extra ordinem, la compiuta individuazione delle norme giuridiche da considerare ed applicare in sede di valutazione della fondatezza della pretesa azionata costituisce nulla più che la corretta esplicazione dei poteri/doveri del giudice (giurisprudenza pacifica, fra le altre cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 maggio 2009, n. 3362).

Per concludere, deve tornarsi all’esame del vizio procedimentale dedotto con il primo motivo, allo scopo di valutarne l’incidenza ai sensi dell’art. 21-octies co. 2 legge 241/90. Al riguardo, si reputa condivisibile l’indirizzo secondo cui, sebbene in linea di principio l’emanazione di un’ordinanza contingibile ed urgente non necessiti della previa comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo, tale formalità non può essere legittimamente omessa qualora l’ordinanza stessa costituisca l’atto conclusivo di una procedura più ampia, che si sia basata su una precedente corrispondenza in contraddittorio con il soggetto destinatario, tale, quindi, da non essere incompatibile con l’effettuazione di tale comunicazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 febbraio 2001, n. 580). Nella specie, i problemi dell’area “ex CIR” erano stati già affrontati dal Comune con l’ordinanza dirigenziale del novembre 2007, poi rimossa in autotutela, e lo stesso atto di autotutela era stato seguito da una richiesta di informazioni circa la natura del rapporto fra le ricorrenti e la CIR, finalizzata all’adozione di ulteriori, non meglio precisati provvedimenti: è dunque la stessa successione degli eventi e delle iniziative assunte dall’amministrazione procedente a rivelare come, in concreto, la preventiva instaurazione del contraddittorio procedimentale relativamente all’intento di emettere un’ordinanza contingibile sarebbe stata del tutto in linea con il modus procedendi complessivamente seguito dal Comune, e non connotato da urgenza assoluta. Ciò posto, stante l’accertata fondatezza dei motivi sostanziali di ricorso, non può certamente dirsi che il puntuale adempimento dell’onere di comunicare l’avvio del procedimento sarebbe stato ininfluente sul contenuto dispositivo del provvedimento adottato, di talché anche per questo aspetto l’atto impugnato incorre nei vizi denunciati.

Le ragioni esposte conducono all’accoglimento del ricorso, ed all’annullamento dell’ordinanza impugnata. Le spese di lite seguono la soccombenza del Comune di Sesto Fiorentino, e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione II, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Comune resistente alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, ad I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2010 con l’intervento dei Magistrati:

*****************, Presidente

************, Primo Referendario

****************, Primo Referendario, Estensore

 

 

L’ESTENSORE        IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/06/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO

sentenza

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