Le indagini preliminari e la relativa chiusura

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Le indagini preliminari sono lo strumento con il quale il pubblico ministero che, informato con denuncia o querela dell’esistenza di una notizia di reato, ricerca la prova dei fatti che gli sono stati descritti.

Il pubblico ministero, di persona oppure attraverso la polizia giudiziaria, deve verificare che ci siano i presupposti per potere iniziare un processo a carico di uno o più soggetti e in relazione a un unico reato oppure a una pluralità di fatti di reato.

Attraverso la sua attività dirige le indagini e dispone della polizia giudiziaria che svolge anche attività di sua iniziativa secondo la legge.

In presenza di querela, denuncia o referto, la notizia di reato viene iscritta nell’apposito e omonimo registro e iniziano le indagini.

Gli atti di indagine che compiono il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, le richieste di autorizzazione di indagine e gli atti del giudice che provvedono su simili richieste sono coperte dal segreto sino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e non oltre la chiusura delle indagini preliminari.

L’avviso di conclusione delle indagini comunica all’indagato la chiusura dell’indagine nei suoi confronti e rompe anche il segreto sugli atti di indagine.

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In che cosa consistono le indagini preliminari

Le indagini preliminari sono l’insieme delle attività compiute da parte della pubblica accusa per scoprire la verità sui fatti denunciati, in seguito alla comunicazione di una notizia di reato.

Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, dopo che hanno avuto notizia di un reato di propria iniziativa, o dopo che l’hanno ricevuta con una denuncia, una querela o un referto, la iscrivono nel registro apposito e omonimo e da quel momento iniziano a svolgere le indagini preliminari.

La durata delle indagini preliminari non può superare i diciotto mesi, tranne nei casi di delitti più gravi, come omicidio o associazione di tipo mafioso anche straniera, per i quali la durata massima è di due anni (art. 407 c.p.p.).

Il pubblico ministero può chiedere delle proroghe del termine per le indagini senza superare i limiti sopra scritti.

In assenza di proroghe, entro sei mesi, oppure un anno nei delitti più gravi, dalla data nella quale il nome della persona alla quale è attribuito il reato è iscritto nel registro delle notizie di reato (art. 405 c.p.p.), richiede il rinvio a giudizio, oppure l’archiviazione se si è davanti a una notizia infondata, oppure il fatto commesso risulta essere tenue.

In che cosa consiste l’avviso di conclusione delle indagini preliminari

Potrebbe essere possibile che una persona non sappia che qualcuno sta indagando su di lei sino a quando non le viene comunicata la chiusura delle indagini preliminari con l’avviso di conclusione delle stesse.

In questa sede vedremo in che cosa consiste l’avviso in questione (art. 415 c.p.p.).

L’avviso di conclusione delle indagini preliminari rappresenta l’espressione di una delle garanzie che la legge riserva all’indagato, che sta per diventare imputato e, oltre che a rendergli noto che un pubblico ministero sta per esercitare l’azione penale nei suoi confronti, vale a dire, sta per iniziare un processo, serve anche a consentirgli di preparare la sua difesa prima dell’inizio del processo e  avanzare eventuali richieste al pubblico ministero per portarlo a ripensarci oppure a modificare l’ipotesi di reato.

Attraverso l’avviso di conclusione delle indagini si viene a scoprire per che cosa si sia stati indagati e quali prove abbia raccolto il pubblico ministero con le sue indagini.

Negli avvisi di conclusione delle indagini preliminari, è contenuta la spiegazione sommaria del fatto del quale si viene accusati, delle norme di legge che dovrebbero essere state violate, della data e del luogo del fatto, con l’avvertimento che la persona e il suo difensore possono consultare o copiare la documentazione relativa alle indagini svolte presso la segreteria del pubblico ministero.

La comunicazione dell’avviso di conclusione delle indagini ti consente di esercitare alcuni diritti che sono espressamente indicati dal codice di procedura penale.

In che cosa consistono i diritti e le facoltà dell’indagato

L’indagato e il suo avvocato difensore, in seguito alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, ha il diritto, entro il termine di venti giorni dalla notifica dell’avviso, di prendere visione ed estrarre copia degli atti del fascicolo del pubblico ministero, presentare memorie, produrre documenti, depositare gli esiti delle indagini difensive, chiedere al pubblico ministero di svolgere ulteriori atti di indagine, presentarsi per rilasciare dichiarazioni, oppure, chiedere di essere sottoposto a interrogatorio.

L’indagato che chiede di essere sottoposto a interrogatorio deve essere sentito dal pubblico ministero, o da un suo delegato, a pena di nullità degli atti successivi.

Una persona che esercita i suoi diritti, potrà raccontare al pubblico ministero, che ha svolto le indagini nei suoi confronti, la sua versione dei fatti, ed eventualmente, gli può fare cambiare opinione e convincerlo a chiedere che il procedimento penale venga archiviato.

L’avocazione delle indagini preliminari

Il potere di avocazione, disciplinato dagli articoli 412 e 413 del codice di procedura penale, è un mezzo di garanzia per rimediare all’inerzia o alle omissioni del pubblico ministero, ed è anche uno strumento di sicurezza per assicurare la fine del procedimento penale in caso di situazioni di stasi, anche involontarie, in conformità al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale che stabilisce l’ordinamento giuridico.

L’esercizio dell’avocazione si realizza con la sottrazione delle indagini all’organo inquirente a favore dell’ufficio del procuratore generale.

Il codice di procedura penale stabilisce in modo specifico le ipotesi nelle quali possa avvenire.

 

Secondo il comma 1 dell’articolo 412 del codice di procedura penale, l’avocazione deve essere obbligatoriamente esercitata, in seguito all’inerzia del pubblico ministero, nelle uniche due ipotesi qui indicate.

Quando lo stesso non provveda ad esercitare l’azione penale oppure a richiedere l’archiviazione entro i termini che la legge stabilisce oppure che vengano prorogati dal giudice.

Per consentire un controllo sulla presenza dei motivi di giustificazione del ricorso all’avocazione da parte del procuratore generale, viene stabilito che il potere venga esercitato “con decreto motivato”.

Il comma 2 dello stesso articolo, prevede che il procuratore generale può disporre in modo facoltativo l’avocazione in seguito alla comunicazione della fissazione dell’udienza in camera di consiglio disposta dal giudice a norma dell’articolo 409 comma 2 del codice di procedura penale.

Anche allo scopo di consentire al procuratore l’esercizio d’ufficio dell’avocazione delle indagini, l’articolo 127 delle disposizioni di attuazione dispone che la segreteria del pubblico ministero deve trasmettere, ogni settimana, al procuratore generale presso la corte d’appello, un elenco delle notizie di reato pendenti, contro persone note,  in relazione alle quali non è stata ancora né esercitata l’azione penale né richiesta l’archiviazione nei termini di legge oppure dei termini che il giudice ha provveduto a prorogare.

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