Le imprese con meno di quindici lavoratori devono comunque dichiarare l’inapplicabilità della norma alla propria struttura

Lazzini Sonia 29/03/07
Scarica PDF Stampa
le imprese concorrenti non tenute all’osservanza della normativa a tutela dei disabili, lungi dall’essere esonerate dal comunicare all’Amministrazione la propria posizione nei riguardi della disciplina di cui all’art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68, sono comunque tenute a trasmettere, anch’esse al momento della presentazione della domanda, la dichiarazione che attesti l’inapplicabilità alla loro impresa della normativa citata
 
La regolarità per la legge sui disabili
 
Anche se il bando non contiene esplicite richieste relative alla dichiarazione sulla regolarità delle norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, i partecipanti sono comunque tenuti ad attenersi a quanto prescritto dall’art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68
 
 
Il Consiglio di Stato con la decisione n. 3148 del 14 maggio 2004 ci offre due importanti insegnamenti per quanto concerne la dichiarazione che i partecipanti devono rendere in sede di offerta a fronte della norma contenuta nell’art. 17 della legge 12 marzo 1999 n. 68 a tutela dei lavoratori disabili
 
1.      Il rispetto della normativa a tutela dei disabili deve essere dichiarato al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara
 
2.      Anche le imprese concorrenti non tenute all’osservanza della normativa a tutela dei disabili, lungi dall’essere esonerate dal comunicare all’Amministrazione la propria posizione nei riguardi della disciplina in parola, sono comunque tenute a trasmettere, anch’esse al momento della presentazione della domanda, la dichiarazione che attesti l’inapplicabilità alla loro impresa della normativa citata
 
Sottolineano infatti i giudici di Palazzo Spada che:
 
Scopo della disposizione in esame non è solo quello di garantire all’amministrazione la conclusione del contratto con un’impresa che osserva la normativa sul diritto al lavoro dei disabili, ma anche quello di assicurare e di perseguire il rispetto di quest’ultima; finalità che si raggiungono, in forza di quanto disposto dall’art. 17 della l. n. 68/1999, imponendo comunque di dichiarare "di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili", anche se l’impresa non rientra nei casi previsti dall’art. 3 della l. n. 68/1999.
 
 
così nella massima ufficiale:
 
Testo massima: Salvo quanto disposto, in tema di certificazione, dagli articoli 5, D.M. 7 luglio 2000, n. 357, e 77-bis, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (e successivamente chiarito dalla circolare. 28 marzo 2003, n. 10/2003 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali), la norma contenuta nell’art. 17 della legge 12 marzo 1999 n. 68 ha un chiaro contenuto di ordine pubblico, e la sua applicazione non viene fatta dipendere dall’inserimento o meno dell’obbligo ivi previsto fra le specifiche clausole di concorso delle singole gare, cosicché il bando che non contenga alcun riferimento agli obblighi derivanti dalla norma legislativa anzidetta, deve intendersi dalla stessa comunque integrato, nel senso che il rispetto della normativa a tutela dei disabili deve essere attestato al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara e le imprese concorrenti non tenute all’osservanza della normativa a tutela dei disabili, lungi dall’essere esonerate dal comunicare all’Amministrazione la propria posizione nei riguardi della disciplina in parola, sono comunque tenute a trasmettere, anch’esse al momento della presentazione della domanda, la dichiarazione che attesti l’inapplicabilità alla loro impresa della normativa citata.
 
 
A cura di Sonia Lazzini
 
 
REPUBBLICA ITALIANA    N. 3148/04REG.DEC.
 
         IN NOME DEL POPOLO ITALIANO    N. 4329 REG.RIC.
 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,   Quinta Sezione      ANNO 2003
 
ha pronunciato la seguente
 
DECISIONE
 
Sul ricorso in appello n. 4329/2003 del 16/05/2003, proposto dal
 
COMUNE DI ACERRA in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’Avv. Gherardo Marone, con domicilio eletto in Roma, Viale Angelico 38, presso Luigi Napolitano contro
 
– Soc. **** s.r.l., in persona del legale rappresentate in carica, rappresentata e difesa dall’Avv. Maurizio Zoppolato, con domicilio eletto in Roma, Via del Mascherino 72,
 
– **** s.a.s., non costituitasi;
 
per la riforma
 
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione I n.2780/2003, resa tra le parti, concernente servizio di concessione delle lampade per il cimitero comunale;
 
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
 
Visti gli atti di costituzione in giudizio di **** s.r.l.
 
Viste le memorie difensive;
 
Visti gli atti tutti della causa;
 
Alla pubblica udienza del 3 febbraio 2004, relatore il Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani ed uditi, altresì, gli avvocati Marone e Zoppolato;
 
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
 
F ATTO   E   DIRITTO
 
      1.1. Con sentenza n. 2780 del 21 marzo 2003, la Sezione Prima del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania ha accolto il ricorso – per l’annullamento dell’aggiudicazione alla **** s.a.s. del servizio di concessione delle lampade votive presso il cimitero comunale di Acerra, e con essa, ogni altro atto ad esso preordinato, presupposto, consequenziale e/o connesso, con particolare riferimento al verbale dell’11.11.2002 ed agli atti di verifica della congruità dell’offerta della predetta aggiudicataria – proposto dalla **** s.r.l., ultima classificatasi nella gara in questione, sulla base del primo motivo di impugnazione, con il quale la ricorrente (unica ad avere inserito nel plico relativo alla documentazione, anche la dichiarazione contemplata dall’art. 17 della L. 12 marzo 1999 n. 668 a tutela dei disabili e la corrispondente certificazione) contestava l’ammissione alla procedura di tutte le altre imprese (fra cui l’aggiudicataria) che, al contrario, non avevano prodotto né la dichiarazione di cui sopra né la certificazione prescritte dall’art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68.
 
      Il giudice di primo grado:
 
     – ha ritenuto ininfluente la mancata previsione, nel bando di gara e nella lettera di invito, della prescrizione anzidetta e la circostanza ulteriore della successiva produzione effettuata dall’aggiudicataria; l’inderogabilità della norma anche nella ipotesi di imprese non soggette alla disciplina dettata in tema di tutela del diritto al lavoro dei disabili (tenute, in tal caso a presentare, con la domanda, la documentazione negativa);
 
     – ha annullato gli atti impugnati, facendo tuttavia salvo il potere di autotutela dell’Amministrazione sulla considerazione del carattere pressoché generale della rilevata causa di esclusione, riguardante tutte le imprese partecipanti, con la sola esclusione della ricorrente, peraltro classificatasi ultima.
 
      1.2. La sentenza è appellata dal Comune di Acerra, il quale ne deduce l’erroneità, sulla base di tre motivi intesi a confutare punto per punto il procedimento logico-giuridico sulla cui base il giudice di primo grado è pervenuto alle proprie conclusioni:
 
     – il bando, in quanto lex specialis , conterrebbe le sole norme cogenti applicabili al caso di specie, né potrebbe ritenersi automaticamente integrato dalla prescrizione della legge n. 68/99, dal momento che l’art. 1339 cod. civ. non troverebbe applicazione alle pubbliche gare, e in ogni caso, il mancato inserimento della prescrizione fra le clausole del bando avrebbe comportato una illegittimità del bando medesimo che (non impugnato) non avrebbe potuto essere disapplicato;
 
     – in ogni caso, dichiarazione e certificazione in parola dovrebbero considerarsi come necessarie nella fase di stipula del contratto e non anche come presupposto per l’ammissione alla gara, e, per il suddetto profilo, dovrebbe considerarsi sufficiente che l’aggiudicataria abbia assolto il relativo obbligo, dando prova di essere in regola con gli obblighi di cui al citato art. 17 L. n. 68 del 1999, successivamente alla aggiudicazione;
 
     – infine, il giudice di primo grado non avrebbe tenuto nella debita considerazione la non soggezione agli obblighi derivanti dal più vote citato art, 17 L. n. 68, delle imprese, che, come l’aggiudicataria occupano non più di quattordici dipendenti.
 
     Su tali basi, la sentenza appellata andrebbe riformata nel senso della reiezione del ricorso di primo grado.
 
     1.3. Si è costituita l’originaria ricorrente che resiste all’appello, con ampia argomentazione, riproponendo, in ogni caso, in questa sede, gli ulteriori motivi, dedotti in primo grado, ed intesi a contestare, altresì, l’ammissione alla gara delle generalità dei controinteressati, (ivi compresa l’aggiudicataria), per non avere gli stessi prodotto, con la domanda, i certificati dei carichi pendenti e del casellario giudiziale, in originale, e l’omessa valutazione delle anomalie delle offerte.
 
     Successivamente, depositate le parti ulteriori scritti difensivi, la causa, chiamata alla pubblica udienza del 3 febbraio 2004, è stata trattenuta in decisione.
 
     2. L’appello è infondato.
 
     La questione controversa si incentra, innanzitutto, sulla interpretazione ed applicazione dell’art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68, che testualmente dispone nel senso che “le imprese, sia pubbliche sia private, qualora partecipino a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, sono tenute a presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme della presente legge, pena l’esclusione".
 
     Salvo quanto disposto, in tema di certificazione, dagli articoli 5, D.M. 7 luglio 2000, e 77-bis, D.P.R. 28 dicembre 2000, n 445 (e successivamente chiarito dalla circolare 28 marzo 2003, n. 10/2003 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali), la norma in parola ha un chiaro contenuto di ordine pubblico, e la sua applicazione non viene fatta dipendere dall’inserimento o meno dell’obbligo ivi previsto fra le specifiche clausole di concorso delle singole gare, cosicché il bando, che non contenga alcun riferimento agli obblighi derivanti dalla norma legislativa anzidetta, deve intendersi dalla stessa comunque integrato, ponendosi tutt’al più un problema di illegittimità della clausola del bando che espressamente disponga in difformità.
 
     In tal senso deve ritenersi coerente il richiamo contenuto in sentenza all’art. 1339 c.c. e fuor di luogo gli argomenti oppositivi sollevati al riguardo, in appello, dal Comune, con il primo motivo di impugnazione.
 
     L’orientamento prevalente ed ora consolidato, della Sezione, è nel senso che il rispetto della normativa a tutela dei disabili deve essere dichiarato al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara e che le imprese concorrenti non tenute all’osservanza della normativa a tutela dei disabili, lungi dall’essere esonerate dal comunicare all’Amministrazione la propria posizione nei riguardi della disciplina in parola, sono comunque tenute a trasmettere, anch’esse al momento della presentazione della domanda, la dichiarazione che attesti l’inapplicabilità alla loro impresa della normativa citata (per tutte, Sez. V, n. 3733 del 6 luglio 2002).
 
     Da tale orientamento la Sezione non ha ora ragione di discostarsi, dovendosene condividere la logica esegetica, e non avendo, l’attuale appellante, aggiunto, nelle proprie difese, argomenti che non abbiano costituito oggetto di approfondito esame giurisprudenziale.
 
     Scopo della disposizione in esame non è solo quello di garantire all’amministrazione la conclusione del contratto con un’impresa che osserva la normativa sul diritto al lavoro dei disabili, ma anche quello di assicurare e di perseguire il rispetto di quest’ultima; finalità che si raggiungono, in forza di quanto disposto dall’art. 17 della l. n. 68/1999, imponendo comunque di dichiarare "di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili", anche se l’impresa non rientra nei casi previsti dall’art. 3 della l. n. 68/1999.
 
     Sul punto é stato osservato, anche da altra Sezione giurisdizionale di questo Consesso (per tutte, Sezione VI, 21 luglio 2003, n. 4202), che, diversamente opinando, si dovrebbe richiedere all’amministrazione di andare a verificare, in mancanza della dichiarazione, se l’impresa occupi un numero di lavoratori tali da esentarla dall’assunzione dei disabili; il che, non solo non è conforme alla lettera dell’art. 17 della l. n. 68/1999, ma è anche contrario a principi di economicità ed efficacia dell’attività amministrativa (artt. 97, comma 1, della Cost. e 1 della l. 7 agosto 1990, n. 241).
 
     Non si rinvengono principi contrari a quanto sopra specificato, nella decisione 23 novembre 2002 n. 6440 della Sezione IV giurisdizionale, sostanzialmente conforme all’orientamento segnalato, sia pure con le particolarità richieste dalla fattispecie decisa.
 
     La citazione, nella decisione da ultimo citata, dell’orientamento secondo cui l’art. 17 L. 12 marzo 1999 n. 68 va interpretato nel senso che, ai fini della partecipazione alla gara d’appalto di opere pubbliche, è sufficiente che venga resa (a pena di esclusione) la dichiarazione attestante che l’impresa è in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili e che solo nell’ ipotesi di aggiudicazione provvisoria, l’ impresa aggiudicataria deve essere invitata a certificare, sempre a pena di esclusione, l’ottemperanza alle norme medesime tramite i competenti uffici (Sez. V, n. 2020/02 del 17 aprile 2002), non introduce, nel presente giudizio, elementi di conflitto sui quali, la Sezione sia tenuta, in questa sede, a rimeditare il proprio orientamento.
 
     Ci si trova in presenza di un caso, infatti, in cui non soltanto non è stata presentata, a tempo debito, la certificazione dell’Ufficio (ora surrogabile da autocertificazione, a norma del citato art. 77-bis, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e non più richiesta alle imprese con non più di 14 dipendenti), ma neppure la dichiarazione del legale rappresentante.
 
     Tanto è di per sé sufficiente a fare condividere le valutazioni di invalidità espresse dal giudice di primo grado ed il percorso motivazionale da cui è sorretta la sentenza appellata.
 
     L’appello, pertanto deve essere respinto, non dovendosi dare corso all’esame delle censure assorbite ed in questa sede riproposte dall’originario ricorrente.
 
     Le spese del giudizio possono essere interamente compensate fra le parti. 
 
P.   Q.   M.
 
      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe;
 
      Compensa interamente fra le parti le spese del giudizio;
 
      Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
 
      Così deciso in Roma, addì 3 febbraio 2004, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in camera di consiglio con l’intervento dei seguenti Magistrati:
 
Raffaele IANNOTTA    PRESIDENTE
 
Giuseppe FARINA    CONSIGLIERE
 
CorradoALLEGRETTA    CONSIGLIERE
 
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI CONSIGLIERE
 
Claudio MARCHITIELLO   CONSIGLIERE
 
 
L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE
 
F.to Chiarenza Millemaggi Cogliani    F.to Raffaele Iannotta
 
IL SEGRETARIO
 
F.to Francesco Cutrupi
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 
Il 14 maggio 2004
 
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
 
IL DIRIGENTE
F.to Antonio Natale

Lazzini Sonia

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento