Le deleghe in condominio: alcune utili soluzioni interpretative

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Secondo l’articolo 67 disp att. c.c. ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta. Se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale.

Naturalmente, in mancanza di espressi divieti contenuti nel regolamento condominiale chiunque può rappresentare un condomino in assemblea, sia esso un altro condomino, un familiare, il conduttore, una persona estranea alla compagine condominiale; nulla esclude, poi, che i delegati possano rappresentare più condomini, a meno che non vi sia un’apposita disposizione del regolamento che tenda ad evitare che si faccia incetta di voti.

In ogni caso il proprietario che non vuole partecipare all’assemblea non potrà, in caso di più unità immobiliari a lui riferite, delegare soggetti diversi rappresentanti ognuno una testa ed i millesimi corrispondenti all’unità indicata nella delega: in altre parole la delega non è frazionabile (nè il delegato non può a sua volta delegare).

Si deve considerare poi che all’amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea.

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La delega via mail è possibile?

Una decisione recente ha trattato la vicenda di una condomina che ha si è rivolta al Tribunale per richiedere l’annullamento di alcune delibere che riteneva invalide, tra l’altro, per un vizio relativo alla delega che lei stessa aveva conferita ad altro condomino; in particolare l’attrice considerava la delega in questione invalida perché inviata via mail e, quindi, priva di sottoscrizione. Secondo il Tribunale adito però la legge non vieta di poter utilizzare la posta elettronica per conferire una delega, fermo restando che la stessa deve indicare in modo specifico, oltre all’oggetto del conferimento anche il soggetto delegato, requisiti che lo stesso giudice ha ritenuto pienamente integrati nella specie sottoposta al suo esame (Trib. Roma 4 gennaio 2021, n.78).

Se un condomino ha deleghe in eccesso, la delibera è sempre invalida?

La ratio dell’articolo 67 disp. att c.c. è quella di evitare l’accaparramento di deleghe e conservare all’assemblea un suo oggettivo significato in merito alla formazione della volontà dei condomini. Di conseguenza la clausola del regolamento di condominio volta a limitare il potere dei condomini di farsi rappresentare nelle assemblee è inderogabile, in quanto posta a presidio della superiore esigenza di garantire l’effettività del dibattito e la concreta collegialità delle assemblee, nell’interesse comune dei partecipanti alla comunione, considerati nel loro complesso e singolarmente. E’ invitabile, quindi, che la partecipazione all’assemblea di un rappresentante fornito di un numero di deleghe superiore a quello consentito dal regolamento suddetto, comportando un vizio nel procedimento di formazione della relativa delibera, dia luogo ad un’ipotesi di annullabilità della stessa, senza che possa rilevare il carattere determinante del voto espresso dal delegato per il raggiungimento della maggioranza occorrente per l’approvazione della deliberazione (Trib. Roma 6 novembre 2020, n. 15497).

Come si calcola il limite del quinto previsto dalla legge?

Come detto l’articolo 67 disp. att. c.c. prevede che nei caseggiati con più di venti condomini, il delegato non possa rappresentare più di un quinto di essi e del valore proporzionale dell’edificio. Nel calcolo del quinto non va conteggiata anche la quota millesimale del delegato. Come è stato recentemente osservato la disposizione sopra detta si limita a prevedere che il delegato non può “rappresentare” più di un quinto dei condòmini e del valore proporzionale, riferendosi ai condomini dai quali ha ricevuto la delega e non alla propria quota di cui egli è titolare (Trib. Roma 9 luglio 2020, n. 9989).

I limiti previsti dall’articolo 66 disp. att c.c. devono essere superati entrambi?

E’ incerto se l’articolo 66 disp. att. cc. sia violato al superamento di una soltanto delle soglie prevista dalla norma o se invece occorra che sia il numero dei condomini che il valore dei millesimi sia superiore ad un quinto. Secondo l’interpretazione più aderente al dato normativo e più in linea con la ratio della norma il divieto dovrebbe scattare quando entrambi i suindicati valori siano oltrepassati; in altre parole si dovrebbe ritenere che l’uso della congiunzione “e” da parte del legislatore sia chiaramente indicativa della volontà di accumunare entrambe le soglie citate. Del resto, c’è almeno un altro caso in cui il legislatore ha espresso in modo del tutto analogo la medesima volontà ed è rappresentato dal comma 2 dell’art. 1136 c.c. secondo cui “sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti “e” almeno la metà del valore dell’edificio”. L’interpretazione in oggetto, d’altra parte, è quella preferibile anche considerando che, diversamente opinando, si arriverebbe all’assurdità di ritenere che, se un condomino di un edificio con oltre venti condomini possedesse più di 200 millesimi, non potrebbe mai delegare nessuno a rappresentarlo in assemblea, il che ovviamente rappresenterebbe una grave compromissione del diritto all’espressione di voto in assemblea.

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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