L’azione di recupero delle retribuzioni

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In punto di diritto è legittima, in sede di giudizio incardinato dal lavoratore per ottenere il pagamento delle proprie retribuzioni per il lavoro prestato, l’applicazione della cosiddetta compensazione atecnica, che opera allorché i rispettivi crediti e debiti delle parti abbiano origine da un unico rapporto, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese comporta un accertamento che ha la funzione di individuare il reciproco dare ed avere senza che sia necessaria la proposizione di un’apposita domanda riconvenzionale o di un’apposita eccezione di compensazione.

Il principio di diritto è stato affermato dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Civile, con l’ordinanza del 9 aprile 2018, n. 8687, mediante la quale ha rigettato il ricorso e confermato quanto già deciso, nel caso de quo, dalla Corte d’appello di Roma.

La vicenda

La pronuncia in esame ha avuto origine dal fatto che la Corte di appello di Roma, con la sentenza n. 93XX/2011, respingeva il gravame proposto da FLAVIO avverso la decisione del Tribunale di Roma che aveva revocato il decreto ingiuntivo emesso in favore del predetto per il pagamento della somma di euro 23.254,78 a titolo di mancate retribuzioni da parte della società Fantasia Internazionale, ritenendo esistente un controcredito di quest’ultima società.

Il giudice d’appello, inoltre, aveva rigettato la domanda riconvenzionale di Flavio intesa all’accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro ed al pagamento delle differenze retributive, oltre che al risarcimento del danno ove riconosciuto il rapporto dirigenziale e, in subordine, ove riconosciuto un rapporto di lavoro impiegatizio, alla riammissione in servizio, con pagamento delle retribuzioni perdute a causa della illegittima estromissione con licenziamento orale.

La Corte d’appello, alla stregua delle non contestate risultanze documentali e della valutazione della espletata prova per testi, riteneva confermato il prelievo indebito da parte di Flavio dal conto corrente intestato alla Società per spese personali e correttamente operata dal primo giudice un’operazione di confronto tra poste di dare – avere tra le parti, con autonomo accertamento contabile.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Flavio sulla base di due motivi.

I motivi di ricorso

Per quanto è qui di interesse, il ricorrente con il primo motivo, denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 1241, 1243, 1246 c.c. e 545, 4° co, c.p.c., sostenendo che, qualora uno dei crediti contrapposti trovi origine in un rapporto di lavoro, la compensazione sia possibile entro il limite di 1/5 e che impropriamente nella specie la Corte d’appello avrebbe escluso l’operatività di tale istituto pure in presenza di debiti contratti dal ricorrente esulanti dal rapporto di lavoro avuto con la società, in quanto riferiti alla sottrazione indebita di somme dal conto corrente della società gestito dal ricorrente, e rilevandosi che la compensazione non poteva operare in quanto la somma opposta in compensazione non era né liquida né esigibile, essendo riferita genericamente a circa 25.000,00 euro.

La decisione

La Corte di Cassazione, mediante la menzionata ordinanza n. 8687/2018, ha ritenuto il motivo non fondato ed ha rigettato il ricorso.

Sul punto controverso la Suprema Corte precisa che nel caso in esame deve ritenersi configurabile la cosiddetta compensazione atecnica, che opera allorché i rispettivi crediti e debiti delle parti abbiano origine da un unico rapporto – la cui identità non è peraltro esclusa dal fatto che uno dei crediti abbia natura risarcitoria derivando da inadempimento -, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese comporta un accertamento che ha la funzione di individuare il reciproco dare ed avere senza che sia necessaria la proposizione di un’apposita domanda riconvenzionale o di un’apposita eccezione di compensazione (cfr. Corte di Cassazione, 29.8.2012 n. 14688).

A dire della Corte tale compensazione atecnica è stata operata nel caso considerato in presenza dei presupposti richiesti per la sua valida applicazione.

In tema di compensazione si segnala Corte di Cassazione, Sezione II Civile, ordinanza del 20 febbraio 2018, n. 4056, la quale ha precisato che come evidenzia la dottrina e anche la giurisprudenza di legittimità, il nostro sistema normativo consente di distinguere una
compensazione cc.dd. propria ed una compensazione cc.dd. impropria (anche detta atecnica o contabile).

Si ha compensazione in senso proprio, quando i contrapposti crediti e debiti delle parti scaturiscono da autonomi rapporti giuridici,
cioè, le reciproche obbligazioni non risultano legate da nesso di sinallagmaticità.

Deve, invece, ritenersi compensazione impropria quando i rispettivi diritti scaturiscono dal medesimo rapporto contrattuale da cui è sorto il relativo debito (Corte di Cassazione, n. 19208 del 2011). Con la specificazione che in quest’ultimo caso, la valutazione delle reciproche pretese comporta, semplicemente, l’accertamento del dare e avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza.

Tale accertamento (compensazione ‘impropria’), pur potendo dare luogo ad un risultato analogo a quello della compensazione propria, non è soggetta alla relativa disciplina tipica, sia processuale (il divieto di applicazione d’ufficio da parte del giudice ex art. 1242 c.c., comma 2) che sostanziale (l’arresto della prescrizione ex art. 1242 c.c., comma 2 e la incompensabilità del credito ex art. 1246, cod. civ.).

Come è stato già detto, e come è stato chiarito dalla Corte in altra occasione (Corte di Cassazione, n. 7624 del 2010), l’istituto della compensazione presuppone l’autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, mentre è configurabile la cosiddetta compensazione impropria, allorché i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese importa, soltanto, un semplice accertamento contabile di dare ed avere, potendo il giudice procedere, a tal fine, anche in assenza di eccezione di parte o della proposizione di domanda riconvenzionale, senza, però, essere investito di poteri officiosi d’indagine quanto all’esistenza dei rispettivi crediti e permanendo l’onere di allegazione e prova delle rispettive voci di credito a carico della parte interessata, nel rispetto del principio del contraddittorio.

In tema di compensazione atecnica nel rapporto tra lavoratore e datore di lavoro è intervenuta anche Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Civile, con la sentenza del 11 aprile 2016, n. 7041, la quale, in relazione ad una doglianza riferita al rigetto della domanda riconvenzionale
che veniva dichiarata inammissibile, precisava che “il giudice di secondo grado, infatti, ha preso in considerazione la fattispecie della compensazione atecnica – che sussiste allorché i crediti abbiano origine da un unico rapporto, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese comporta l’accertamento del dare e avere, senza che sia necessaria la proposizione di un’apposita domanda riconvenzionale o di un’apposita eccezione di compensazione (peraltro richiamando il precedente di Corte di Cassazione, n. 14688 del 2012)- ma ha affermato che la genericità della deduzione della società, effettuata con la memoria di costituzione, non consentiva di configurare la cosiddetta compensazione atecnica, per la quale era necessario verificare che i rispettivi crediti e debiti avessero origine dall’unico rapporto di lavoro”.

Come pure merita menzione, in materia, la sentenza della Corte di Cassazione, Sezione III Civile, del 13.8.2015 n. 16800, la quale ha stabilito che “In tema di estinzione delle obbligazioni, è configurabile la cosiddetta compensazione atecnica allorché i crediti abbiano origine da un unico rapporto – la cui identità non è esclusa dal fatto che uno di essi abbia natura risarcitoria derivando da inadempimento, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese comporta l’accertamento del dare e avere, senza che sia necessaria la proposizione di un’apposita domanda riconvenzionale o di un’apposita eccezione di compensazione, che postulano, invece, l’autonomia dei rapporti ai quali i crediti si riferiscono”.

Vai al testo integrale dell’ordinanza

 

Avv. Mancusi Amilcare

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