Legge di bilancio 2023: sgravi per lavoratori svantaggiati

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Lavoratori svantaggiati: a quali condizioni possono fruire degli sgravi contributivi?
“La condizione dell’«alleggerimento» (recte dell’esenzione) dei contributi previdenziali relativi ai lavoratori svantaggiati richiede il rispetto di una proporzione, in termini di assunzioni, che rileva unicamente tra rapporti di analogo contenuto e con il medesimo
regime contributivo”.

Corte di Cassazione -sez. Lav.- sentenza n. 33130 del 10-11-2022

Indice

1. La vicenda

I giudici d’appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, escludevano il diritto della società Alfa (appellata) a beneficiare delle agevolazioni contributive di cui all’art. 3, comma 4, della legge n. 381/1991 per i mesi di ottobre, novembre e dicembre 2001, nonché per gli anni 2002, 2003 e 2004, con condanna della stessa al pagamento della complessiva somma di euro 42.376,72 a titolo di contributi, oltre interessi e somme aggiuntive.
 Secondo i giudici del gravame, la predetta società non aveva diritto allo sgravio contributivo per i lavoratori svantaggiati: difatti, la Corte distrettuale sosteneva che, al fine di godere del beneficio domandato, i lavoratori svantaggiati dovevano rappresentare almeno il 30% dei lavoratori della cooperativa e tale proporzione non era stata rispettata.

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2. La censura

A questo punto, la società Alfa si rivolgeva alla Suprema Corte deducendo la violazione e la falsa applicazione dell’art. 4, commi 2 e 3, della L. n. 381 del 1991.
La società ricorrente censurava l’interpretazione della Corte territoriale relativamente all’individuazione del numero dei lavoratori che devono costituire la base di calcolo della percentuale del 30% ai fini del beneficio invocato.

3. La pronuncia della Suprema Corte

Nel ritenere la censura fondata, la Suprema Corte richiamava innanzitutto l’art. 1, comma 1, della L. n. 381/1991, secondo cui “Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso: a) la gestione dei servizi socio-sanitari ed educativi; b) lo svolgimento di attività diverse -agricole, industriali, commerciali o di servizi- finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate”.
 I giudici di legittimità sottolineavano che la Legge n. 381 del 1991 ha lo scopo di promuovere l’avviamento e l’integrazione lavorativa di coloro che si trovavano in posizione di svantaggio sociale; tale finalità è perseguita mediante la possibilità di impiegare le persone svantaggiate ad un costo più basso rispetto a quello ordinariamente necessario per l’instaurazione di rapporti di lavoro della stessa tipologia e gli sgravi, come pure gli altri interventi di fiscalizzazione degli oneri sociali, riducono il costo del lavoro.
 Per gli Ermellini, “La condizione dell’«alleggerimento» (recte dell’esenzione) dei contributi previdenziali relativi ai lavoratori svantaggiati richiede
il rispetto di una proporzione, in termini di assunzioni, che rileva
unicamente tra rapporti di analogo contenuto e con il medesimo
regime contributivo”
.
 Era errata la motivazione della sentenza impugnata per non aver valutato che, in un’ottica di sgravi contributivi, la legge n. 381 del 1991 mai
avrebbe potuto considerare, quale parametro di riferimento, un
montante contributivo inclusivo dei lavoratori cd. parasubordinati, in quanto solo successivamente, ossia con la
legge 8 agosto 1995 n. 335, il legislatore avrebbe istituito una Gestione
separata presso l’Inps rivolta, non soltanto ai lavoratori autonomi
sprovvisti di una cassa previdenziale di appartenenza, ma anche ai titolari
di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, al fine di offrire loro una copertura previdenziale pubblica, poiché figure professionali sempre più emergenti nel mercato del lavoro
.
 I giudici di legittimità concludevano affermando che “Agli effetti del beneficio contributivo di cui all’art. 4, comma 3, della legge nr. 381 del 1991, la condizione
di cui comma 2 è soddisfatta se «le persone svantaggiate di cui
al comma 1» costituiscono «almeno il trenta per cento dei
lavoratori subordinati della cooperativa»”
.
 Pertanto, il Tribunale Supremo accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava alla Corte d’appello in diversa composizione.

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