L’atto di destinazione e separazione patrimoniale patrimoniale. L’inammissibilita’ del negozio di autodestinazione

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L’articolo 2740 c.c. afferma che “il debitore risponde dell’inadempimento dell’obbligazione assunta con tutti suoi beni presenti e futuri”. Al secondo comma dichiara che “le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge”.

La norma si atteggia a regola generale, attraverso la quale è garantita la massima forma di tutela per il creditore.

In virtù dei precetti sanciti dall’articolo 2740 c.c., di unicità del patrimonio e di responsabilità universale del debitore, le ipotesi di separazione e destinazione patrimoniale costituiscono un’eccezione: tali fenomeni sono consentiti solo nei casi previsti dalla legge.

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L’art. 2645 ter come eccezione

L’articolo 2645 ter costituisce una delle ipotesi di eccezione: è norma che consente in virtù dell’autonomia privata l’esercizio di un potere di destinazione e separazione patrimoniale, disciplinando i requisiti necessari dell’atto di destinazione ai fini della sua trascrizione e quindi della sua opponibilità nei confronti dei terzi. La disposizione, però, non ne disciplina il contenuto sostanziale.

Per questo motivo secondo parte della dottrina la norma a carattere ricognitivo: non introduce un tipo di negozio di destinazione, ma presuppone un negozio sottostante idoneo a produrre gli effetti relativi alla trascrizione previsti dalla disposizione stessa.

Al contrario, secondo tesi maggioritaria, l’articolo introduce una figura tipica di negozio di destinazione, una nuova figura di patrimonio destinato, il cui contenuto è liberamente determinabile dalle parti, mentre la struttura è indicata dalla norma.

La disposizione, infatti, oltre a consentire la trascrizione dell’atto, ne prevede la disciplina sostanziale.  La forma pubblica, dell’atto pubblico, è richiesta ad substantiam, secondo autorevole dottrina, proprio in virtù dello scopo dell’atto o delle sue conseguenze. Oggetto è costituito da beni immobili e mobili registrati, per una durata massima di novanta anni ovvero per la vita della persona fisica beneficiaria. La causa è costituita da un interesse meritevole alla luce dei principi costituzionali riferibili a persone fisiche o enti. I soggetti legittimati ad agire per permettere il rispetto del vincolo di destinazione sono individuati nel conferente e in qualsiasi altro soggetto interessato. Infine, gli effetti consistono nella funzionalizzazione del diritto di proprietà, in quanto beni conferiti e frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione, e nella specializzazione della responsabilità patrimoniale, per cui gli stessi beni e frutti possono essere oggetto di esecuzione solo per i debiti contratti per lo scopo di destinazione.

L’art. 2645 ter descrive una forma di destinazione statica, che non produce effetti traslativi della proprietà. Nonostante la norma richiede la presenza di almeno un beneficiario, il negozio unilaterale non realizza una traslazione, piuttosto è un atto con formativo attraverso il quale il proprietario modifica la disciplina legale della proprietà per attuare lo scopo della destinazione.

L’inammissibilità del negozio di autodestinazione patrimoniale alla luce dell’art. 2645 ter

In virtù di quanto previsto dalla norma di cui all’art. 2645 ter, È da escludersi la configurabilità della figura del negozio di auto destinazione patrimoniale, in cui disponente e beneficiario confluiscono in un unico soggetto.

Se da un lato, formalmente ed apparentemente, potrebbe rispettare taluni requisiti strutturali richiesti, come la forma del negozio, l’unilateralità, la presenza di almeno un beneficiario, la staticità della destinazione, altre ragioni ne ostano l’ammissibilità.

Secondo orientamento maggioritario, la figura in esame costituisce simulazione assoluta e, come tale, ai sensi dell’art. 1414 c.c., non avrebbe effetto tra le parti.

Ulteriore motivazione risiede nel fatto che l’auto destinazione non determina il sorgere di alcun vincolo sul bene. La destinazione patrimoniale, infatti è vincolata al perseguimento di una finalità specifica, legata allo scopo della destinazione stessa, ed ulteriore rispetto agli interessi individuali del proprietario. Colui che esprime il vincolo subisce così limitazioni ai poteri di godimento e disposizione del bene, legati alla sua situazione, ed in funzione di ciò si giustifica anche la conseguente deroga al principio della par condicio creditorum, per cui i beni destinati possono essere aggrediti solo da una determinata categoria di creditori “non di scopo”. Attraverso un negozio di auto destinazione patrimoniale non si verifica alcuna compressione dei poteri del proprietario, in assenza di correlati interessi che siano potenzialmente divergenti.

Inoltre, elemento richiesto dall’art. 2645 ter per la destinazione è la meritevolezza dell’interesse. Parte della dottrina individua la meritevolezza nella liceità, con il conseguente operare dell’ordinario controllo di meritevolezza previsto per i contratti atipici.

Di contro dottrina maggioritaria ravvisa la meritevolezza del perseguimento di interessi altruistici, sociali o solidaristici, in virtù del tenore letterale della norma, che in maniera esemplificativa tratta di interessi riferibili alle pubbliche amministrazioni o a persone con disabilità.

Interesse meritevole è un interesse sociale, idoneo a realizzare i valori fondamentali dell’ordinamento come espressi dalla Carta Costituzionale. Il controllo di meritevolezza è un controllo rivolto allo scopo della destinazione: consente di valutare se questa non sia volta alla realizzazione di un mero effetto protettivo dei beni che ne sono oggetto. Ciò proprio per l’effetto che genera, della limitazione della responsabilità, con sottrazione dei beni alla garanzia dei creditori il cui credito non sia connesso allo scopo della destinazione.

La limitazione della responsabilità in tal senso è ammessa solo per favorire le finalità della destinazione stessa: non è ravvisabile meritevolezza in un negozio di auto destinazione, peraltro in ammissibile. Alla luce di ciò rileva anche come un negozio non meritevole sia nullo per difetto di causa.

Anche muovendo dal dato letterale della norma, che tratta di altri enti o persone fisiche, è possibile giungere alla conclusione dell’inconfigurabilità del negozio di autodestinazione. La disposizione sembrerebbe richiedere che l’interesse sia ascrivibile a soggetti diversi rispetto al disponente, e ciò proprio per evitare la figura dell’autodestinazione stessa, diretta al pericoloso fine di sottrarre i beni ai creditori, o al perseguimento di finalità futili.

L’ulteriore problematica del negozio di atuodestinazione rispetto alla tutela dei creditori

Infine, rispetto ad una figura tale, ulteriore problematica risulta quella della tutela dei creditori.

I beni oggetto di destinazione vanno a costituire un patrimonio separato ed autonomo. Sono quindi sottratti alla garanzia dei creditori che non vantano una ragione di credito connessa allo scopo della destinazione stessa. A questa categoria è quindi preclusa la possibilità di aggredire quei determinati beni.

Diversamente, la possibilità di soddisfarsi sui beni oggetto di destinazione è riconosciuta ai creditori di scopo, i quali hanno a disposizione dell’azione revocatoria e dell’azione esecutiva anticipata.

Nel caso del negozio di auto destinazione, ai fini della tutela delle ragioni creditorie, due potrebbero essere i possibili scenari, che variano in funzione del diverso modo di intendere il negozio stesso.

Attribuendone il valore di simulazione, sarebbe applicabile il relativo regime ex art. 1414 c.c.

Di contro, inteso come negozio nullo perché privo di una causa meritevole di tutela, sarebbe applicabile l’azione di nullità.

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Marcella Biondi

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