La tutela giuridica del diritto alla privacy

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Il termine dell’inglese, traducibile in italiano con riservatezza o privatezza, indica, nel lessico giuridico-legale, il diritto alla riservatezza della vita privata di una persona.
 Il diritto a non essere soggetto a violazioni non autorizzate della privacy da parte del governo, delle società o degli individui fa parte delle leggi sulla privacy di molti Stati del mondo e, in alcuni casi, delle costituzioni.

Indice

1. L’evoluzione del diritto alla privacy

La connotazione odierna di privacy si afferma a seguito della caduta del feudalesimo, dove i secoli XVIII e XIX rappresenterebbero un’era prolifica per il diritto.
Le prime accezioni del termine sono relative a una casistica che tende al negativo, la libertà ottenuta con il concetto di privacy non è associata a una possibilità “di”quanto a una liberazione “da” un qualcosa o qualcuno.
Il periodo è quello della rivoluzione industriale, da intendere non in ottica universale, ma relativo al ceto borghese, ed è evincibile quanto il concetto di privacy si riscopra in ogni contesto, dovendosi interfacciare con altre necessità personali che si affermano.
Il sancire un’impossibilità di ingresso in uno spazio altrui, come sottolineato da Rodotà, funge da snodo culturale fondamentale nell’affermazione della privacy odierna.
In ottica europea si ha una prima formazione del concetto di privato tra XVIII e XIX secolo.
In Germania origina la discussione su una serie di possibilità individuali originanti dal “diritto naturale”, elemento d’influenza della filosofia giuridica tedesca.
Nel 1954 una sentenza del Bundesgerichtshof determina, per la prima volta, un basilare diritto alla personalità.
La discussione di origine germanica si estese nel continente sino a quando in Francia, si arrivò alla legittimazione dei diritti della personalità.
In Italia il concetto venne portato avanti da Adolfo Ravà, docente di Filosofia del diritto.
I punti sollevati da Ravà, anche se paralleli al pensiero tedesco, hanno origine indipendente. Analizzando il Tractatus de potestate in seipsum di Baldassarre Gomez de Amescua, giurista spagnolo del XVI secolo, ne coniuga un “diritto sulla propria persona”, che esclude però una lunga serie di elementi collegati, come diritto d’autore, sul nome, sul marchio.
Successivamente sempre Ravà determinò per analogia legis il diritto alla riservatezza.
I primi casi di violazione si presentano tra gli anni ’50 e ’60.
Un caso significativo è la sentenza emessa dalla Suprema Corte di Cassazione nel 1963.
Il settimanale italiano Il Tempo ottenne attenzione popolare diffondendo una serie di particolari inerenti alla vita intima di Claretta Petacci, amante di Benito Mussolini.
A seguito della constatazione ne scaturì una denuncia da parte della sorella minore della Petacci, Miria di San Servolo.
Nel 1975 anche il Supremo Collegio italiano si adeguò alle controparti europee affermando l’esistenza di un diritto alla riservatezza.
La vicenda scaturì a seguito di controversie con Soraya Esfandiari che fu fotografata, nelle proprie mura domestiche, in atteggiamenti intimi con un uomo.
Riornando all’ottica comunitaria, fu ribadita una serie di provvedimenti:
direttive 95/46/CE, 97/66/CE, e 2002/58/CE.
 In Italia di seguito alla 95/46/CE si ebbe l’istituzione di una figura di garante per la protezione dei dati personali.
Seguì l’emanazione del decreto legislativo n. 196/2003, il quale introdusse nell’ordinamento italiano un autonomo diritto alla protezione dei dati personali, indipendente rispetto alla tutela della sfera intima dell’individuo.
L’estensione europea di questa visione entra in vigore nel 2000, con l’articolo 8, comma 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, detta anche Carta di Nizza, che fa esplicito riferimento al diritto alla protezione dei dati personali.
 Nel 2016 esce il Regolamento generale sulla protezione dei dati che sostituisce la vecchia direttiva, la sua attuazione è avvenuta a distanza di due anni, quindi a partire dal 25 maggio 2018. È composto da 99 articoli e 173 considerando, questi ultimi con solo valore interpretativo. Trattandosi di un regolamento, non necessita di recepimento da parte degli Stati dell’Unione ed è attuato allo stesso modo in tutti gli Stati dell’Unione senza margini di libertà nell’adattamento, tranne per le parti per le quali si prevede espressamente delle possibilità di deroga. 
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2. Descrizione e tutela giuridica

Il concetto si sviluppa sino dall’Antica Grecia, quando, in una serie di trattati filosofici si inizia a scrivere con un “senso di riservatezza”.
Aristotele, nella sua Politica, distingue tra Polis, sfera pubblica dell’individuo, legata alle attività cittadine, e Oikos, sfera privata, associata alla vita domestica.
Viene così stabilito l’ambito personale, distinto da pubblico e politico.
Per gli antichi greci il coinvolgimento da parte degli uomini nella vita pubblica era di fondamentale importanza, parallelamente, però, riconoscevano al singolo la necessità di una sfera propria e riservata, da intendersi come luogo nel quale  occuparsi dei propri bisogni.
L’affermarsi di città-stato significa per l’uomo ricevere una personale vita activa, marcando il discrimine tra ciò che è proprio contro ciò che è comune.
La vita privata è rispettata in quanto considerata elemento necessario a fare scaturire uno stimolo di interesse cittadino.
Ogni uomo che ha proprietà nella città sarà interessato al suo corretto funzionamento.
Durante l’età feudale si espande l’ideale di libertà personale e, successivamente, grazie allo Stato assoluto, quello che separa privato e pubblico viene delineato al punto da originare la sfera del privato.
Riforme religiose e diffusione dell’alfabetizzazione sono tra gli elementi che condizionano fortemente la società occidentale del XVI e XVII secolo.
Questi elementi portano a un mutamento radicale della mentalità sociale, diffondendo un altro costume di appartenenza.
Il concetto di privacy individuale universale è un concetto moderno, principalmente associato alla cultura occidentale, britannica e nordamericana in particolare, ed è rimasto sconosciuto in alcune culture sino a tempi recenti.
La maggior parte delle culture riconosce la capacità degli individui di nascondere alcune parti delle proprie informazioni personali.
Il significato nel tempo, si è evoluto anche in relazione all’evoluzione tecnologica che dai tempi di Warren e Brandeis (fine XIX secolo) è intercorsa.
All’inizio relativo alla sfera della vita privata, negli ultimi decenni ha subito un’evoluzione estensiva, arrivando a indicare il diritto al controllo sulle proprie informazioni personali.
Il significato odierno di privacy, comunemente, è relativo al diritto della persona di controllare che le informazioni alla stessa relative vengano trattate o guardate da altri esclusivamente in caso di necessità.
Il diritto alla privacy non va confuso con il diritto al segreto, anch’esso finalizzato a tutelare un’area riservata della vita privata ma che per qualche motivo comprenda elementi conosciuti da alcune persone e non è interamente sovrapponibile al diritto alla protezione delle informazioni personali, vale a dire, alla protezione da monitoraggio continuo, previsione dei comportamenti, profilazione degli individui, che nasce come corollario del diritto alla riservatezza.
La diffusione di migliori tecnologie a partire dal XXI secolo ha contribuito a un assottigliamento della barriera della privacy, ad esempio la tracciabilità dei telefoni mobili o la relativa facilità a reperire gli indirizzi di posta elettronica delle persone, che può dare luogo, ad esempio, al fenomeno dello spamming, pubblicità indesiderata.
Anche la geolocalizzazione degli smartwatch, combinata con funzioni in questi contenute, come il cardiofrequenzimetro, può impattare in modo significativo sulla privacy, permettendo ad aziende di marketing di monitorare l’utente nelle sue abitudini di consumo e gusti personali attraverso tecniche di pubblicità comportamentale, cioè una raccolta delle informazioni personali degli utenti come mezzo di marketing per proporre pubblicità targetizzate, come evidenziato da Federprivacy nel 2015, e confermato da uno studio condotto dall’Università di Pisa in collaborazione con l’Università dell’Essex, e l’Harvard Medical School.
 La digitalizzazione delle immagini contribuisce a una continua e progressiva riduzione della riservatezza e dà difficoltà nella sua tutela, condividere un’immagine o un video on line su internet comporta la perdita di controllo sul materiale che si inserisce.
Ad esempio il sexting, condivisione di fotografie a carattere erotico prevalentemente sui social network, comporta la completa impossibilità di nasconderla potendo essere scaricata da altri utenti e reimmessa in Rete in qualunque altro momento.
Analoghi inconvenienti sorgono quando ci siano video che in qualche modo siano lesivi della privacy o in qualche modo lesivi di altre persone, soprattutto se di minore età.
Con il regolamento europeo del 2016 si passa da una visione proprietaria dell’informazione, a una visione di controllo, che porta a favorire una maggior libertà nella circolazione dello stesso rafforzando nel contempo i diritti dell’interessato, il quale deve potere sapere se i suoi dati sono utilizzati e in che modo per tutelare lui e l’intera collettività dai rischi che si trovano nel trattamento dei dati.
Le attuali norme prevedono:
per i cittadini un facile accesso alle informazioni che riguardano i loro dati, le e modalità di trattamento e le finalità degli stessi.
Un diritto alla portabilità dei dati.
L’istituzionalizzazione del diritto all’oblio, come previsto dalla Corte di Giustizia europea, che consentirà di chiedere ed ottenere la rimozione dei dati quando viene meno l’interesse pubblico alla notizia.
L’obbligo di notifica da parte delle aziende delle gravi violazione dei dati dei cittadini.
Le aziende dovranno rispondere alla sola autorità di vigilanza dello Stato.
Sanzioni amministrative sino al 4% del fatturato globale delle aziende in caso di violazioni delle norme.

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A cura di Giuseppe Cassano, Enzo Maria Tripodi, Cristian Ercolano | Maggioli Editore 2022

Dott.ssa Concas Alessandra

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