La testimonianza: limiti di ammissibilità e falsa testimonianza

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Un processo sia civile che penale, si evince sulla base di prove senza le quali non è possibile far valere le proprie pretese. Tra le prove, quella più diffusa e utilizzata è la testimonianza. Questa, forse, è il mezzo di prova più antico ma anche quello meno affidabile in quanto più soggetti che si trovano in un posto alla stessa ora e lo stesso giorno e assistono al medesimo fatto, posso rilasciare in base al proprio pensiero o punto di vista, testimonianze differenti. Ma chi sono i soggetti che hanno la capacità di testimoniare? Cosa accade se il teste rilascia testimonianza falsa o reticente?

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Sommario: 1.1. La testimonianza; 1.2 Limiti di ammissibilità della prova testimoniale; 1.3. L’intimazione dei testimoni: testimonianza falsa o reticente;

1.1. La testimonianza

La testimonianza è uno dei mezzi di prova consistente nella dichiarazione resa da un soggetto su fatti dei quali abbia avuto conoscenza. Tale soggetto è detto “testimone o teste.” In sintesi, il testimone, è una persona terza rispetto alle parti in causa che riferisce al giudice i fatti di cui ha conoscenza diretta dei fatti.  Non è infatti consentito al testimone indiretto ovvero a colui che “ha sentito dire” di testimoniare in un processo ed ecco perché si parla di testimone oculare ovvero di colui che è venuto a conoscenza dei fatti direttamente. Solo in via del tutto eccezionale, in un processo viene ammessa la testimonianza indiretta (ad esempio quando il teste ha avuto conoscenza dei fatti saputi da terzi e non dalla parte in causa); in questo caso però le sue dichiarazioni saranno degli indizi e non prove. Nonostante la testimonianza sia uno dei primi mezzi di prova riconosciuti, è anche quello meno attendibile. La testimonianza è considerata poco sicura e non sempre affidabile, non solo per il fatto che le persone possono essere influenzate dalle parti in causa e da personali opinioni che potrebbero portarle a valorizzare alcuni aspetti piuttosto che altri, ma anche perché l’occhio umano, l’orecchio e soprattutto la memoria sono soggetti ad errore. Pensiamo ad esempio a Tizio, Caio e Sempronio che assistono ad un incidente stradale; la loro testimonianza sarà uguale? Sicuramente no perché magari Tizio afferma che l’incidente è avvenuto per una mancata precedenza del conducente y, Caio affermerà che l’incidente è avvenuta per guida distratta del conducente x, e Sempronio dichiarerà che l’incidente è avvenuto perché il conducente “x” voleva evitare di investire un cane che in quel momento attraversava la strada. Ecco spiegato perché la testimonianza è il mezzo meno sicuro e affidabile. Per i motivi sopra spiegati, la testimonianza è infatti rimessa alla discrezionalità del giudice. Il giudice è chiamato a valutare l’attendibilità del teste ed, eventualmente, confrontare ciò che dice con le dichiarazioni degli altri testimoni. Il testimone può dire solo ciò che ha visto o ciò che sa per conoscenze personali e non può esprimere giudizi offensivi né valutazioni. La testimonianza è:

  1. È una tipica prova costituenda ed, a differenza del giuramento e della confessione, non è una prova legale, ma libera.
  2. È una tipica prova costituenda e, a differenza del giuramento e della confessione, non è una prova legale, ma libera

1.2 Limiti di ammissibilità della prova testimoniale

I limiti di ammissibilità della prova testimoniale, sono enunciati nel codice civile agli articoli 2721 e ss. Questo ultimo recita:

La prova per testimoni dei contratti non è ammessa quando il valore dell’oggetto eccede euro 2,58 [233 disp. att.; 244 c.p.c.

Tuttavia l’autorità giudiziaria può consentire la prova oltre il limite anzidetto, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza.”

In sostanza, ciò vuol dire che l’oggetto dell’espediente probatorio della testimonianza deve avere ad oggetto dei fatti reali, non essendo ovviamente possibile una pura interpretazione soggettiva degli eventi raccontati, sotto forma di opinioni, giudizi o valutazioni personali. Al secondo comma invece, la limitazione relativa al valore dell’oggetto opera solamente in tema di contratto, quando questo sia portato nel procedimento quale fonte di diritti ed obblighi e non come mero fatto storico. La giurisprudenza ha però più volte precisato che si tratta senza dubbio di un limite derogabile dal giudice, il quale, ai fini dell’ammissibilità della testimonianza, oltre a rispettare i requisiti di imparzialità e terzietà, è tenuto a vagliare la qualità delle parti, la natura del contratto ed ogni altra circostanza, valutando inoltre anche il mutato valore della moneta. E’ bene notare la “ qualità delle parti”; se infatti, le parti contraenti non sono particolarmente istruite, è verosimile che successive modifiche al documento siano state stipulate verbalmente, e, di conseguenza, potrà essere ammessa la prova per testi; se, invece, le parti contraenti sono composte da persone dotate di un buon livello di istruzione (ad es. due professionisti) è verosimile che eventuali aggiunte al documento siano state fatte per iscritto e, di conseguenza, la prova per testi non sarà ammissibile. Va altresì precisato che non è ammissibile la prova testimoniale per i contratti che richiedono la forma scritta sia ad substantiam (cioè per la validità dell’atto) che ad probationem (cioè come unico mezzo per provare l’esistenza dell’atto); in quest’ultimo caso, però, è possibile provare per testi l’esistenza del contratto solo se, essendo formatosi effettivamente per iscritto, la parte ha senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova. Le suddette regole valgono, oltre che per i contratti, anche per il pagamento e per la remissione del debito. Tale divieto si riferisce, ha precisato la giurisprudenza, “al documento contrattuale, formato con l’intervento di entrambe le parti e racchiudente una convenzione” non operando con riguardo alle dichiarazioni unilaterali. Pensiamo ad esempio ad una quietanza (ricevuta di pagamento che il creditore lascia al debitore). Viceversa, l’art. 2723 c.c. consente la prova per testimoni, soltanto se le aggiunte o le modifiche verbali, avuto riguardo alla qualità delle parti, alla natura del contratto e a ogni altra circostanza, appaiono verosimili. Quindi ai fini di una maggior chiarezza, possiamo dire che:

La prova testimoniale è sempre ammessa (2724 c.c.) quando:

  • Vi è un principio di prova per iscritto, costituito da qualsiasi documento, proveniente dalla persona contro la quale è diretta la domanda o dal suo rappresentante, che dimostri “l’esistenza di un nesso logico tra lo scritto e il fatto controverso” e non già un preciso riferimento allo stesso, essendo sufficiente la “verosimiglianza del secondo, alla stregua di un apprezzamento di merito insindacabile nella sede di legittimità se non sotto il profilo del vizio di motivazione”
  • Il contraente è stato nell’”impossibilità morale o materiale di procurarsi una prova scritta”, sulla base di una valutazione sempre riferita al caso concreto “non potendosi pretendere l’allegazione di circostanze ostative assolute”
  • Quando, infine, il contraente ha “senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova”; a tal fine sono ritenute necessarie per l’ammissibilità della prova testimoniale “la prospettazione e l’esistenza di un fatto positivo consistente nella prestazione della diligenza del buon padre di famiglia nella custodia del documento, cioè di una condotta spoglia di elementi di imprudenza e di negligenza riferibili alle contingenze in cui si è verificata la perdita”

Gravano però sulla parte che ha chiesto l’ammissibilità della prova testimoniale al giudice, sia l’onere della deduzione specifica dei fatti che non può avvenire in modo impreciso o generico, allo scopo di consentire al giudice la valutazione sulla rilevanza e l’ammissibilità della prova e alla controparte di predisporre un’adeguata difesa (Cass. n. 20682/2005; Cass. n. 4056/1989), sia l’onere di indicare le persone da interrogare, rispondente alla duplice ratio di permettere al giudice di ridurre le liste sovrabbondanti eliminando i testi la cui deposizione è vietata (art. 245 c.p.c.) e di porre in condizione la controparte di eccepire eventuali inattendibilità o incapacità.

 

1.3. L’intimazione dei testimoni: testimonianza falsa o reticente

Nel momento in cui viene ammessa la prova testimoniale, verrà fissata anche l’udienza. La parte interessata deve richiedere all’ufficiale giudiziario di notificare l’intimazione al teste a comparire indicando: il luogo, il giorno e l’ora fissati, il giudice che assume la prova e la causa nella quale dovrà essere sentito. Va precisato che, l’intimazione al testimone ammessa su richiesta delle parti private a comparire in udienza, può essere effettuata dal difensore attraverso l’invio di copia dell’atto mediante raccomandata con avviso di ricevimento, a mezzo di telefax o posta elettronica certificata nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. Il difensore che ha spedito l’atto da notificare con lettera raccomandata deve depositarne copia in cancelleria, attestandone la conformità all’originale, nonché l’avviso di ricevimento. E’ compito del giudice istruttore interrogare il testimone sui fatti depositati. Nel caso in cui emergano delle divergenze tra le deposizioni di due o più testimoni, il giudice può disporre che essi siano messi a confronto (molto raro). Cosa accade pero se il testimone rilascia dichiarazioni false o reticenti? In questo caso sarò il GI (giudice istruttore), che lo denuncerà al PM, trasmettendogli copia del processo verbale. Il GI può anche disporre che siano sentiti i testimoni dei quali in precedenza ha ritenuto l’audizione superflua. Ugualmente può disporre che siano nuovamente esaminati i testi già interrogati, al fine di chiarire la loro precedente deposizione o di correggere eventuali irregolarità.

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Carmina Valentino

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