La successione nella quota della società di persone

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Il trasferimento mortis causa nelle Sas

    Indice

  1. Il subentro dell’erede nella società di persone
  2. Le clausole di continuazione societaria
  3. Le clausole di consolidazione
  4. Il trasferimento mortis causa nelle Sas

1. Il subentro dell’erede nella società di  persone

Nelle società di persone (società semplice, Snc, Sas), al fine del subentro degli eredi nella società, è sempre necessario stipulare uno specifico atto notarile, nel cui ambito è possibile procedere all’attribuzione ai singoli eredi di specifiche quote di partecipazione, evitando così l’intestazione congiunta. Nelle società di persone, peraltro, il subentro degli eredi non dipende soltanto dalla volontà del defunto, ma anche da quella degli altri soci (data la rilevanza del rapporto di fiducia che s’instaura tra i partecipanti alla società) e, in caso di assunzione di responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, anche dalla volontà dell’erede stesso. Nelle società di persone la legge stabilisce che, salvo diversa disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società oppure continuarla con gli eredi stessi, con il loro consenso (art. 2284 c.c., riferito alla società semplice ma applicabile a tutte le società di persone in forza dei richiami contenuti negli artt. 2293 c.c. e 2315 c.c.).
La regola generale è dunque quella della liquidazione della quota agli eredi, che avviene sulla base di una situazione patrimoniale riferita al giorno della morte. Gli eredi del socio defunto hanno diritto a una somma di denaro corrispondente al valore della quota. Se ci sono operazioni sociali in corso, gli eredi partecipano anche agli utili o alle perdite inerenti alle operazioni medesime. Il pagamento della somma dovuta agli eredi deve avvenire entro sei mesi dalla morte del socio.
La legge, però, consente ai soci superstiti di optare per lo scioglimento della società, e in tal caso gli eredi del socio defunto parteciperanno alla ripartizione del patrimonio sociale residuo al termine della procedura di liquidazione. I soci superstiti possono, invece, offrire agli eredi del socio defunto la possibilità di entrare a far parte della società. Perché ciò avvenga, però, è necessario il consenso degli eredi, che devono manifestare espressamente la volontà di subentrare nella quota del socio defunto. La necessità del consenso degli eredi deriva dal fatto che l’assunzione della qualità di socio in una società di persone comporta, di regola, la responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, pertanto si ritiene che ciascun erede debba essere messo in condizione di valutare preventivamente l’opportunità di esporre a questo rischio il proprio patrimonio personale. E’ possibile che solo alcuni degli eredi decidano di subentrare nella società, con il consenso dei soci superstiti.
Fa eccezione alla regola generale  la quota di partecipazione del socio accomandante nella società in accomandita semplice (s.a.s.), che per espressa disposizione di legge è trasmissibile per causa di morte (art. 2322 c.c.). Il socio accomandante, infatti, risponde delle obbligazioni sociali solo limitatamente alla quota oggetto di conferimento. La scelta dei soci superstiti per la liquidazione della quota agli eredi, lo scioglimento della società oppure il subentro degli eredi, con il loro consenso, è fatto risultare in uno specifico atto notarile, con conseguente iscrizione nel Registro delle imprese.

2. Le clausole di continuazione societaria

Come abbiamo visto, la legge stabilisce che nelle società di persone, salvo diversa disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società oppure continuarla con gli eredi stessi, con il loro consenso (art. 2284 c.c.). La regola generale è dunque quella della liquidazione della quota agli eredi, ma i soci superstiti possono scegliere di offrire agli eredi di subentrare nella partecipazione del socio defunto. Questa volontà dei soci può essere espressa preventivamente già nell’atto costitutivo della società (o nell’ambito di una modifica successiva), inserendo nei patti sociali una clausola specifica, detta “clausola di continuazione”, con la quale essi si impegnano ad accettare l’ingresso nella società degli eredi del socio defunto. Alla presenza di una clausola di continuazione, alla morte di uno dei soci, gli altri soci sono obbligati ad accettare l’ingresso degli eredi nella società, se gli eredi esprimono questa volontà. Si parla, in questo caso, di “clausola di continuazione facoltativa”, perché gli eredi del socio defunto hanno la facoltà, e non l’obbligo, di entrare nella società, quindi potrebbero anche scegliere la liquidazione della quota in denaro (mentre gli altri soci sono obbligati ad accettare il loro ingresso nella compagine sociale, avendo già espresso la loro volontà nel momento in cui la clausola è stata introdotta nei patti sociali).
Sono stati espressi molti dubbi, invece, sulla validità della cosiddetta “clausola di continuazione obbligatoria”, in base alla quale gli eredi del socio defunto sarebbero obbligati a entrare nella società, e nel caso in cui si rifiutassero, dovrebbero risarcire il danno agli altri soci. Questo tipo di clausola, da molti considerata nulla, di fatto non viene più utilizzata. Nessun dubbio, invece, sulla nullità della cosiddetta “clausola di continuazione automatica”, detta anche “clausola di successione”, che comporterebbe l’assunzione della qualità di socio, da parte degli eredi del socio defunto, come conseguenza dell’accettazione dell’eredità. In questo caso, infatti, gli eredi assumerebbero la qualità di soci illimitatamente responsabili senza una specifica manifestazione di volontà in tal senso.

Clausole di entrata

Differenti dalle clausole di continuazione sono le clausole di entrata, che hanno la funzione di fare entrare in società un soggetto determinato, ma non come effetto di una successione nella titolarità della quota di partecipazione. Infatti, con le clausole di entrata è posto un obbligo in capo ai soci superstiti, tale per cui questi “dopo la liquidazione della quota dell’erede, sono tenuti a far entrare in società un soggetto determinato (che può anche essere l’erede stesso)”.L’ ingresso dell’erede nella società si realizza al di fuori di ogni vicenda successoria, dato che la liquidazione della quota chiude definitivamente il vecchio rapporto sociale ed un nuovo contratto si stipula tra erede e soci superstiti. Le clausole in oggetto, dunque, hanno l’effetto immediato di far nascere il diritto alla liquidazione della quota in capo agli eredi.


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3. Le clausole di consolidazione

Le clausole di consolidazione sono quelle nelle quali si stabilisce che la quota del socio defunto è acquisita dai soci superstiti in proporzione alle rispettive quote di partecipazione alla società.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione, in conformità alla dottrina prevalente, considera nulle, per violazione del divieto dei patti successori, le cosiddette “clausole di continuazione pure”, cioè le clausole che prevedono il diritto dei soci superstiti di acquisire la quota di partecipazione del socio defunto senza riconoscere alcuna liquidazione a favore degli eredi (Cass. 16 aprile 1975, n. 1434; Cass. 17 marzo 1951, n. 685; Cass. 21 aprile 1949, n. 973; Cass. 9 aprile 1947, n. 526).
Sono invece considerate valide le cosiddette “clausole di continuazione impure”, che rappresentano un’espressione delle ipotesi previste dal legislatore, che consente di stabilire, nelle società di persone, che i soci superstiti debbano necessariamente liquidare agli eredi il valore della quota sociale del defunto (art. 2284 c.c.), e nelle società per azioni o società a responsabilità limitata di prevedere nello statuto l’intrasferibilità delle quote a causa di morte, cui consegue l’obbligo di corrisponderne agli eredi il controvalore in denaro (art. 2355-bis c.c. e art. 2469 c.c.).

4. Il trasferimento mortis causa nelle Sas

Nelle società in accomandita semplice la regola generale come visto è sovvertita. In tali società, come noto spiccano le differenze tra i soci accomandanti e quelli accomandatari. Mentre i primi si limitano a finanziare il patrimonio sociale, spetta ai secondi amministrare e gestire l’ente. Inoltre i soci accomandatari rispondono senza limiti dei debiti contratti dalla Sas, mentre gli accomandanti rimangono obbligati nei limiti della propria quota di partecipazione.

Tale differenziazione si riflette sulle norme che regolano la vita della società, e anche sui diritti delle due categorie, inoltre la contemporanea presenza delle due tipologie di soci è condizione indispensabile per l’esistenza stessa della società. Relativamente al  trasferimento della quota secondo quanto previsto dall’articolo 2322 del codice civile la quota di partecipazione del socio accomandante è trasmissibile per causa di morte. Inoltre salvo diversa previsione dell’atto costitutivo, la quota può essere ceduta con effetto verso la società, con il consenso dei soci che rappresentano la maggioranza del capitale. La disciplina prevista dal codice relativa la trasmissione “mortis causa” e dal trasferimento “inter vivos” della quota di una società in accomandita semplice, fa riferimento esclusivamente alla quota del socio accomandante, perché normativamente parlando non risulta esplicitata nessuna disposizione relativa alla quota posseduta dai soci accomandatari. Non essendoci alcuna previsione normativa, e nel silenzio dell’atto costitutivo, la relativa disciplina potrà essere desunta da quella prevista per la società semplice, in virtù del doppio richiamo operato dagli artt. 2315 e 2293 c.c. In caso di morte del socio accomandatario atteso il disposto dell’art. 2284c.c., i soci superstiti dovranno liquidare il valore della quota del “de cuius” agli eredi, salvo che non decidano di sciogliere la società, o di continuarla con gli eredi stessi, se questi vi acconsentano.In caso invece di trasferimento tra vivi della quota di un accomandatario, ci si dovrà riferire al disposto dell’art. 2252 c.c., ai sensi e per gli effetti del quale il trasferimento sarà efficace nei confronti della società solo con il consenso di tutti i soci, salvo che diversamente convenuto nell’atto costitutivo. Gli eredi hanno diritto solo alla liquidazione della quota, salvo diverso accordo con gli altri soci, poiché la morte del socio accomandatario non comporta lo scioglimento o l’estinzione della società, ma solo la trasmissione o la liquidazione della quota quale conseguenza dello scioglimento del rapporto tra il socio e l’ente, mentre sono i soci accomandanti che possono subentrare di diritto, ex art. 2322, nelle posizioni dei loro rispettivi dante causa.

La norma in commento opera per i soci accomandanti una deroga ai principi generali riferiti alla trasmissione “mortis causa” e al trasferimento “inter vivos” della quota sociale in tema di società di persone ammettendo al comma1 dell’art. 2322 c.c. la libera trasmissibilità della quota agli eredi in deroga al disposto dell’art. 2284 c.c., e al comma 2, la possibilità di cessione della quota con il consenso dei soci che rappresentino la maggioranza del capitale sociale (in deroga al principio stabilito dall’art. 2252 c.c. per il quale ogni modificazione del contratto sociale richiede il consenso unanime), salvo che non sia diversamente stabilito nell’atto costitutivo.

La ragione di tali deroghe rispetto alla disciplina generale dettata per le società di persone è stata valutata unanimemente dalla dottrina e dalla giurisprudenza facendo riferimento alla particolare conformazione della società in accomandita semplice. È considerato di minore rilievo “l’intuitus personae” riferito al socio accomandante in ragione della sua limitata partecipazione alle perdite e della sua non partecipazione all’amministrazione della società.

La partecipazione societaria del socio accomandante potrebbe essere considerata priva di quella connotazione personalistica, considerando il fatto che in essa rileva solo l’apporto del capitale. Nella società in accomandita semplice solo la quota di partecipazione del socio accomandante è trasmissibile “mortis causa”, ai sensi dell’art. 2322c.c., mentre in caso di morte del socio accomandatario trova applicazione l’art.2284 c.c., in virtù del quale gli eredi non subentrano nella posizione del defunto nell’ambito della società, e non assumono quindi la qualità di soci accomandatari a titolo di successione mortis causa. In tal caso hanno diritto soltanto alla liquidazione della quota del loro dante causa, salvo diverso accordo con gli altri soci per continuare o meno la società, e fermo restando che in tal caso l’acquisto della qualifica di socio accomandatario, non deriva dalla posizione di erede del socio accomandatario defunto, ma dal contenuto del predetto accordo.

Il comma 1 dell’art. 2322,  stabilisce che la quota di partecipazione del socio accomandante è trasmissibile per causa di morte e, secondo quanto indicato dal citato comma, in caso di morte del socio accomandante la quota si trasmette agli eredi del “de cuius” senza bisogno che nel contratto sociale sia prevista alcuna clausola.

La quota del “de cuius” verrà trasferita all’erede e con essa lo status di socio senza che avvenga (come avverrebbe in applicazione delle regole generali in tema di trasmissione della partecipazione nelle altre società di persone) la liquidazione della quota.

In dottrina è stato osservato che tale esplicita deroga al principio generale sancito dall’art. 2284 c.c., si configura come un’agevolazione alla prosecuzione dell’attività sociale anche nel caso della morte del socio evitando così lo scioglimento o un depauperamento del patrimonio sociale derivante dalla liquidazione della quota.

La deroga opererà, pertanto con una trasmissione automatica della quota del socio accomandante ai suoi eredi, salvo che ovviamente l’atto costituivo disponga diversamente. In merito sono ritenute valide le clausole introdotte nel contratto sociale che limitino la circolazione della quota, ne sanciscano l’intrasmissibilità o, addirittura, reintroducano il meccanismo previsto dall’art. 2284 c.c..

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Note Bibliografiche

  • La successione nella quota di società di persone – notaio Paolo Tonalini Pavia – www.tonalini.it;
  • La successione di un imprenditore: i problemi e le vicende giurisprudenziali – Avv. Simone Veronese – Studio Rebecca e Associati;
  • Informazione fiscale: Disciplina del trasferimento delle quote nella SAS –di Giuseppe Moschella – 14.11.2018;
  • Successione quota societaria-www.Fiscomania.com –Federico Migliorini 27.09.2022.

Avv. Cristina Vanni

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