La stazione appaltante è tenuta per legge a procedere alla verifica della sussistenza del requisito sostanziale di partecipazione alla gara rappresentato dalla regolarità contributiva e quindi, in caso di riscontro negativo, a provvedere alla revoca della

Lazzini Sonia 15/05/08
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la riconosciuta legittimità dell’atto di revoca della aggiudicazione definitiva non elimina il profilo relativo alla valutazione del comportamento tenuto da parte della stessa amministrazione nell’ambito del procedimento formativo della volontà negoziale con riguardo al rispetto del dovere di buona fede e correttezza di cui all’art. 1337 c.c. ai fini della tutela del legittimo affidamento eventualmente ingenerato nella impresa
 
In tema di obbligo alla regolarità contributiva da parte delle imprese che partecipano agli appalti, merita di essere segnalata la sentenza numero 4779  del 23 maggio 2007 emessa dal Tar Lazio, Roma:
 
ed in particolare risulta importante il seguente passaggio:
<L’art. 11 del DLT 24/07/1992 n. 358, rubricato “ Esclusione dalla partecipazione alle gare “, nel testo sostituito dall’articolo 9 del D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 402, in vigore alla data di pubblicazione dell’avviso di gara di cui trattasi, essendo stato abrogato dall’articolo 256 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, con decorrenza 1° luglio 2006, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 257 del medesimo decreto, dispone testualmente, al co. 1, lett. d), che “ 1. Indipendentemente da quanto previsto dall’articolo 3, ultimo comma, del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, e dall’articolo 68 del relativo regolamento di esecuzione, approvato con regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, sono esclusi dalla partecipazione alle gare i fornitori: …. d) che non siano in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori, secondo la legislazione italiana o quella del Paese in cui sono stabiliti; … ”.
 
A sua volta l’art. 2 del D.L. 25.9.2002, n. 210, nel testo modificato in sede di conversione con la L. n. 266/2002, dispone testualmente che “ 1. Le imprese che risultano affidatarie di un appalto pubblico sono tenute a presentare alla stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva a pena di revoca dell’affidamento.“.
 
E giova rilevare che, in sede di conversione, è stata modificata sia la rubrica dell’articolo di legge che, nel testo originario, era “ Norme in materia di edilizia” ed è, invece, diventato “ Norme in materia di appalti pubblici “, sia il testo del primo comma che, nella versione originaria, riportava “1. Le imprese edili che risultano affidatarie di un appalto pubblico sono tenute a presentare alla stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva a pena di revoca dell’affidamento.”; con ciò volendosi proprio rimarcare l’intenzione evidente del legislatore nel volere estendere il detto principio a qualsiasi impresa partecipante a gare pubbliche.
 
Il richiamato art. 2 del d.l. n. 210/2002 ha, pertanto, previsto l’obbligo, per le imprese, che risultino aggiudicatarie di un appalto pubblico, di presentare alla Stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva; consegue da ciò che, nel caso in cui il bando eventualmente non contenga alcun riferimento al riguardo, lo stesso deve intendersi etero integrato dalla previsione della stessa norma, anche se non espressamente richiamata, in considerazione del carattere obiettivamente inderogabile della disposizione normativa alla luce degli interessi tutelati ed un profilo di illegittimità nell’operato della Stazione appaltante sarebbe configurabile solo ove detta verifica non fosse stata effettuata in capo alla concorrente risultata aggiudicataria>
 
 
Ma non solo
 
<Peraltro è stato ritenuto che la disciplina nazionale italiana in materia di appalti (pacificamente interpretata nel senso che i requisiti di ammissione ai pubblici incanti debbano essere posseduti dai concorrenti prima dello svolgimento della gara) impone l’esclusione di quelle imprese in una situazione di irregolarità contributiva al momento della presentazione della domanda di partecipazione ad una gara d’appalto, non rilevando, al riguardo, la sentenza della C. giust., sez. I, del 9 febbraio 2006, la quale ha soltanto stabilito la compatibilità dell’art. 29, comma 1, lett. e) e f), della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, n. 92/50/Cee con l’eventuale introduzione di una normativa o di una prassi amministrativa nazionali in base alle quali un prestatore di servizi, in una situazione di irregolarità contributiva o fiscale al momento di presentazione della domanda, possa regolarizzare la sua situazione successivamente (ad esempio, in forza di misure di condono fiscale o di sanatoria adottate dallo Stato, in forza di un concordato al fine di una rateizzazione o di una riduzione dei debiti, mediante la presentazione di un ricorso amministrativo o giurisdizionale)>
 
relativamente alla responsabilità precontrattuale di una Stazione Appaltante, non si può non considerare che:
 
<Deve, pertanto, ritenersi che, in base all’art. 6 della L. n. 205/00, sussista la giurisdizione esclusiva del g.a. per tutte le controversie tra privato e p.a. riguardanti la fase anteriore alla stipula dei contratti di lavoro, forniture e servizi (la fase di evidenza pubblica rivolta alla scelta del contraente privato): e ciò sia che tali controversie concernano interessi legittimi, sia che riguardino diritti soggettivi. Sussiste, quindi, la giurisdizione esclusiva del Ga per le controversie che riguardano la responsabilità precontrattuale della p.a. per il mancato rispetto da parte di quest’ultima delle norme di correttezza di cui all’art. 1337 c.c. prescritte dal diritto comune ( cfr. da ultimo Consiglio Stato a. plen., 05 settembre 2005 , n. 6 ed in precedenza cfr. Cons. Stato 19 marzo 2003, n. 1457 ).
 
Nello svolgimento della sua attività di ricerca del contraente l’amministrazione è tenuta non soltanto a rispettare le regole dettate nell’interesse pubblico, la cui violazione implica l’annullamento o la revoca dell’attività autoritativa, ma anche le norme di correttezza di cui all’art. 1337 c.c., prescritte dal diritto civile (regole la cui violazione assume significato e rilevanza, ovviamente, solo dopo che gli atti della fase pubblicistica attributiva degli effetti vantaggiosi siano venuti meno e questi ultimi effetti si siano trasformati in affidamenti restati senza seguito) ( cfr. ancora nei termini Consiglio Stato a. plen., 05 settembre 2005 , n. 6).
 
Né rileva, in senso contrario, in relazione alla ritenuta sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in tema di scelta del contraente ai sensi dell’art. 6 della legge n. 205 del 2000, la decisione n. 204 del 2004 della Corte costituzionale, la quale concerne in effetti una diversa normativa, ossia non l’art. 6 della legge n. 205/ 2000 bensì l’art. 7 della medesima legge, che ha modificato l’originaria versione negli art. 33 e 34 del d.lg. n. 80/1998, relativi alla giurisdizione esclusiva in materia di edilizia, urbanistica e servizi pubblici>
 
 
nella fattispecie sottoposta ai giudici romani, in particolare l’analisi verte sul fatto che :
 
<il non breve intervallo di tempo intercorso tra la comunicazione dell’intervenuta aggiudicazione in suo favore in data 20.1.2005 e la notifica della nota prot. n. 40094/478 del 10.5.2005 – con la quale la Provincia ha richiesto per la prima volta, ad integrazione della documentazione già presentata, la certificazione relativa alla regolarità contributiva INPS ed INAIL ai sensi dell’art. 2 della L. n. 266/2002- impone una verifica approfondita sul punto, atteso che, indubbiamente, la detta circostanza costituisce un argomento a favore dell’invocato legittimo affidamento ingenerato nella ditta ricorrente da parte dell’amministrazione con il suo comportamento.>
 
questa volta però è stata l’amministrazione ad essere tratta in inganno in quanto:
 
<Al riguardo deve, pertanto, ritenersi, contrariamente a quanto dedotto in ricorso da parte della difesa della ditta ricorrente, e conformemente, invece, alle specifiche difese sul punto da parte dell’amministrazione, che sia stata proprio la stazione appaltante ad essere stata messa nelle condizioni di fare affidamento su di una dichiarazione che non appariva chiara ed univoca nel proprio contenuto.
 
Ed infatti la formulazione testuale della richiamata dichiarazione, sebbene non conforme al disposto normativo al riguardo, poteva ragionevolmente indurre, ad una prima sommaria delibazione da parte della stazione appaltante, a ritenere osservato l’obbligo della dichiarazione di possesso del requisito sostanziale della regolarità contributiva; quanto meno, infatti, la richiamata dichiarazione conteneva degli elementi di equivocità di non insignificante rilievo.
 
Deve, pertanto, ritenersi che, sebbene il seggio di gara avrebbe potuto procedere alla esclusione della ditta ricorrente dalla partecipazione di gara in sede di verifica preliminare della regolarità della documentazione presentata ai fini della partecipazione alla gara, tuttavia, il tenore, si ripete volutamente equivoco della richiamata dichiarazione, la ha ragionevolmente indotta a non disporne la esclusione dalla gara ed a procedere alla aggiudicazione, in suo favore, dell’appalto di cui trattasi>
 
Quindi alcun risarcimento va riconosciuto all’impresa!
 
 
In merito poi alla dedotta la illegittimità della intervenuta revoca della aggiudicazione per violazione degli artt. 3 e 7 della L. n. 241/1990, l’adito giudice sancisce che:.
 
<Per quanto attiene al primo aspetto, con valenza preliminare, concernente la mancata previa comunicazione dell’avvio procedimentale di cui al richiamato art. 7 della L. n. 241/1990- premesso che la qualificazione in termini di aggiudicazione definitiva e non soltanto provvisoria di cui in precedenza rileva alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale nella materia che esclude il detto obbligo nel caso di aggiudicazione provvisoria in conseguenza della sua natura di atto endprocedimentale, che si inserisce nell’ambito della procedura di scelta del contraente come momento necessario, ma non decisivo, atteso che la definitiva individuazione del concorrente al quale affidare l’appalto risulta consacrata soltanto con la aggiudicazione definitiva ed al riguardo deve rilevarsi che, contrariamente a quanto sembra adombrato nella memoria difensiva della provincia, la aggiudicazione disposta con il verbale di gara del 14.12.2004 è da ritenersi definitiva e non soltanto provvisoria, anche alla luce della espressa qualificazione nei detti termini da parte della stessa provincia di cui alla nota di comunicazione dell’intervenuta aggiudicazione del gennaio 2005- , deve ritenersi che “ la revoca dell’aggiudicazione per carenza di regolarità contributiva non sconta il previo avviso dell’inizio del procedimento, essendo questo iniziato con la domanda dell’impresa di partecipare alla gara” ( cfr. da ultimo sul punto negli esatti termini T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 07 giugno 2004 , n. 2445) e considerato che le norme in materia di correttezza contributiva sono norme imperative poste a tutela delle superiori esigenze di ordine pubblico.>
 
 
 
A cura di Sonia LAzzini
 
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. II ter, ha pronunziato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso n. 8027/2000 proposto dalla ditta ** di ** Alfredo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Elisa Fornaro ed elettivamente domiciliato presso lo studio della stessa, sito in Viterbo, alla Via Garbini n. 82;
 
contro
 
– la Provincia di Viterbo, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso in giudizio dagli Avv.ti Maria Teresa Strigola e Francesca Manili ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Roberto Venettoni, in Roma, alla Via Fracassini n. 18;
 
per l’annullamento
 
della determinazione n. 35/340 G del 24.5.2006 della Provincia di Viterbo con la quale è stata disposta la revoca dell’aggiudicazione dell’appalto per la fornitura di stoviglierie e materiale vario e la risoluzione del contratto con il riconoscimento della quota parte della fornitura effettuata salva la trattenuta a favore degli enti previdenziali;
 
nonché di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale ed in particolare del bando della nuova gara ove pubblicato,
 
nonché per il risarcimento dei danni
 
Visto il ricorso con i relativi allegati;
 
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione provinciale intimata;
 
Viste le memorie depositate dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
 
Visti gli atti tutti di causa;
 
Designato relatore alla pubblica udienza del 16.4.2007 il Consigliere Maria Cristina Quiligotti, ed uditi gli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio;
 
FATTO
 
Con ricorso notificato il 2.8.2006 e depositato il 23.8.2006, il ricorrente ha impugnato la determinazione n. 35/340 G del 24.5.2006 della Provincia di Viterbo con la quale è stata disposta la revoca dell’aggiudicazione dell’appalto per la fornitura di stoviglierie e materiale vario e la risoluzione del contratto con il riconoscimento della quota parte della fornitura effettuata salva la trattenuta a favore degli enti previdenziali nonché il bando della nuova gara ove eventualmente pubblicato, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi di censura:
 
1- Nullità per erronea applicazione della normativa di cui all’avviso di gara.
 
La irregolarità contributiva della ditta ricorrente sarebbe stata fatta presente per le vie informali alla provincia nella prossimità della gara che vi avrebbe acconsentito, dato che nella nota di comunicazione dell’esito vittorioso della gara non vi sarebbe stata alcun riferimento specifico alla detta circostanza.
 
In ogni caso sia che la provincia a quella data non avesse ancora avuto effettiva contezza della detta irregolarità contributiva sia che abbia invece confidato in una successiva regolarizzazione da parte della ditta, comunque, questa ha subito dei danni in conseguenza dell’illegittimo comportamento tenuto dal comune che soltanto due anni dopo l’aggiudicazione ha provveduto alla comunicazione della revoca della stessa.
 
2- Eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione del principio del giusto procedimento.
 
La provincia avrebbe dovuto provvedere tempe**amente alla verifica della regolarità della documentazione presentata e procedere alla eventuale esclusione dalla gara per mancanza di uno dei previsti requisiti di partecipazione.
 
Il mancato tempe**o controllo da parte della provincia non sarebbe imputabile alla ditta ricorrente, che invece nella sua dichiarazione aveva adeguatamente specificato la propria regolarità limitatamente alle denunce contributive agli enti previdenziali. 
 
3- Eccesso di potere per errata applicazione dell’avviso di gara.
 
Mancherebbe nell’avviso di gara la specificazione in ordine alle eventuali conseguenze derivanti dalla verifica tardiva della regolarità della documentazione presentata ai fini della partecipazione alla gara.
 
Né potrebbe equipararsi la mancanza dei requisiti ad aggiudicazione oramai avvenuta alla mancanza dei medesimi requisiti in sede di preselezione. 
 
4- Violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990 e dell’art. 97 costituzione ed eccesso di potere per totale carenza della motivazione e di adeguata istruttoria.
 
Difetterebbe nel provvedimento di revoca impugnato una adeguata motivazione in ordine alle ragioni che avrebbero indotto l’amministrazione ad operare in tale direzione, con particolare riferimento agli interessi pubblici che sconsiglino la prosecuzione dell’iter stesso
 
Si sarebbe peraltro ingenerato nella ditta ricorrente un affidamento in ordine alla regolarità dello svolgimento della gara.
 
5- Violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990 per omessa preventiva comunicazione dell’avvio procedimentale.
 
Ha, altresì, chiesto la condanna della Provincia di Viterbo al risarcimento dei danni anche in caso di mancato accoglimento della domanda di annullamento della revoca della aggiudicazione, con specifico riferimento ai costi sostenuti ai fini della partecipazione alla gara nonché a quelli successivi alla comunicazione dell’intervenuta aggiudicazione per la cauzione definitiva e per il fondo spese contrattuali oltre a quelli relativi alla perdita dell’utile che sarebbe conseguito dalla completa ed esatta esecuzione del contratto stipulato.
 
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione provinciale intimata in data 23.3.2007 depositando documenti; ha quindi depositato in data 5.4.2007 memoria con la quale ha dedotto, nel merito, l’infondatezza del ricorso in esame, chiedendone il rigetto.
 
Alla pubblica udienza del 16.4.2007 il ricorso è stato preso in decisione alla presenza dei procuratori delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio i quali hanno insistito nelle rispettive difese.
 
DIRITTO
 
Con la determinazione n. 09/805/DI dell’8.11.2004 è stata indetta una gara pubblica per la fornitura di stoviglierie e materiale vario per la scuola alberghiera, suddivisa in due lotti, per un importo complessivo massimo di euro 20.000,00, ai sensi dell’art. 19, co. 1, lett. a, del D. lgs. n. 358/1992 come successivamente modificato.
 
Con il medesimo atto è stato approvato l’avviso di gara con il quale, previa determinazione dei requisiti di partecipazione e delle formalità da rispettare ai detti fini, questa è stata fissata per il giorno 13.12.2004 per entrambi i lotti.
 
L’avviso riportava, in particolare e per quanto di interesse in questa sede, al punto n. 2, lett. a) la dichiarazione della impresa “ di essere in regola con il versamento dei contributi sociali ( Previdenziali, Assicurativi ed antinfortunistici. Indicare sede INPS, INAIL e relativo n. posizione)”; prevedendo che “ si farà luogo ad esclusione dalla gara nel caso che manchi o risulti incompleto od irregolare alcuno dei documenti richiesti ai punti:1, 2, 3, ovvero anche uno solo di tali documenti pervenga in modo diverso da come prescritto nel presente bando”.
 
Con la determinazione n. 09/947/I del 17.12.2004 la gara è stata aggiudicata definitivamente, relativamente ad entrambi i lotti, alla ditta ricorrente.
 
L’esito della gara è stato comunicato alla ditta con la nota prot. n. 6264 del 20.1.2005, con invito alla presentazione della cauzione definitiva ai fini della stipulazione del contratto ed alla costituzione del fondo spese contrattuali.
 
Con la successiva nota prot. n. 40094/478 del 10.5.2005 la Provincia ha richiesto ad integrazione della documentazione già presentata la certificazione relativa alla regolarità contributiva INPS ed INAIL ai sensi dell’art. 2 della L. n. 266/2002.
 
Con la successiva nota prot. n. 58362/661 del 5.7.2005 la provincia ha reiterato la detta richiesta, rimasta priva di riscontro.
 
Soltanto in data 27.10.2005 la ditta ricorrente ha inviato una nota nella quale ha dichiarato di avere fatto richiesta in data 13.9.2005 della certificazione di regolarità contributiva con modulo unificato INPS ed INAIL ( DURC), allegata in copia, di tal che essendo inutilmente decorsi oltre 30 gg. la stessa debba considerarsi positiva.
 
Con la nota prot. n. 93788 del 4.11.2005, indirizzata al dirigente di settore, la Provincia-Ufficio appalti e contratti, preso atto del tenore della nota precedente, ha evidenziato la mancanza di legittimazione ai fini che interessano della dichiarante, moglie convivente del titolare della ditta ed asseritamente responsabile amministrativo, ed ha soprattutto rilevato la non conformità della detta dichiarazione ai sensi degli artt. 46, 47 e 76 del D.P.R. n. 445/2000, con invito a contattare la ditta ai fini dell’acquisizione di una nuova dichiarazione conforme alle disposizioni di legge in materia.
 
Con la nota prot. n. 12930 del 9.2.2006 dell’Ufficio contratti al dirigente del settore cultura e scuola alberghiera, è stato comunicata l’attivazione del procedimento di controllo sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive rese in sede di gara ai sensi dell’art. 71 della L. n. 445/2000 nei confronti della ditta ricorrente; sono state, altresì, allegate le risultanze degli accertamenti effettuati presso l’INPS e l’INAIL di Viterbo, e l’ufficio è stato invitato alla sospensione delle procedure relative alla stipulazione del contratto di appalto.
 
Con la nota prot. n. 10971 del 20.2.2006 il dirigente del settore cultura e scuola alberghiera ha invitato la ditta ricorrente alla produzione della documentazione attestante la regolarità contributiva, con la precisazione della intervenuta sospensione della procedura di stipulazione del relativo contratto.
 
Con la nota del 17.3.2006 la ditta ha comunicato alla Provincia che il materiale oggetto dell’appalto era pronto per essere consegnato, con richiesta di autorizzazione alla consegna e di fatturazione con pagamento posticipato all’esito dell’accertamento della detta regolarità contributiva da parte della stessa.
 
Con la determinazione gestionale n. 35/340/G del 24.5.2006 la provincia, dato atto della impossibilità di accogliere la richiesta della ditta di cui alla nota che precede, nonché della esecuzione di una parte della fornitura per urgenti necessità del materiale per evitare gravi disagi alle attività della scuola alberghiera, ha proceduta alla revoca dell’aggiudicazione con risoluzione del rapporto e riconoscimento della quota parte della fornitura effettuata, salva la relativa trattenuta a favore degli enti previdenziali.    
 
Con la successiva nota prot. n. 42453 del 25.5.2006 la provincia ha quindi comunicato alla ditta ricorrente la detta ultima determinazione gestionale.
 
Con la nota del 23.6.2006, rimasta senza esito, la ditta ricorrente, per il mezzo del proprio avvocato, ha richiesto alla Provincia la revoca della detta determinazione gestionale.
 
Premessa in punto di fatto la sequenza degli atti succedutisi nel tempo e la corrispondenza intercorsa tra le parti avente ad oggetto l’aspetto che interessa in questa sede, deve rilevarsi la infondatezza nel merito del ricorso nella parte in cui è stata dedotta la illegittimità della determinazione gestionale della provincia con la quale è stata disposta la revoca dell’aggiudicazione della gara in favore della ditta ricorrente per le considerazioni di cui di seguito.
 
L’art. 11 del DLT 24/07/1992 n. 358, rubricato “ Esclusione dalla partecipazione alle gare “, nel testo sostituito dall’articolo 9 del D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 402, in vigore alla data di pubblicazione dell’avviso di gara di cui trattasi, essendo stato abrogato dall’articolo 256 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, con decorrenza 1° luglio 2006, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 257 del medesimo decreto, dispone testualmente, al co. 1, lett. d), che “ 1. Indipendentemente da quanto previsto dall’articolo 3, ultimo comma, del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, e dall’articolo 68 del relativo regolamento di esecuzione, approvato con regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, sono esclusi dalla partecipazione alle gare i fornitori: …. d) che non siano in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori, secondo la legislazione italiana o quella del Paese in cui sono stabiliti; … ”.
 
A sua volta l’art. 2 del D.L. 25.9.2002, n. 210, nel testo modificato in sede di conversione con la L. n. 266/2002, dispone testualmente che “ 1. Le imprese che risultano affidatarie di un appalto pubblico sono tenute a presentare alla stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva a pena di revoca dell’affidamento.“.
 
E giova rilevare che, in sede di conversione, è stata modificata sia la rubrica dell’articolo di legge che, nel testo originario, era “ Norme in materia di edilizia” ed è, invece, diventato “ Norme in materia di appalti pubblici “, sia il testo del primo comma che, nella versione originaria, riportava “1. Le imprese edili che risultano affidatarie di un appalto pubblico sono tenute a presentare alla stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva a pena di revoca dell’affidamento.”; con ciò volendosi proprio rimarcare l’intenzione evidente del legislatore nel volere estendere il detto principio a qualsiasi impresa partecipante a gare pubbliche.
 
Il richiamato art. 2 del d.l. n. 210/2002 ha, pertanto, previsto l’obbligo, per le imprese, che risultino aggiudicatarie di un appalto pubblico, di presentare alla Stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva; consegue da ciò che, nel caso in cui il bando eventualmente non contenga alcun riferimento al riguardo, lo stesso deve intendersi etero integrato dalla previsione della stessa norma, anche se non espressamente richiamata, in considerazione del carattere obiettivamente inderogabile della disposizione normativa alla luce degli interessi tutelati ed un profilo di illegittimità nell’operato della Stazione appaltante sarebbe configurabile solo ove detta verifica non fosse stata effettuata in capo alla concorrente risultata aggiudicataria ( T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 30 gennaio 2006 , n. 620).
 
Da quanto in precedenza esposto consegue per quanto di interesse nella presente sede, che la stazione appaltante era tenuta per legge a procedere alla verifica della sussistenza del requisito sostanziale di partecipazione alla gara rappresentato dalla regolarità contributiva e quindi, in caso di riscontro negativo, a provvedere alla revoca della aggiudicazione eventualmente intervenuta nelle more, indipendentemente dal suo carattere soltanto provvisorio od invece già definitivo.
 
In sostanza la revoca della aggiudicazione della gara ha perduto, per espressa e specifica disposizione di legge in merito, il proprio caratteristico carattere discrezionale.
 
Né rileva, in senso contrario, ai fini della illegittimità del provvedimento di revoca della aggiudicazione della gara, l’eventuale affidamento ingenerato dall’amministrazione con il proprio comportamento, successivo alla detta aggiudicazione, nella ditta aggiudicataria sulla legittimità della procedura di gara e della conseguente aggiudicazione in suo favore.
 
Ed infatti la valutazione dell’interesse pubblico alla revoca di un provvedimento di aggiudicazione non può essere incisa dalla situazione oggettiva di affidamento in capo al soggetto privato e, pertanto, la revoca non può ritenersi illegittima in relazione a tale situazione ( T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 03 agosto 2006 , n. 6911).
 
Al più la verifica della sussistenza di un legittimo affidamento da parte dell’impresa aggiudicataria alla legittimità della procedura di gara e della conseguente aggiudicazione in suo favore rileva ai fini del riconoscimento del diritto al risarcimento del danno, ove specificatamente richiesto in sede di ricorso con apposito motivo di censura, per violazione degli obblighi precontrattuali di cui agli artt. 1337 e 1338 c.c. concernenti la cd. culpa in contraendo; questione che, tuttavia, sarà oggetto di apposita trattazione nel proseguo.
 
Tutto ciò premesso non meritano condivisione i due motivi di censura di cui in ricorso con i quali è stata rispettivamente dedotta la illegittimità della intervenuta revoca della aggiudicazione per violazione degli artt. 3 e 7 della L. n. 241/1990.
 
Per quanto attiene al primo aspetto, con valenza preliminare, concernente la mancata previa comunicazione dell’avvio procedimentale di cui al richiamato art. 7 della L. n. 241/1990- premesso che la qualificazione in termini di aggiudicazione definitiva e non soltanto provvisoria di cui in precedenza rileva alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale nella materia che esclude il detto obbligo nel caso di aggiudicazione provvisoria in conseguenza della sua natura di atto endprocedimentale, che si inserisce nell’ambito della procedura di scelta del contraente come momento necessario, ma non decisivo, atteso che la definitiva individuazione del concorrente al quale affidare l’appalto risulta consacrata soltanto con la aggiudicazione definitiva ed al riguardo deve rilevarsi che, contrariamente a quanto sembra adombrato nella memoria difensiva della provincia, la aggiudicazione disposta con il verbale di gara del 14.12.2004 è da ritenersi definitiva e non soltanto provvisoria, anche alla luce della espressa qualificazione nei detti termini da parte della stessa provincia di cui alla nota di comunicazione dell’intervenuta aggiudicazione del gennaio 2005- , deve ritenersi che “ la revoca dell’aggiudicazione per carenza di regolarità contributiva non sconta il previo avviso dell’inizio del procedimento, essendo questo iniziato con la domanda dell’impresa di partecipare alla gara” ( cfr. da ultimo sul punto negli esatti termini T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 07 giugno 2004 , n. 2445) e considerato che le norme in materia di correttezza contributiva sono norme imperative poste a tutela delle superiori esigenze di ordine pubblico.
 
In ogni caso deve escludersi che la violazione dell’art. 7 legge n. 241 possa dar luogo all’annullamento dell’atto, ogni qualvolta risulti che l’esito del procedimento non sarebbe stato differente anche se vi fosse stata la partecipazione dell’interessato, il che accade quando il quadro normativo di riferimento non presenta margini di incertezza apprezzabili, e l’eventuale annullamento del provvedimento finale per carenza della formale comunicazione di avvio non priverebbe l’amministrazione del potere di adottare un nuovo provvedimento di contenuto analogo, secondo la concezione funzionale e non meramente formale dell’avvio del procedimento più volte affermata dalla giurisprudenza amministrativa sul punto.
 
Ed infatti, ai sensi dell’art. 21-octies della L. n. 241/1990, rubricato “ Annullabilità del provvedimento.”, “ 1. È annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza.
 
2. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.”.
 
Nel caso di specie, per le motivazioni di cui in precedenza, non si ritiene sussista alcun dubbio che, sulla base del tenore testuale e della ratio dell’art. 2 del D.L. n. 210/2002, nel testo come modificato dalla legge di conversione n. 266/2002, in caso di riscontrata effettiva irregolarità contributiva da parte della impresa aggiudicataria alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara, la stazione appaltante è tenuta procedere alla revoca della aggiudicazione, sia questa solo provvisoria od anche definitiva, disposta in favore della detta impresa.
 
Peraltro risulta in atti che, alla luce della corrispondenza intercorsa tra le parti, come in precedenza richiamata in modo specifico, la ditta ricorrente fosse a piena conoscenza della circostanza che fosse in corso il procedimento volto al controllo della propria regolarità contributiva, la cui conseguenza, per legge, non poteva se non essere propria la revoca dell’aggiudicazione a suo favore in precedenza intervenuta; inoltre nella nota del 10.5.2005, con la quale è stata reiterata la richiesta di cui alla prima nota del 20.1.2006, è stato specificamente richiamato il disposto di cui all’art. 2 del d.l. n. 210/2002.  
 
Deve, pertanto, ritenersi, sotto altro profilo, che la ditta avesse acquisito, comunque, aliunde la conoscenza della pendenza del procedimento di revoca della aggiudicazione e che la stessa fosse stata messa nonostante la mancanza di una comunicazione formale nelle condizioni di averne piena contezza.
 
Altrettanto infondata è l’ulteriore censura di natura procedimentale con la quale è stata dedotta la violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990 per mancanza di una idonea motivazione in seno al provvedimento di revoca della aggiudicazione.
 
Al riguardo giova preliminarmente evidenziale che, nella detta determinazione gestionale la provincia ha testualmente richiamato la nota prot. n. 16971 del 20.2.2006 con la quale è stata reiterata la richiesta di produzione della certificazione di regolarità contributiva, rimasta priva di sostanziale riscontro ed ha rigettato la richiesta della ditta ricorrente di cui alla successiva nota del 17.3.2006; inoltre, come in precedenza ricordato, nella nota del 10.5.2005, è stato specificamente richiamato il disposto di cui all’art. 2 del d.l. n. 210/2002. 
 
Sul punto si condivide il principio secondo cui “ la revoca dell’aggiudicazione per carenza di regolarità contributiva non richiede alcuna particolare motivazione in relazione all’interesse pubblico atteso che l’accertata mancanza di tale requisito, la cui presenza è imposta da norma di natura imperativa e di ordine pubblico (art. 11, lett. d), d.lg. n. 358 del 1992), ben rappresenta detto interesse, anche specifico.” ( cfr. da ultimo negli esatti termini T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 07 giugno 2004 , n. 2445).
 
Nonostante nell’atto impugnato non siano stati espressamente richiamati né l’art. 11, co. 1, lett. d), del D. lgs. n. 358/1992 né l’art. 2 del D.L. n. 210/2002, nel testo come modificato dalla legge di conversione n. 266/2002, tuttavia si motiva espressamente che è stata accertata la mancanza del requisito della regolarità contributiva, circostanza che evidentemente si ritiene rappresenti in modo adeguato l’interesse pubblico, anche specifico, che la ditta ricorrente ritiene invece di non ravvisare.
 
E, comunque, sulla base del richiamato disposto di cui all’art. 2 del D.L. n. 210/2002, come modificato in sede di conversione con la L. n. 266/2002 la stazione appaltante era tenuta, indipendnetemnete dal tenore della dichiarazione relativa, a procedere alla revoca della aggiudicazione della gara in caso di riscontrata mancanza del detto requisito di
 
partecipazione.
 
Né sussistono contestazioni tra le parti in ordine alla dedotta mancanza del detto requisito non soltanto alla data ultima di scadenza del termine di presentazione delle domande di partecipazione alla gara di cui trattasi ma anche alla successiva data della aggiudicazione definitiva della gara- ed infatti al fine di valutare la veridicità della dichiarazione di regolarità contributiva, prodotta in sede di gara pubblica, va verificata la rispondenza di tale dichiarazione a quello che sarebbe stato il contenuto del certificato che in merito avrebbe rilasciato l’ente previdenziale, surrogato dall’autodichiarazione presentata ( cfr. nei termini T.A.R. Umbria Perugia, 12 aprile 2006, n. 221 e T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 06 aprile 2005 , n. 488), ritenendosi in ogni caso che l’esistenza di eventuali contenziosi in atto con gli istituti previdenziali ed assicurativi, seppur non preclusivi alla dichiarazione di regolarità contributiva, debbano comunque essere indicati nel certificato da questi rilasciato.
 
Peraltro la impresa partecipante alla gara deve conservare la correntezza contributiva per tutto lo svolgimento di essa, restando irrilevante un eventuale adempimento tardivo della relativa obbligazione ( addirittura seppure ricondotto retroattivamente, quanto ad efficacia, al momento della scadenza del termine di pagamento attraverso il meccanismo dell’accreditamento con valuta retroattiva" ) ( cfr. Cons. Stato, IV Sez., 27/12/2004, n. 8215).
 
E, dalla certificazione di regolarità contributiva dell’INPS-INAIL di cui al prot. n. 32037 del 19.12.2005, prodotta in copia agli atti del presente giudizio da parte della provincia, come in precedenza acquisita agli atti del procedimento di verifica e controllo del possesso del detto requisito di partecipazione alla gara della regolarità contributiva- ed allegata in copia alla nota dell’ufficio contratti del 9.2.2006 con la quale si sollecitata il settore cultura a sospendere la procedura di stipulazione del contratto-, è emerso che l’inadempimento agli obblighi contributivi da parte della ditta ricorrente non è nemmeno di scarso rilievo, atteso che dal detto certificato risulta il mancato versamento dei premi assicurativi per gli anni 1999-2005 per un importo totale di euro 14.618,64.
 
Ed al tal fine, non rileva in senso contrario la istanza, prodotta in copia in allegato al ricorso da parte della difesa della ditta ricorrente, del 12.9.2005, rivolta all’INPS di Viterbo, ai fini della concessione di una dilazione del termine di pagamento dei contributi dovuti.
 
Ed infatti la regolarità contributiva costituisce un requisito sostanziale di partecipazione alla gara, per cui non può attribuirsi alcun effetto sanante alla domanda di dilazione e di rateizzazione del debito contributivo presentata dalla ditta interessata che trova suo presupposto in uno stato di irregolarità contributiva ( cfr. nei termini da ultimo T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 19 giugno 2006 , n. 4814 ed in precedenza Csi, n.93, 26 febbraio 2001 nonché in ordine a vicende analoghe, Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 2001, n. 1706 e TAR Basilicata n. 667/2001).
 
Pertanto, se come in precedenza evidenziato, a nulla rileva che, in data successiva, allo svolgimento della gara la impresa abbia provveduto a regolarizzare la propria posizione contributiva mediante il pagamento di quanto dovuto, tanto meno rileva la circostanza della avvenuta presentazione, soltanto in data successiva addirittura all’aggiudicazione in suo favore, da parte della impresa agli istituti previdenziali ed assicuratiti, di una istanza di dilazione del pagamento di quanto ancora dovuto a tale titolo, rimasta peraltro nelle more priva di riscontro.
 
Peraltro è stato ritenuto che la disciplina nazionale italiana in materia di appalti (pacificamente interpretata nel senso che i requisiti di ammissione ai pubblici incanti debbano essere posseduti dai concorrenti prima dello svolgimento della gara) impone l’esclusione di quelle imprese in una situazione di irregolarità contributiva al momento della presentazione della domanda di partecipazione ad una gara d’appalto, non rilevando, al riguardo, la sentenza della C. giust., sez. I, del 9 febbraio 2006, la quale ha soltanto stabilito la compatibilità dell’art. 29, comma 1, lett. e) e f), della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, n. 92/50/Cee con l’eventuale introduzione di una normativa o di una prassi amministrativa nazionali in base alle quali un prestatore di servizi, in una situazione di irregolarità contributiva o fiscale al momento di presentazione della domanda, possa regolarizzare la sua situazione successivamente (ad esempio, in forza di misure di condono fiscale o di sanatoria adottate dallo Stato, in forza di un concordato al fine di una rateizzazione o di una riduzione dei debiti, mediante la presentazione di un ricorso amministrativo o giurisdizionale) ( T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 31 ottobre 2006 , n. 2324).
 
Ed infatti, sebbene pronunciata in materia di appalti di servizi e non invece di forniture come nel caso in esame, l’analogia degli artt. 11, co. 1, lett. d), del D.Lgs. n. 358/1992 e 12, co. 1, lett. d), del D.Lgs. n. 157/1995, nella parte in cui dispongono la esclusione dalla gara dei concorrenti che non siano in "regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali a favore dei lavoratori", consente di estendere al caso in esame il relativo insegnamento.
 
Né rileva, infine, in senso contrario a tutto quanto in precedenza esposto, quanto dedotto dalla ditta ricorrente con il primo motivo di censura, nella parte in cui deduce che la ditta ricorrente aveva fatto presente alla provincia, per le vie brevi, il mancato possesso del detto requisito della regolarità contributiva e di essere stata rassicurata sul punto.
 
Non vi sono, infatti, elementi di tipo documentale che consentano di attribuire una qualche rilevanza alla predetta affermazione che, allo stato, deve ritenersi che permanga quale mera affermazione di principio. 
 
Analogamente deve, tuttavia, ritenersi relativamente a quanto dedotto a sua volta dalla provincia in ordine all’utilizzo dei medesimi mezzi ai fini della richiesta di integrazione documentale concernente il detto requisito; circostanza che, presumibilmente, è stata dedotta al fine di suffragare la tesi della mancata realizzazione di un affidamento da parte della ditta ricorrente alla regolarità della procedura di gara e della conseguente aggiudicazione in suo favore.
 
Conclusivamente, il ricorso in trattazione, per quanto concerne la domanda di annullamento della determinazione gestionale della provincia con la quale è stata revocata l’aggiudicazione della gara in questione in favore della ditta ricorrente, deve essere respinta siccome infondata nel merito.
 
Deve, tuttavia, farsi carico della ulteriore domanda di risarcimento dei danni conseguenti all’operato dell’amministrazione che è stata specificatamente formulata da parte della difesa della ditta ricorrente anche nella ipotesi del mancato accoglimento nel merito del ricorso nella parte in cui è stato richiesto l’annullamento della revoca dell’aggiudicazione.
 
Al riguardo rileva quanto segue.
 
La difesa della ricorrente si è limitata in merito a richiedere con il ricorso introduttivo del presente giudizio la condanna della Provincia di Viterbo al risarcimento dei danni, come ricordato, anche in caso di mancato accoglimento della domanda di annullamento della revoca della aggiudicazione, con specifico riferimento ai costi sostenuti ai fini della partecipazione alla gara nonché a quelli successivi alla comunicazione dell’intervenuta aggiudicazione per la cauzione definitiva e per il fondo spese contrattuali oltre a quelli relativi alla perdita dell’utile che sarebbe conseguito dalla completa ed esatta esecuzione del contratto stipulato.
 
In sede di trattazione orale del ricorso, invece, la difesa della ditta ricorrente ha insistito ai fini del riconoscimento del diritto alla corresponsione dell’ ” indennizzo” sena alcuna latra ulteriore specificazione al riguardo.
 
Deve ritenersi con la detta affermazione la difesa abbia nella sostanza richiesta a questo Tribunale il riconoscimento all’indennizzo di cui all’art. 21 quinquies della L. n. 241/1990, come da modificazione apportata in aggiunta all’art. 21 della L. n. 241/1990 nel suo testo originario dall’art. 14, L. 11 febbraio 2005, n. 15.
 
La richiamata norma di legge, rubricata “ Revoca del provvedimento“, dispone testualmente che “ 1. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo. Le controversie in materia di determinazione e corresponsione dell’indennizzo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
 
1-bis. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico .” ( il detto ultimo comma, che era stato aggiunto dal comma 4 dell’art. 12, D.L. 31 gennaio 2007, n. 7, poi soppresso dalla relativa legge di conversione, è stato così reintrodotto dal comma 8-duodevicies dell’art. 13 dello stesso decreto-legge, aggiunto dalla relativa legge di conversione).
 
Deve, tuttavia, ritenersi che – a prescindere dalla eventuale ritenuta inapplicabilità alla fattispecie in esame del disposto di cui al co. 1 bis della richiamata norma di legge, in considerazione del rilievo del suo carattere innovativo e non meramente ricognitivo che potrebbe comportare l’inoperatività del relativo rimedio indennitario nei termini ivi indicati ( sia con riferimento al tipo di fattispecie sia con riferimento agli effetti conseguenti) per fattispecie perfezionatesi anteriormente all’entrata in vigore del nuovo testo legislativo e tenuto conto che la determinazione impugnata è stata adottata in data 24.5.2006 ed il ricorso notificato e depositato rispettivamente in data 2.8.2006 e 23.8.2006- comunque per la quantificazione dei danni subiti dal privato a seguito di revoca dell’aggiudicazione della gara, non può farsi applicazione della complementare tutela di tipo indennitario previsto dall’art. 21 quinquies l. n. 241 del 1990, atteso che, in assenza di una specifica domanda di parte al riguardo, non possa venire in considerazione la diversa istanza risarcitoria, attese le differenze strutturali e funzionali tra i due istituti ( T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 08 febbraio 2006 , n. 1794).
 
E, ai fini di una valida domanda specifica sul punto, nei sensi di cui in precedenza, non può ritenersi la idoneità di una domanda proposta in via esclusivamente orale in sede pubblica udienza fissata per la trattazione nel merito del ricorso di cui trattasi, occorrendo, invece, un apposito atto regolarmente notificato.
 
Non si disconosce la esistenza di un opposto orientamento giurisprudenziale nella materia, secondo cui “ la domanda di indennità di revoca ex art. 21 quinquies deve ritenersi certamente implicita ed oggettivamente ricavabile dalla domanda di risarcimento dei danni conseguenti all’annullamento della revoca, in quanto proposta solo in caso di conferma della legittimità dello stesso provvedimento di revoca.”, atteso che l’indennizzo contemplato dall’art. 21 quinquies l. n. 241 del 1990 è un dato utilmente contenibile nella richiesta di risarcimento per equivalente, comprensiva appunto della domanda di minor spessore, riferibile allo stesso contenitore di più vasto profilo risarcitorio, non andando così extra petita, alla stregua di un’azione di specie non ignorabile e non improponibile quale forma di chiusura del dato ordinamentale e normativo ed in cui una richiesta indennizzatoria rappresenta l’extrema ratio, soprattutto quando è solo con quest’ultima che, in ipotesi, si può ottenere un dignitoso ristoro economico su basi legittime ( cfr. negli esatti termini T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, 23 agosto 2006, n. 300).
 
Si ritiene, tuttavia, di doversi attenere al condivisibile opposto orientamento nella materia come in precedenza esposto in considerazione della circostanza che “ – tanto la responsabilità aquiliana, quanto il danno per culpa in contraendo conseguenti alla mancata conclusione del procedimento ad evidenza pubblica postulano la sussistenza (e la relativa prova in capo al danneggiato ricorrente) di un profilo di illegittimità/illiceità nella condotta della P.A., secondo una diversificazione in ragione del suo riferirsi allo specifico atto che ha revocato la gara ovvero all’inosservanza dei doveri comportamentali di correttezza e buon fede, che si sono tradotti nell’ingiusto sacrificio dell’affidamento ingenerato nelle ditte partecipanti alla gara successivamente e legittimamente revocata;
 
– diversamente, attraverso una sorta di progressiva neutralizzazione di ogni profilo colposo e di tendenziale oggettivizzazione della rilevanza del danno, il modello indennitario tratteggiato dal novello art. 21 quinquies delinea una fattispecie (riconducibile al modello dogmatico della responsabilità da atto lecito dannoso) in cui l’atto di revoca rileva di per sé quale fattore cui conseguono risvolti patrimoniali a carico della P.A. in relazioni agli eventuali pregiudizi che dovessero verificarsi a carico degli amministrati, al di fuori non solo di qualsivoglia profilo di illegittimità intrinseca del provvedimento, ma anche indipendentemente da ogni concreto profilo dei canoni comportamentali di correttezza, buona fede e di tutela dell’affidamento;” ( in termini testuali vedi la richiamata T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 08 febbraio 2006 , n. 1794).
 
Per quanto attiene, poi, il risarcimento del danno, richiesto anche nell’eventualità del rigetto della domanda di annullamento della revoca della aggiudicazione, in applicazione di un principio consolidato nella giurisprudenza della Cassazione, deve ritenersi che la qualificazione dei fatti dedotti ai fini della individuazione del titolo di responsabilità rientri nell’ambito delle attività giurisdizionali di esclusiva competenza del giudice adito.
 
Non assume, pertanto, alcuna rilevanza la circostanza che la difesa della ricorrente si sia limitata a riportare in ricorso i fatti specifici concernenti la vicenda in trattazione, chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti senza qualificare espressamente detti fatti ai fini della individuazione del tipo specifico di responsabilità dell’amministrazione addotta nella fattispecie in esame.
 
Tenuto conto delle censure formulate con il ricorso introduttivo nella articolazione dei motivi di ricorso nonché della esposizione dei fatti come riportati nella premessa del detto ricorso, si ritiene di potere agevolmente qualificare il titolo della responsabilità addotta dalla difesa della ditta ricorrente negli artt. 1337 e 1338 c.c. concernenti la cd. responsabilità precontrattuale che la prevalente giurisprudenza della Corte di Cassazione nella materia riconduce al più ampio disposto di cui all’art. 2043 c.c. concernente la responsabilità extracontrattuale.
 
Alla detta conclusione non osta la circostanza che, nella richiesta di risarcimento dei danni, come formulata dalla difesa della ricorrente nella parte conclusiva del ricorso in trattazione, siano state ricomprese alcune voci di danno, quale in modo specifico il lucro cessante, nella forma degli utili che l’impresa avrebbe ricavato dalla esatta e completa esecuzione della fornitura di cui all’appalto in questione, per giurisprudenza consolidata non rientranti nella comune accezione del cd. interesse negativo cui, unicamente, è commisurato il danno da cd. culpa in contraendo.
 
Si tratterà, infatti, in tal caso di verificare voce per voce la debenza o meno tanto in astratto, con riferimento al tipo di danno richiesto, quanto in concreto, con specifico riferimento all’adempimento dell’onere della prova incombente sulla parte al riguardo.
 
Deve, infatti, ritenersi che la difesa della ricorrente abbia voluto prospettare in ricorso, nel modo più ampio possibile al fine di non incorrere in eventuali contestabili omissioni nella detta indicazione, tutte le voci di danno in astratto rinvenibile nella vicenda in esame in conseguenza del comportamento illegittimo o comunque illecito tenuto da parte dell’amministrazione procedente.
 
Si pone, pertanto, in via preliminare, la questione di giurisdizione del giudice amministrativo adito.
 
Sebbene, infatti, la detta questione preliminare di rito non sia stata sollevata dalla difesa dell’amministrazione nei suoi scritti difensivi – la quale, nella memoria difensiva, si è limitata ad argomentare la infondatezza nel merito del ricorso limitatamente alla domanda proposta in via principale di annullamento del provvedimento di revoca della aggiudicazione in favore della ditta ricorrente, e, per il vero, in sede di trattazione orale del ricorso alla pubblica udienza, si è limitata incidentalmente ad evidenziare come, in ogni caso, dovendosi inquadrare la fattispecie nella richiamata responsabilità precontrattuale, l’eventuale danno riconosciuto nella ritenuta sussistenza dei requisiti di legge, non potesse, comunque, che essere commisurato al cd. interesse negativo-, tuttavia, trattandosi di questione rilevabile d’ufficio da parte del giudice, si ritiene opportuno spendere alcune parole al riguardo, anche in considerazione della complessità della stessa questione di giurisdizione nella materia alla luce delle recenti modifiche legislative proprio sul punto della giurisdizione di legittimità nonché esclusiva del giudice amministrativo con particolare riferimento alla materia degli appalti pubblici.
 
Potrebbe, infatti, sostenersi che, nella fattispecie dedotta in giudizio, in cui si è statuito che il potere di revoca é stato correttamente esercitato o, comunque, che il provvedimento di revoca non può ritenersi illegittimo alla luce delle censure come articolate in via principale in ricorso, il danno lamentato non derivi tanto da un "provvedimento" quanto, piuttosto, da un "comportamento" della Amministrazione rispetto al quale verrebbe meno la giurisdizione del giudice amministrativo
 
Secondo la detta prospettazione dovrebbe ritenersi che i comportamenti dell’amministrazione, e soprattutto i comportamenti successivi alla chiusura della fase ad evidenza pubblica, non apparterrebbero alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto non rientrerebbero nella fase del procedimento di affidamento di un pubblico appalto e genererebbero, comunque, esclusivamente situazioni di natura paritetica appartenenti alla giurisdizione del giudice ordinario.
 
Detta prospettazione non merita accoglimento per le considerazioni di cui di seguito.
 
Al riguardo non sussiste alcun dubbio in ordine alla natura di diritto soggettivo della posizione giuridica soggettiva vantata dalla parte ricorrente, da rinvenirsi nella lesione della libertà contrattuale, né in merito alla derivazione della detta lesione da un comportamento della amministrazione che si assume contrario alle regole della correttezza e buona fede come disciplinate in particolare per quanto attiene alla fase delle precontrattuale delle trattative ai sensi degli artt. 1337 e 1338 c.c..
 
Ne consegue che il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione definitiva della gara, ritenuto legittimo in sede di giudizio amministrativo, si pone su di un piano nettamente distinto rispetto al comportamento, che potrebbe nella medesima sede essere invece valutato quale illecito e tenuto dalla Amministrazione nella fase che precede la formale stipulazione del relativo contratto.
 
La circostanza in precedente rilevata, della sussistenza in detta fase di una posizione giuridica soggettiva alla quale viene riconosciuta la natura di diritto soggettivo non determina, tuttavia, la conseguenza della necessaria traslazione della giurisdizione dal giudice amministrativo al giudice ordinario, secondo la prospettazione di cui in precedenza, atteso il tenore del disposto di cui all’art. 6 della L. n. 205/2000 come autorevolmente interpretato nella sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 6/2005 – attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "tutte le controversie tra privato e pubblica amministrazione riguardanti la fase anteriore alla stipula dei contratti di lavori, forniture e servizi".
 
Deve, pertanto, ritenersi che, in base all’art. 6 della L. n. 205/00, sussista la giurisdizione esclusiva del g.a. per tutte le controversie tra privato e p.a. riguardanti la fase anteriore alla stipula dei contratti di lavoro, forniture e servizi (la fase di evidenza pubblica rivolta alla scelta del contraente privato): e ciò sia che tali controversie concernano interessi legittimi, sia che riguardino diritti soggettivi. Sussiste, quindi, la giurisdizione esclusiva del Ga per le controversie che riguardano la responsabilità precontrattuale della p.a. per il mancato rispetto da parte di quest’ultima delle norme di correttezza di cui all’art. 1337 c.c. prescritte dal diritto comune ( cfr. da ultimo Consiglio Stato a. plen., 05 settembre 2005 , n. 6 ed in precedenza cfr. Cons. Stato 19 marzo 2003, n. 1457 ).
 
Nello svolgimento della sua attività di ricerca del contraente l’amministrazione è tenuta non soltanto a rispettare le regole dettate nell’interesse pubblico, la cui violazione implica l’annullamento o la revoca dell’attività autoritativa, ma anche le norme di correttezza di cui all’art. 1337 c.c., prescritte dal diritto civile (regole la cui violazione assume significato e rilevanza, ovviamente, solo dopo che gli atti della fase pubblicistica attributiva degli effetti vantaggiosi siano venuti meno e questi ultimi effetti si siano trasformati in affidamenti restati senza seguito) ( cfr. ancora nei termini Consiglio Stato a. plen., 05 settembre 2005 , n. 6).
 
Né rileva, in senso contrario, in relazione alla ritenuta sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in tema di scelta del contraente ai sensi dell’art. 6 della legge n. 205 del 2000, la decisione n. 204 del 2004 della Corte costituzionale, la quale concerne in effetti una diversa normativa, ossia non l’art. 6 della legge n. 205/ 2000 bensì l’art. 7 della medesima legge, che ha modificato l’originaria versione negli art. 33 e 34 del d.lg. n. 80/1998, relativi alla giurisdizione esclusiva in materia di edilizia, urbanistica e servizi pubblici ( Consiglio Stato a. plen., 05 settembre 2005 , n. 6).
 
Ritenuta la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo adito nella materia che interessa, deve procedersi a verificare se la detta domanda sia fondata ed eventualmente in quale limite sia risarcibile il dedotto complessivo danno patito da parte della ditta ricorrente.
 
Si premette, ulteriormente, ai predetti fini, che la riconosciuta legittimità dell’atto di revoca della aggiudicazione definitiva non elimina il profilo relativo alla valutazione del comportamento tenuto da parte della stessa amministrazione nell’ambito del procedimento formativo della volontà negoziale con riguardo al rispetto del dovere di buona fede e correttezza di cui all’art. 1337 c.c. ai fini della tutela del legittimo affidamento eventualmente ingenerato nella impresa.
 
Si tratta, pertanto, di verificare, in punto di fatto, se possa effettivamente ritenersi – alla luce delle circostanze come dedotte in fatto da entrambe le parti nonché dall’esame della documentazione, prodotta in allegato agli scritti difensivi nel presente giudizio, e, in particolare, della corrispondenza intercorsa tra queste nel periodo ricompreso tra l’aggiudicazione definitiva alla ditta ricorrente e la revoca della stessa-, che il comportamento tenuto dall’amministrazione nella fase che precede la formale stipulazione del contratto di appalto – che, detto incidentalmente nel caso di specie non è mai stato stipulato per l’intervenuta sospensione della relativa procedura a seguito della verifica della mancanza del requisito di partecipazione alla gara dato dalla regolarità contributiva della ditta stessa, come da comunicazione del responsabile dell’ufficio contratti della provincia al dirigente del settore cultura e scuola alberghiera-, abbia ingenerato nella ditta ricorrente un legittimo affidamento sulla regolarità della procedura di gara e conseguentemente del provvedimento conclusivo di aggiudicazione definitiva della stessa in suo favore e dunque in definitiva sulla stipulazione del relativo contratto di appalto e sulla sua regolare esecuzione nei termini previsti.
 
 
Al riguardo si rileva come, da una complessiva valutazione degli elementi in precedenza evidenziati, non possa ritenersi che sia formato, da parte della ditta ricorrente, il detto legittimo affidamento; ed infatti, come rilevato nella parte di questa sentenza contenente la esposizione in punto di fatto degli atti succedutisi nel tempo nell’ambito della vicenda che interessa, nell’indicazione della corrispondenza intercorsa tra le parti al riguardo, la comunicazione dell’aggiudicazione della gara di cui al verbale di gara del 14.12.2004, è stata effettuata alla ditta ricorrente con la nota del 20.1.2005, ma con la successiva nota del 10.5.2005, ad integrazione della precedente, è stata richiesta la produzione della documentazione attestante la regolarità contributiva.
 
Sebbene non possa sottacersi che, tra le due note richiamate, sia intercorso un lasso di tempo non irrilevante, di quasi quattro mesi, tuttavia, da un lato, come in precedenza rilevato nell’esame della domanda principale di annullamento della revoca della aggiudicazione, sulla base della normativa richiamata, di cui all’art. 2 del D.L. n. 210/2002, nel testo risultante dalla modifica apportata dalla legge di conversione n. 266/2002, la stazione appaltante era tenuta a procedere alla detta verifica d’ufficio, e dall’altra, non era ancora intervenuta la stipulazione del relativo contratto, la cui procedura è stata, invece, espressamente sospesa nelle more, sebbene soltanto a seguito della verifica della effettiva mancanza del detto requisito di partecipazione alla gara rappresentato dalla regolarità contributiva alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara di cui trattasi.
 
Considerato che, tuttavia, le predette circostanze di cui da ultimo rilevano, in modo precipuo, nel diverso contesto del giudizio avente ad oggetto la eventuale illegittimità della revoca della aggiudicazione, tuttavia come da argomentazioni che precedono in effetti esclusa, il non breve intervallo di tempo intercorso tra la comunicazione dell’intervenuta aggiudicazione in suo favore in data 20.1.2005 e la notifica della nota prot. n. 40094/478 del 10.5.2005 – con la quale la Provincia ha richiesto per la prima volta, ad integrazione della documentazione già presentata, la certificazione relativa alla regolarità contributiva INPS ed INAIL ai sensi dell’art. 2 della L. n. 266/2002- impone una verifica approfondita sul punto, atteso che, indubbiamente, la detta circostanza costituisce un argomento a favore dell’invocato legittimo affidamento ingenerato nella ditta ricorrente da parte dell’amministrazione con il suo comportamento.
 
Al riguardo è importante rilevare come non risulta in atti che l’amministrazione abbia specificatamente ed esplicitamente fatto richiesta formale alla ditta ricorrente della anticipata esecuzione del contratto ( sebbene possa ritenersi accertato in punto di fatto, dal tenore testuale della impugnata revoca, che almeno una parte della fornitura sia stata eseguita in epoca antecedente alla adozione della detta revoca).
 
Inoltre, ad escludere, se non ad attenuare la rilevanza del detto intervallo temporale, non vale quanto dedotto in memoria da parte della difesa dell’amministrazione nella propria memoria integrativa, secondo cui, nel detto intervallo di tempo, la provincia aveva più volte sollecitato per le vie brevi il titolare della ditta ricorrente a produrre la certificazione di regolarità contributiva, motivo per il quale la formale richiesta di integrazione documentale sarebbe stata notificata soltanto alla data del 14.5.2005, atteso il mancato riscontro alla precedenti informali richieste al riguardo formulate da parte della stazione appaltante; ed infatti, da un lato, non viene fornito alcun principio di prova al riguardo, traducendosi, nella sostanza, in una mera petizione di principio ( come già peraltro in precedenza rilevato, sebbene a diversi fini), e, dall’altro, nemmeno è stata richiesta da parte della difesa della ditta ricorrente una eventuale prova testimoniale in merito, a prescindere dalla questione della sua eventuale effettiva ammissibilità e concreta rilevanza nel presente giudizio. 
 
Ai fini che interessano, deve tenersi in debito conto della eventuale conoscenza o conoscibilità, da parte del contraente privato, della illegittimità dell’atto amministrativo di aggiudicazione definitiva della gara disposta in suo favore da parte della stazione appaltante, ed oggetto della revoca, nonché dell’eventuale concorso del detto contraente nell’induzione in errore dell’amministrazione ai fini della valutazione della legittimità del detto provvedimento di aggiudicazione.
 
La circostanza che la ditta ricorrente, o meglio il titolare della detta ditta, non fosse in buona fede al riguardo, emerge, peraltro, dalla stessa formulazione della relativa dichiarazione, come prodotta in sede di gara ed allegata agli scritti difensivi di entrambe le parti del giudizio in copia, agli evidenti fini di non incorrere nella sanzione conseguente alla eventuale non veridicità della stessa, nella parte in cui ha, appunto, dichiarato testualmente di essere in regola con le denunce contributive ( e non invece con i pagamenti relativi), difformemente al modello predisposto da parte della stessa amministrazione procedente a tale fine.
 
Al riguardo deve, pertanto, ritenersi, contrariamente a quanto dedotto in ricorso da parte della difesa della ditta ricorrente, e conformemente, invece, alle specifiche difese sul punto da parte dell’amministrazione, che sia stata proprio la stazione appaltante ad essere stata messa nelle condizioni di fare affidamento su di una dichiarazione che non appariva chiara ed univoca nel proprio contenuto.
 
Ed infatti la formulazione testuale della richiamata dichiarazione, sebbene non conforme al disposto normativo al riguardo, poteva ragionevolmente indurre, ad una prima sommaria delibazione da parte della stazione appaltante, a ritenere osservato l’obbligo della dichiarazione di possesso del requisito sostanziale della regolarità contributiva; quanto meno, infatti, la richiamata dichiarazione conteneva degli elementi di equivocità di non insignificante rilievo.
 
Deve, pertanto, ritenersi che, sebbene il seggio di gara avrebbe potuto procedere alla esclusione della ditta ricorrente dalla partecipazione di gara in sede di verifica preliminare della regolarità della documentazione presentata ai fini della partecipazione alla gara, tuttavia, il tenore, si ripete volutamente equivoco della richiamata dichiarazione, la ha ragionevolmente indotta a non disporne la esclusione dalla gara ed a procedere alla aggiudicazione, in suo favore, dell’appalto di cui trattasi.
 
Né, in senso contrario, rileva quanto dedotto in punto di fatto in seno al primo motivo di censura, in ordine alla dedotta circostanza che il titolare della ditta avrebbe, preliminarmente alla formulazione ed inoltro della domanda di partecipazione alla gara, contenente negli allegati la dichiarazione concernente la regolarità contributiva in contestazione in questa sede, contattato per le vie brevi la stessa amministrazione ai fini della rappresentazione della detta circostanza – sussistenza di una irregolarità contributiva per mancato versamento dei premi assicurativi all’INAIL per il periodo 1999-2005 per un ammontare complessivo superiore agli euro 14.000,00- , ed ottenuto da questa rassicurazioni in merito alla valenza non ostativa di detta circostanza ai fini della eventuale aggiudicazione in suo favore dell’appalto di cui trattasi.
 
Ed infatti, a prescindere da ogni ulteriore eventuale considerazione al riguardo, come in precedenza rilevato, difetta comunque un principio di prova in merito.
 
Individuato l’ambito applicativo della domanda dell’odierna ricorrente e qualificata in termini di responsabilità precontrattuale la fattispecie sottoposta all’attenzione del Collegio, una volta riconosciuta la insussistenza di un legittimo affidamento da parte dell’aggiudicatario sulla regolarità della procedura di gara e del provvedimento finale di aggiudicazione definitiva in suo favore- e pertanto sulla tempe**a ed effettiva stipulazione del contratto di appalto nonché sulla sua relativa esecuzione nei termini e nei tempi previsti-, in conseguenza del comportamento tenuto dalla pubblica amministrazione nella fase che precede la stipulazione formale del contratto di appalto, nel caso di specie di fornitura, il relativo capo di domanda deve essere respinto, rimanendo pertanto, conseguentemente, assorbita ogni altra successiva considerazione in merito alla individuazione delle possibili voci di danno oggetto di liquidazione in questa sede al detto titolo ( al riguardo sia consentito ricordare che, sotto tale profilo, la domanda di risarcimento deve circoscriversi : a) alle spese sostenute per la preparazione dell’offerta e per la partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell’appalto e b) alle cd. occasioni perdute, non potendo, invece, costituire oggetto di responsabilità precontrattuale le voci relative al "lucro cessante", se non con riguardo al distinto ambito delle dette "occasioni mancate" che, tuttavia, concerne l’eventuale lucro ricavabile non già dal rapporto contrattuale fonte della responsabilità quanto, piuttosto, da ulteriori e distinti possibili contratti non stipulati proprio a causa del precedente impegno assunto- sempre nei limiti in cui si data concretamente prova in merito all’effettivo danno lamentato, atteso che la valutazione equitativa del danno, ai sensi dell’art. 1226 c.c., in combinato disposto con l’art. 2056 c.c., è consentita soltanto in caso di impossibile prova del danno ovvero di grave difficoltà della stessa e che, anche in merito al profilo riguardante le occasioni perdute, la domanda deve essere specifica sul punto, non potendosi, infatti, utilmente fare riferimento ad un danno meramente ipotetico e non suffragato da alcun riscontro probatorio in merito, deducendo esclusivamente l’impossibilità di assumere altre commesse in relazione all’impegno precedentemente assunto-; appare, invece, controversa, nella giurisprudenza amministrativa sul punto la computabilità, ai fini risarcitori che interessano, anche delle spese sostenute ai fini della prestazione della cauzione definitiva, nei limiti in cui le stesse siano sempre adeguatamente documentate, essendosi ritenuta, da un lato, la doverosità della relativa ripetizione, ed invece, dall’altra parte, essendosi sostenuto il mancato riconoscimento, atteso che, stante la mancata stipulazione del contratto di appalto, dovrebbe presumersene la intervenuta restituzione (Consiglio Stato a. plen., 05 settembre 2005 , n. 6).
 
Conclusivamente, per le considerazioni che precedono, il ricorso in trattazione deve essere respinto siccome infondato nel merito, con riferimento tanto ai capi di domanda concernenti la richiesta di annullamento del provvedimento amministrativo ritenuto illegittimo quanto all’ulteriore capo concernente la richiesta di condanna al risarcimento dei danni da culpa in contraendo.
 
Nonostante l’esito del presente giudizio, non favorevole alle prospettazioni di parte ricorrente, si ritiene che sussistano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio tra le parti in considerazione della complessità del relativo giudizio.
 
PQM
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda ter, respinge il ricorso in epigrafe.
 
Spese compensate.
 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.
 
Così deciso in Roma il 16.4.2007, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori magistrati:
 
Michele Perrelli, Presidente
 
Antonio Vinciguerra, Consigliere
 
Maria Cristina Quiligotti, Consigliere estensore

Lazzini Sonia

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