La scrittura privata: la sottoscrizione quale necessarium e cenni sulla valenza probatoria

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La scrittura privata come disegnata dagli artt. 2702 e ss. c.c. abbisogna del requisito della la sottoscrizione (cd. firma autografa, di cui è menzione nell’art. 2703 c.c.).
In particolare, ingiurisprudenza si è ha riconosciuto un insanabile vizio della scrittura privata nei casi di sottoscrizione:
 
– assente, costituendo essa ex art. 2702 c.c. l’unico elemento grafico in virtù del quale la scrittura possa dirsi riferibile al soggetto da cui proviene e produrre effetti a suo carico (Cass. 2 ottobre 1996 n. 8620);
 
a mezzo stampa o dattilografia, e quindi non autografa (per l’invalidità della girata titolo di credito sottoscritta mediante timbro a stampa anziché con firma autografa, cfr. Trib. Torino 26 ottobre 1994; in dottrina, BIANCA, Diritto civile, 3, Milano, 2000, 286);
 
– a mezzo crocesegno (per la nullità della procura alle liti conferita dal cliente mediante tale ultimo segno grafico e non già mediante sottoscrizione, non sanabile neppure dall’autenticazione del difensore, che ha solo lo scopo di attestare la provenienza della sottoscrizione dal suo autore, Cass. 14 maggio 1994 n. 4718, conf., id, 21 maggio 1992 n. 6133).
 
Diversamente a dirsi:
– per gli atti amministrativi, per la cui essenzialità si ammette, ex art. 3 del d. lgs 12 febbraio 1993 n. 39, la sostituibilità della firma autografa con l’indicazione a stampa (in giur., ex plurr., Cass. 7 agosto 1996, n. 7234);
– per la cd. firma informatica, suddivisa dall’art. 1, comma 1, d. lgs. 7 marzo 2005 n. 82, nelle tre specie della firma elettronica, firma elettronica qualificata e firma digitale. In particolare, queste ultime due, se apposte al documento informatico, gli consentono, ex art. 20, comma 2, del Codice, di soddisfare il requisito legale della
forma scritta se formato nel rispetto delle regole tecniche stabilite
ai sensi del successivo articolo 71 che garantiscano l’identificabilità dell’autore e l’integrità del documento.
Non inutile è rammentare che, a mente dell’art. 2702 c.c., la sottoscrizione alla scrittura vale, fino a querela di falso, a conferirle la sola prova della provenienza delle dichiarazioni dal sottoscrivente (cd. estrinseco), e ciò a condizione che vi sia un riconoscimento espresso della medesima da parte di colui contro cui è prodotta, ovvero se questa è considerata legalmente come riconosciuta Trattasi, come ben noto, di cd. prova legale (su cui, diffusamente Mandrioli, Diritto processuale civile, Torino 2003, 214 e ss.).
Sulla valenza probatoria dell’art. 2702 c.c. degno di nota l’unanime indirizzo che riconosce valore meramente indiziario ai verbali ispettivi redatti dai funzionari dell’Inps:
 «I verbali redatti dagli ispettori del lavoro, o comunque dai funzionari degli enti previdenziali, fanno fede fino a querela di falso, ai sensi dell’art. 2700 c.c., solo relativamente alla loro provenienza dal sottoscrittore, alle dichiarazioni a lui rese ed agli altri fatti che egli attesti come avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, mentre, per quanto riguarda le altre circostanze di fatto che egli segnali di avere accertato nel corso dell’inchiesta per averle apprese da terzi o in seguito ad altre indagini, i verbali, per la loro natura di atto pubblico, hanno un’attendibilità che può essere infirmata solo da una specifica prova contraria; il materiale raccolto dal verbalizzante deve, quindi, essere liberamente apprezzato dal giudice, il quale può valutarne l’importanza ai fini della prova, ma non può attribuirgli il valore di vero e proprio accertamento addossando all’opponente l’onere di fornire la prova dell’insussistenza dei fatti contestatigli» (così, Cass., sez. lav., 12 agosto 2004 n. 15702; conf. id., 14 gennaio 2004 n. 405 29 novembre 1989 n. 5327, Cass., sez. un., 3 dicembre 1996 n. 916; tra la giur. di merito, Trib. Ivrea, 10 marzo 2005, App. Milano, 5 dicembre 1980, Pretura Treviso, 27 gennaio 1993).
 
Avvocato in Napoli

Vanacore Giorgio

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