La restituzione in termini in relazione alla posizione processuale del difensore: profili pratici

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La sentenza in commento riveste notevole interesse sotto il profilo forense siccome individua una ipotesi che può legittimare la restituzione in termini da parte del difensore.

Infatti, nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha affermato come ricorra l’ipotesi prevista dall’art. 175 c.p.p.  (mancata tempestiva impugnazione per una causa di forza maggiore) qualora la direzione del carcere abbia violato l’ “obbligo su di essa gravante di comunicare l’avvenuta nomina di un difensore di fiducia da parte di un detenuto al consiglio dell’ordine degli avvocati territoriale, il quale avrebbe poi dovuto provvedere ad avvisare il difensore”. 

Di talchè gli Ermellini, sulla scorta di tale principio ermeneutico, hanno annullato l’ordinanza con la quale il Giudice di merito aveva disatteso tale doglianza difensiva. 

Ciò posto, la decisione de qua è sicuramente condivisibile posto che da un lato, è particolarmente attenta alle guarentigie difensive così come consacrate a livello domestico e comunitario, dall’altro lato, conforme ad un consolidato orientamento nomofilattico che ha ravvisato la sussistenza di questa causa restitutiva in casi analoghi o comunque, ispirati alla medesima ratio. 

In effetti, la finalità sottesa all’istituto della “restituzione nel termine”, come noto, consiste nel garantire il diritto di difesa riconosciuto dall’art. 24, co. II, Cost. anche alla luce “dell’effetto espansivo dell’art. 6 Cedu e della corrispondente giurisprudenza della Corte di Strasburgo”[1]. 

Infatti, affinchè il diritto di difesa possa considerarsi effettivamente tutelato è necessario che l’imputato, alla luce di quanto previsto dall’art. 6, par. 3, lett. c), C.E.D.U., sia messo in condizione di essere assistito, durante l’intero iter procedimentale e processuale, da un “difensore di propria scelta” dato che, in caso contrario, il risultato cui mira la norma de qua ovvero quello garantire una “difesa concreta ed effettiva”[2] “non si può considerare raggiunto”[3]. 

Sicchè ne consegue che, alla luce di tale principio fondamentale di diritto, è obbligo del giudice “di agire in modo da assicurare all’interessato il godimento effettivo” di tale diritto riconosciutogli”[4]. 

La Cassazione, dal canto suo, correttamente declinando tale principio ai casi sottoposti al suo vaglio giurisdizionale, ha ravvisato situazioni per le quali la difesa è legittimata a chiedere la restituzione nel termine, nei seguenti casi:

  1. se il difensore sia malato nella misura in cui questo stato “sia di tale gravità da impedire per tutta la sua durata qualsiasi attività, venendo ad incidere sulla capacità di intendere e volere dell’interessato, così da impedirgli anche la spedizione a mezzo posta o la presentazione tramite un procuratore speciale dell’atto di impugnazione”[5];

  2. qualora il difensore di fiducia sia deceduto o sia stato arrestato sempreché tali eventi siano intervenuti “nelle more del termine per impugnare la sentenza”[6];

  3. “quando l’omesso adempimento dell’incarico di proporre impugnazione da parte del difensore di fiducia, non attivatosi contrariamente alle aspettative dell’imputato, sia stato determinato da una situazione di imprevedibile ignoranza della legge processuale penale, tale da configurare un’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore”[7];

  4. allorchè il “difensore di fiducia, elettivamente domiciliatario e nominato per l’interrogatorio reso nella fase delle indagini preliminari, abbia rinunciato unilateralmente al mandato e rifiutato di ricevere la notifica del decreto di citazione a giudizio, decreto poi notificato, in uno alla sentenza contumaciale, ad un difensore di ufficio”[8];

  5. se il personale della cancelleria abbia rilasciato una errata informazione al difensore “circa il mancato tempestivo deposito della sentenza nel termine di legge”[9];

  6. qualora la cancelleria abbia provveduto ad una erronea annotazione “consistita nell’affermare l’intervenuta impugnazione della sentenza di primo grado da parte di un difensore diverso da quello che aveva assistito l’imputato nel corso del giudizio di primo grado”[10] la quale, determinando nel difensore di fiducia il convincimento di essere stato implicitamente revocato e, pertanto, la conseguente astensione di quest’ultimo da ogni ulteriore attività, abbia provocato, stante anche il correlativo e giustificato affidamento dell’imputato, “il passaggio in giudicato della sentenza”[11]. 

Al di là di tale casistica, i Giudici di “Piazza Cavour”, più in generale, partendo dal presupposto secondo il quale “la forza maggiore, oltre che ad essere, come per le altre parti, invincibile, deve presentare natura tale da non permettere a chi ne è raggiunto di avvalersi dei mezzi e degli strumenti che il codice di rito pone a disposizione del difensore per compiere non personalmente una determinata attività processuale”[12],  hanno rilevato come vi sia tale ipotesi normativa solo laddove venga allegata e documentata l’esistenza di un evento così grave da impedire lo svolgimento dell’ attività defensionale[13] occorrendo tuttavia la prova che non vi sia un comportamento del difensore “intenzionalmente diretto a sottrarsi alla conoscenza degli atti”[14]. 

Del resto, è palese che tali requisiti applicativi non sussistano se l’omessa conoscenza del procedimento da parre del difensore dipenda dalla condotta omissiva di terzi[15]. 

Inoltre, per dovere di completezza espositiva, va precisato che i termini previsti dall’art. 175 c.p.p. decorrono “per il difensore dalla data in cui sia provato che egli abbia avuto effettiva conoscenza del provvedimento e non dalla data in cui ne ha potuto avere cognizione l’imputato da lui assistito”[16]. 

Al contrario, il Supremo Consesso ha invece escluso come ricorrano le condizioni previste dalla norma in epigrafe nella susseguenti circostanze:

  1. qualora vi sia un “mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione”[17];

  2. quando vi sia un errore da parte “del difensore di fiducia nell’individuazione dei termini di impugnazione della sentenza, causato da ignoranza della legge processuale”[18];

  3. nel caso in cui la mancata comparizione all’udienza preliminare sia dipesa dalla “tardiva comunicazione della data dell’udienza da parte del collega di studio, cui l’avviso era stato tempestivamente notificato, in quanto incombe sull’imputato l’onere di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito”[19]; fatto, questo, che di per sé è inidoneo a “giustificare la restituzione nel termine per proporre richiesta di giudizio abbreviato da parte del difensore”[20];  

  4. allorchè vi sia una “erronea indicazione di cancelleria al difensore circa un non meglio indicato differimento del termine per il deposito della sentenza, se detta indicazione è priva di uno specifico contenuto e non si prospetta affidabile”[21];

  5. se il difensore d’ufficio, in violazione degli obblighi di diligenza, “abbia omesso di informare il difensore di fiducia circa il mancato accoglimento dell’istanza di rinvio dell’udienza e non abbia presentato tempestiva impugnazione in qualità di sostituto ex art. 102 c.p.p.”[22];  

  6. “qualora sia dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione, perché il difensore risultava sospeso dall’albo speciale degli avvocati cassazionisti, (…) anche quando il professionista abbia omesso di informare della circostanza il suo assistito”[23];  

  7. quando “si adduca che il difensore non sia riuscito a comunicare al suo assistito, detenuto per altra causa e trasferito in altro istituto di pena, l’avvenuta notifica della sentenza”[24];

  8. laddove venga disposta la “sospensione o la cancellazione del difensore dall’albo professionale”[25];

  9. se ricorra “un semplice atteggiamento di trascuratezza e di disinteresse per la vicenda processuale da parte dell’imputato”[26];  allorchè vi sia stato solo un errore o una omissione causata da errore[27];  

  10. (in esecutis) quando emergano solo delle nullità asseritamente incorse nel giudizio di cognizione “le quali non possono essere fatte valere con l’incidente di esecuzione”[28].   

Da ultimo, tornando al tema in argomento, la decisione qui esaminata è chiaramente rappresentativa di un percorso ermeneutico particolarmente attento, come rilevato nell’incipit di questo breve libello, alle garanzie difensive e dunque, sicuramente condivisibile perchè conforme sia al dettato costituzionale sia a quello convenzionale (europeo).

 

[1] Cort. Cost., 4/12/09, n. 317.

 [2] ]C. EDU, 9/04/84, n. 76, Ric. Goddi c. Italia.

 [3] Ibidem. 

[4] C. EDU, 21/04/98, ric. Daud c. Portogallo. 

[5] Cass. pen., sez. III, 12/01/12, n. 25162. In senso conforme: Cass. pen., sez. I, 7/04/10, n. 16763: “È configurabile il caso della forza maggiore idonea a suffragare istanza di restituzione nel termine per impugnare la sentenza nella malattia invalidante del difensore di fiducia che gli abbia impedito di allontanarsi dal proprio domicilio e di nominare un sostituto per la presentazione dei motivi di impugnazione”. 

[6] (Cass. pen., sez. VI, 8/11/11, n. 41381. In senso analogo: Cass. pen., sez. V, 25/09/02, n. 35137: “Costituisce caso fortuito che legittima la remissione in termini – ai sensi dell’ art. 175 c.p.p. – finalizzata a consentire l’ esercizio del diritto di impugnazione, l’ impedimento del difensore conseguente alla morte dello stesso, intervenuta a seguito di malattia repentinamente verificatasi”). 

[7] Cass. pen., sez. II, 14/07/11, n. 31680. 

[8] Cass. pen., sez. I, 10/06/11, n. 26634. 

[9] Cass. pen., sez. V, 3/02/10, n. 10796. In senso eguale: Cass. pen., sez. IV, 30/11705, n. 8122: “Integra forza maggiore, che può giustificare la restituzione nel termine per l’impugnazione, l’errata informazione, rilasciata e certificata dal personale di cancelleria al difensore, circa il mancato tempestivo deposito della sentenza nel termine di legge”. 

[10] Cass. pen., sez. V, 23/03/07, n. 18820.                                

[11] Ibidem. 

[12] Cass. pen., sez. III, 16/04/97, n. 1716. 

[13] Ibidem. 

[14] Argomentando a contrario: Cass. pen., sez. I, 6/03/00, n. 167. 

[15] Come i casi menzionati in precedenza menzionati ai  numeri 5) e 6).           

[16] Cass. pen., sez. III, 25/10/05, n. 45190.                                                                                 

[17] Cass. pen., sez. IV, 7/06/12, n. 28683. In tal senso: Cass. pen., sez. V, 6/07/11, n. 43277. Contra: Cass. pen., sez. VI, 26/06/09, n. 35149: “Se è vero che incombe all’imputato l’onere di scegliere un difensore professionalmente valido e di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito, non può pretendersi, però, che egli, nell’effettuare la scelta del difensore, verifichi previamente, senza peraltro possedere le relative cognizioni culturali, la sua padronanza di ordinarie regole di diritto che dovrebbero costituire il bagaglio tecnico di qualsiasi soggetto legittimato alla professione forense attraverso il superamento dell’esame di Stato (nella specie, la Corte ha accolto il ricorso di un uomo il cui legale non aveva proposto appello, facendo scadere i termini, semplicemente perché non era a conoscenza delle regole sui tempi dell’impugnazione. La Corte ha ritenuto che tale fattispecie potesse rientrare nell’ipotesi di caso fortuito, concedendo pertanto la restituzione in termini per proporre impugnazione)”. 

[18] Cass. pen., sez. IV, 15/04/11, n. 23337. 

[19] Cass. pen., sez. III, 8/04/10, n. 17964. 

[20] Ibidem.                      

[21] Cass. pen., sez. II, 7/11/07, n. 44147. 

[22] Cass. pen., sez. un., 11/04/06, n. 14991. 

[23] Cass. pen., sez. VI, 30/03/06, n. 18992. 

[24] Cass. pen., sez. II, 2/04/11, n. 18075.         

[25] Cass. pen., sez. V, 6/11700, n. 10423. 

[26] Cass. pen., sez. I, 6/03/00, n. 1671. 

[27] Cass. pen., sez. V, 1/02/00, n. 626. 

[28]Cass. pen., sez. I, 28/01/08, n. 8776

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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