La responsabilita’ del consigliere privo di delega nel caso di imputazione di concorso in art. 216 l.fall.

Corsi Giuseppe 25/02/14
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Nell’ipotesi in esame, rilevano le problematiche del delitto di bancarotta per distrazione , ex art.216 della legge fallimentare, e del concorso di persone in reato proprio, in quanto l’amministratore di una società è parificato, ai fini della fattispecie enunciata, all’imprenditore commerciale. In secondo luogo, si deve verificare la configurabilità o meno della responsabilità dei consiglieri senza delega. A quest’ultimo riguardo, più precisamente, sarà necessario esaminare il contributo causale di ciascuno di essi alla realizzazione dell’evento criminoso e l’elemento soggettivo del medesimo agente.

Sotto il profilo della fattispecie sostanziale, la distrazione consiste in un atto negoziale di disposizione patrimoniale, da cui deriva una diminuzione, oggettivamente prevedibile e certa, del patrimonio medesimo.

Difatti, trattasi di delitto di evento, e non di pura condotta : in più, si aggiunge che questo reato di pericolo concreto tutela l’economia pubblica, intesa come il regolare svolgimento delle dinamiche di mercato, gli interessi patrimoniali dei creditori e la par condicio tra questi ultimi.

In particolare, nel caso di imprese sociali, è sufficiente, ai fini dell’integrazione della condotta sopra descritta, qualunque operazione diretta a distaccare dal patrimonio sociale, senza immettervi il corrispettivo, beni ed altre attività in genere, così da impedirne l’apprensione da parte di organi fallimentari, compiuta da chi abbia avuto in concreto l’effettivo potere di gestione della società poi dichiarata fallita, in quanto tale impoverimento si risolve in un pregiudizio per i creditori della società all’atto del fallimento.

Quindi, si può affermare che la ratio della fattispecie sotto esame sia l’incriminazione della condotta dell’imputato diretta ad impedire che un bene del fallito sia utilizzato per il soddisfacimento dei diritti della massa dei creditori.

Con maggior precisione, si rileva che tale effetto lesivo dei diritti dei terzi si produce sia quando il bene sia venduto sia quando venga ceduto temporaneamente e lo spostamento sia suscettibile di recare pregiudizio ai creditori. Con riguardo alla descrizione del fatto storico di reato, inoltre, si osserva che la distrazione viene integrata, in via residuale, da qualunque fatto diverso da occultamento, dissimulazione, distruzione, dissipazione di beni e fraudolenta esposizione di passività inesistenti.

Di fatto, tutte queste condotte sono finalizzate dall’imprenditore a sottrarre più beni del proprio patrimonio agli organi del fallimento. Inoltre, quando i beni stessi siano stati utilizzati per finalità diverse da quelle cui sono destinati, o quando il ricavato della loro alienazione sia stato comunque volontariamente impiegato per fini diversi da quelli funzionali all’impresa.

Tale reato sussiste anche quando emerga un divario consistente tra la massa attiva e quella parte della massa passiva che non trova adeguata giustificazione nelle necessità economiche dell’impresa.

Infine, sotto il profilo naturalistico, l’art.216 prevede l’ipotesi di bancarotta prefallimentare, al primo comma, in cui il fatto viene commesso prima della dichiarazione di fallimento, nonché quella postfallimentare, in cui la stessa commissione avviene dopo tale dichiarazione.

Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, l’art.216 della legge speciale contempla due ipotesi di bancarotta fraudolenta sostanziale. Nella prima , concernente la distrazione e forme simili, è sufficiente il dolo generico; nella seconda , ovvero l’ esposizione di passività inesistenti, si richiede il dolo specifico.

Per la configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta sostanziale, è sufficiente il dolo generico.

Il dolo generico è sufficiente a configurare l’elemento psicologico della bancarotta, come consapevolezza della sottrazione di beni a garanzia della massa.

Tuttavia, poiché l’interesse tutelato è di natura patrimoniale e concerne la conservazione a favore dei creditori della garanzia dei loro crediti, l’agente deve rappresentarsi che la sua condotta possa procurare danno alle ragioni dei creditori.

Per quanto riguarda la tematica del concorso di persone ex artt. 110 e ss cp , si rileva che occorre una connessione causale delle condotte dei compartecipi rispetto all’evento, nonché la consapevolezza in ciascuno del contributo apportato alla realizzazione dell’evento. Secondo dottrina e giurisprudenza consolidate, è sufficiente il contributo causale anche a solo alcune delle fasi di ideazione, organizzazione ed esecuzione della condotta criminosa, sotto il profilo della determinazione o del rafforzamento della rappresentazione e della volontà criminali. Nel parere prospettato, occorre premettere che l’art. 2381 cc riduce gli oneri e le responsabilità degli amministratori a valutazioni su gestione ed assetti societari. Tuttavia, gli amministratori restano penalmente responsabili, ex art. 40 cp, secondo comma, per la commissione degli eventi che vengono a conoscere e che, pur potendo, non provvedono ad impedire. Ne consegue che la responsabilità deriva dalla dimostrazione della sussistenza di segnali significativi e sintomatici in relazione all’evento illecito, nonché del grado di anormalità, rilevabile dall’esterno, dei medesimi indici rivelatori.

Per quanto concerne la configurabilità della responsabilità a carico dei consiglieri senza delega, occorre dimostrare la conoscenza della condotta illecita altrui e, sotto il profilo della sussistenza del dolo, la generica consapevolezza da parte del consigliere a riguardo della distrazione del presidente.

Più precisamente, gli amministratori senza delega non hanno l’obbligo di vigilare sulla società ma solo il dovere di valutare l’andamento della gestione in base alle informazioni ricevute. Ne consegue che i membri del consiglio di amministrazione privi di delega non sono imputabili nell’ipotesi in cui presidente e amministratore delegato non abbiano dato loro i cd “segnali di allarme”.

Oltre all’obbligo del cd “ragguaglio amministrativo” a carico del presidente del cda, inoltre, sussiste in capo a tali consiglieri il dovere di “agire informato” senza poteri di indagine autonoma.

Quindi, per imputare a tutto il consiglio di amministrazione la bancarotta si deve provare la rappresentazione dell’evento e la volontaria omissione nell’impedirlo.

La giurisprudenza è concorde: la posizione di garanzia e l’obbligo di intervento del consigliere, ai fini di una responsabilità ex artt. 40 cp e 2392 cc, postulano la rappresentazione del fatto pregiudizievole, anche solo nella sua eventualità, e l’accettazione del rischio, in base alle informazioni date dall’amministratore operante. In tal senso, è molto significativa la sentenza n.42.519/12 della Cass., V sez., incentrata sul mero obbligo degli amministratori senza delega di valutare l’andamento gestionale in base, unicamente, alle informazioni ricevute.

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