La responsabilità civile del medico

Redazione 15/05/02
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di Nicola Todeschini

La colpa lieve e la colpa grave

Come già anticipato nel capitolo relativo all’inquadramento giuridico, la colpa lieve e la colpa grave rilevano soprattutto in riferimento all’applicabilità dell’art. 2236 cod. civ. alla responsabilità professionale del medico.

I concetti qui in esame risultano pertanto intimamente connessi con quanto affermato in tema di diligenza professionale come criterio di responsabilità e con l’individuazione del c.d. standard di riferimento per la valutazione di adeguatezza e diligenza nella prestazione. Infatti, secondo un principio ormai consolidato anche nell’elaborazione giurisprudenziale[1], l’area della  responsabilità per colpa lieve risulta ormai molto estesa, giacché la tendenza restrittiva, manifestatasi nei confronti dell’area di applicazione dell’art. 2236 cod. civ., è andata sempre più acuendosi, prima con l’esclusione dell’applicabilità ai casi d’imprudenza e incuria, poi con l’estendersi del patrimonio di conoscenze richieste al professionista medio.

Infatti si configura la responsabilità professionale del medico anche per colpa lieve, in applicazione dell’art. 1176, II c. cod. civ., quando il professionista medesimo non abbia posto in essere una prestazione <<diligente>> per fronteggiare un caso ordinario, ossia quando si sia trovato a prestare la propria opera non per risolvere problemi tecnici di speciale difficoltà, ma dovendo esercitare la sua professione al cospetto di casi ordinari per affrontare i quali si ritiene necessario, nonché doveroso ed adeguato, il bagaglio tecnico del professionista medio appartenente al medesimo settore[2].

Peraltro, come già anticipato, la responsabilità del professionista sarà, per così dire, relegata alla colpa grave solo qualora il medesimo abbia dovuto affrontareproblemi tecnici di speciale difficoltà e per imperizia abbia cagionato il danno.

Non, si badi bene, per incuria o imprudenza, ritenendosi tali condotte degne delle valutazioni più severe e rigorose.

A questo proposito risulta chiaro come non sarebbe apparso congruo ammettere una limitazione di responsabilità, proprio al cospetto di problemi tecnici di speciale difficoltà, in relazione a comportamenti, quali l’incuria e l’imprudenza, che tanto meno risultano tollerabili quanto più l’impegno diligente e l’attenzione del professionista debbono essere richiamati dall’emersione di un caso non ordinario.

Concludendo, una valutazione più cauta della responsabilità in concomitanza con problemi di speciale difficoltà altro non è che un correttivo di agevole comprensione, che entra in gioco quando anche la più diligente delle prestazioni trova ostacoli di ordine tecnico tali da travalicare le conoscenze attinenti allo standard professionale di riferimento. E’ la colpa lieve guardata attraverso l’opportuno filtro della ricorrenza dei problemi tecnici di speciale difficoltà[3].

A titolo esemplificativo è stata ritenuta sussistente la colpa grave[4] in capo ai sanitari,  medici  dipendenti di  un  ente ospedaliero, in quanto, nell’attività  di  assistenza  al parto, hanno scelto <<una metodologia  in  presenza  di dati  obiettivi  che  ne imponevano  l’esclusione>>; e ancora quando il  medico curante, fattosi sostituire  per un certo  periodo  da un altro medico, <<in assenza di tenuta  di uno  schedario  degli  assistiti, non  abbia  informato[5] il  sostituto  di una  grave  ed accertata intolleranza ad un determinato farmaco  da parte  di  un paziente (nella specie il medico sostituto, non avvisato dell’intolleranza, prescrisse ad una paziente il farmaco “Voltaren”  rispetto al  quale  la  stessa aveva  già  dato segni di allergia   e la  cui  assunzione  ne provoco’  la  morte  per “shock” anafilattico)>>; infine quando l’odontoiatra[6], <<in presenza di problemi tecnici di speciale difficoltà,   abbia  praticato un  intervento  chirurgico in  sito  diverso  da quello su cui si sarebbe dovuto svolgere  e  senza  tenere conto  di  un preesistente stato di invalidità del paziente>>.

Avv. Nicola Todeschini
www.studiolegaletodeschini.it
membro dello Studio Legale Consumerlaw

Note:

[1] Cass. civ. sez. III, 12 agosto 1995, n. 8845 <<La responsabilità del professionista per i danni causati nell’esercizio della sua attività postula la violazione dei doveri inerenti  al suo  svolgimento, tra i quali quello della diligenza che  va a sua volta valutato con riguardo alla natura dell’attività e che  in  rapporto  alla professione  di medico-chirurgo implica scrupolosa  attenzione ed adeguata preparazione professionale. Ne consegue che il  professionista risponde anche per colpa lieve quando per omissione di  diligenza ed  inadeguata preparazione provochi un danno  nell’esecuzione di  un intervento operatorio o di una terapia medica,  mentre  risponde  solo se  versa  in colpa grave quante volte il caso  affidatogli  sia di  particolare  complessità  o perche’  non ancora  sperimentato o studiato a sufficienza, o perche’ non ancora dibattuto  con riferimento ai metodi terapeutici da eseguire>>. Com. Montevarchi c. Usl n.  20/A Montevarchi, in Giust. civ. Mass., 1995, 1517.

[2] La S.C.  ha  ribadito  il principio  con  riguardo all’omesso accertamento,  da  parte dei  medici  militari, delle conseguenze  neurologiche – nella specie  di carattere  epilettico – patite da un soldato a  seguito di  trauma cranico per lo scoppio fortuito di una bomba e rivelatesi poi letali). Cass. civ., sez. III, 22 febbraio 1988 n. 1847, Maggio c. Amministrazione difesa, in Giust. civ. Mass., 1988, fasc. 2.

[3] Sul punto cfr. G. CATTANEO, op. cit., 79.

[4] Cass. civ. sez. I, 5 dicembre 1995, n. 12505,  Com. Fermo c. Usl n. 21 Fermo e altro, in Foro it., 1996, I, 2494, nota (LENOCI); in Danno e resp., 1996, 195 nota (LAZARI).

[5] Corte appello Bologna, 14 dicembre 1993, Borelli, in Giur. merito, 1994, 677 nota (IADECOLA).

[6] Cass. civ. sez. III, 2 luglio 1991 n. 7262,  Failoni c. Negri e altro, in Foro it. 1992, I, 803.

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