La prevenzione temporale nel regolamento UE 848/2015: regole ed eccezioni

Redazione 21/03/19
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di Gianni Ghinelli

Sommario

1. Introduzione: procedure principali e coordinamento infra-gruppo

2. La prevenzione temporale nella disciplina delle procedure principali

3. La prevenzione temporale nella disciplina delle procedure di coordinamento

4. Conclusione: regole ed eccezioni

Il presente contributo tratta del principio della prevenzione temporale nel reg. UE n. 848/2015, con l’intento di analizzarne la funzione nella disciplina dell’insolvenza transfrontaliera e, in particolare, di mettere a fuoco come questo operi negli specifici ambiti delle procedure d’insolvenza principali e delle procedure di coordinamento infra-gruppo.

In entrambi i settori, il legislatore europeo ha attribuito un ruolo essenziale al fattore del tempo. Tuttavia, se in entrambi è identica la ratiolegis che giustifica la centralità della prevenzione temporale, diverso è poi il modo in cui il tempo opera; diverso, inoltre, è il regime di derogabilità a questo principio.

In via di premessa, va chiarita per sommi capi la funzione del regolamento insolvenza, delle procedure principali d’insolvenza e, infine, delle procedure di coordinamento infra-gruppo.

Il legislatore europeo, con il reg. UE n. 848/2015 è intervenuto sulla delicata materia dell’insolvenza transfrontaliera disciplinando le ipotesi in cui il debitore insolvente, o anche solo in crisi, presenti un collegamento transfrontaliero con un altro Stato membro dell’Unione europea. Tale collegamento può essere costituito dal fatto che la sede legale della società sia situata altrove rispetto al luogo in cui la stessa opera sul mercato, dalla presenza di un rapporto di controllo con una società straniera, dal fatto la sede sia stata trasferita in prossimità dell’inizio di una procedura d’insolvenza, oppure, ancora, dalla presenza di assets aziendali in altri Paesi dell’Unione europea.

Tutti questi casi, sebbene siano molto diversi tra loro, sono accomunati dal ricorrere di tre elementi di incertezza, tre interrogativi: quale sia il giudice competente ad aprire la procedura d’insolvenza principale: quale sia la legge applicabile alla procedura e, infine, quale effetto produca la decisione di apertura negli altri Paesi UE.

Per esemplificare, se una società di diritto italiano opera in Francia accumulando passività con creditori francesi, dove deve essere aperta la relativa procedura d’insolvenza e quale legge sarà applicabile? la legge fallimentare italiana – quindi le procedure da questa previste – oppure quella francese? ed infine la decisione di apertura della procedura di insolvenza (ad es. la sentenza di fallimento) quali effetti produrrà nel resto dell’Unione europea?

Il regolamento pone rimedio proprio a questi interrogativi.

L’art. 3 prevede che la competenza internazionale ad aprire una procedura d’insolvenza principale vada attribuita al giudice nel cui Stato sia collocabile il centro degli interessi principali del debitore (Centre of Main Interests, per brevità c.o.m.i.).

La procedura principale, vale la pena accennarlo, comprende tutto il patrimonio del debitore insolvente, ovunque sia collocato, anche all’estero e va distinta dalle procedure secondarie, o territoriali, che possono essere aperte nel diverso Stato membro in cui si trovi una dipendenza, ai sensi dell’art. 3, par. 2, reg. [1].

Attraverso questo sistema binario – procedure principale omnicomprensiva e procedura secondaria, ad apertura eventuale e comprendente solo il patrimonio situato nello Stato della dipendenza -il regolamento realizza il principio dell’universalità limitata[2].

Individuato il giudice competente, è presto risolto anche il dubbio circa la legge applicabile: si applica infatti la legge nazionale del giudice competente in base al criterio del centro degli interessi principali (c.o.m.i.).

Il regolamento offre anche al terzo quesito , relativo agli effetti della decisione di apertura negli altri Stati membri. Ipotizziamo, a mo’ di esempio, che il creditore, o gli altri soggetti legittimati in base alla legge applicabile italiana depositino un’istanza ex art. 6 l. fall. cui segua, dopo l’iter procedimentale individuato dalla l. fall. italiana appunto, la sentenza di fallimento. Ebbene, ai sensi dell’art. 19 reg., la decisione di apertura – la sentenza di fallimento, appunto – viene automaticamente riconosciuta in tutti gli Stati membri, senza che sia necessario un provvedimento di exequatur.

Non solo: da quel momento, nessun altro giudice potrà più aprire una procedura d’insolvenza nei confronti del medesimo debitore. Ecco, quindi, che già si fa largo il tema del tempo che, attraverso il meccanismo della prevenzione temporale, impedisce l’apertura di nuove procedure d’insolvenza, successive alla prima, nei riguardi del medesimo debitore.

Agli interrogativi appena menzionati se ne aggiunge tuttavia un quarto, riguardante l’insolvenza transfrontaliera dei gruppi di società.

Il tema del gruppo transfrontaliero apre il secondo ambito oggetto della presente analisi, nel quale il meccanismo della prevenzione temporale opera con tempi e modi diversi.

Sul tema, basti premettere che il legislatore europeo ha scelto di evitare la strada del “c.o.m.i. di gruppo”, ossia – in sostanza – di un unico giudice competente per tutto il gruppo, giacché questa opzione presupporrebbe l’uniformità delle discipline nazionali dell’insolvenza.

Allo stato, dunque, ogni società continua ad essere titolare di un autonomo centro degli interessi principali [3]; là dove si colloca il c.o.m.i. di ciascuna società del gruppo, in altre parole, si apre una distinta procedura d’insolvenza individuale. Tuttavia, da un lato gli amministratori ed i giudici delle procedure riguardanti il gruppo sono tenuti – e trattasi di un vero e proprio obbligo – a comunicare e cooperare tra loro [4]. Dall’altro, è data loro la facoltà – dunque la libera scelta – di chiedere l’apertura di una procedura di coordinamento infragruppo.

Il coordinamento, disciplinato dagli artt. 61 ss., reg UE 848/2015, dà luogo ad una procedura parallela rispetto a tutte le procedure principali già in corso e, attraverso la nomina di un coordinatore dotato di poteri di mero indirizzo, è volta ad assicurare una gestione efficiente dell’insolvenza del gruppo nel tentativo di promuovere il risanamento del medesimo. In particolare, il coordinatore ha l’onere di proporre e dare attuazione al piano di coordinamento. A questa procedura gli amministratori possono decidere liberamente di aderire o non aderire, e ciò in un’ottica di forte incentivazione alla partecipazione al coordinamento solo laddove questo, in base alle valutazioni degli amministratori, possa costituire un’occasione di risanamento.

Anche nel contesto della procedura di coordinamento, come meglio si vedrà, opera il principio di priorità temporale; il tempo in questo contesto ha però una funzione differente; diverso è poi il momento dal quale la prevenzione opera, ed infine del tutto atipico è il regime di derogabilità a cui è sottoposto il principio.

[1]Per dipendenza s’intende un rapporto di dipendenza, appunto, tra il debitore persona fisica o giuridica ed un centro operativo privo, invece, di personalità giuridica. In sostanza, è un rapporto di natura meramente economica. Una società interamente controllata non può essere inquadrata come dipendenza, in quanto – sebbene abbia un socio unico e sia, do fatto, priva di autonomia decisionale – la società ha una sua distinta personalità giuridica e, pertanto, un suo autonomo c.o.m.i. Sulla nozione di dipendenza, Cfr. DE CESARI Il rapporto tra procedura principale e procedure secondarie nel Regolamento n. 1346/2000: un aiuto dalla Cassazione, ma molti sono i problemi ancora aperti, in Il Fall., 2016, 7, p. 838.

[2]Cfr. PASINI, Tutele e procedure giudiziarie europee (LUPOI a cura di), Rimini, 2011, p. 280.

[3]In particolare, così come stabilito dalla Corte di Giustizia europea nella celebre sentenza Eurofood, Causa C-341/04, in eur-lex.europa.eu

[4]Sugli obblighi di coordinamento, cfr.

Come sopra schematizzato, il creditore (o chi, comunque, legittimato,) al momento della proposizione della domanda di apertura di una procedura d’insolvenza, si trova in una situazione per cui, a livello teorico, è tenuto a radicare la domanda in base al criterio del c.o.m.i. La competenza, è predeterminata poiché si radica là dove il debitore esercita la gestione degli interessi in modo abituale e riconoscibile da terzi [5]. Presso quel giudice, l’unico dotato di competenza internazionale ai sensi dell’art. 3 reg., deve dunque essere depositata la domanda di apertura.

In linea generale, dunque, il c.o.m.i. costituisce l’unico criterio per l’attribuzione della competenza in via esclusiva e, in combinato disposto con il principio di prevenzione temporale, è l’unico criterio per prevenire il problema del conflitto positivo di giurisdizione. Se, infatti, il primo giudice a decidere di aprire una procedura principale emette una decisione automaticamente riconosciuta in tutta l’Unione, il conflitto positivo – nel disegno del legislatore europeo – nemmeno si pone. Gli altri giudici, al più, potranno aprire una procedura secondaria, senza poter mettere in discussione la prima decisione di apertura, emessa dal giudice presso il quale si trova il c.o.m.i.

La prevenzione temporale, poi, opera dal momento della decisione di apertura; o meglio, dal momento in cui questa è produttiva di effetti in base alla legge nazionale. Ciò che rileva, in tale senso, è che la prevenzione temporale opera non già al momento della proposizione della domanda (ad es. l’istanza di fallimento), ma quado il giudice apre la procedura principale (nell’esempio, dalla pubblicazione della sentenza di fallimento).

Va considerata, peraltro, la ratio legis del meccanismo della prevenzione temporale e dell’automatico riconoscimento delle decisioni di apertura: cosa giustifica l’automatico riconoscimento delle decisioni in tutta l’Unione Europea sulla base del mero “fattore tempo” rappresentato dal criterio di priorità temporale? Una risposta convincente sta nel contesto normativo primario dal quale nasce il regolamento, che è normativa secondaria dell’Unione europea: l’art. 81 TFUE, in base al principio di fiducia e cooperazione tra Stati, prevede il meccanismo dell’automatico delle decisioni in materia civile e commerciale. In definitiva, in un contesto di cooperazione e fiducia la prima decisione emessa da un giudice competente ex art. 3 reg. viene, proprio in quanto precedente a tutte le altre, automaticamente riconosciuta in tutti i Paesi membri.

Questo assetto normativo, in teoria, non pone alcun problema ma se ci si cala nella realtà pratica dell’insolvenza, interviene il fattore tempo – ancora una volta e sotto vesti diverse – a scombinare la sistematica appena delineata. Sebbene il regolamento sia volto a prevenire il forum and law shopping in materia di insolvenza transfrontaliera mediante il criterio del centro degli interessi principali, di fatto il meccanismo della prevenzione temporale fa si che le parti diano luogo ad una vera e propria corsa ad adire per primi il giudice dello Stato membro di gradimento. E’ facile immaginare come il debitore che veda l’imminenza della sua dichiarazione di insolvenza voglia scegliere, se proprio deve accadere, dove essere dichiarato insolvente. Ciò per motivi di convenienza economica, civilistica e penale. Se, infatti, i reati fallimentari richiedono, come condizione obiettiva di punibilità, il fallimento, ecco che conviene al debitore scegliersi l’ordinamento più favorevole.

Anche i creditori possono avere convenienze – più o meno fraudolente [6] – nel voler radicare la competenza internazionale in luoghi diversi da quello del c.o.m.i.: si pensi, in tal senso, ai costi di un’insinuazione al passivo in un fallimento estero; di sicuro rilievo è poi la disciplina dei privilegi, assai variabile da ordinamento ad ordinamento.

Per tutti questi motivi, nella prassi, si assiste spesso ad una corsa al foro ed il giudice – complice le implicazioni pubblicistiche del diritto dell’insolvenza – difficilmente si riterrà incompetente [7]. Per di più, se alla fase iniziale della procedura, volta ad ottenere la decisione di apertura, non c’è contraddittorio, la questione della competenza potrà, al limite, essere oggetto di impugnazione. Nelle more, però, la decisione è già giunta e il meccanismo della prevenzione temporale ha già operato. L’effetto, quindi, è quello dell’automatico riconoscimento della decisione di apertura in tutta l’Unione e l’esclusione della competenza di altri giuridici, proprio in base al principio di priorità temporale. Ecco come la priorità temporale, in un effetto collaterale non voluto dal legislatore europeo, spesso si sostituisce al criterio del centro degli interessi principale, divenendo l’unico principio atto – nei fatti – a regolare la competenza internazionale ad aprire una procedura d’insolvenza principale. Il giudice che aprirà la procedura successivamente non potrà che qualificarla, al limite, come procedura secondaria, con tutte le limitazioni che questo comporta.

In definitiva, emerge come il meccanismo della prevenzione temporale sia legittimato dai principi di cooperazione e fiducia tra ordinamenti, già affermati dall’art. 81 TFUE.

In secondo luogo, nell’ambito delle procedure d’insolvenza riguardanti il creditore che non è parte di un gruppo, la prevenzione temporale opera insieme al criterio del centro degli interessi principali (art. 3 reg.) come meccanismo di prevenzione dei conflitti positivi di competenza.

Non va però dimenticato come, per l’attribuzione della competenza internazionale, nella prassi accada spesso che la prevenzione temporale prenda il sopravvento sul criterio del c.o.m.i., divenendo de facto l’unico criterio di attribuzione della competenza internazionale.[8]

[5]V. art. 3, par. 1, ultimo periodo, reg. UE 848/2015.

[6]Sul tema del forum shopping come fenomeno fisiologico del diritto internazionale privato dell’Unione europea, cfr. LUPOI, Conflitti transnazionali di giurisdizione, Milano, 2002, p. 25 ss.

[7]L’art. 4 reg. tenta di rimediare prevedendo che il giudice verifichi d’ufficio la propria competenza ex art. 3 e motivi sul punto.

[8]DE CESARI-MONTELLA, Il nuovo diritto europeo della crisi d’impresaIl regolamento (UE) 2015/848 relativo alle procedure d’insolvenza, Torino, 2017, p. 59 ss.

Il coordinamento costituisce una novità assoluta nel campo dell’insolvenza transfrontaliera del gruppo. Non si tratta, di per sé, di una procedura d’insolvenza, ma di un meccanismo volto alla gestione coordinata dell’insolvenza del gruppo. In ogni Paese membro in cui vi è il c.o.m.i. di una società insolvente del gruppo, verrà aperta una procedura concorsuale ai sensi dell’art. 3 reg.; a qualsiasi giudice di fronte al quale pende una procedura, potrà essere proposta la domanda di apertura della procedura di coordinamento.

La domanda viene proposta da un qualsiasi amministratore e deve contenere la proposta di nomina di un coordinatore, le linee generali del coordinamento, l’elenco degli amministratori ed i costi stimati (art. 61 reg.). Dopo un controllo sul rispetto dei requisiti di cui all’art. 63, par. 1, lett. a) – c), la domanda viene notificata agli amministratori di tutte le altre procedure, i quali hanno trenta giorni per contestare l’inclusione della propria procedura d’insolvenza nel coordinamento. Trascorso questo periodo, se ricorrono i requisiti posti dall’art. 63, il giudice richiesto può – e anche qui trattasi di mera facoltà – aprire il coordinamento (art. 68 reg.).

Questo è, in estrema sintesi, l’iter della procedura di coordinamento, il cui scopo è quello di favorire il risanamento più ampio possibile del gruppo, attraverso l’attuazione del piano di coordinamento di cui all’art. 72 reg. da parte del coordinatore.

Il tempo, anche nello svolgersi del coordinamento, gioca un ruolo essenziale ed opera, come già si diceva, in modo del tutto diverso rispetto a quanto accade ai sensi degli artt. 3 e 19 reg.

Diverso, anzitutto, è il momento dal quale opera il meccanismo della priorità temporale. Se per l’apertura delle procedure principali è la prima decisione d’apertura ad essere automaticamente riconosciuta, qui è la mera domanda che, proposta per prima, impedisce successive domande di apertura del coordinamento (art. 61 reg.). Questa diversità di disciplina, peraltro, costituisce sì una deroga nel regolamento insolvenza, ma è in continuità con la disciplina regolamentare dell’Unione Europea in materia civile e commerciale: il reg. UE 1215/2012, infatti, prevede che la prevenzione temporale ai fini della competenza internazionale scatti dal momento della proposizione della domanda [9].

In secondo luogo, il tempo nel campo della disciplina del coordinamento acquisisce un ruolo ulteriore. Gli artt. 61 e ss. reg. non prevedono un criterio esplicito di determinazione della competenza, assimilabile a quello che il c.o.m.i. è per le procedure principali, ossia per le procedure riguardanti i singoli debitori. L’art. 61, par. 1, reg. prevede anzi che qualsiasi giudice possa ricevere la domanda di apertura della procedura di coordinamento [10]. Per incardinare la competenza internazionale, quindi, non c’è un criterio: ogni giudice di fronte a cui pende una procedura d’insolvenza riguardante il gruppo è competente a decidere sulla domanda. Ne consegue che, in forza della lettera dell’art. 61, par. 1,, è la sola priorità temporale – ossia l’anteriorità di una domanda rispetto alle altre – che, di diritto e non solo di fatto, assurge a criterio di determinazione della competenza.

Chi per primo deposita la domanda ottiene due effetti: anzitutto è la sola domanda dar luogo al meccanismo della prevenzione temporale, per cui è esclusa la possibilità di proporre altre domande ex art. 61 di fronte a giudici diversi; in secondo luogo, come si è appena detto, la prevenzione temporale – quindi il tempo della domanda – diventa anche l’unico criterio per la determinazione della competenza.

E’ chiaro come il tempo costituisca davvero il cardine della disciplina del coordinamento infragruppo, stante l’inesistenza di un altro criterio per predeterminare la competenza internazionale sulla domanda ex art. 61 reg.[11]

Stupisce, pertanto, quanto previsto dagli artt. 62 e 66 reg., laddove si introduce una deroga del tutto peculiare al principio della prevenzione temporale.

Dopo il deposito della domanda di apertura del coordinamento e prima della decisione di apertura, quando in ogni caso è già stata radicata la competenza internazionale in forza del principio di prevenzione temporale, con decisione presa a maggioranza dei due terzi, gli amministratori delle procedure del gruppo possono scegliere di trasferire altrove la competenza internazionale.

Gli amministratori, con accordo scritto o provato per iscritto concluso a maggioranza qualificata, possono spostare la competenza di fronte al giudice che ritengono essere il più appropriato a decidere sull’apertura e sulla nomina del coordinatore. Il giudice di fronte al quale era stata depositata la prima domanda, al quale già dunque era stata attribuita competenza internazionale, viene espropriato della competenza attribuitagli in forza del principio di prevenzione temporale di cui all’62 reg.

Si registra, in definitiva, una prevalenza dei poteri dispositivi di natura privatistica degli amministratori sul principio – altrimenti imperativo e inderogabile – della prevenzione temporale.

La ratio di questa deroga pare potersi ricondurre all’impianto fondamentale della procedura di coordinamento ossia una soluzione di compromesso alle questioni poste dall’insolvenza transfrontaliera del gruppo, prima di tutte la coesistenza di procedure liquidatorie e di risanamento nei confronti delle società parti di un medesimo gruppo. Il legislatore prevede questo strumento come meramente facoltativo, in tutte le sue fasi. Se, quindi, l’apertura del coordinamento e l’adesione ad esso sono meramente facoltative [12]; se i poteri del coordinatore nell’attuazione del piano di coordinamento non son vincolanti, allora tutto diventa negoziabile dagli amministratori, anche le i principi normativi in materia di competenza internazionale. Nell’ambito dell’insolvenza transfrontaliera, la priorità temporale, quindi, cede il passo alle esigenze di privatizzazione del diritto concorsuale.

[9]Sul tema della prevenzione temporale secca nel reg. CE 44/2001 e nel reg. UE 1215/2012, cfr. LUPOI, Il coordinamento tra giurisdizioni nello spazio di giustizia europeo: an update, Pisa, 2018, p. 45 ss.

[10]Parte della dottrina, valorizzando il dettato del secondo paragrafo che parla di domanda proposta secondo la legge nazionale applicabile alla procedura, dubita della proponibilità delle domanda a qualsiasi giudice. Nella pratica, si argomenta, la scelta tra vari giudici tutti potenzialmente competenti, è implicitamente ristretta dal diritto concorsuale nazionale. In definitiva, si dice, ciascun amministratore potrebbe proporre la domanda di apertura solo di fronte al giudice di fronte al quale pende la procedura – principale o secondaria – d’insolvenza. Sul tema, cfr. DE CESARI-MONTELLA, Il nuovo diritto europeo della crisi d’impresaIl regolamento (UE) 2015/848 relativo alle procedure d’insolvenza, cit., p. 183 ss.

[11]Questo, certamente, se non si considerano le valutazioni della dottrina sopra richiamata.

[12]Si pensi al fatto che gli amministratori possono decidere di non voler aderire al coordinamento; possono altresì prima tirarsi fuori, per poi aderire successivamente all’apertura della procedura ex 69 reg.

In primo luogo, nelle procedure principali individuali ex artt. 3 e 19 reg. la priorità temporale opera dalla decisione di apertura; nel coordinamento, invece, opera ex 62 dalla proposizione della domanda. Si tratta di un’eccezione nel regolamento in parola, ma, considerando quanto previsto dal reg. UE 1215/2012, costituisce la regola nella disciplina europea di diritto internazionale privato.

In secondo luogo, nella prassi applicativa degli artt. 3 e 19 reg., la priorità temporale può diventare criterio “abusivo” per l’attribuzione della competenza; nel coordinamento, invece, ex 61 reg. è pacificamente il tempo della domanda, e non un altro criterio, a determinare la competenza internazionale sulla domanda di apertura del coordinamento.

Infine, nell’ambito delle procedure principali, la disciplina della prevenzione temporale è norma imperativa, pertanto non derogabile; ai sensi degli artt.62 e 66 reg. la disciplina della priorità temporale è norma meramente dispositiva, derogabile con un atto di volontà degli amministratori.

All’esito di questa panoramica sui modi in cui il tempo diversamente si atteggia nell’ambito delle procedure principali ed in quello del coordinamento, si può concludere nel senso che il medesimo elemento assuma ruoli invertiti: ciò che in un caso è regola, diventa eccezione nell’altro e viceversa.

Redazione

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