La nullità dell’atto di precetto per mancanza dell’indicazione della data di notificazione del titolo esecutivo: considerazioni sulla sentenza della Corte di Cassazione civile n. 1928 del 28 gennaio 2020

Redazione 06/05/20
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di Elisa Giardini

Sommario

1. La nullità del precetto per mancata indicazione nel testo della data di notificazione del titolo esecutivo

2. L’applicabilità dell’art. 156, comma 3, c.p.c. al precetto: possibilità di sanatoria del vizio di nullità per raggiungimento dello scopo dell’atto

3. Conclusione

1. La nullità del precetto per mancata indicazione nel testo della data di notificazione del titolo esecutivo

Con la sentenza in commento[1], la Corte interviene sul tema dei vizi di nullità del precetto, determinati da carenze circa aspetti contenutistici e sostanziali dell’atto, affermando un principio che presenta profili di interesse in quanto – dopo avere toccato e superato una questione preliminare sulle impugnazioni di cui si farà un breve cenno infra – consente di ritenere valido il precetto, nonostante la mancata indicazione della data di notifica dell’ingiunzione su cui è fondato, qualora, a dispetto del vizio di difformità dallo schema legale, vi sia stato il raggiungimento dello scopo cui l’atto è destinato ed il debitore sia stato messo in condizione di individuare comunque il creditore, la somma azionata ed il titolo su cui si fonda la pretesa, in linea con la giurisprudenza di merito intervenuta nel tempo[2].

La questione nasce dall’opposizione agli atti esecutivi promossa ex artt. 617-618 c.p.c. dal destinatario di un atto di precetto su decreto ingiuntivo, il quale deduceva la sua nullità ai sensi dell’art. 480, comma 2 c.p.c., a causa proprio della (e solo per la) mancanza dell’indicazione nel testo della data di notificazione del titolo esecutivo.

Nel corso del giudizio di opposizione, il debitore dava seguito alla propria obbligazione di pagamento.

In forza dell’avvenuto adempimento, il Tribunale di Gorizia rigettava l’opposizione per carenza di interesse da parte dell’opponente debitore, condannando il creditore opposto al pagamento delle spese di lite, sul punto che l’opposizione, se ne fosse stato esaminato il merito, sarebbe stata comunque fondata, in quanto il precetto notificato era effettivamente privo della data di notifica del decreto ingiuntivo, in violazione di quanto richiede l’art. 480, comma 2 c.p.c., quale elemento essenziale, prescritto a pena di nullità.

La pronuncia veniva, poi, portata in Corte di Cassazione, con ricorso del creditore[3]exart. 111 Cost.[4], ricorso nel quale si sosteneva che la mancata indicazione nel precetto della data di notificazione del decreto ingiuntivo non ne avesse determinato la nullità, essendo sufficiente, ai fini della sua validità, che il precetto notificato, sulla scorta di un decreto ingiuntivo, contenga la sola indicazione del provvedimento che ha disposto la sua esecutività e non anche la data di notificazione dello stesso, nonché per l’erroneità della decisione impugnata in parte qua definiva la sussistenza della soccombenza virtuale, con la condanna alle spese.

[1] Cassazione civile n. 1928 del 28 gennaio 2020, in CED, Cassazione, 2020. Per l’ipotesi che l’omissione o l’inesattezza nell’indicazione della data di notificazione del titolo esecutivo giudiziale non comportino nullità del precetto, se aliunde nell’atto risultino elementi idonei a fare individuare senza incertezze la sentenza in forza della quale si intende procedere esecutivamente, si leggano anche: Cass. Civ., sez. 3, n. 8506 del 2.08.1991, in CED, Cassazione, 1991; Cass. Civ., sez. 3, n. 3321 del 18.03.1992, in CED, Cassazione, 1992; Cass. Civ., sez. 6 3, ord. n. 19440 del 18.07.2019, in SmartLex – IlSole24Ore, ma anche Cass. Civ., sez. 6 3, ord. n. 19105 del 18.07.2018, in CED, Cassazione, 2018 a mente della quale “la nullità del precetto, derivante dalla mancata indicazione della data di notificazione del titolo esecutivo, è sanata, per il raggiungimento dello scopo dalla proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi, in tutti i casi in cui questa si limiti a lamentare l’esistenza dell’irregolarità formale in sé considerata senza dedurre che essa abbia causato pregiudizio ai diritti tutelati dal regolare svolgimento della procedura esecutiva” Nella specie, l’opponente lamentava esclusivamente la mancata indicazione, nel precetto, della data di precedente notifica dei titoli esecutivi senza contestare che questa fosse stata effettuata, e, conseguentemente, di essere stato messo in condizione di adempiere spontaneamente prima ancora della notifica del precetto, né di essere stato efficacemente richiamato alla sua posizione di parte inadempiente, con la notifica del precetto, e messo in condizione di adempiere nel termine indicato nel precetto stesso, evitando l’esecuzione forzata.

[2] Quali precedenti, di merito, coerenti ed in linea con la medesima conclusione della Corte di Cassazione, si leggano Trib. Trento, sent. n. 682 del 31.07.2013; Trib. Cassino, sent. n. 991 del 3.12.2013; Trib. Milano, sent. n. 3777 del 14.03.2014 (e nella fattispecie si trattava di un’opposizione al precetto, per mancata indicazione del titolo esecutivo – il verbale di omologazione della separazione – precedentemente notificato); Trib. Ferrara, sent. n. 359 del 10.05.2018, tutte in IlSole24Ore – Mass. Rep. Lex24. Per le più risalenti e per i precedenti della Corte di Cassazione, si vedano e leggano i rif. alle sentenze in nota 1 e alle altre cit., nel proseguo della trattazione.

[3] La causa di opposizione ex art. 618 c.p.c., è decisa, infatti, con sentenza non impugnabile.

[4] Si legga Cass. Civ., sez. 3, n. 19693 del 17.07.2008, in CED, Cassazione, 2008. Diversa è, invece, la formulazione dell’art. 616 c.p.c., rispetto all’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c.: infatti, in quest’ultimo caso, il comma 2 che recitava: “La causa è decisa con sentenza non impugnabile” è stato soppresso dalla L. n. 69 del 18.06.2009.

2. L’applicabilità dell’art. 156, comma 3, c.p.c. al precetto: possibilità di sanatoria del vizio di nullità per raggiungimento dello scopo dell’atto

Prima di affrontare la questione della natura e dei vizi del precetto, la Corte, esamina una questione preliminare concernente il c.d. principio di consumazione dell’impugnazione, secondo il quale, una volta esercitato il diritto e proposta una rituale impugnazione, il potere si esaurisce[5], e l’impugnante non può più introdurre nuovi o diversi motivi di censura al provvedimento con motivi aggiunti, né ripetere le stesse censure già avanziate con il proprio ricorso, neppure sotto forma di impugnazione incidentale.

La questione si è posta perché nella fattispecie in esame, il ricorrente aveva notificato due ricorsi in Cassazione, a distanza di un giorno l’uno dall’altro (il 15.06.2015, il primo; il 16.06.2015, il secondo); ma dal momento che la sentenza impugnata era stata depositata il 17.12.2014, la Corte ha ritenuto la circostanza non incidente sull’ammissibilità dell’impugnazione, in applicazione dell’orientamento consolidato[6] secondo il quale “il principio di consumazione dell’impugnazione non esclude che, fino a quando non intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere proposto un secondo atto di impugnazione, immune dai vizi del precedente e destinato a sostituirlo, purché esso sia tempestivo, requisito per la cui valutazione occorre tenere conto, anche in caso di mancata notificazione della sentenza, non del termine annuale, bensì del termine breve[7], decorrente dalla data di proposizione della prima impugnazione, equivalendo essa alla conoscenza legale della sentenza da parte dell’impugnante[8]“.

Il riferimento normativo è all’art. 358 c.p.c. (ed in parallelo, con disposizione speculare per il ricorso in Cassazione, all’art. 387 c.p.c.), ai sensi del quale “l’appello dichiarato inammissibile o improcedibile non può essere riproposto, anche se non è decorso il termine fissato dalla legge”, dove l’aspetto discriminante è dato dall’inammissibilità e/o dall’improcedibilità[9] dell’appello e la formulazione della norma è negativa[10].

Ritenuta, così, ammissibile l’impugnazione, la Corte di Cassazione ha proceduto alla disamina dell’unico motivo di ricorso, formulato exart. 360 c.p.c n. 4, per presunta violazione degli artt. 480 e 654 c.p.c.

In particolare, sosteneva il ricorrente che la mancanza, nel precetto, della data di notificazione del decreto ingiuntivo non ne comportasse la nullità e che il precetto, notificato sulla base di un previo decreto ingiuntivo, potesse limitarsi a contenere la sola indicazione del provvedimento che aveva disposto l’esecutività del decreto ingiuntivo e non anche la sua data di notificazione, con la conseguenza che la pronuncia del Tribunale andava revocata ed annullata, anche nella parte relativa alla condanna alle spese, adottata sul presupposto, dunque per lui completamente infondato, della soccombenza virtuale.

Il precetto, è, infatti, un atto preliminare e prodromico del processo esecutivo, non propriamente un atto processuale[11]; esso contiene la manifestazione di natura esplicita e solenne, attraverso un atto di natura recettizia, con cui il creditore evidenzia e avverte dell’intenzione di procedere all’esecuzione forzata in un breve termine non minore di dieci giorni[12], salva la possibilità per il creditore di chiedere l’autorizzazione all’immediata esecuzione deducendo il pericolo nel ritardo, e non superiore ai novanta giorni dalla sua notificazione (exart. 481 c.p.c.). La sua funzione è quella di consentire al debitore di adempiere spontaneamente all’obbligazione, così da prevenire l’esecuzione stessa.

Il precetto, peraltro, come è noto, deve contenere a pena di nullità l’indicazione delle parti, la data di notificazione del titolo esecutivo, se questa è fatta separatamente, o la trascrizione integrale del titolo stesso, quando è richiesta dalla legge, l’indicazione exart. 654, comma 2, c.p.c. del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà del decreto ingiuntivo e l’apposizione della formula esecutiva[13] (e la carenza di questi elementi può essere dedotta con l’opposizione agli atti esecutivi[14]) nonché[15] – seppure senza la previsione di una specifica conseguenza sanzionatoria, rimettendo la questione alla valutazione giudiziale – l’avvertimento[16] che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore. Inoltre, il precetto deve essere sottoscritto dalla parte o dal difensore[17], a norma dell’art. 125 c.p.c.

Nel caso de quo mancava effettivamente nel precetto l’indicazione della data di notificazione del titolo esecutivo, avvenuta sì, ma in data precedente alla notificazione del precetto.

La Suprema Corte, facendo un excursus sul caso, ha ritenuto il motivo di impugnazione fondato ed ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, osservando che il giudice a quo aveva omesso di verificare se l’atto di precetto, sebbene privo dell’indicazione della data di notifica del decreto ingiuntivo, avesse o no raggiunto il suo scopo e si fosse dunque verificata la sanatoria dell’atto ai sensi dell’art. 156, comma 3 c.p.c., secondo il quale “la nullità non può mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”. Con ciò applicando al precetto la disciplina propria delle nullità degli atti processuali[18].

Ad avviso della Corte, le norme del codice di rito costituiscono un sistema unitario che va letto in maniera logica e teleologica (dunque, le une per mezzo delle altre), con la conseguenza che l’indagine di cui all’art. 480, comma 2 c.p.c., che pure detta sanzioni per la mancata osservanza delle prescrizioni imposte a pena di nullità, non può avvenire senza effettuare un’indagine anche ai sensi dell’art. 156 c.p.c., ovvero senza verificare il raggiungimento dello scopo dell’atto, secondo un principio generale di economicità e conservazione, principio che impedisce la pronuncia di qualsiasi nullità in presenza di omissioni meramente formali, che non precludono al debitore di sapere chi sia il creditore, quale sia il credito[19], quale sia il titolo che lo sorregge.

Come qualsiasi atto processuale, la dichiarazione di nullità del precetto richiede al giudice tre passaggi logici consecutivi: il primo è quello di individuare quali siano i requisiti formali richiesti dalla legge per l’atto della cui validità si discute[20]; il secondo è quello di accertare con quali forme e contenuti sia stato compiuto l’atto suddetto, e se l’una e gli altri coincidano con quelli prescritti dalla legge[21]; il terzo, ove emerga una difformità tra lo schema legale dell’atto e la sua realizzazione concreta, è quello di stabilire se l’atto, nonostante il vizio formale, abbia concretamente raggiunto lo scopo cui destinato, senza una declaratoria di nullità sic et simpliciter. E, si ripete, la finalità della notifica dell’atto di precetto è avvisare il debitore della pretesa del creditore e di consentirgli di individuare quale sia il credito (ed il sotteso titolo esecutivo) di cui si chiede l’adempimento[22].

Pertanto, la Suprema Corte ha concluso[23], che il giudice chiamato a pronunciarsi sulla nullità del precetto, dopo averne riscontrato la sussistenza in astratto, non può/non poteva trascurare di accertare in concreto se, per caso, quella nullità fosse stata sanata dal fatto che nessuna incertezza fosse possibile, per il debitore, sull’individuazione del titolo esecutivo, debitore, che, peraltro, nelle more aveva provveduto a pagare il credito e ad adeguarsi all’intimazione[24].

Se è indubbio che il precetto fondato su un decreto ingiuntivo non opposto e privo dell’indicazione della data di notifica di quest’ultimo sia nullo, è altresì vero come non possa escludersi che, avuto riguardo alle particolarità della fattispecie concreta, nello specifico, tale omissione possa non avere ingenerato alcun equivoco o incertezza nel debitore, perché ad esempio non esistevano altri rapporti di dare – avere tra questi ed il creditore ovvero perché il credito era in altro modo indicato nel precetto senza possibilità di incertezze.

E la nullità ne resta sanata[25].

Nella fattispecie, il Tribunale, secondo la Cassazione, non avrebbe dovuto fermarsi, nella propria indagine, a rilevare la mancanza, nel precetto, della data di notifica del decreto ingiuntivo e della difformità allo schema, ma avrebbe dovuto valutare – cosa che non aveva fatto, da cui la censura alla sentenza – se dal complesso dell’atto il debitore fosse stato messo o no in condizione di conoscere con certezza quale fosse il titolo esecutivo portato in esecuzione.

Il raggiungimento dello scopo cui l’atto nullo era preordinato è una circostanza impeditiva della pronuncia sulla nullità e, al pari di questa la sua esistenza, va rilevata e dichiarata ex officio.

La validità dell’atto di precetto deve – in buona sostanza ed in estrema sintesi – essere valutata “alla luce del principio di conservazione”, e secondo un iter logico completo, che impedisce la pronuncia di qualsiasi nullità al cospetto di omissioni puramente formali, che non impediscono al debitore di sapere chi sia il creditore, quale il credito di cui chiede conto e quale il titolo che lo sorregge.

Utilizzando lo schema logico di cui sopra, al giudice del rinvio sarà richiesto di compiere la seguente analisi, risultata carente in prima istanza: 1. per legge il precetto deve contenere la data di notifica del decreto ingiuntivo (art. 480, comma 2 c.p.c.); 2. nell’atto di precetto de quo, concretamente notificato, manca tale data; 3. nonostante l’assenza della data, il precetto ha raggiunto il suo scopo? Si è ingenerato qualche equivoco od incertezza nel debitore. Per contro, nella circostanza in cui l’omessa menzione della data non abbia frustrato la ratio della norma, si deve ritenere che l’atto di precetto abbia raggiunto lo scopo[26].

[5] Cass. Civ., sez. 3, n. 24219 del 14.11.2006, in CED, Cassazione, 2006; Cass. Civ., sez. L, n. 15407 del 2.12.2000, in CED, Cassazione, 2000 ed in La Tribuna, Archivio Civile, 2001, 10, p. 1177.

[6] Tra le tante, Cass. Civ., S.U., n. 12084 del 13.06.2016, in CED, Cassazione, 2016 e Cass. Civ. sez. 6, ord. n. 11762 dell’11.07.2012, in SmartLex – IlSole24Ore. Ma anche: Cass. Civ., sez. 1, n. 18604 del 3.09.2014, in CED, Cassazione, 2014; Cass. Civ., sez. 3, ord. n. 20446 del 28.09.2007, in IlSole24Ore – Guida al Diritto, 2007, 47, p. 63 e Cass. Civ., sez. 1, n. 9145 del 17.04. 2007, in IlSole24Ore – Guida al Diritto, 2007, 28, p. 47, Cass. Civ., sez. trib., ord. n. 4754 del 28.02.2018, in CED, Cassazione 2018 e Cass. Civ., sez. 3, n. 22957 del 12.11.2010, in IlSole24Ore, Mass. Rep. Lex24 per cui “la notifica della citazione in appello, non seguita da iscrizione della causa a ruolo, non consuma il potere di impugnazione, atteso che la consumazione del diritto di impugnazione presuppone l’esistenza – al tempo della proposizione della seconda impugnazione – di una declaratoria di inammissibilità o improcedibilità della precedente, per cui, in mancanza di tale (preesistente) declaratoria, è legittimamente consentita la proposizione di un’altra impugnazione (di contenuto identico o diverso) in sostituzione della precedente viziata, purché il relativo termine non sia decorso”.

[7] Volontà e ratio di accelerare la fine del processo.

[8] Per la verifica della tempestività della seconda impugnazione, occorre avere riguardo non al termine annuale, ma a quello breve, il quale, solo in difetto di anteriore notificazione della sentenza appellata, può farsi decorrere dalla data di proposizione della prima impugnazione che equivale alla conoscenza legale della decisione impugnata. Si leggano, a questo proposito, Cass. Civ., sez. lavoro, n. 643 del 23.01.1998, in CED, Cassazione, 1998; Cass. Civ., sez. 1, n. 9569 del 21.07.2000, in La Tribuna, Archivio Civile, 2001, 5, p. 619; Cass. Civ., sez. 3, n. 20912 del 27.10.2005, in CED, Cassazione, 2005, ma anche Cass. Civ., sez. 3, n. 9265 del 19.04.2010 in CED, Cassazione, 2010; Cass. Civ., sez. 6, n. 2478 dell’8.02.2016, in CED, Cassazione, 2016 e Cass. Civ., sez. 6 3, ord. n. 14214 del 4.06.2018, in CED, Cassazione, 2018.

[9] Questo principio – e la giurisprudenza così si è espressa anche in altre circostanze (Trib. Frosinone, sent. 10.10.2014 in www.altalex.it ma anche Trib. Mantova, sez. I, sent. del 30.05.2017 in www.ilcaso.it. Si trattava, nella fattispecie del giudice lombardo, di doppio deposito, seppure nel termine, di memorie ex art. 183, comma 6 c.p.c. n. 2) non vale tuttavia per la memoria istruttoria integrativa, anche qualora il “secondo atto” sia stato depositato nei termini, dovendo ritenersi già consumata la facoltà di integrare al momento del rituale e formale deposito della prima, con la conseguente inammissibilità ed inutilizzabilità dei documenti eventualmente allegati. E la ratio è quella di assicurare un’ordinata gestione del processo, finalità che ne resterebbe altrimenti pregiudicata se le istanze istruttorie venissero formulate in più atti, con abusi e confusione. Analoghe considerazioni sono state raggiunte anche per il caso di “doppio deposito” della comparsa conclusionale. Si vedano Cass. Civ., sez. 2, n. 21472 del 30.11.2012, in Codice e Formulario commentato di Procedura Civile, di D. Sole, Maggioli, Rimini, 2013, p. 408 “[…] deve ritenersi che la presenza in giudizio di più difensori della parte non autorizzi i medesimi a moltiplicare gli atti tipici previsti dalla legge per la difesa del proprio assistito, tra i quali rientra la redazione della comparsa conclusionale prevista dall’art. 190 c.p.c. Il potere di compiere l’atto difensivo va infatti riferito al diritto della parte di difendersi e di contraddire nel giudizio che, esercitabile a mezzo del difensore, è e rimane unico a prescindere dalla circostanza che essa sia assistita da più avvocati. Ne deriva che l’avvenuto deposito della comparsa conclusionale da parte di uno dei difensori consuma il diritto della parte di compiere a relativa attività difensiva, che non può essere duplicata dall’altro avvocato. Ciò anche a tutela del diritto di difesa della controparte, dal momento che, prevedendo la legge il deposito di una sola comparsa conclusale per ciascuna parte costituita, potrebbe ben venire compromesso dalla legittima convinzione che l’avversario abbia compiutamente esercitato la propria difesa con la prima comparsa conclusionale e che ad essa sola si debba contraddire con la memoria di replica”.

[10] Se ne ricava, a contrario, che se una declaratoria in questo senso non sia intervenuta al momento della seconda impugnazione, il gravame possa comunque essere riproposto, sempreché non sia ancora maturato il termine di legge e vi sia stata instaurazione di regolare contraddittorio tra le parti, così come era comunque avvenuto nella fattispecie.

[11] Nel merito, ex multis, Trib. Cassino, sent. n. 1003 del 27.07.2017, in SmartLex – IlSole24Ore.

[12] L’indicazione di un termine inferiore a dieci giorni non determina la nullità del precetto per Cass. Civ., sez. 3, n. 6230 del 24.10.1986, in Formulario del Recupero Crediti di P. Leanza, vol. 2, Utet, Torino: “non essendo espressamente prevista alcuna sanzione da parte del legislatore, non costituendo l’avvertimento elemento essenziale dell’atto”, per cui in mancanza di adempimento spontaneo comunque si produrranno gli effetti ai quali l’atto è preordinato. Tuttavia l’esecuzione non potrà iniziare prima del decorso del termine minimo di dieci giorni, e ciò anche quando il creditore non solo non abbia indicato alcun termine, ma abbia altresì intimato l’adempimento immediato, senza essere stato autorizzato ai sensi dell’art. 482 c.p.c. Così, Cass. Civ., sez. 3, n. 789 del 9.02.1981, in IlSole24Ore, Mass. Rep. Lex24, ma anche Cass. Civ., sez. 3, n. 55 del 4.01.2002, in CED, Cassazione, 2002 e nel merito, Trib. Pordenone n. 458 del 6.06.2018, in SmartLex – Il Sole24Ore. In dottrina, V. Andrioli, “Commento al Codice di Procedura Civile”, III, Jovene, Napoli, 1957-1964, p. 51 ha affermato che l’omissione dell’intimazione o dell’avvertimento in parola rendono il precetto inidoneo a conseguire lo scopo dell’atto con conseguente nullità dello stesso ai sensi dell’art. 156, comma 3, c.p.c.

[13] Cass, Civ., sez. 3, n. 24226 del 30.09.2019, in CED, Cassazione, 2019 a mente della quale, però, “nell’espropriazione forzata minacciata ex art. 654 c.p.c. in virtù di un decreto ingiuntivo esecutivo, l’omessa menzione nell’atto di precetto del provvedimento di dichiarazione di esecutorietà del provvedimento monitorio comporta la nullità – deducibile con l’opposizione agli atti esecutivi – del precetto stesso, non potendo l’indicazione di tale provvedimento evincersi dalla menzione dell’apposizione della formula esecutiva”; Cass. Civ. sez. 6 3, ord. n. 31226 del 29.11.2019, in CED, Cassazione, 2019.

[14] L’opposizione a precetto va proposta ex art. 615 c.p.c. se si intende contestare il diritto del creditore a procedere all’esecuzione forzata o se si contesta anche parzialmente il quantum del credito intimato, mentre si deve optare per un’opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c., se ci si duole dell’irregolarità formale del titolo e/o del precetto.

[15] A seguito delle modifiche apportate dall’art. 13, comma 1, lett. a) del D.L. n. 83 del 27.06.2015, convertito con modificazioni dalla L. n. 132 del 6.08.2015.

[16] Un primo orientamento giurisprudenziale, tra i tanti, è dato del Trib. di Milano, sent. del 23.12.2015, in Centro Studi Giuridici Mantova, www.ilcaso.it, 2016, p. 13961. Il giudice di merito meneghino ritiene che per l’omissione del predetto avvertimento, debba essere dichiarato nullo l’intero atto di precetto, con conseguente sospensione dell’esecuzione e con condanna del creditore al pagamento delle spese processuali. Così, anche Cass. Civ., sez. 3, n. 22033 del 24.10.2011, in Il Sole24Ore, Mass. Rep. Lex24. Un altro orientamento, maggioritario e di segno contrario, sottolinea invece come “l’art. 480 c.p.c. non preveda alcuna sanzione per il caso di omesso avvertimento circa la possibilità per il debitore di accedere alle modalità alternative di soluzione della crisi, che peraltro non può ritenersi incidere in alcun modo sugli effetti e sulla funzione del precetto, quale atto prodromico all’inizio dell’esecuzione forzata e potrebbe, al più, farsi valere nell’esecuzione iniziata senza il prescritto avvertimento”. Dunque, si tratterebbe di una mera irregolarità, argomentando, a contrario, ai sensi dell’art. 156 c.p.c. Così tra i tanti, sempre Trib. Milano, sent. 18.02.2016, in Centro Studi Giuridici Mantova, www.ilcaso.it, 2016, p. 15861, pt. I; Trib. Bergamo, sent. del 21.10.2016, in Centro Studi Giuridici Mantova, www.ilcaso.it, 2016, p. 16089, pt. I; Trib. Roma, sent. del 9.01.2016, in Centro Studi Giuridici Mantova, www.ilcaso.it, 2016, p. 14244 e Trib. Ravenna, sent. n. 761 del 22.06.2016 in www.ilcaso.it.

[17] Poiché, tuttavia, per la tesi maggioritaria il precetto non è atto strettamente giudiziale e non costituisce atto introduttivo di un giudizio contenente una domanda giudiziale, pur rientrando tra gli atti di parte il cui contenuto e la cui sottoscrizione sono regolari dall’art. 125 c.p.c., esso può essere validamente sottoscritto dalla parte oppure da un suo procuratore ad negotia. Se, quindi, risulta sottoscritto da un rappresentante del creditore, tale rappresentanza è sempre di carattere sostanziale, anche se conferita a persona avente la qualità di avvocato. Di conseguenza non determina nullità il difetto di procura sull’originale o sulla copia notificata dell’atto. Così, Cass. Civ., se. 6, ord. n. 8213 del 24.05.2012, in CED, Cassazione, 2012; Cass. Civ., sez. 3, n. 3998 del 23.02.2006, in CED, Cassazione, 2006.

[18] Di segno contrario, Cass. Civ., sez. 3. n. 24226 del 30.09.2019, cit. in nota 13 e Cass. Civ., sez. 3, n. 22510 del 23.10.2014, per cui “nell’espropriazione forata promossa in forza di ingiunzione esecutiva, il precetto deve contenere l’indicazione delle parti, della data di notifica del decreto ingiuntivo, nonché del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà e l’apposizione della formula esecutiva, in quanto la completa identificazione del titolo sostituisce, in forza dell’art. 654 c.p.c., la notifica dello stesso, sicché, in assenza di tali indicazioni, l’atto è viziato ex art. 480 c.p.c., producendosi una nullità equivalente a quella che colpisce il precetto non preceduto dalla notifica del titolo esecutivo, non suscettibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo con la mera proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi”, in CED, Cassazione, 2014.

[19] Per ipotesi di precetto relativo al pagamento di denaro, la giurisprudenza ha statuito che l’eccessività della somma portata nel precetto non travolge questo per l’intero, ma determina la nullità o inefficacia parziale per la somma eccedente. Ne deriva che l’intimazione resta valida per la somma effettivamente dovuta, alla cui determinazione provvede il giudice che è investito di poteri di cognizione ordinaria, a seguito dell’opposizione in ordine alla quantità del credito. Si veda Trib. Caltanissetta, sent. n. 447 del 31.07.2019, in IlSole24Ore, Il Merito, 2019, 12, p. 32, ma anche Trib. Monza, sez. 2, sent. n. 1686 del 15.06.2011, in IlSole24Ore – Mass. Rep. Lex24.

[20] C.d. ricognizione della fattispecie astratta.

[21] C.d. accertamento della fattispecie concreta.

[22] C.d. verifica del raggiungimento dello scopo, nonostante il vizio formale.

[23] Non sono stati ritenuti pertinenti all’oggetto del giudizio i precedenti invocati dal ricorrente e citati in sentenza ed in particolare: Cass. Civ., sez. 3, n. 12731 del 30.05.2007, Cass. Civ., sez. 3, n. 7454 del 5.06.2000, in La Tribuna, Archivio Civile, 2001, 4, p. 541; Cass. Civ., sez. 3, n. 1656 del 28.04.1975 e Cass. Civ., sez. 3, n. 11885 del 1.12.1993, in CED, Cassazione, 1993: “perché contengono nella motivazione l’espressa affermazione d’un principio opposto a quello invocato […] e cioè quello secondo cui il precetto fondato su un decreto ingiuntivo non opposto è valido quando in esso siano indicate le parti e la data della notificazione del decreto ingiuntivo”; Cass. Civ., sez. 3, n. 12792 del 17.12.1997, in CED, Cassazione, 1997, non è rilevante, perché “riguardava una questione diversa […] e cioè se fosse valido il precetto in cui non è stata indicata l’Autorità che aveva dichiarato esecutivo il decreto ingiuntivo”; Cass. Civ., sez. 3, n. 330 del 16.01.1987, in IlSole24Ore, Mass. Rep. Lex24 “perché aveva ad oggetto un caso di nullità del precetto per omessa indicazione dell’apposizione della formula esecutiva sul decreto ingiuntivo”, e Cass. Civ., sez. 3, n. 1539 del 16.05.1968 “perché si occupava del diverso problema della superfluità ex art. 480 c.p.c. d’una seconda notifica del decreto ingiuntivo già notificato per i fini dell’art. 643 c.p.c.”.

[24] V. Cass. Civ., sez. 6 3, ord. n. 15316 del 20.06.2017, in CED, Cassazione, 2017, per cui “l’omessa indicazione del titolo esecutivo azionato non determina la nullità del precetto […] quando l’esigenza di individuazione del titolo risulti comunque soddisfatta attraverso altri elementi contenuti nel precetto stesso, la cui positiva valutazione da parte del giudice di merito – insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata – può essere utilmente ancorata al successivo comportamento del debitore. Nella fattispecie esaminata dalla Cassazione, il precetto impugnato era stato notificato in rinnovazione di un precedente precetto e conteneva una precisa indicazione degli estremi della sentenza di condanna, notificata assieme al primo precetto, sulla base del quale sia il primo, sia il secondo precetto erano stati intimati. Ed anche Cass. Civ., sez. 3, n. 25433 del 2.12.2014, in CED, Cassazione, 2014. Nella fattispecie di questa pronuncia il comportamento “concludente” del debitore era consistito nel pronto pagamento dell’importo precettato. Nel merito, ex multis, Trib. Genova, sent. n. 829 del 25.03.2019 in SmartLex – IlSole24Ore. Contra, sulla non possibile sanatoria del vizio di notifica del precetto ove il pignoramento sia già stato eseguito, si legga Cass. Civ., sez. 3, n. 24291 del 16.10.2017, in CED, Cassazione, 2017, per cui: “la nullità della notifica del precetto può essere sanata, ai sensi dell’art. 156, comma 3, c.p.c., dalla proposizione dell’opposizione quale dimostrazione della intervenuta conoscenza dell’atto, solo quando è provato che tale conoscenza si è avuta in tempo utile a prevenire il pignoramento, atteso che la funzione tipica dell’atto di precetto è quella di consentire all’intimato di adempiere spontaneamente all’obbligazione portata dal titolo esecutivo evitando l’avvio dell’esecuzione forzata contro di lui”.

[25] Concettualmente la sanatoria presuppone una dichiarazione di nullità che, invece, il meccanismo dell’art. 156, comma 3 c.p.c. tende a scongiurare a monte. In questi termini, C.A. Giovanardi, “Sullo scopo dell’atto processuale in relazione alla disciplina della nullità”, in Riv. Dir. civ., 1987, II, p. 281 s.s.

[26] Si leggano Cass. Civ., sez. 3, n. 25433 del 2.12.2014, Cass. Civ., sez. 6 3, ord. n. 15316 del 20.06.2017 e Cass. Civ., sez. 3, n. 24291 del 16.10.2017, tutte cit. in nota 24; ed anche Cass. Civ., sez. 6 3, ord. n. 19105 del 18.07.2018, cit. in nota 1, Cass. Civ., se. 6 3, ord. n. 31226 del 29.11.2019, e, ma di segno contrario, Cass. Civ. sez. 3, n. 24226 del 30.09.2019, entrambe cit. in nota 13.

3. Conclusione

Si può dunque concludere che gli elementi formali di un atto processuale ovvero prodromico all’esecuzione, richiesti dalla legge nell’indicazione della sua struttura tipica, sono funzionali allo scopo che l’atto processuale o procedimentale è destinato a conseguire: sono richiesti quegli elementi formali che sono indispensabili per il conseguimento dello scopo dell’atto e se lo scopo risulta ugualmente raggiunto, non rileva la mancanza o incompletezza o imprecisione di un elemento formale. La forma dell’atto processuale, quindi, non ha valore di per sé, ma è funzionale allo scopo dell’atto medesimo, in relazione al quale deve essere valutata la sua essenzialità. Per cui, non ne deve essere esasperata la rilevanza, ai fini della nullità o meno dell’atto, sino a considerarla un requisito autonomo, di per sé stante, avulso dallo scopo”[27].

[27] Così, Cass. Civ., sez. 3, n. 6536 del 28.07.1987, cit. in Processo Civile, Formulario commentato dei procedimenti speciali, a cura di V. Mariconda e C. Consolo, Ipsoa, 2018, p. 203.

Redazione

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