La mediazione delegata in appello

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La Suprema Corte torna a pronunciarsi, in tema di mediazione, sulla comparizione personale delle parti, sulla loro sostituzione ad opera di un proprio rappresentante, nonché sull’avverarsi della condizione di procedibilità.

Sommario:

  1. Il caso – Cass. Sez. II Civile, Ordinanza 26 aprile 2022, n. 13029;
  2. La giurisprudenza – Cass. Sez. III Civile, Sentenza 27 marzo 2019, n. 8473.

Il caso – Cass. Sez. II Civile, Ordinanza 26 aprile 2022, n. 13029.

La questione sostanziale del caso in esame riguardava una controversia successoria, che vedeva contrapposti figli e coniuge di un defunto per la ripartizione della sua eredità.

Dopo il primo grado, il ricorso giungeva in Corte di Appello, per il ricorso presentato in via principale da uno dei figli e in via incidentale dall’altro.   Il Giudice, ratione materiae, ordinava la mediazione ai sensi dell’art. 5 comma 2 bis del D. lgs. 28/2010, quale condizione preliminare di procedibilità.

La parte appellante, però, nella mediazione delegata dal Giudice «era comparsa non personalmente, ma a mezzo di rappresentante, dichiarando insieme al proprio legale, di non acconsentire all’inizio della procedura».

A causa del rifiuto della parte di dare inizio alla procedura di conciliazione, veniva quindi dichiarata l’improcedibilità della causa.

L’orientamento della Corte adita dai litiganti era nel senso che la condizione di procedibilità sia effettivamente avverata qualora le parti intervengano in mediazione personalmente e «solo la mancanza di un accordo, che presuppone ovviamente una ipotesi transattiva discussa tra le parti, consente di avere per avverata la condizione di procedibilità» si legge nel dispositivo tra i fatti di causa.

La parte che aveva precedentemente rifiutato l’ingresso in mediazione, presentava quindi un ricorso In Cassazione, sostenendo che la sanzione della improcedibilità fosse la conseguenza, su eccezione di parte, solo della mancata presentazione domanda di mediazione da parte dell’attore. Le parti secondo il ricorrente, sono libere di aderire o meno alla mediazione, salvo le conseguenze previste dall’art.8 del D. lgs n. 28 del 2010[i].

La soluzione della Cassazione sull’effettività del tentativo di conciliazione, tuttavia, è stata nel caso specifico divergente rispetto alla giurisprudenza della Corte di Appello adita nel merito dalle parti[ii]. Se la normativa in tema di mediazione prevede che al primo incontro con il mediatore le parti si presentino personalmente, qualora compaiano in mediazione soltanto i loro legali, per scelta o per impossibilità a comparire della parte, non si può valutare negativamente la posizione del soggetto, né considerare non esperita la condizione preliminare di procedibilità[1].

La Cassazione riteneva fondato il ricorso, e cassava la sentenza di secondo grado, “sconfessando” la Corte di Appello, pur riconoscendo il valore della mediazione e sostenendone l’utilizzo.

I principi stabiliti per la mediazione obbligatoria in primo grado, valgono – secondo questa pronuncia – anche per la mediazione demandata dal Giudice in appello.

Viene richiamata, in particolare, la sentenza n. 8473 del 2019, che accoglie una linea interpretativa precedentemente espressione di una giurisprudenza minoritaria. Da un lato si riconosce definitivamente che la parte possa farsi sostituire da un rappresentante sostanziale dotato di procura speciale[iii]. D’altro lato, si accetta che la condizione di procedibilità possa dirsi realizzata anche qualora le parti rifiutino di proseguire la conciliazione bonaria dopo il primo incontro.

Leggi anche:

La giurisprudenza – Cass. Sez. III Civile, Sentenza 27 marzo 2019, n. 8473.

La vicenda si inseriva nell’ambito materiale dell’art. 447 bis, rubricato “Norme applicabili alle controversie in materia di locazione, di comodato e di affitto” ai sensi del quale la società Alfa chiedeva alla società Beta la risoluzione del contratto di locazione per mancata prestazione del deposito cauzionale e il rilascio dell’immobile. Beta eccepiva l’improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo di mediazione.

Assegnato dal Giudice il termine di quindici giorni per l’avvio della procedura, Alfa vi dava seguito, ma dopo il primo incontro di mediazione, al quale partecipavano solo i suoi procuratori, comunicava al Mediatore l’impossibilità di raggiungere un accordo. Nel merito, veniva dichiarata cessata la materia del contendere, avendo Beta versato il deposito, seppur tardivamente.

Il Tribunale sul punto della improcedibilità della domanda attorea, dava però ragione alla convenuta Beta e compensò per intero fra le parti le spese di lite. Alfa per questo motivo, ricorse quindi in appello, e, poiché anche questo fu rigettato, fu condannata al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio, aprendo la via al ricorso in Cassazione.

La Cassazione affrontava quindi alcune questioni in tema di mediazione obbligatoria come condizione di procedibilità nelle materie previste del D. lgs 28/2010[iv].

Il ricorso poneva la questione se la parte istante, per soddisfare la condizione anzidetta fosse tenuta a comparire personalmente al primo incontro di mediazione, oppure se l’azione fosse in tal caso improcedibile.

Il legislatore – ricostruiva la Corte – ha favorito la risoluzione alternativa delle controversie, adottando un procedimento deformalizzato dinanzi al Mediatore di riconosciuta professionalità in cui le parti possano liberamente discutere delle proprie pretese prima che le rispettive posizioni siano irrigidite dalle posizioni processuali assunte e dalle linee difensive stabilite.

Se si ammette allora – seguendo il ragionamento della Corte – che la parte possa farsi sostituire, occorre individuare i modi e le forme della sostituzione, se possa essere effettuata da chiunque o dall’avvocato e nel caso con quale atto e quali poteri.

Il successo della mediazione è riposto nel contatto fra le parti e il mediatore, il quale può aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto sottostanti, consenta di comporne la conflittualità, anche favorendo la prosecuzione dei rapporti familiari o commerciali che siano.

La previsione della presenza delle parti con i propri avvocati comporta che la parte non possa inviare in mediazione solo il proprio avvocato, ai fini della condizione di procedibilità. L’attività della comparizione personale, però, può essere delegata. Manca una disposizione espressa in tal senso, e se non si tratta di un atto strettamente personale, questo può essere delegato.

La parte che per scelta o impossibilità non possa partecipare personalmente può farsi sostituire da una persona a sua scelta ed anche dal difensore, conferendogli una procura specifica, con il potere di disporre dei diritti sostanziali concernenti i fatti.

Non è auspicato, ma non è precluso dalla legge, affermano gli Ermellini.

Altro importante interrogativo cui la Corte si è pronunciata è quando si possa ritenere che il tentativo di mediazione obbligatoria sia utilmente concluso. Se quando sia fisicamente presente – o delegata appunto – la parte, pur limitandosi a formulare il proprio rifiuto di aderire alla mediazione o se sia necessario che le parti discutano effettivamente attorno alla propria controversia.

È richiesta l’attivazione del procedimento di mediazione, la scelta del mediatore, la convocazione di controparte; è richiesta la comparizione personale (anche delegata) al primo incontro. Non si può ritenere che per soddisfare la condizione di procedibilità sia necessario ottenere dalla controparte un accordo.

«La mera comunicazione di aver sondato l’altra parte ed aver concordemente escluso la possibilità di addivenire ad un accordo» non è una modalità idonea a soddisfare la condizione di procedibilità.

I principi di diritto enunciati possono

essere riepilogati come segue:

-nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.lgs.  n.  28 del 2010 e successive modifiche, è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore, assistite dal difensore;

– nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente nella persona dello stesso difensore che l’assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di apposita procura sostanziale;

-la condizione di procedibilità può ritenersi realizzata al termine del primo incontro davanti al mediatore, qualora una o entrambe le parti, richieste dal mediatore dopo essere state adeguatamente informate sulla mediazione, comunichino la propria indisponibilità di procedere oltre.

[1] Come successivamente affermato da altri Tribunali che hanno rappresentato fin lì una linea minoritaria, Cfr. Tribunale Napoli sez. II, 10/02/2022, n.1488.

[i] Art. 8, comma 4-bis. Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizi.

[ii] Si trattava della Corte d’Appello di Firenze.

[iii] Atto con cui un soggetto conferisce il potere di compiere determinati atti specifici in proprio nome e nel proprio interesse (rif. art. 1392 e art. 1708 Cpc) ad un altro soggetto, in questo caso all’avvocato che necessariamente la assiste nel procedimento di mediazione.

[iv] Art. 5: Condizione di procedibilità e rapporti con il processo: 1. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Sentenza collegata

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Dott.ssa Bianchi Laura

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