Il termine di 15 giorni nella mediazione cd. “delegata” dal Giudice

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In caso di mediazione delegata, ciò che rileva, ai fini della condizione di procedibilità, è l’effettivo esperimento della procedura di mediazione, anche se conclusa senza accordo, entro l’udienza di rinvio fissata dal giudice, non l’avvio della stessa nel termine di quindici giorni.

Indice:

  1. Ambito e procedimento della mediazione
  2. Orientamenti di legittimità
  3. La vicenda in esame
  4. Conclusioni

Ambito e procedimento della mediazione

La mediazione è l’attività, svolta da un terzo imparziale, finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa, ai sensi dell’art.1 del D.lgs 28/2010.

La legge 206 del 2021 ha recentemente disposto un potenziamento delle risoluzioni alternative al processo [i] per cui chi intenda esercitare un’azione deve obbligatoriamente attivare un tentativo obbligatorio di mediazione oltre che in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, anche nelle controversie che riguardino contratti di associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società persone, subfornitura.

La procedura di mediazione, dalla durata massima di tre mesi, può rivestire non solo il carattere della obbligatoria condizione di procedibilità della domanda, ma può essere instaurata facoltativamente per tutte le questioni che riguardino diritti patrimoniali e disponibili, inoltre può essere una “mediazione delegata”, ossia disposta dal Giudice nel corso di un giudizio dinanzi a lui pendente.

«Allo stesso modo provvede quando la mediazione non é stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione»[ii].

L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello. In questa sede, il Giudice, “valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione”.

«Il provvedimento di cui al periodo precedente è adottato prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista prima della discussione della causa. Il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione»[iii]

La controversia giunta alla Suprema Corte nella sentenza esaminata in queste note, verteva, appunto, su questa norma. L’interpretazione della giurisprudenza, in particolare di quella di legittimità, ha anche in questo caso fornito i necessari indirizzi.


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Orientamenti di legittimità

La Corte di Cassazione, come noto, con la sua funzione nomofilattica, garantisce l’interpretazione uniforme del diritto e quindi l’unitarietà dell’ordinamento giuridico. Il Supremo Giudice non entra nel merito della questione, ma esamina il principio di diritto da applicare alla vicenda. Le sentenze della Corte di Cassazione costituiscono un vincolo solo per il giudice del rinvio, non implica uno stare decisis da rispettare per ogni giudizio come nel sistema di Common Law, ma è tuttavia un fondamentale orientamento per l’interprete di vicende analoghe.

Si ricordano, in materia di mediazione, alcune significative le pronunce, che hanno fornito pratiche indicazioni agli operatori del diritto.

Gli Ermellini hanno riconosciuto innanzitutto che l’istanza di mediazione interrompe la prescrizione ed è di impedimento, per una sola volta, della decadenza dal diritto di agire per equa riparazione, anche se la Corte costituzionale ha escluso la obbligatorietà della mediazione in ogni controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili e la mediazione non costituisce più condizione di proponibilità della domanda con la sentenza del 6 dicembre 2012 n. 272 , essendo rimasta ferma l’applicazione del comma 6 dell’art. 5  D.lgs. n. 28 del 2010 (Cfr. Cassazione Civile, SS. UU., 22/07/2013, n. 17781).

Nel caso, invece, di controversie civili e commerciali in materie per le quali è prevista la mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1 -bis, d.lg. n. 28 del 2010 ed i relativi giudizi siano stati introdotti mediante richiesta di decreto ingiuntivo, una volta avviato il relativo giudizio di opposizione e statuito sulla concessione o sospensione del decreto, è la parte opposta ad avere in capo a sé l’onere di promuovere il procedimento di mediazione. Di conseguenza, qualora la stessa non si attivi in tal senso, si verifica l’improcedibilità della domanda giudiziale di cui all’art. 5, comma 1 -bis, cui fa seguito la revoca del decreto ingiuntivo medesimo (Cfr. Cassazione Civile, sez. III, 13/05/2021, n. 12896).

Di rilievo anche l’arresto secondo il quale l’improcedibilità della domanda per omesso esperimento del tentativo di mediazione dev’essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Non si  tratta di eccezione rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio. Il Giudice d’appello può disporre la mediazione, ma non vi è obbligato, neanche nelle materie obbligatorie, dato che l’esperimento della mediazione costituisce condizione di procedibilità, per la Cassazione, solo se essa sia disposta dal Giudice. (Cfr. Cassazione Civile, Sez. III, 13/05/2021, n. 12896).

La vicenda in esame

Il caso in esame è riferibile alla qualificazione giuridica del termine di 15 giorni per la presentazione dell’istanza di mediazione attivata nel corso di un giudizio per impulso del Giudice.

Invero, laddove ne ravvisi la possibilità, il Giudice, tanto in sede di giudizio quanto in sede di appello, può ex art. 5 D. Lgs 28/2010 “valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti”, disporre l’esperimento del procedimento di mediazione.

Il caso de quo verteva, per l’appunto, su un contenzioso per il pagamento di 100.000 euro più interessi sorto fra l’azienda Alfa, che produceva e commercializzava macchine spazzatrici, e l’azienda Beta sua fornitrice. Beta, avendone titolo e ricorrendone i presupposti, richiedeva al Tribunale competente un decreto ingiuntivo nei confronti di Alfa, avvalendosi anche di una ricognizione di debito sottoscritta da Tizio, amministratore e legale rappresentante della ditta inadempiente.

Alfa, da parte sua, disconosceva il documento e si opponeva al decreto. Beta, quindi, si costituiva nel giudizio di opposizione e, in risposta, ne chiedeva la verificazione.

Il Tribunale disponeva la perizia grafologica e prescriveva che le parti esperissero tentativo di mediazione 15 giorni dopo il deposito della Consulenza Tecnica d’Ufficio. Il Giudice avvisava altresì che, in mancanza della mediazione, il giudizio sarebbe diventato improcedibile.

Senza però comunicare nulla alle parti, però, la perizia veniva depositata in anticipo rispetto al termine previsto. La parte opposta, avente effettivo interesse a conseguire il proprio credito, depositava istanza di anticipazione dell’udienza. Solo a questo punto, l’opponente introduceva la mediazione, oltre il termine assegnato dal giudice.

La ditta fornitrice Beta all’udienza prevista, produceva il verbale di mancata conciliazione.

Il Giudice di prime cure, pertanto, dichiarava l’improcedibilità della domanda con conferma del decreto ingiuntivo ora esecutivo.

Si addiveniva, quindi, per iniziativa della ditta Alfa opponente all’appello della sentenza di primo grado.

La corte di appello di B. rigettava l’appello di Alfa e accoglieva quello incidentale di Beta.

La cassazione di detta sentenza, veniva chiesta dalla difesa dell’amministratore di Alfa perché la sentenza impugnata aveva erroneamente affermato la perentorietà del termine assegnato per l’instaurazione della mediazione; perché il termine fosse stato legato non a una data certa ma a quella del deposito della CTU; perché il Giudice di prime cure aveva ritenuto che l’avvio della mediazione fosse onere dell’opponente Alfa ed infine per aver escluso il valore della mediazione tardiva.

La Suprema Corte riuniva i quesiti analizzandoli alla luce dell’art. 5 comma 2 e 2 bis, e dell’art. 6 del D.lgs 28/2010 nonché della novella del 2013, alla luce della quale il giudice ha il potere di invitare le parti anche nelle materie non obbligatori fino all’udienza di precisazione delle conclusioni o fino alla discussione della causa se l’attore abbia già esperito il tentativo prima del giudizio.

Rilevava la Corte una lacuna nella normativa, poiché il Legislatore ha predisposto solo che quando il giudice lo ritenga, invii le parti in mediazione, fissando la data dell’udienza successiva alla scadenza del termine di tre mesi previsto per la durata della mediazione, ed assegnando 15 giorni per avviarla.

Quindi, richiamandosi alla propria giurisprudenza,[iv] gli Ermellini concludevano come la mediazione delegata non costituisca una attività giurisdizionale e quindi non vi si possano applicare termini perentori in assenza di un’espressa disposizione di legge.

Conclusioni

La massima ricavabile dalla vicenda è che, in caso di mediazione delegata, ciò che rileva, ai fini della condizione di procedibilità, è l’effettivo esperimento della procedura di mediazione, anche se conclusa senza accordo, entro l’udienza di rinvio fissata dal giudice, non l’avvio della stessa nel termine di quindici giorni.

«In conclusione, dunque, ritiene il collegio che le considerazioni sin qui sviluppate conducano ad elaborare il seguente principio di diritto: Ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, commi 2 e 2 bis, ciò che rileva nei casi di mediazione obbligatoria ope iudicis è l’utile esperimento, entro l’udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione, da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l’accordo, e non già l’avvio di essa nel termine di quindici giorni indicato dal medesimo giudice delegante con l’ordinanza che dispone la mediazione».

Nel caso di specie, il procedimento di mediazione aveva avuto luogo entro l’udienza fissata con il provvedimento che l’aveva disposta e, pertanto, il ricorso veniva accolta e la sentenza impugnata per il riesame dell’appello e per le spese del giudizio di legittimità.

 


Note:

[i] Altrimenti dette ADR – Alternative Dispute Resolution

[ii] Art. 5. D.lgs.28/2010, Condizione di procedibilità e rapporti con il processo.

[iii] Art. 5. D.lgs.28/2010, comma 1 bis.

[iv] In specie cfr. Sent. 8473/2019, Sent. 19596/2020.

Sentenza collegata

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Dott.ssa Bianchi Laura

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