La mancata revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, nel caso di variazioni, non rilevanti dei limiti di reddito

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Commento a Cassazione penale, Sezioni Unite, 12 maggio 2020 n.14723

 

Premessa

Con ricorso per Cassazione, si deduceva la violazione e falsa applicazione degli articoli 75,76 e 95 del D.P.R. n.115/2002 in materia di spese di giustizia, avendo i giudici del merito revocato l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato per essere l’autocertificazione prodotta in seno alla domanda, falsa, ovvero incompleta, relativamente all’ammontare effettivo dei redditi attribuibili al nucleo familiare dell’istante, seppure in misura non superiore ai limiti fissati per legge.

Il ricorrente sosteneva nei motivi di ricorso l’irrilevanza della omessa dichiarazione in autocertificazione di parte dei redditi riferibili ad alcuni familiari, atteso che, seppure non indicati, dovevano comunque ritenersi inidonei, poiché irrilevanti, ai fini del superamento dei limiti di legge ai sensi degli articoli 76 e 92 del D.P.R. n.115/2002.

Preso atto della effettiva non univocità di orientamenti sul punto, il ricorso veniva rimesso alle Sezioni Unite al fine di scongiurare futuri conflitti giurisprudenziali, con il seguente quesito: “se la falsità o incompletezza dell’autocertificazione allegata all’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ne comporti l’inammissibilità e, dunque, la revoca, in caso di intervenuta ammissione, anche nell’ipotesi in cui i redditi effettivi non superino il limite di legge, ovvero, in tale ultima ipotesi, non incidendo la falsità sull’ammissibilità dell’istanza, se la revoca possa essere invece disposta solo nei casi espressamente previsti dalla legge”.

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La decisione

Le Sezioni Unite hanno inteso premettere nella decisione in commento che, sul punto, esiste in effetti un risalente contrasto giurisprudenziale, avvalorato, da un lato, da alcune pronunce dove si sostiene la revocabilità del beneficio concesso, anche solamente  in presenza di un “quadro riduttivo, distorto o fallace” delle condizioni reddituali enunciate dal richiedente, indipendentemente dal superamento o meno dei limiti di reddito fissati dalla legge (cfr.Cass.sez.IV, 14 marzo 2012, Napoli; Cass.sez.IV, 6 dicembre 2011, Fersini), mentre un opposto orientamento accoglie la tesi più restrittiva, escludendo qualsiasi forma di automatismo nella revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, nelle ipotesi in cui il reddito omesso o comunque non dichiarato, non abbia alcun rilievo ai fini del superamento dei limiti di legge (cfr. tra le ultime, Cass.sez.IV, 27 marzo 2019, Naccarella).

In posizione intermedia si colloca poi altra decisione, seppure isolata, dove si autorizza la revoca o la modifica del decreto di ammissione al beneficio in parola, laddove “risultino non veritiere le condizioni reddituali indicate nell’istanza e sussistano presunzioni gravi, precise e concordanti, che consentano di ritenere il superamento dei limiti di reddito” (cfr.Cass.sez.IV, 8 gennaio 2019, Spada).

In effetti, secondo le Sezioni Unite, gli arresti giurisprudenziali favorevoli alla revoca del beneficio solamente per essere infedele la dichiarazione dei redditi dell’istante, trovavano un valido caposaldo nella precedente sentenza Infanti  delle Sezioni Unite – 27 novembre 2006, dove si precisava che: “integrano il delitto di cui all’art.95 del D.P.R. n.115 del 2002, le false indicazioni o le omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione o in ogni altra dichiarazione prevista per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio” e che: “la specifica falsità nella dichiarazione sostitutiva (artt.95-79 lett.c), è connessa all’ammissibilità dell’istanza e non del beneficio (art.96, co.1), perchè solo l’istanza ammissibile genera l’obbligo per il magistrato di decidere nel merito, allo stato. L’inganno potenziale della falsa attestazione di dati necessari per determinare al momento dell’istanza le condizioni di reddito, sussiste quand’anche le alterazioni od omissioni di fatti veri risultino poi ininfluenti per il superamento del limite di reddito previsto dalla legge per l’ammissione al beneficio. Pertanto la falsità delle indicazioni contenute nell’autocertificazione, deve ritenersi connessa”.

  Rispetto alla citata sentenza Infanti, che non assegnava pertanto alcun rilievo alla circostanza che il reddito dichiarato dall’istante, seppure inesatto, fosse comunque inferiore a quello previsto per legge, la rinnovata decisione delle Sezioni Unite in commento, ha il pregio di operare una disamina tout court dei presupposti di legge,  rilevando diligentemente come nella disciplina di cui al d.P.R. n.115 del 2002 (Testo Unico in materia di spese di giustizia), non si rinviene in effetti alcuna disposizione che preveda espressamente l’inammissibilità della richiesta o la revoca del decreto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, in ipotesi di inesatta o, persino, falsa dichiarazione delle condizioni reddituali da parte del richiedente, essendo tassativamente previste nei soli casi di cui agli artt.95, 112 (e 125 per il procedimento civile) del Testo Unico in materia di spese di giustizia.

L’art.95 del d.P.R. 115/02 prevede invero specifiche sanzioni: – 1. La falsità o e omissioni nella dichiarazioni sostitutiva di certificazione, nelle dichiarazioni, nelle indicazioni e nelle comunicazioni previste dall’art.79, comma 1, lettere b), c) e d), sono punite con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da € 309,87 a € 1.549,37.         La pena è aumentata se dal fatto consegue l’ottenimento o il mantenimento dell’ammissione al patrocinio; la condanna importa la revoca, con efficacia retroattiva, e il recupero a carico del responsabile delle somme corrisposte dallo Stato.

L’Art.112 del medesimo d.P.R. stabilisce invece espressamente i casi di revoca del decreto di ammissione: – 1. Il magistrato, con decreto motivato, revoca l’ammissione: a) se, nei termini previsti dall’art.79, comma 1, lettera d), l’interessato non provvede a comunicare le eventuali variazioni dei limiti di reddito; b)se, a seguito della comunicazione prevista dall’art.79, comma 1, lettera d), le condizioni di reddito risultano variate in misura tale da eslcudere l’ammissione; c) se, nei termini previsti dall’art.94, comma 3, non sia stata prodotta la certificazione dell’autorità consolare; d) d’ufficio o su richiesta dell’ufficio finanziario competente presentata in ogni momento e, comunque, non oltre cinque anni dalla definizione del processo, se risulta provata la mancanza, originaria o sopravvenuta, delle condizioni di reddito di cui agli articoli 76 e 92.

Il magistrato può disporre la revoca dell’ammissione anche all’esito delle integrazioni richieste ai sensi dell’art.96, commi 2 e 3.

Competente a provvedere è il magistrato che procede al momento della scadenza dei termini suddetti, ovvero al momento in cui la comunicazione è effettuata o, se procede la Corte di cassazione, il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato.

Copia del decreto è comunicata all’interessato con le modalità indicate nell’art.97.

  Secondo l’art.125 stesso decreto, sono previste analoghe sanzioni nel procedimento civile per: “1.Chiunque, al fine di ottenere o mantenere l’ammissione al patrocinio, formula l’istanza corredata dalla dichiarazione sostitutiva di certificazione, attestante falsamente la sussistenza o il mantenimento delle condizioni di reddito previste, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da € 309,87 a € 1549,37. La pena è aumentata se dal fatto consegue l’ottenimento o il mantenimento dell’amissione al patrocinio; la condanna importa la revoca con efficacia retroattiva e il recupero a carico del responsabile delle somme corrisposte dallo Stato.

Le pene previste al comma 1, si applicano nei confronti di chiunque, al fine di mantenere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, omette di formulare le comunicazioni di cui all’art.79, comma 1, lettera d)”.

Alla luce della succitata disamina teleologica e in accoglimento del secondo orientamento più sopra esaminato, le Sezioni Unite hanno in definitiva stabilito che le falsità o le omissioni nelle dichiarazioni reddituali dell’istante, possono eventualmente  determinare  la revoca del beneficio concesso solamente nei casi di cui all’art.112, ove risulti provata, o quantomeno deducibile, la mancanza originaria delle condizioni di reddito, ovvero in caso di condanna per il reato previsto dall’art.95.

In conclusione, il Supremo Collegio ha chiarito come una siffatta interpretazione non contrasta in alcun modo con la circostanza afferente la revoca del beneficio stabilita all’art.112 lettera a), per coloro che non abbiano comunicato nei termini le variazioni dei limiti di reddito, invece mantenuto per coloro che, sin dal principio, abbiano reso dichiarazioni false o incomplete, atteso che solamente l’obbligo di comunicazione di cui alla lettera a) dell’art.112 è previsto e imposto espressamente dalla legge, così come le conseguenze sanzionatorie relative alla sua inosservanza, anche se con riferimento alle sole variazioni “rilevanti” dei limiti di reddito, ai sensi dell’art.79, comma 1, lettera d).

L’opzione interpretativa adottata dalle Sezioni Unite risulta del resto non solo lineare rispetto a quanto previsto dagli articoli 24, 111 Cost. e 6 CEDU, ma anche e soprattutto con la stessa ratio sottesa all’istituto, che è appunto quella di esentare prontamente dalla spese di difesa obbligatorie, il titolare di redditi inferiori alla soglia di legge.

La massima

Tutto ciò premesso, le Sezioni Unite hanno elaborato il seguente principio di diritto: “la falsità o l’incompletezza della dichiarazione sostitutiva di certificazione prevista dall’art.79, comma 1, lett.c) del d.P.R. n.115 del 2002, qualora i redditi effettivi non superino il limite di legge, non comporta la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che può essere disposta solo nelle ipotesi espressamente previste e disciplinate dagli articoli 95 e 112 d.P.R.n.115 del 2002”.

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Bibliografia:

in Dir.pen.proc.7/20; Dipaola, in Cass. Pen.2009; L.Luparia, in Giur.it., 2003; G.Pavich; P.Sechi, in Giur.it.

 

 

 

Avv. Buzzoni Alessandro

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