La dichiarazione di un’ impresa relativa all’essere “in regola con gli adempimenti di legge nei riguardi degli enti interessati e dei terzi in genere…” con la “conferma” dell’adozione delle prescritte condizioni normative e contributive nei confronti del

Lazzini Sonia 17/05/07
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il Consiglio di stato con la decisione numero 1319 del 20 marzo 2007 in tema di dichiarazione di regolarità per quanto concerne la normativa a tutela dei lavoratori disabili, ci insegna che:
 
  •  <non  può sostenersi che la deduzione relativa alla omessa produzione di una dichiarazione relativamente alla quale il verbale di gara nulla attesti, né in positivo né in negativo, debba compiersi entro il termine di impugnazione giurisdizionale decorrente dalla data del verbale medesimo, essendo invece operante, in tal caso, il principio per cui una siffatta censura può sollevarsi nel momento in cui sorge il relativo interesse, attualizzato, per l’aggiudicataria della procedura di gara, dal potenziale “vulnus” derivabile dall’accoglimento del ricorso proposto da altra impresa concorrente, e quindi formalizzabile nei tempi e nelle forme del ricorso incidentale;
  • una volta che le risultanze del verbale non consentano di ritenere positivamente prodotta una dichiarazione dovuta in forza di un’espressa previsione di legge, -con altrettanto espressa comminatoria legale di esclusione applicabile a prescindere dal richiamo alla norma di legge contenuto nella lex specialis-, e che l’interessato non comprovi in altro modo la produzione stessa, se non col richiamo a presunzioni ricavate da un’erronea interpretazione dei principi valevoli in ordine all’efficacia probante del verbale di gara, nonché dal non univoco e decisivo atteggiamento processuale delle controparti, la causa legale di esclusione deve ritenersi riscontrata e il giudice di primo grado non poteva sottrarsi alla relativa pronuncia, al di là dell’unilaterale contraria affermazione sul punto dell’originaria ricorrente;>
 
 
a cura di *************
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
ANNO 2005
 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
 
DECISIONE
 
sul ricorso in appello proposto da *** s.p.a. in persona del legale rappresentante p.t. rappresentato e difeso dall’avv. *************** ed elettivamente domiciliato in Roma via Cola di ****** 28, presso lo studio dell’avv. **************;
 
contro
 
******à Aeroportuale *********- SA.CAL.s.p.a. in persona del legale rappresentante p.t. rappresentato e difeso dall’avv. ***************** ed elettivamente domiciliato in Roma via Ovidio 10, presso la dott.ssa ********;
 
e nei confronti
 
dell’Istituto di Vigilanza *** s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t. rappresentato e difeso dall’avv. **************** ed elettivamente domiciliato in Roma via S. Tommaso D’****** 116, presso il dott. *******************;
 
per l’annullamento
 
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria, Sez. staccata di Catanzaro Sezione II n.714 del 4 maggio 2005.
 
     Visto il ricorso con i relativi allegati;
 
     Visto l’atto di costituzione in giudizio delle società appellate;
 
     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
 
     Visti gli atti tutti della causa;
 
     Alla pubblica udienza del 30 gennaio 2007 relatore il Consigliere ************************.
 
     Uditi l’avv. ********** per delega dell’avv. ******, l’avv. Gualtieri e l’avv. *********** per delega dell’avv. *******; 
 
     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
 
FATTO
 
     Con la sentenza in epigrafe il Tar della Calabria ha accolto il ricorso incidentale proposto dalla controinteressata s.r.l. Istituto di Vigilanza *** e dichiarato inammissibile il ricorso principale proposto dalla *** s.p.a. avverso il verbale di aggiudicazione alla suddetta controinteressata della gara a trattativa privata per l’affidamento del servizio di sicurezza dei passeggeri, del bagaglio a mano e da stiva al seguito dei passeggeri presso l’Aeroporto di Lamezia Terme.
 
     L’adito Tribunale preliminarmente esaminava le censure formulate con il ricorso incidentale giacché – in ossequio ad indirizzo giurisprudenziale consolidato (cfr. ex multis, C.d.S., sez. V, 28 maggio 2004, n. 3456) – ove l’impugnazione incidentale fosse diretta a paralizzare quella principale, incidendo su di una condizione dell’azione, non poteva procedersi al prioritario scrutinio delle censure contenute nel ricorso principale e, di seguito, di quelle contenute nel ricorso incidentale. Il ricorso incidentale era ritenuto fondato con riferimento al secondo motivo.
 
     La controinteressata aveva con esso sostenuto che la ricorrente avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara in ossequio all’art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68, non avendo allegato alla domanda di partecipazione alla procedura rituale dichiarazione del legale rappresentante che attestasse il rispetto della normativa in materia di diritto al lavoro dei disabili, né apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risultasse l’ottemperanza alle norme della legge predetta. Costituiva insegnamento giurisprudenziale ormai consolidato (cfr. ex multis, C.d.S., sez. V, 12 luglio 2004, n. 5053; Id. 14 maggio 2004, n. 3148; C.d.S., sez. IV, 23 novembre 2002, n. 6440), dal quale il Collegio non aveva motivo nella specie di discostarsi, quello secondo cui l’art. 17 della legge n. 68/99 prevedeva un requisito di partecipazione alla gara, la cui assenza rendeva obbligata, trattandosi di sanzione espressamente contemplata dalla predetta disposizione, l’esclusione del concorrente. Tale sanzione si giustificava alla luce delle rationes sottese alla norma, che coincidevano non soltanto con l’obiettivo di garantire che le amministrazioni aggiudicatici stipulassero con soggetti in regola con la normativa sul diritto al lavoro dei disabili, bensì, e soprattutto, con l’obiettivo di assicurare e perseguire il più ampio rispetto di quest’ultima. L’obbligo di documentazione previsto dalla norma, tenuto conto dell’ampia formulazione di quest’ultima, si estendeva anche alle imprese eventualmente esonerate dal rispetto della normativa a tutela dei disabili, le quali non potevano, pertanto, sfuggire all’esclusione (cfr. C.d.S., sez. 6 luglio 2002, n. 3733). In presenza di una chiara comminatoria di esclusione per l’impresa che non avesse ottemperato all’onere formale di presentazione della documentazione richiesta dall’art. 17, si giustificava, peraltro, la massima giurisprudenziale che negava alcun rilievo alla presenza di una clausola del bando che riproducesse quella legislativa. Ne conseguiva che la ricorrente avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, essendo incontestata la circostanza della mancata allegazione alla domanda di partecipazione alla procedura selettiva della documentazione prevista dall’art. 17 della legge n. 68/99. Né meritevoli di apprezzamento si palesavano gli argomenti usati dalla ricorrente per resistere alla censura.
 
     Per ciò che concerneva la presunta assimilabilità agli attestati e certificazioni richiesti dall’art. 17 della dichiarazione concernente gli elementi tecnico – qualitativi nella quale la ricorrente aveva affermato <<di essere in regola con gli adempimenti di legge nei riguardi degli enti interessati e dei terzi in genere>>, era sufficiente richiamare l’indirizzo già enunciato dalla giurisprudenza amministrativa in ordine alla impossibilità di ritenere equivalenze di sorta tra generiche dichiarazioni rese da partecipanti alla gara in ossequio a previsioni del bando e quelle specifiche dichiarazioni contemplate dalla norma imperativa contenuta nell’art. 17 della legge n. 68/99 (v. motiv. di C.d.S., sez. V, 6 luglio 2002, n. 3733). In accoglimento del ricorso incidentale, doveva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso principale per difetto di interesse. Del pari inammissibile – e comunque infondata per assoluto difetto di prova degli elementi costitutivi – si palesava la domanda di risarcimento danni spiegata dal ricorrente principale (cfr. Ad.Pl. n. 4/2003).
 
     Appella l’originaria ricorrente deducendo i seguenti motivi:
 
     1. Il Tar ha erroneamente ritenuto che la circostanza della omessa allegazione della dichiarazione attestante il rispetto delle norme che disciplinano il lavoro dei disabili fosse incontestata. La ricorrente non aveva mai dato acquiescenza a tale affermazione e aveva eccepito l’inammissibilità e irricevibilità della censura oltre che la sua infondatezza, deducendo inoltre di aver regolarmente allegato alla domanda di partecipazione al bando la dichiarazione di cui all’art.17 l.681999 e che siffatto rilievo non era stato opposto in sede di gara, in occasione dell’apertura delle buste e della verifica documentale e formale.
 
     1.1. Il Tar ha dato per scontato un fatto palesemente smentito dagli atti processuali e omesso di valutare le eccezioni di inammissibilità e irricevibilità della censura sollevate dalla ***. La doglianza incidentale andava infatti sollevata all’apertura delle buste, avvenuta in contraddittorio tra le imprese contendenti, con specifica contestazione, in quella sede, dell’ammissione della ricorrente e dell’attribuzione del punteggio. Non è possibile contestare a posteriori l’ammissione di un’impresa, dopo la formale apertura delle buste e la loro verifica dinnanzi al seggio di gara, sul presupposto della mancanza di un documento non tempestivamente evidenziata. La giurisprudenza del Consiglio di Stato chiarisce che, attesa la pubblicità delle operazioni di gara relative al controllo della documentazione proposta, se non viene sollevata alcuna contestazione in quella sede, si deve presumere conforme a diritto l’operato della p.a. procedente. Solo ricorrendo determinati presupposti, tra cui le garanzie di adeguata custodia dell’intera documentazione, con l’indicazione specifica nel bando delle modalità di conservazione, di certo non riscontrabili nel caso di specie, è possibile una qualche forma di riesame. La censura dell’*** sarebbe pertanto inammissibile e irricevibile.
 
     1.2. In primo grado l’appellante aveva eccepito esplicitamente la veridicità della censura, sostenendo che al momento di apertura delle buste, avvenuta in contraddittorio e palesemente, per nessuna delle odierne contendenti si era rilevata la carenza della dichiarazione in questione, il che implica la presunzione assoluta che la ricorrente abbia adempiuto, così come ha fatto, a tale onere, ribadito anche nella dichiarazione concernente la valutazione degli elementi tecnico-qualitativi, ove in calce si attesta “di essere in regola con gli adempimenti di legge nei riguardi degli enti interessati e dei terzi in genere e che adotterà nei confronti del personale condizioni normative e contributive”. Nella memoria per l’udienza dell’11.3.2005 si sosteneva altresì che “la sopradetta dichiarazione…è sempre stata negli atti del procedimento”, e, in via subordinata, era da considerarsi formulata, essendo ricompresa in quella secondo cui la ditta era in regola con gli adempimenti di legge ecc., sopra richiamata. Il Tar ha errato ponendo a base della sua decisione tale gradata deduzione, senza considerare quanto dedotto in memoria, non essendo vero che la mancata produzione della dichiarazione sarebbe stata incontestata.
 
     1.3. Se il Tar avesse più attentamente valutato la specifica contestazione sul punto avrebbe rigettato la censura, poiché in base ai principi di riparto dell’onere probatorio, incombeva sull’*** l’onere della prova positiva del suo assunto. In atti esisterebbe “segno” del contrario, che la dichiarazione, cioè, sarebbe stata regolarmente prodotta dalla ricorrente, e in nessun passo della sua difesa la SACAL ne ha negato l’esistenza. Le eccezioni documentali devono avvenire in contraddittorio in sede di gara, atteso che quello è il momento in cui le parti sono in grado di eseguire le verifiche ed eventualmente fornire chiarimenti. Pur a voler opinare circa la possibilità di una tardiva doglianza, essa doveva farsi valere con ricorso principale entro 60 giorni dall’apertura delle offerte in contraddittorio, atteso che la lesione sarebbe consistita nella presunta indebita ammissione della ricorrente al prosieguo della gara.
 
     1.4. Il Tar non ha poi tenuto conto di ulteriori deduzioni svolte in primo grado, per cui la dichiarazione in questione sarebbe stata comunque superflua, essendo gli istituti di vigilanza esentati da tale adempimento, semmai specificabile in sede contrattuale, come chiarito dalla circolare 1238IV20 del 20.7.01 del Ministero del lavoro, Direzione generale per l’impiego. Giammai siffatta denegata omissione, che non comporterebbe violazione della par condicio, potrebbe condurre all’esclusione dalla gara.
 
     1.5. L’impugnata sentenza deve perciò essere riformata con rigetto della suddetta eccezione, e dell’intero ricorso incidentale per infondatezza, inammissibilità e irricevibilità.
 
     2. Si ripropongono quindi le censure del ricorso di primo grado non esaminate in sentenza:
 
     2.1. Violazione e falsa applicazione di legge, con particolare attenzione agli artt. 7, 13, 14, 23 e 24 del D.lgs.15795 e a tutta la normativa, nazionale e comunitaria, in materia di appalto di servizi. Eccesso di potere. Sviamento. Travisamento. Difetto di motivazione. Disapplicazione o erronea applicazione delle regole del bando di gara. Illogicità manifesta e violazione dei principi di ragionevolezza e del buon andamento della p.a. Carenza di istruttoria e difetto di presupposti. Contraddittorietà e perplessità.
 
     2.1.1. Illegittimamente la SACAL a previsto che i precedenti servizi similari costituissero non solo condizione di ammissibilità ma anche di valutazione.
 
     2.1.2. Comunque in relazione al punteggio inerente i servizi pregressi la SACAL ha errato avendo attribuito alla ricorrente punti 9 a alla aggiudicataria punti 10.
 
     2.1.3. Altrettanto erronea è stata la valutazione attribuita alla due concorrenti in relazione alla voce “garanzia qualità”, in violazione del principio di ragionevolezza, atteso che la ricorrente era stata l’unica a dimostrare di essere “certificata” secondo lo standard ISO 2000.
 
     2.1.4. Anche nel punteggio attribuito per la voce “organizzazione interna” la SACAL ha errato nel mettere sullo stesso piano la ricorrente e la controinteressata, attesa la maggior consistenza di personale e mezzi della prima.
 
     2.1.5. La SACAL, a fini di trasparenza in sede di evidenza pubblica, avrebbe dovuto specificare i criteri generali per la valutazione e l’attribuzione del punteggio tra il massimo e il minimo agli elementi di ordine tecnico-qualitativo, in contrasto col principio per cui gli apprezzamenti legati alla discrezionalità tecnica devono essere puntualmente motivati e attesa l’insufficienza di una mera valutazione numerica a rendere percepibile l’iter logico seguito.
 
     3. Con motivi aggiunti venivano altresì impugnati i verbali del Consiglio di amministrazione nn.198 e 203 del 2003 e n.204 del 2004. Si reiterava la prima censura del ricorso e proposte autonome doglianze:
 
     3.1. Violazione delle regole e degli obblighi del bando di gara e del D.lgs.1571995, art.12; nonché dell’art.36 della L.30070. Anche con riferimento all’impugnativa già opposta in ricorso della stipula del contratto.
 
     Il CdA anziché procedere a confermare l’operato del vice presidente e dare mandato al presidente per la stipula del contratto, avrebbe dovuto sospendere l’aggiudicazione e procedere alle adeguate verifiche, avendo un consigliere verbalizzato la circostanza che, da parte dei dipendenti dell’*** si era lamentata la circostanza che la società aggiudicataria, già titolare del precedente contratto, non sarebbe stata adempiente rispetto al suo obbligo di corrispondere alle maestranze la puntuale e giusta retribuzione.
 
     3.2. Violazione di legge, Violazione falsa applicazione delle regole del bando di gara, Omessa e carente istruttoria, Travisamento in fatto. Sviamento. Contraddittorietà. Perplessità e illogicità. Eccesso di potere, Violazione dei principi sottesi alle gare come violazione della par condicio, della congruità e ragionevolezza dei criteri in assoluto e in relazione al risultato che ci si prefigge, del buon andamento della p.a., del conseguimento del miglior risultato e quindi del risultato più vantaggioso discendente dall’offerta più vantaggiosa.
 
     3.2.1. La statuizione di riconvocare la Commissione di gara e di rivalutare la varie osservazioni formulate dai concorrenti ed eventualmente procedere a riformulare nuovi giudizi, era sintomatica del riconoscimento esplicito di seri dubbi circa l’illegittimità del procedimento, a seguito della relazione di un consigliere dello stesso CdA e della posizione assunta da un membro della Commissione, sicchè non avrebbe potuto legittimamente procedersi al sorteggio, in presenza di ormai conclamati dubbi e vizi. Ergo è illegittimo quanto statuito nel successivo verbale del 19 dicembre 2003, n.203, ove il CdA, come se nulla fosse successo, per il solo fatto della indisponibilità del dr. Cento a partecipare a ulteriori attività della Commissione, ha ripreso le risultanze del deliberato caducato con l’atto n.198.
 
     3.2.2. Dal carteggio acquisito si rilevava anche che indebitamente era stato attribuito un punteggio all’aggiudicataria; ciò ad onta di quanto la controinteressata aveva sostenuto nel suo controricorso incidentale, nel quale aveva preteso punteggi per titoli la cui sussistenza non aveva dimostrato, in specie perché valutati atti in realtà privi della debita sottoscrizione da parte dell’***, (all. nn.1, 2 e 3, elenco dipendenti, elenco delle autovetture, e dei dipendenti in possesso dell’attestato ENAC), documenti inefficaci e non valutabili.
 
     Si è costituito l’Istituto di Vigilanza *** argomentando circa l’infondatezza dell’appello, altresì nullo per carenza di valida procura ad litem, e ribadendo la fondatezza del ricorso incidentale di primo grado anche con riferimento agli ulteriori suoi motivi assorbiti in sentenza.
 
     Si è costituita inoltre la S.A.CAL, deducendo l’infondatezza dell’appello.
 
DIRITTO
 
     Può prescindersi dall’esame dell’eccezione di nullità dell’appello proposta dall’appellata aggiudicataria in quanto lo stesso, in relazione alla statuizione principale del giudice di primo grado, deve ritenersi infondato.
 
     Alla luce della disposta istruttoria, infatti, va chiarito che oggetto del contendere nella presente sede d’appello, in relazione al “decisum” di primo grado ed alla soccombenza che lo stesso ha preliminarmente determinato, è se l’originaria ricorrente avesse o meno assolto all’obbligo di produzione della dichiarazione da rendere ai sensi dell’art.17 della legge 12 marzo 1999, n.68, attestante il rispetto, da parte delle ditte offerenti in gara per pubblici appalti, delle norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili.
 
     Sul punto, va preliminarmente chiarito, con ciò rigettandosi il quarto profilo del primo motivo di appello (rubricato sub. 1.4.), che la dichiarazione in questione, in base al chiaro disposto della norma suddetta, (“Le imprese…sono tenute a presentare preventivamente…la dichiarazione”), va presentata in ogni caso di partecipazione a procedure per l’aggiudicazione di appalti pubblici, a prescindere dalla esenzione che, secondo l’appellante, sarebbe stata prevista da una Circolare del Ministero del lavoro, Direzione generale per l’impiego, n.1238IV20 del 20 luglio 2001.
 
     La nota ministeriale in questione, infatti, si riferisce alla “applicabilità del regime introdotto dall’art.3, comma 4, della legge 6899 per i servizi di polizia, della protezione civile e della difesa nazionale”, e quindi, secondo la sua espressa delimitazione di materia, all’estensione del regime di esenzione, non dal rendere la dichiarazione prevista dall’art.17 citato, ma dagli obblighi di assunzione con riguardo ai disabili.
 
     La suddetta nota esprime, poi, un ”opinione”, senza disporre o permettere alcunché in forma imperativa nei riguardi dei destinatari finali della disciplina in rilievo, e non è formulata in modo tale da concretizzare altro che una possibile interpretazione la cui portata riguarda le “Amministrazioni provinciali- Settore politiche del lavoro” in indirizzo.
 
     La stessa, dunque, non potrebbe, neanche in astratto, risolversi in una fonte normativa abilitata a derogare al regime prefigurato dalla legge a cui fa riferimento, tanto più, come nel caso in esame, con riguardo, non alla legittimità o meno di un certo regime derogatorio nelle assunzioni, quanto agli effetti del rapporto imprese offerenti-amministrazioni appaltanti quale è regolato dall’art.17 in questione.
 
     Si può tutt’al più ammettere che, in sede di dichiarazione da rendersi ai sensi della predetta disposizione, la circolare possa essere richiamata al fine di chiarire la legittimità della prassi eventualmente seguita da una certa impresa, senza perciò che sia possibile configurare un’esenzione dall’obbligo di dichiarazione in base alla stessa nota ministeriale.
 
     Sul piano fattuale, già sopra richiamato, poi, va detto che l’obbligo della dichiarazione in questione non può ritenersi assolto dalla originaria ricorrente, valendo in proposito i seguenti rilievi, a confutazione delle censure mosse in appello sul punto:
 
     a) il verbale di gara del 6 giugno 2003, pagina 2, secondo capoverso, dà conto della verifica della regolarità dei plichi contenenti le offerte senza precisare la tipologia ed il contenuto dei documenti verificati, rinviando per il dettaglio agli allegati da C1 a C3, acquisiti appunto in sede istruttoria. Con riferimento all’impresa appellante la produzione della dichiarazione ex art.17 l.cit. non risulta attestata in alcuna parte dei detti allegati;
 
     b) la produzione in questione, non espressamente attestata dal complesso delle operazioni verbalizzate, in cui vanno incorporati gli esiti degli allegati citati a verbale, non risulta effettuata, e/o comprovata nella sua effettuazione, mediante altra modalità, e la conseguenza è che si perviene semmai ad una presunzione, non superata, che la medesima non sia stata prodotta dalla attuale appellante;
 
     c) non opera alcuna preclusione, a sfavore della aggiudicataria ricorrente incidentale in primo grado, a dedurre l’omessa produzione della dichiarazione in parola, posto che un tale effetto sarebbe configurabile soltanto a fronte del contrasto tra tale deduzione e una contraria espressa risultanza del verbale delle operazioni di gara, attestante appunto espressamente l’esistenza o la mancanza di tale determinato documento (in tal senso si pone il “dictum” della richiamata decisione V, 3 febbraio 2000, n.661);
 
     d) neppure può sostenersi che la deduzione relativa alla omessa produzione di una dichiarazione relativamente alla quale il verbale di gara nulla attesti, né in positivo né in negativo, debba compiersi entro il termine di impugnazione giurisdizionale decorrente dalla data del verbale medesimo, essendo invece operante, in tal caso, il principio per cui una siffatta censura può sollevarsi nel momento in cui sorge il relativo interesse, attualizzato, per l’aggiudicataria della procedura di gara, dal potenziale “vulnus” derivabile dall’accoglimento del ricorso proposto da altra impresa concorrente, e quindi formalizzabile nei tempi e nelle forme del ricorso incidentale;
 
     e) una volta che le risultanze del verbale non consentano di ritenere positivamente prodotta una dichiarazione dovuta in forza di un’espressa previsione di legge, -con altrettanto espressa comminatoria legale di esclusione applicabile a prescindere dal richiamo alla norma di legge contenuto nella lex specialis-, e che l’interessato non comprovi in altro modo la produzione stessa, se non col richiamo a presunzioni ricavate da un’erronea interpretazione dei principi valevoli in ordine all’efficacia probante del verbale di gara, nonché dal non univoco e decisivo atteggiamento processuale delle controparti, la causa legale di esclusione deve ritenersi riscontrata e il giudice di primo grado non poteva sottrarsi alla relativa pronuncia, al di là dell’unilaterale contraria affermazione sul punto dell’originaria ricorrente;
 
     f) va soggiunto che la dichiarazione della ricorrente, inclusa nella documentazione prodotta, relativa all’essere “in regola con gli adempimenti di legge nei riguardi degli enti interessati e dei terzi in genere…” con la “conferma” dell’adozione delle prescritte condizioni normative e contributive nei confronti del personale, non può considerarsi equipollente alla dichiarazione ex art.17, posto che quest’ultima, in conseguenza del contenuto specifico e tipizzato imposto dalla norma che la prevede, non può ritenersi assorbita in una diversa dichiarazione, che non si richiami espressamente alla disciplina e agli obblighi menzionati dalla previsione speciale dello stesso art.17, a pena di vanificare la “ratio” protezionistica di peculiari interessi pubblici di tale disposizione;
 
     g) che, poi, dallo stesso verbale non risulti, contemporaneamente, che la medesima dichiarazione ex art.17 sia stata resa anche dall’aggiudicataria (che aveva dedotto il relativo motivo di impugnazione incidentale avverso l’originaria ricorrente), non equivale certamente a comprovare, neppure in via presuntiva, il decisivo punto di fatto dell’avvenuta produzione da parte della ricorrente stessa; mentre, d’altra parte, tale mancata attestazione neppure rileva sotto diverso profilo, posto che la ricorrente non ha a sua volta dedotto una censura di tal genere avverso la posizione dell’aggiudicataria;
 
     h) ciò in disparte il fatto che, al di là della avvenuta verbalizzazione, la dichiarazione resa dalla stazione appaltante, in sede di chiarimenti richiesti da questo Collegio, relativa all’assolvimento dell’obbligo di presentazione della dichiarazione ex art.17 cit. da parte dell’aggiudicataria, è liberamente e positivamente apprezzabile, non ponendosi in contrasto con qualsivoglia verbalizzazione e risultando assistita da una sufficiente credibilità per la fonte da cui proviene e la sede in cui è espressa.
 
     Alla luce delle assorbenti considerazioni che precedono l’appello va respinto.
 
     L’incertezza in fatto e in diritto della materia controversa giustifica la compensazione delle spese del presente grado di giudizio tra le parti costituite.
 
P.Q.M.
 
     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe, confermando per l’effetto la sentenza impugnata.                        
 
     Compensa le spese di giudizio.
 
     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
 
     Così deciso in Roma, il 30.1.2007 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il………………20/03/2007……………….

Lazzini Sonia

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