La detenzione di un quantitativo inferiore ai limiti tabellari non esclude di per sa la rilevanza penale della condotta

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(Ricorso dichiarato inammissibile)

(Riferimenti normativi: d.P.R. n. 309/1990, art. 73)

Il fatto

La Corte di appello di Perugia, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Perugia – con la quale M. M. era stato dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 per illecita detenzione e cessione di sostanza stupefacente del tipo cocaina, hashish e marijuana e condannato alla pena di anni uno di reclusione ed euro 3.000,00 di ammenda – rideterminava la pena in mesi otto di reclusione e revocava la disposta confisca della somma di denaro in sequestro.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il suddetto provvedimento proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del suo difensore, deducendo i seguenti motivi: 1) violazione di legge in relazione all’affermazione di responsabilità lamentando che i Giudici di merito non avevano tenuto in considerazione che, come emergeva dal rapporto tossicologico in atti, il dato ponderale relativo alla sostanza stupefacente del tipo hashish e marijuana era inferiore a quello tabellare previsto dalla legge, e da tale rilievo doveva conseguire l’applicabilità del disposto dell’art. 75 d.P.R. n. 309/1990 e, quindi, l’irrilevanza penale della condotta; 2) vizio di motivazione, travisamento della prova e del fatto in relazione all’affermazione di responsabilità lamentando che i Giudici di merito, in relazione al possesso delle droghe leggere, avevano fondato il loro convincimento su di una prova scientifica che evidenziava un risultato diverso rispetto a quello fatto proprio nelle sentenze di merito (un quantitativo inferiore ai limiti tabellari) e recependo in maniera superficiale i quantitativi indicati nel capo di imputazione; 3) vizio di motivazione in relazione al documentato stato di tossicodipendente dell’imputato lamentando che tale dato non era stato considerato ai fini dell’accertamento della destinazione della droga ad uso personale; 4) vizio di motivazione lamentando che emergeva un profilo di contraddittorietà della motivazione nella parte in cui era stata disposta la revoca della somma di denaro in sequestro perché ritenuta erroneamente profitto del reato tenuto conto altresì del fatto che la Corte di appello non aveva considerato che anche i precedenti penali dell’imputato deponevano nel senso di escludere che lo stesso fosse dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

I motivi di ricorso, afferenti l’affermazione di responsabilità, venivano considerati manifestamente infondati.

Si evidenziava a tal proposito, da un lato, che la Corte territoriale, nel ritenere comprovata la responsabilità del M. per la detenzione dello stupefacente a fini di spaccio, aveva offerto una motivazione logica e coerente, e pertanto immune dai denunciati vizi di legittimità, rilevando come, oltre al dato quantitativo complessivo delle sostanze stupefacenti, andassero valorizzati anche la diversa natura delle sostanze (cocaina, hashish e marijuana), le modalità di occultamento delle stesse, il rinvenimento di varie buste di plastica di colore bianco con tagli circolari utilizzate per il confezionamento, la frequentazione di terzi presso l’abitazione dell’imputato, circostanze tutte che rendevano inverosimile la destinazione ad uso personale e comprovavano l’illecita detenzione della sostanza stupefacente, dall’altro, che, secondo la consolidata giurisprudenza della Cassazione, in materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga, se al fine dell’uso personale o della cessione a terzi, ogni qualvolta la condotta non appaia indicare l’immediatezza del consumo, è effettuata dal giudice di merito secondo parametri di apprezzamento sindacabili nel giudizio di legittimità solo sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (cfr Sez. 6, n. 6282 del 19/04/2000; Sez. 4, n. 36755 del 04/06/2004; Sez. 6, n. 44419 del 13/11/2008).

Oltre a ciò, si faceva presente come, per un verso, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la Corte di merito avesse valutato, con argomentazioni congrue e non manifestamente illogiche, anche lo stato di tossicodipendenza dell’imputato, rimarcando come lo stesso, peraltro limitato alle sole droghe leggere, non giustificasse un così consistente approvvigionamento di sostanze stupefacenti di tipo eterogeneo, per altro verso, non cogliesse nel segno la deduzione difensiva secondo la quale la Corte territoriale non avrebbe considerato che il quantitativo delle droghe leggere era inferiore ai limiti tabellari posto che, secondo una consolidata giurisprudenza elaborata in sede nomofilattica, in tema di reati concernenti le sostanze stupefacenti, la detenzione di un quantitativo inferiore al limite stabilito con D.M., in attuazione della nuova normativa introdotta con L. n. 49 del 2006, non costituisce un dato di per sè decisivo ai fini della esclusione della rilevanza penale della condotta in quanto il superamento del limite ivi fissato rappresenta solo uno dei parametri normativi rilevanti ai fini dell’affermazione della responsabilità e l’esclusione della destinazione della droga ad un uso strettamente personale ben può essere ritenuta dal giudice anche in forza di ulteriori circostanze dell’azione, alcune delle quali sono espressamente tipizzate nell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 (Sez. 4, n. 31103 del 16/04/2008; Sez.6, n. 48434 del 20/11/2008).

Veniva infine considerata del tutto generica e priva di concretezza la deduzione che la considerazione dei precedenti penali dell’imputato avrebbe consentito alla Corte di appello di escludere la destinazione allo spaccio delle sostanze stupefacenti detenute trattandosi, ad avviso della Corte, di affermazione meramente assertiva e non corredata dalle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che devono necessariamente sorreggere ogni motivo di impugnazione, così come veniva stimata manifestamente infondata la dedotta contraddittorietà della motivazione, in relazione alla disposta revoca della confisca del denaro in sequestro, essendo tale disposizione sorretta da argomentazioni che non si pongono in contrasto con l’affermazione di responsabilità afferendo, invero, al diverso piano del difetto di prova in ordine al nesso eziologico tra il denaro e le condotte illecite accertate.

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Conclusioni

La sentenza in commento è sicuramente condivisibile.

Il principio di diritto ivi affermato secondo cui, in tema di reati concernenti le sostanze stupefacenti, la detenzione di un quantitativo inferiore al limite stabilito con D.M., in attuazione della nuova normativa introdotta con L. n. 49 del 2006, non costituisce un dato di per sè decisivo ai fini della esclusione della rilevanza penale della condotta in quanto il superamento del limite ivi fissato rappresenta solo uno dei parametri normativi rilevanti ai fini dell’affermazione della responsabilità e l’esclusione della destinazione della droga ad un uso strettamente personale ben può essere ritenuta dal giudice anche in forza di ulteriori circostanze dell’azione, alcune delle quali sono espressamente tipizzate nell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990, difatti, si allinea lungo il solco di un pregresso orientamento ermeneutico con cui la Cassazione, già nel passato, era pervenuta alla medesima considerazione giuridica.

E’ dunque sconsigliabile una linea difensiva in cui si faccia riferimento al fatto che la sostanza psicotropa detenuta sia inferiore ai limiti tabellari atteso che, come appena visto, la Cassazione non ha ritenuto tale circostanza sufficiente per poter escludere la rilevanza penale della condotta.

 

 

Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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