La custodia ed il reato di porto abusivo di armi

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Il tema della custodia ed il reato di porto abusivo di armi, risulta di particolare interesse, stante l’evoluzione delle circostanze ad essi correlate. La previsione delle circostanze speciali, ne chiarisce i dubbi in merito all’applicabilità.

INDICE

  1. La custodia ed il reato di porto abusivo di armi
  2. La riformulazione delle aggravanti nella lett. a)
  3. La nuova aggravante disciplinata nella lett. b)
  4. La nuova aggravante della lett. c)
  5. La clausola di riserva
  6. Le novità nella disciplina degli strumenti di autodifesa

 

  1. La custodia ed il reato di porto abusivo di armi

Fra le novità legislative contenute nell’ultimo corposo provvedimento in materia di “sicurezza pubblica” si segnalano numerosi interventi di riforma nel settore delle circostanze del reato aventi ad oggetto diverse ed eterogenee previsioni, sia di parte generale che di parte speciale, nonché altre fattispecie collocate nella legislazione “complementare”, di cui sono esempi quelli nell’ambito di figure di reato contro il patrimonio come il danneggiamento e il deturpamento o imbrattamento di cose altrui e quelli nel settore della disciplina penale delle armi. Oltre a rivelarsi nel complesso piuttosto carenti di determinatezza sul piano della tecnica legislativa, il largo impiego – come nell’occasione – dello strumento delle circostanze aggravanti, che di regola risponde all’esigenza di graduazione della pena alla maggiore gravità del reato, nel caso di alcune delle nuove fattispecie aggravate del porto di armi, costruite sostanzialmente sulla presunzione del compimento con esse di reati, rischia di essere in realtà un modo surrettizio per sanzionare comportamenti che non supererebbero la soglia di punibilità del tentativo, snaturando la funzione propria degli elementi circostanziali aggravanti e erodendo principi basilari del sistema penale.

La disposizione interviene a modificare la circostanza aggravante di cui al comma 2 dell’art. 4 della l. 2 ottobre 1967 n. 895, sostituendola, da un lato, con la riformulazione dei fattori di aggravamento già contemplati, dall’altro, con l’aggiunta di ulteriori elementi circostanziali collegati al luogo di commissione del reato, cui consegue, sul piano sanzionatorio, l’innalzamento della pena da un terzo alla metà, che ne trasforma la primitiva natura da circostanza ad effetto comune a circostanza ad effetto speciale[1].

Ne risulta quindi un nuovo sistema di circostanze speciali articolato in più previsioni: quella della lett. a) si sostanzia nella commissione del fatto da parte di persone travisate o da più persone riunite (anziché – come all’origine – da due o più persone o in luogo in cui sia concorso o adunanza di persone o di notte in luogo abitato); quella della lett. b) nella commissione del fatto in particolari circostanze di luogo individuate per rinvio al nuovo comma 11-ter dell’art. 61 c.p., ossia all’interno o nelle adiacenze di istituti di istruzione o di formazione; quella della lett. c) nella commissione del fatto vicino ad una serie di luoghi espressamente indicati (istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro, parchi e giardini pubblici o aperti al pubblico, stazioni ferroviarie, anche metropolitane, e luoghi destinati alla sosta o alla fermata di mezzi di pubblico trasporto)[2].

La disposizione modificata si apre comunque con una clausola di riserva – su cui torneremo – che ne esclude l’applicabilità qualora il porto d’arma integri elemento costitutivo o circostanza aggravante specifica per il reato commesso.

  1. La riformulazione delle aggravanti nella lett. a)

Per quanto riguarda la previsione della lett. a) il legislatore in modo innovativo ha attribuito efficacia aggravatrice al fatto che il porto di arma sia effettuato da persone travisate o da più persone riunite, modellandola su analoghe circostanze aggravanti speciali previste per altre fattispecie criminose, come quella di rapina (art. 628, comma 3, n. 1) o – seppur limitatamente all’ipotesi del travisamento – quella di furto (art. 625, n. 5, c.p.).

Al proposito, mentre è da considerare pacifico, alla luce della ormai consolidata elaborazione della giurisprudenza in ordine alle già vigenti previsioni, il significato del concetto di travisamento quale qualsiasi, anche leggera, alterazione delle sembianze esteriori effettuata con qualsiasi mezzo, capace di ostacolare il riconoscimento della persona[3], è semmai la diversità della espressione (persone travisate) al plurale, anziché al singolare, utilizzata per la formulazione della nuova aggravante, che può suscitare qualche dubbio interpretativo sulla configurabilità dei suoi estremi nel caso di porto d’arma effettuato da un singolo soggetto travisato, ma la evidente ratio della circostanza, al di là della formula letterale, dovrebbe indurre ad una risposta affermativa[4].

Viceversa, per l’altro fattore aggravante la ripresa testuale della espressione “da più persone riunite” – al posto di quella da due o più persone o in luogo in cui sia concorso o adunanza di persone – rende agevole coglierne il senso poiché evoca quel concetto di riunione già ampiamente sviluppato nell’applicazione giurisprudenziale dell’art. 628, comma 3, n. 1, c.p. ed anche dell’art. 4, comma 4, l. 18 aprile 1975, n. 110[5]: ammessa – secondo un indirizzo pacifico – la sufficienza sotto il profilo numerico di anche soltanto due persone, la nuova versione non ne richiede più soltanto la simultanea presenza nel luogo di commissione del reato[6], ma implica una raccolta di più persone qualificata dal previo concerto tra i partecipanti per uno scopo prestabilito, valutabile quale elemento che accresce la pericolosità del porto di armi (da parte di almeno una delle persone presenti) e ne spiega quindi la maggiore gravità[7].

Anche riguardo al problema della ammissibilità di un concorso di circostanze nel caso dell’eventuale verificazione di entrambe le situazioni aggravanti previste in alternativa nella lett. a), considerando l’indirizzo emerso in merito alle medesime previsioni dell’art. 628, comma 3, n. 1, nel senso di una loro diversa natura e ratio, si è portati a concludere lo stesso affermativamente[8].

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  1. La nuova aggravante disciplinata nella lett. b)

Il legislatore ha inserito come ulteriore fattore aggravante del porto di arma la circostanza consistente nella commissione del fatto in determinati luoghi come meglio individuati nell’ambito del nuovo comma 11-ter dell’art. 61 c.p. (a sua volta introdotto con lo stesso provvedimento nel catalogo delle circostanze aggravanti comuni, relativamente alla commissione di un delitto contro la persona ai danni di un minore[9]) ossia “all’interno o nelle adiacenze di istituti di istruzione o di formazione”, mosso anche questa volta da preoccupanti fenomeni sociali che si vanno diffondendo, come ad es. quello del c.d. bullismo, e secondo una logica ispirata ad una maggiore tutela dei minori.

A quest’ultimo proposito i commentatori[10] hanno subito evidenziato che l’espressione “istituti di istruzione o di formazione” utilizzata nel testo definitivo dell’art. 61, n. 11-ter, c.p., per la sua genericità, comporta problemi di identificazione dei luoghi rilevanti agli effetti dell’aggravamento di pena perché può lasciar intendere – specie alla luce delle ragioni politico-criminali sottese alla modifica legislativa, altrimenti per certi aspetti smentite[11] – la sua riferibilità ad un’ampia serie di luoghi dedicati alla istruzione, a partire dalle scuole per l’infanzia o di formazione, ovvero rivolti a varie forme di educazione od ancora istituti di natura assistenziale o ricreativo-sportivi, tutti ambienti frequentati da soggetti minori e destinati allo sviluppo della loro personalità.

Interpretando estensivamente il dato testuale cui fa rinvio la previsione della lett. b), anche il campo applicativo della nuova aggravante speciale del porto di arma risulterebbe quindi, per traslato, piuttosto vasto[12].

D’altra parte le considerazioni per preferire, come fa qualcuno[13], una interpretazione più restrittiva che identifica gli istituti di istruzione o di formazione solamente, alla lettera, nelle “strutture istituzionalmente preposte alla scolarizzazione o alla qualificazione professionale del minore ” agli effetti della circostanza aggravante comune per reati contro la persona a danno di minori di cui all’art. 61, n. 11-ter, non valgono a sgombrare il campo dai dubbi di inquadramento per quanto riguarda le medesime circostanze di luogo rilevanti in relazione allo specifico reato di porto d’armi[14].

Se, poi, da un lato la dizione “all’interno” degli istituti in questione orienta ad includere nelle circostanze di luogo oggetto del disposto normativo le loro appartenenze, la scelta quale fattore aggravante dell’altra circostanza di luogo individuata attraverso il concetto di “adiacenze” comporta un ulteriore ampliamento della sfera di operatività della nuova previsione e margini di incertezza applicativa, trattandosi di nozione piuttosto elastica che sottintende, ovviamente, la contiguità o prossimità spaziale con una sede[15], ma comunque al suo esterno, senza presupporre un rapporto di dipendenza o di accessorietà rispetto ad essa né un collegamento diretto fra il luogo e la persona che pone in essere la condotta illecita di porto d’arma[16].

  1. La nuova aggravante della lett. c)

Il legislatore ha introdotto infine come circostanza aggravante la commissione del reato sempre con particolari modalità di luogo, individuandole tramite il riferimento al generico concetto di immediate vicinanze, specificato da una elencazione di tipo casistico di determinati luoghi in cui il porto d’arma si manifesta in forma aggravata e più precisamente istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro, parchi e giardini pubblici o aperti al pubblico, stazioni ferroviarie, anche metropolitane, e luoghi destinati alla sosta o alla fermata di mezzi di pubblico trasporto.

A differenza della dizione di “adiacenze” richiamata per l’aggravante di cui alla lett. b) il termine qui utilizzato di “vicinanze”, seppur ugualmente elastico, appare meglio delineato anche per l’aggettivo “immediate” che lo circoscrive e gli attribuisce il significato di una collocazione spaziale assai prossima ad un luogo; nella fattispecie, poi, una volta riconosciuto che i luoghi fatti rilevare agli effetti della sussistenza dell’aggravante sono accomunati dalla particolare esposizione al rischio che vi vengano commessi reati specie contro il patrimonio ma non solo, la maggiore gravità della condotta illecita di porto d’arma finisce per trovare fondamento, in definitiva, sulla presunzione di una sua più intensa pericolosità qualora il fatto avvenga in prossimità di un certo tipo di siti[17].

Già sotto quest’ultimo profilo concernente le modalità di luogo l’aggravante si rivela discutibile nella sua stessa configurazione, intanto perché. il ricorso ad una elencazione casistica, per sua natura, rischia di essere incompleta e di implicare perciò delle ingiustificate differenziazioni di trattamento per fattispecie dalle caratteristiche simili; in più, ammesso che siano superabili le perplessità circa la previsione di un inasprimento sanzionatorio ricollegato al sospetto che il reato di porto di un’arma in talune circostanze di luogo sia commesso con probabilità per eseguirne altri[18], oltretutto questa stessa giustificazione all’aumento di pena nemmeno vale in assoluto, visto che la circostanza è costruita esclusivamente sulla relazione della condotta di per sé con una serie di luoghi abbastanza disparati e eterogenei, non tutti rientranti fra i possibili obbiettivi di attività criminose nell’intero arco delle ventiquattro ore[19]: sotto questo aspetto, nel redigere l’elenco dei luoghi di valenza circostanziale il legislatore non sembra dunque aver considerato che, se la valutazione astratta di maggiore gravità del fatto – per come le circostanze di luogo sono state congegnate – prescinde, almeno in alcuni dei casi contemplati, da un rischio anche soltanto potenziale del compimento di attività illecite avvalendosi di un’arma (magari soltanto) per la sua capacità intimidatoria, allora non può reggere basarla sul presumibile maggiore pericolo insito in una condotta, quale quella di porto, che potrebbe preludere alla commissione di altri reati quando questi siano comunque di impossibile realizzazione (es. rapina in banca nell’orario di chiusura).

La ideazione di un tale sistema di circostanze aggravanti speciali si rivela complessivamente poco convincente anche tenendo conto della clausola di riserva iniziale la cui formulazione – come vedremo – è stata considerata nei primi commenti piuttosto “criptica” e non in grado di lasciar trasparire chiaramente il suo effettivo campo applicativo[20].

  1. La clausola di riserva

Secondo la funzione propria delle clausole di riserva, la portata del nuovo apparato di circostanze aggravanti del reato di cui all’art. 4 l. 2 ottobre 1967, n. 895 dovrebbe essere limitata dal disposto inserito in apertura del comma 4 secondo il quale “salvo che il porto d’arma costituisca elemento costitutivo o circostanza aggravante specifica per il reato commesso”.

Dopo che in passato già la legge di riforma 21 febbraio 1990, n. 26 era ricorsa per fini chiarificatori ad una formula (introdotta nell’art. 5, comma 7, l. 18 aprile 1975, n. 110 in tema di armi giocattolo) dal tenore in parte analogo, ma rivelatasi a sua volta fonte di ulteriori dubbi interpretativi, l’esperienza di quella tormentata vicenda[21] non ha dissuaso il legislatore dall’introdurre una previsione di altrettanto difficile lettura nel già “farraginoso” sistema legislativo in materia di armi[22].

I contrasti emersi a proposito della punibilità del porto di un’arma giocattolo priva del segno di riconoscimento avevano continuato infatti a riproporsi proprio per l’incertezza relativa non tanto ai casi di uso o porto di armi come circostanza aggravante[23] quanto all’ipotesi alternativa dell’uso o porto di armi come elemento costitutivo di reato, non essendo facile trovarne riscontro. Era quindi dovuta intervenire la Cassazione a Sezioni Unite[24] per fornire l’interpretazione uniformante della disposizione, ribadendo la sua riferibilità ai casi in cui l’uso o il porto di armi rappresenta uno degli elementi costitutivi, ma non il solo integrante la condotta criminosa e restringendo così la rilevanza penale del porto di armi prive di capacità lesiva, quali quelle giocattolo, alla sola eventualità che tramite il loro uso o porto venga commesso un diverso reato di cui rappresentano elemento costitutivo o circostanza aggravante; come esempio di configurazione degli estremi della prima ipotesi è stato in effetti prospettato un unico caso, ossia la commissione di delitti contro la sicurezza aerea, quale un dirottamento, attraverso l’uso o il porto di arma giocattolo non regolamentare capace di un effetto intimidatorio come un’arma vera, alla luce della l. n. 694 del 1974 che regolamenta il porto delle armi a bordo degli aeromobili e in base alla quale la condotta di porto dell’arma giocattolo è, in effetti, elemento costitutivo del reato di inosservanza degli obblighi da essa imposti[25].

È dunque già appurata la scarsa ricorrenza di fattispecie di reato per le quali il porto d’arma rappresenta un elemento costitutivo, così da dover considerare assai poco rilevante il ruolo della clausola di riserva nella sua prima enunciazione; quanto all’ipotesi alternativa, la relativa dizione si differenzia da quella su cui è in parte modellata, ovvero quella del porto d’arma come circostanza aggravante, per l’aggiunta della qualificazione “specifica”, che d’altronde sembra risultare inutile[26].

Lascia infine dubbiosi, stando alla lettera della norma, il restringimento della operatività della clausola di riserva ai soli casi in cui è il porto dell’arma a fungere da elemento costitutivo del reato o da circostanza aggravante e non anche l’uso – diversamente dalla previsione in parte ricalcata dell’art. 5, comma 7. l. 18 aprile 1975, n. 110 – quando è proprio l’uso dell’arma a ricorrere più spesso quale fattore di aggravamento di diversi reati[27]; in più, non essendo nemmeno richiesto ai fini delle nuove ipotesi aggravate, come quella della lett. c), un collegamento finalistico tra il porto di un’arma nei luoghi indicati e l’eventuale reato scopo, se ne deduce in definitiva la limitata incidenza della clausola di riserva, a meno di non intendere il concetto di porto come comprensivo di quello di uso quale suo presupposto necessario così da far venire meno l’aggravante speciale del porto d’arma di fronte alla concretizzazione dell’aggravante specifica prevista per il reato-fine[28].

Per concludere sul punto, i tentativi di trovare una spiegazione logica e ragionevole, sulla base delle normali regole interpretative, al significato della clausola di riserva così come formulata, sono per un aspetto o per un altro insoddisfacenti[29].

C’è allora chi, rilevando la superfluità della clausola di esclusione dell’aggravamento di pena di fronte al caso in cui il porto di arma restasse assorbito in una ipotesi di reato complesso, ritiene che il suo vero ruolo vada colto interpretandola alla luce della ratio della nuova circostanza, che farebbe risiedere la supposta maggiore offensività del fatto svoltosi con determinate modalità di luogo nella presunzione assoluta di un intento criminoso realizzabile con l’uso di un’arma da parte di chi la porta in certe situazioni locali, piuttosto che nel loro rilievo oggettivo. Si tratterebbe quindi, per consentire il soddisfacimento di esigenze repressive anche rispetto a condotte non ancora integranti gli estremi del tentativo, di una operazione indiretta di inasprimento sanzionatorio effettuata ricorrendo all’efficacia aggravante delle circostanze, al prezzo di una lesione di principi fondamentali del sistema penale, come quello di materialità[30].

Parallelamente il legislatore ha riformulato la aggravante ad effetto speciale dell’art. 4 l. 18 aprile 1975, n. 110, stabilendo che la pena fissata dal comma 3 per la contravvenzione di porto di armi od oggetti atti a offendere è raddoppiata – così come era già previsto – quando ricorre una delle medesime circostanze ora inserite nell’art. 4 l. 2 ottobre 1967, n. 895, con la clausola di esclusione dell’aggravamento qualora il loro uso integri gli estremi di elemento costitutivo o circostanza aggravante specifica per il reato commesso[31].

In sostituzione della speciale aggravante per il porto di armi od oggetti atti a offendere prima rappresentata dal loro utilizzo per compiere reati, se ne sono dunque introdotte altre, sempre speciali, ora accomunate a quelle del diverso reato di porto di arma ex art. 4 l. 2 ottobre 1967, n. 895 secondo una valutazione unitaria in termini di maggiore gravità per entrambe le fattispecie incentrata sugli stessi elementi (pluralità di autori presenti al momento della commissione del reato e riuniti o autori con segni di travisamento o, ancora, particolari modalità di luogo relative alla condotta di porto di armi o strumenti capaci di offendere), per i quali si presentano dunque gli stessi problemi sopra evidenziati[32].

Sotto il profilo della coerenza interna nei riguardi delle altre disposizioni dell’4 l. 18 aprile 1975, n. 110 e della chiarezza, il testo risultante dall’ultima modifica, che è andata ad innestarsi in un tessuto normativo già di per sé fonte di numerose dispute interpretative, appare piuttosto carente[33]: il legislatore infatti, dopo aver concentrato la ratio dell’aggravamento – prima ravvisabile nella maggiore pericolosità dell’uso dell’arma a fini criminosi rispetto alla condotta di porto costitutiva del reato, cui la circostanza era accessoria – sulla ricorrenza di altri fattori, nell’escludere come prima l’aumento della pena, sebbene con una formula non del tutto coincidente, ha mantenuto nella relativa clausola di riserva il richiamo all’uso (che prima compariva a proposito), disponendo nel senso della inapplicabilità della disposizione allorché questo si configuri come elemento costitutivo o circostanza aggravante specifica per il reato commesso. Con ciò, dato che le incriminazioni dei commi 1 e 2, cui vanno riferite le nuove circostanze aggravanti, riguardano – secondo quanto diremo fra poco – la condotta di porto, finisce allora per non risultarne sicuro l’ambito applicativo, potendo essere alternativamente identificato (a parte il caso di uso) anche nel caso di porto di armi od oggetti capaci di offendere nelle particolari situazioni configuranti una delle nuove ipotesi aggravatrici – in modo simmetrico a quanto ora previsto per la fattispecie di reato dell’art. 4 della l. 2 ottobre 1967, n. 895 (se la ratio è apparentemente comune) – o – stando alla enunciazione testuale – solo nel caso di uso nelle stesse situazioni[34].

La lettera della norma che fissa il raddoppio della pena rispetto a quella prevista dal comma 3, è invece inequivoca almeno sul punto della riferibilità delle nuove ipotesi aggravanti alle sole figure di reato contemplate dai commi 1 (porto abusivo fuori dall’abitazione o dalle appartenenze ad essa di armi, mazze o bastoni ferrati, sfollagente, noccoliere e 2 (porto fuori dall’abitazione o dalle appartenenze ad essa senza giustificato motivo di oggetti atti all’offesa ovvero c.d. armi improprie), sanzionate appunto nel comma 3, venendo così a cessare i dubbi interpretativi che si erano profilati sulla operatività della originaria circostanza aggravante anche per la più grave ipotesi criminosa di cui al comma 4 (porto di armi in pubbliche riunioni), alla luce della previsione del raddoppio di pena nei casi di uso – finalizzato al compimento di attività penalmente rilevanti – delle armi od oggetti atti a offendere, identificati con generico rinvio ai precedenti commi[35].

  1. Le novità nella disciplina degli strumenti di autodifesa

Nell’ambito delle nuove disposizioni in materia di armi ne viene dettata una concernente la disciplina degli strumenti di autodifesa di cui all’art. 2, comma 3, l. 18 aprile 1975, n. 110 con il rinvio ad un Regolamento del Ministro dell’Interno (da adottare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali) di provvedere alla definizione delle caratteristiche tecniche di quella nuova tipologia di bombolette che sprigionano – anziché gas, come le prime commercializzate – un principio attivo naturale a base di oleoresin capsicum[36] e che siano prive di capacità offensiva per la persona.

Poichè si tratta di strumenti concepiti in funzione di difesa personale, ma proprio per questo contenenti sostanze – nella fattispecie derivati della capsicina – il cui uso produce effetti irritanti sulla pelle o sulle mucose e lacrimogeni a contatto con gli occhi, queste loro caratteristiche li ricondurrebbero alla categoria degli aggressivi chimici di cui è vietato il porto ex l. 2 ottobre 1967, n. 895, stando all’orientamento giurisprudenziale[37] che la estende a qualsiasi sostanza in grado di compromettere seppur temporaneamente l’integrità fisica della persona.

È solo in virtù del disposto dell’ultima parte del comma 3 dell’art. 2 della l. 18 aprile 1975, n. 110 che è possibile eccettuare dalla qualificazione di arma comune da sparo, all’interno di quelle considerate tali per assimilazione (armi “da bersaglio da sala”o ad emissione di gas, armi ad aria compressa o gas compressi, strumenti lanciarazzi), fra altri, gli strumenti dei quali la Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi escluda, in ragione delle loro caratteristiche, l’attitudine offensiva. Da qui l’avvertita necessità, perché il porto di bombolette spray contenenti gas denominati OC sia lecito, del passaggio tecnico ora previsto ai fini di una valutazione in ordine alla loro inoffensività.

L’ultima modifica (attinente per certi aspetti ancora al settore delle armi) riguarda, con riferimento alla disciplina delle misure di prevenzione previste nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza pubblica e per la pubblica moralità dalla l. 27 dicembre 1946, n. 1423, l’aggiunta nell’elenco dei beni rispetto ai quali il Questore può imporre il divieto di possesso o di utilizzo, di tutta una serie di tipologie di armi rientranti o nella categoria delle armi con modesta capacità offensiva (ex art. 2, comma 3, l. 18 aprile 1975, n. 110) ovvero in quella delle riproduzioni di armi o delle armi giocattolo (ex art. 5 l. 18 aprile 1975, n. 110) od ancora degli strumenti di autodifesa (ex art. 2, comma 3, l. 18 aprile 1975, n. 110) e infine dei prodotti pirotecnici di qualsiasi tipo oltre che delle sostanze infiammabili e altri mezzi comunque idonei a provocare lo sprigionarsi delle fiamme, a differenza della altre di incerta classificazione[38].

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Note

[1] Iovino, Manuale delle leggi amministrative e penali in materia di armi, Giappichelli, 2020, 124.

[2] Bellagamba, Vigna, Armi, munizioni, esplosivi: disciplina penale e amministrativa, Giuffrè, 2008, 84.

[3] Cass., Sez. II, 22 gennaio 1987, in Riv.pen., 1987, 835, con l’affermazione della irrilevanza del successivo riconoscimento.

[4] Se – come si afferma – la maggiore gravità della condotta di porto di arma è attribuibile al travisamento quale fattore di una sua più elevata pericolosità, dovrebbe essere infatti sufficiente ad integrare la circostanza la presenza sul luogo anche di un solo soggetto travisato. Cfr. in questo senso Alma, Modifiche alla disciplina penale in materia di armi, in S. Corbetta, A. Della Bella, G.L. Gatta (a cura di), Sistema penale e “sicurezza pubblica: le riforme del 2009, Milano, 2009.

[5] Nella disposizione, che contiene la disciplina riguardante le armi od oggetti atti a offendere, al comma 4 è fissato anche per le persone munite di licenza il divieto di porto delle stesse in “riunioni” di carattere pubblico. Per la relativa nozione si rinvia a Antonini, voce Armi, in Commentario breve alle leggi penali complementari, a cura di F. Palazzo-C.E. Paliero, Padova, 2007,438, con richiami bibliografici e giurisprudenziali.

[6] Alma, op. cit., 300, che ne fa richiamo, citando fra le ultime pronunce giurisprudenziali conformi, Cass. Sez. II, 12 marzo 2008, in C.E.D. Cass., n. 240011 e, con riferimento proprio alla fattispecie di porto d’arma, Cass. Sez. I, 16 marzo 1994, ivi, n. 197425.

[7] Alma, op.cit., 300, che precisa come rimangano esclusi dall’ambito applicativo della circostanza i casi di concorso nell’attività criminosa programmata di soggetti non compresenti al momento del porto.

[8] Alma, op.cit., 301 e 300.

[9] Gatta, Circostanze aggravanti comuni, in Sistema penale e “sicurezza pubblica”: le riforme del 2009, cit., 11 ss. e, per un altro dei primi commenti, Scalia, Le modifiche in materia di tutela dei minori, in Foro.it, 10/2009, 1221.

[10] Scalia, op. ult. cit.

[11] Scalia, op. cit. 1222.

[12] Da rilevare che l’ambito sembrerebbe suscettibile di ulteriore allargamento se fra i luoghi di formazione in oggetto fossero da considerare ricompresi quelli non esclusivi per i minori, dato che la disposizione all’esame non inerisce necessariamente, come invece l’altra richiamata, a reati contro la persona di cui restino vittima i minori.

[13]  Scalia, op. cit., 1221 s.

[14] Carcano, Vardaro, La disciplina delle armi, delle munizioni e degli esplosivi, Giuffrè, 1999, 31.

[15] Questo almeno nel suo significato topografico, salvo intenderlo in ottica funzionale, che espanderebbe ancor di più l’ambito applicativo dell’aggravante, come prospetta Scalia, cit., 1222, concludendo poi per l’equivalenza della nozione di “appartenenze” con quella di “immediate vicinanze” ex nuovo n. 5-bis, art. 609-ter c.p.

[16] Alma, op. cit., 302; Scalia, op. cit., 1222.

[17] Mori, Il codice delle armi e degli esplosivi, La Tribuna, 2019, 65.

[18] Alma, op. cit., 303; Bricchetti-Pistorelli, Introdotta una disposizione anti “graffitari”, in Guida dir., n. 33. 2009, 46.

[19] Alma, op.ult.cit.

[20] Bricchetti-Pistorelli, op.ult cit.

[21] Antonini, voce Armi, in Commentario breve alle leggi penali complementari, cit., 440 s.

[22] Su questo giudizio, espresso da tempo in sede di analisi dell’ennesima riforma in materia, si rimanda a Antonini, Armi, esplosivi e munizioni, II. Nuove norme sulla detenzione delle armi, in Digesto, XI, Torino, 2006, 419. Più in generale per una esauriente analisi delle caratteristiche e della complessità del sistema di disciplina delle armi, con l’evidenziazione di difetti sotto il profilo politico criminale e tecnico e di esigenze di una riforma organica della materia, vedi già Palazzo, voce Armi, esplosivi e munizioni nel diritto penale, in Dig.disc.pen., I, 1987, 252 ss, e la letteratura ivi citata.

[23] Antonini, Armi, esplosivi e munizioni, cit., 418, n. 55 si è ipotizzato a titolo di esempio il caso di porto di un’arma che aggrava il reato di furto ex art. 625, n. 3, c.p. per il fatto di averla indosso, senza che si ricorra all’uso o della rapina aggravata dall’uso di un’arma ai sensi dell’art. 628, comma 3, c.p.

[24] Cass. Sez. Un. 6 marzo.1992, in Cass.pen., 1992, 1782, con nota di Carcano, “Diritto vivente” in tema di giocattoli riproducenti armi.

[25] Come è stato riportato a suo tempo a margine della l. 21 febbraio 1990, n. 36 (Antonini, Armi, esplosivi e munizioni, cit., 418), era questa la sola ipotesi ravvisabile, per la quale le Sezioni Unite hanno parlato di una fattispecie di reato complesso in senso lato.

[26] Alma, op.cit., 296.

[27]  Anche di questa più ricorrente ipotesi sono già stati fatti da tempo (vedine il richiamo sempre in Antonini, Armi, esplosivi e munizioni, op.ult cit.,) gli esempi, fra altri, dei reati di natura elettorale, di violenza e resistenza aggravata a pubblico ufficiale, di minaccia aggravata, di estorsione aggravata.

[28] Tale sarebbe il risultato, come sottolinea Alma, op.cit., 297 s., conseguente ad una considerazione unitaria dell’azione, che a detta dello stesso Autore presenta comunque delle inaccettabili incongruenze, che saranno evidenziate in nota successiva.

[29] Nella ricerca di una spiegazione plausibile da dare alla clausola di riserva, l’opzione interpretativa avanzata da Alma, op.cit., 297 s. e sopra richiamata, non è tuttavia da lui stesso ritenuta in grado di eliminare i problemi applicativi, come dimostra un suo esempio relativo al porto abusivo di arma da parte di due persone riunite; si perverrebbe infatti a dei risultati illogici sul piano sanzionatorio (rispetto al massimo edittale ora fissato in quindici anni di reclusione, qualora dell’arma fosse fatto uso per minacciare qualcuno, la pena cumulata per il reato di minaccia aggravata con quella per il porto di arma potrebbe infatti arrivare al massimo di undici anni), a differenza di quanto avveniva sotto la previgente normativa.

[30] Bricchetti-Pistorelli, op.ult.cit.,

[31] Iovino, Manuale delle leggi amministrative e penali in materia di armi, cit., 130.

[32] Bricchetti- Pistorelli, op.cit., 47.

[33] Alma, op.cit., 306.

[34] Iannuzzi, Codice della pubblica sicurezza, Dike, 2019, 16.

[35] Si è già fatta notare invece la permanenza della questione della compatibilità delle ipotesi aggravanti con l’ipotesi attenuata della lieve entità e del rapporto con l’autonoma circostanza aggravante incentrata sul porto di armi nel corso o in occasione di competizioni sportive, sempre contemplate nel comma 3 (Alma, op.cit., 306).

[36] Alma, op.cit., 307.

[37] Tale indirizzo è maturato in tema di bombolette spray, come ricorda Alma, op.cit., 308, n. 32, richiamandone quale estremo Cass., Sez. I, 13 gennaio 2009, in C.E.D. Cass., n. 243349.

[38] Alma, op. cit., 310.

Avv. Martina Liaci

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