La crisi del processo tributario durante la pandemia covid-19

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A seguito dello stato di emergenza nazionale da COVID-19, ove sussistano divieti, limiti, impossibilità di circolazione su tutto o parte del territorio nazionale conseguenti al suddetto stato emergenziale ovvero altre situazioni di pericolo per l’incolumità pubblica o dei soggetti a vario titolo interessati nel processo tributario, il legislatore ha disciplinato lo svolgimento delle udienze con l’art. 27 del decreto-legge n. 137 del 28/10/2020 (in G.U. n. 269 del 28/10/2020), con decorrenza del 29/10/2020.

Prima di commentare e criticare il suddetto articolo, secondo me, è necessario analizzare lo sviluppo normativo precedente la situazione emergenziale da COVID-19.

Video udienze.

Il collegamento audiovisivo tra l’aula di udienza ed il luogo del collegamento da remoto del difensore, dell’ente impositore e di riscossione, nonché dei giudici tributari e del personale amministrativo delle Commissioni Tributarie, è disciplinato dalle seguenti normative.

1) Dal 24/10/2018 al 18/05/2020.

L’art. 16, comma 4, decreto-legge n. 119 del 23/10/2018, convertito dalla Legge n. 136 del 17/12/2018, stabiliva che:

  • soltanto la partecipazione delle parti all’udienza pubblica di cui all’art. 34 D.Lgs. n. 546/1992 poteva avvenire a distanza;
  • era necessaria un’apposita richiesta formulata da una delle parti nel ricorso o nel primo atto difensivo per il collegamento audiovisivo tra l’aula di udienza ed il luogo del domicilio indicato dal contribuente, dal difensore, dall’ufficio;
  • tale collegamento doveva svolgersi con tassative modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto veniva detto;
  • il luogo dove la parte processuale si collegava in audiovisione era equiparato all’aula di udienza;
  • per le regole tecnico-operative erano necessari uno o più provvedimenti del Direttore Generale delle Finanze, sentito il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria e l’Agenzia per l’Italia Digitale;
  • almeno un’udienza per ogni mese e per ogni sezione doveva essere riservata alla trattazione di controversie per le quali era stato richiesto il collegamento audiovisivo a distanza.

2) dal 19 maggio 2020.

Il succitato art. 16, comma 4, è stato totalmente sostituito dall’art. 135, comma 2, decreto-legge n. 34 del 19/05/2020, convertito dalla Legge n. 77 del 17/07/2020.

Le novità sono:

  • la partecipazione alle udienze di cui agli artt. 33 e 34 D.Lgs. n. 546/1992 può avvenire a distanza mediante collegamento audiovisivo;
  • pertanto, a differenza della precedente normativa, il collegamento audiovisivo può riguardare anche le trattazioni in camera di consiglio (art. 33 citato);
  • solo la partecipazione da remoto all’udienza pubblica dell’art. 34 citato può essere richiesta dalle parti processuali nel ricorso o nel primo atto difensivo ovvero con apposita istanza da depositare in segreteria e notificare alle parti costituite prima della comunicazione dell’avviso di cui all’art. 31, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992;
  • le regole tecnico operative per consentire la partecipazione all’udienza a distanza devono sempre essere individuate preventivamente con uno o più provvedimenti del Direttore Generale delle Finanze, sentito il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, il Garante per la protezione dei dati personali, e l’Agenzia per l’Italia Digitale;
  • infine, i giudici, sulla base dei criteri individuati dai Presidenti delle Commissioni Tributarie, individuano le controversie per le quali l’ufficio di segreteria è autorizzato a comunicare alle parti lo svolgimento delle udienze a distanza.

3) mancano sino ad oggi tutti i provvedimenti previsti dalla legge.

Sino ad oggi non sono stati emanati i succitati necessari provvedimenti.

Oltretutto, il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria (CPGT) ritiene questi atti una esplicita “interferenza” del MEF su tematiche di esclusiva competenza del Consiglio stesso.

Infatti, il CPGT ha chiesto di correggere subito una prima bozza varata dal Direttore del Dipartimento delle Finanze, Fabrizia Lapecorella (vedi Il Sole 24 ore del 28 e 30 aprile 2020).

In definitiva, il timore che ancora oggi serpeggia negli ambienti della giustizia tributaria è che questi strumenti tecnologici possono creare molti problemi, con il rischio di arrecare gravi ed irreparabili danni diretti ai contribuenti.

 

 

Sentenze digitali.

L’art. 16 del Decreto n. 163 del 23/12/2013 del Ministero dell’Economia e delle Finanze (in G.U. n. 37 del 14/02/2014), vigente dall’01/03/2014, prevede che, ai fini della formazione delle sentenze, dei decreti e delle ordinanze, redatti come documenti informatici sottoscritti con firma elettronica qualificata o firma digitale dei soggetti di cui all’art. 36, comma 3, D.Lgs. n. 546/1992, la trasmissione dei documenti possa avvenire tra i componenti del collegio giudicante tramite il S.I.G.I.T..

Dall’01/07/2020 le sentenze della CTP di Roma e della CTR Lazio dovevano diventare digitali, ma ciò non è ancora avvenuto a causa dell’emergenza COVID-19.

Di conseguenza, l’utilizzo della casella di posta elettronica ordinaria per l’invio delle sentenze telematiche “introduce scenari di rischio con riguardo alla sicurezza informatica e alla protezione dei dati personali delle parti processuali”, come scritto nella nota del MEF inviata al Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, oltre al rischio di hackeraggio (vedi Il Sole 24 ore del 29/04/2020 e del 07/05/2020).

Art. 27 d.l. n. 137/2020 sino al 31/01/2021.

Nell’attuale situazione normativa ed in assenza, sino ad oggi, dei relativi e necessari provvedimenti amministrativi, come sopra esposto, il legislatore, in piena emergenza COVID-19, è intervenuto con il citato art. 27, che ha disciplinato le seguenti situazioni processuali sino al 31/01/2021.

1) decreto motivato (comma 1).

Lo svolgimento delle udienze pubbliche e camerali e delle camere di consiglio con collegamento da remoto è autorizzato, secondo la rispettiva competenza, soltanto con decreto motivato del Presidente della Commissione Tributaria provinciale o regionale da comunicarsi almeno cinque giorni prima della data fissata per un’udienza pubblica o una camera di consiglio.

Per esempio, il Presidente della CTR Puglia ha provveduto con il Decreto n. 32/2020 del 29/10/2020, mentre il Presidente della CTP di Milano ha provveduto con decreto del 29/10/2020.

I decreti possono disporre che le udienze e le camere di consiglio si svolgano anche solo parzialmente da remoto, sempre che le dotazioni informatiche lo consentano e nei limiti finanziari disponibili.

La segreteria deve comunicare alle parti, di regola, almeno tre giorni prima della trattazione, l’avviso dell’ora e delle modalità di collegamento da remoto.

Tutti i verbali ed i provvedimenti adottati in esito ad un collegamento da remoto si intendono assunti presso la sede dell’ufficio giudiziario.

In ogni caso, sino ad oggi, per il processo tributario a distanza l’obiettivo non è stato raggiunto, nonostante siano passati due anni dall’art. 16 D.L. n. 119/2018 citato (vedi lett. A), richiamato peraltro dall’art. 27, comma 4, citato.

2) esclusa l’oralita’ (comma 2).

In alternativa alla discussione orale con collegamento da remoto:

  • tutte le controversie in pubblica udienza (art. 34 D.Lgs. N. 546 cit.) passano in decisione “in base agli atti”;
  • se almeno una delle parti insiste per la discussione, con apposita istanza da notificare e depositare almeno due giorni liberi prima dell’udienza, e non sia possibile procedere mediante collegamento da remoto (come sicuramente accade), si procede mediante “trattazione scritta”, con fissazione di un termine non inferiore a dieci giorni prima dell’udienza per il deposito di memorie conclusionali e di cinque giorni prima dell’udienza per memorie di replica;
  • se non si possono rispettare i suddetti termini, la controversia è rinviata a nuovo ruolo, con possibilità di prevedere sempre automaticamente la “trattazione scritta” nel rispetto dei medesimi termini e senza discussione orale;
  • in caso di decisione “sulla base degli atti” o di “trattazione scritta” i difensori e le parti sono considerati a tutti gli effetti presenti ed i provvedimenti si intendono comunque assunti presso la sede dell’ufficio giudiziario.

In definitiva, nel processo tributario è stata esclusa l’oralità e si è dato il via libera soltanto al contenzioso documentale, almeno sino al 31/01/2021.

“In sostanza, nel processo tributario si è deciso di introdurre il “contraddittorio cartolare coatto” contro la volontà delle parti che, per scelta difensiva, intendono far differire la causa pur di potersi confrontare direttamente con il Giudice” (condivisibile ed apprezzabile articolo di Paola Coppola, in Il Sole 24 ore di martedì 03-11/2020).

Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 2539 del 21 aprile 2020, ha stabilito che:

“Il contraddittorio cartolare “coatto” – cioè non frutto di una libera opzione difensiva, bensì imposto anche contro la volontà delle parti che invece preferiscano differire la causa a data successiva al termine della fase emergenziale, pur di potersi confrontare direttamente con il proprio giudice – non appare una soluzione ermeneutica compatibile con i canoni della interpretazione conforme a Costituzione, che il giudice comune ha sempre l’onere di esperire con riguardo alla disposizione di cui deve fare applicazione”.

La discussione orale nel processo tributario è importante perché, spesso, si tratta di chiarire ed esplicitare meglio concetti fiscali complessi nonché questioni tecniche difficili davanti a giudici non professionali né specializzati che, salvo rarissime eccezioni, non svolgono alcuna fase istruttoria (rarissime le nomine di CTU).

Oltretutto, nel processo tributario non è ammessa la testimonianza per cui la discussione orale diventa necessaria per chiarire e puntualizzare determinate situazioni di fatto, come per esempio non aver partecipato alla gestione di una società a ristretta base azionaria.

Non bisogna, altresì, dimenticare che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con la sentenza del 23/11/2006, ha stabilito che il divieto assoluto della testimonianza risulta incompatibile con i principi del giusto processo.

Anche se l’art. 7, primo comma, D.Lgs. n. 546/92 lo prevede, i giudici tributari, quasi mai, ai fini istruttori e nei limiti dedotti dalle parti, esercitano tutte le facoltà di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e chiarimenti conferiti agli uffici tributari ed all’ente locale da ciascuna legge d’imposta.

Ecco perché è necessaria una urgente e strutturale riforma della giustizia tributaria con giudici a tempo pieno, professionali, competenti, ben retribuiti (non 15 euro a sentenza depositata!!!!) e, soprattutto, non più dipendenti dal MEF.

Questa dirompente novità dell’art. 27 cit. nel processo tributario deve essere criticata non solo per la soluzione approntata ma anche per la littera legis.

Infatti, non si riesce a comprendere perché se la parte chiede la discussione pubblica, e ciò non sia possibile, automaticamente si deve procedere alla “trattazione scritta” invece di rinviare l’udienza a nuovo ruolo quando l’emergenza sarà finita o quando saranno emanati i necessari provvedimenti amministrativi per le udienze da remoto (rinvio alla lett. A).

3) l’art. 27 e’ contrario alla normativa comunitaria e alla costituzione.

Giustamente il Consiglio Nazionale Forense, l’Organismo Congressuale Forense e l’Unione Nazionale delle Camere degli Avvocati Tributaristi (UNCAT) hanno contestato e criticato l’art. 27 cit. perché contrario alla normativa comunitaria ed alla Costituzione.

Normativa comunitaria.

L’art. 6, primo paragrafo, CEDU stabilisce che “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un Tribunale indipendente e imparziale…..”.

La Corte europea ha più volte chiarito e precisato che la pubblicità è un diritto posto a presidio di fondamentali istanze di garanzia “tutelandolo da una giustizia segreta che sfugge al controllo del pubblico” ma anche una garanzia per la collettività, “permettendo il sindacato sull’esercizio del potere giudiziario, finalizzato a preservare la fiducia nelle corti e nei tribunali; in altre parole, secondo i giudici di Strasburgo, attraverso la trasparenza che assicura all’amministrazione della giustizia, la pubblicità concorre a realizzare “l’equo processo” (si rinvia all’articolo di Livia Bongiorno, in www.lalegislazionepenale.eu ed al mio articolo scritto insieme alla Collega Lucia Morciano, “Il diritto tributario e la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo: la CEDU viene in aiuto del contribuente” in filodiritto del 18/09/2017).

Eccezioni di incostituzionalita’.

L’art. 27 cit. contrasta con i principi regolatori del giusto processo (art. 111, comma 2, della Costituzione) e compromette seriamente il diritto di difesa (art. 24 della Costituzione).

La Corte Costituzionale ha più volte ritenuto illegittima la mancanza di pubblicità in un processo, proprio in riferimento al citato art. 6 CEDU, perché in contrasto con l’art. 117, comma 1, della Costituzione (sentenze n. 93/2010; n. 135/2014; n. 97/2015 ed altre).

4) l’art. 27, terzo comma: no camere di consiglio da remoto.

L’art. 27, terzo comma, cit. testualmente dispone:

“I componenti dei collegi giudicanti residenti, domiciliati o comunque dimoranti in luoghi diversi da quelli in cui si trova la Commissione di appartenenza sono esonerati, su richiesta e previa comunicazione al Presidente di sezione interessata, dalla partecipazione alle udienze o camere di consiglio da svolgersi presso la sede della Commissione interessata”.

Innanzitutto, bisogna precisare che l’art. 35, primo comma, D.Lgs. n. 546 cit. stabilisce testualmente che:

“Il collegio giudicante, subito dopo la discussione in pubblica udienza o, se questa non vi è stata, delibera la decisione in segreto nella camera di consiglio”.

Di conseguenza, secondo me, per rispettare la segretezza della camera di consiglio, l’esonero dell’art. 27 comporta soltanto la sostituzione del giudice ma non la sua partecipazione a distanza nella camera di consiglio, proprio in mancanza dei più volte citati provvedimenti amministrativi (vedi lett. A), i soli che possono veramente garantire ed autorizzare il collegamento audiovisivo, anche per la protezione dei dati personali (infatti, come abbiamo scritto, si deve sentire obbligatoriamente anche il Garante per la protezione dei dati personali dopo le modifiche intervenute).

In definitiva, oggi, in mancanza dei necessari e preventivi provvedimenti amministrativi, non si può consentire di svolgere le camere di consiglio con collegamento da remoto con l’utilizzo di adeguate tecnologie (piattaforme di videoconferenza o, peggio, altri generici strumenti di comunicazione) da parte del Presidente del collegio giudicante, che ne attesta il regolare funzionamento (contrariamente a quanto disposto al n. 4 del decreto del Presidente della CTR per la Puglia del 29/10/2020, già citato).

Infatti, l’art. 27, primo comma, cit. riguarda soltanto lo “svolgimento delle udienze”:

  • pubbliche (art. 34 D.Lgs. n. 546 cit.);
  • camerali (art. 33 D.Lgs. n. 546 cit.);
  • con collegamento da remoto (art. 16 D.L. n. 119 cit.).

Non si fa mai riferimento alle deliberazioni del collegio giudicante (art. 35 D.Lgs. n. 546 cit.).

Inoltre, il “decreto motivato” dell’art. 27, primo comma, cit. è autorizzato sempre e soltanto dal Presidente della CTP o della CTR e non si fa mai riferimento al Presidente del collegio, con il rischio di avere presso una Commissione Tributaria camere di consiglio veramente segrete ed altre da remoto, senza alcuna garanzia legislativa ed amministrativa.

Oltretutto, ammesso e non concesso che, oggi, in mancanza delle autorizzazioni, fosse possibile la camera di consiglio a distanza, non si capisce perché la stessa possibilità non viene concessa al difensore, costringendolo soltanto a depositare note scritte.

Pertanto, oggi, mancando il collegamento da remoto, se il difensore non può partecipare alla pubblica udienza, anche le camere di consiglio non si devono né si possono fare da remoto (con il telefonino o con altri strumenti sul WEB, non ammissibili).

Infine, il riferimento dell’art. 27, primo comma, cit. al fatto che i decreti possono disporre che le udienze e le camere di consiglio si svolgano anche solo “parzialmente da remoto” sta a significare che non tutte le parti processuali costituite devono o possono partecipare da remoto ma soltanto che si possa consentire il collegamento anche ad una sola di esse, perché tecnologicamente collegata ed assistita, sempre con le garanzie di legge più volte citate.

 

 Proposte di modifiche.

Secondo me, l’art. 27 cit., illegittimo ed incostituzionale, come sopra esposto, deve essere assolutamente corretto nel senso di:

  • disporre il rinvio d’ufficio di tutte le udienze sino al 31/12/2020, come previsto nella precedente legislazione d’urgenza (art. 83, comma 21, D.L. n. 18/2020 “CURA ITALIA” e art. 36 D.L. n. 23/2020 “DECRETO LIQUIDITA”);
  • sospendere i termini processuali sino al 31/12/2020;
  • nel frattempo, emanare subito i necessari provvedimenti amministrativi per le video-udienze e mai per le camere di consiglio;
  • in ogni caso, rinviare a nuovo ruolo quanto meno le pubbliche udienze richieste e confermate con insistenza.

In attesa che finalmente si riformi veramente e seriamente la giustizia tributaria, come da anni richiesto da tutti i contribuenti, almeno nella fase pandemica non si deve comprimere e pregiudicare il diritto di difesa dei contribuenti e dei loro difensori.

Volume consigliato

 

 

Avv. Villani Maurizio

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