La conferenza dei servizi

Redazione 15/05/00
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di Alessandra Margherini Taucer

Premessa

L’istituto della conferenza dei servizi è regolato dall’art. 14 della L. 241/90 e successive modifiche, esso non è altro la conferenza delle pubbliche amministrazioni in un tavolo comune, per poter meglio risolvere i problemi e confrontarsi su tematiche comuni, semplificando e razionalizzando così i procedimenti.

L’utilità di una entità organizzativa come la conferenza di servizi assume, quindi, particolare importanza relativamente alle ipotesi di concorso di Amministrazione appartenenti a distinti apparati, insuscettibili di coazione mediante direttive vincolanti emesse da un organo di vertice.

La complessità dei procedimenti segue alla complessità degli interessi sui quali incidere e alla pluralità degli organismi amministrativi, ciascuno dei quali ricollegabili anche a distinti centri di potere, alieni da organizzazioni di tipo gerarchico.

La conferenza di servizi è, dunque, uno strumento utile per favorire la contestualità delle decisioni, mediante l’apporto contemporaneo delle singole Amministrazioni, a distinti titoli competenti, essa, peraltro, non equivale al superamento della distribuzione delle competenze.

La L. 241/90 prevede, secondo una ormai consolidata distinzione dottrinale, due forme di conferenza di servizi, la conferenza istruttoria e la conferenza decisoria.

La conferenza dei servizi istruttoria

Alla conferenza “istruttoria” si ricorre quando “sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo” ex art. 14  L. 241/90, ponendo così l’accento sulla fase preparatoria intesa nel senso più lato del termine.

A questa conferenza debbono essere convocate tutte le pubbliche amministrazioni coinvolte nel procedimento necessario per l’adozione del provvedimento finale, e possono partecipare anche pubbliche amministrazioni non strettamente necessarie ma semplicemente “opportune” secondo il metro valutativo discrezionale della P.A. o delle pubbliche amministrazioni procedenti.

Le varie istanze emerse in sede di conferenza verranno esaminate dall’ente competente ad emanare l’atto finale, che, se del caso, richiederà l’integrazione degli atti necessari ai fini istruttori.

La conferenza di servizi è dunque il modo tipico di acquisizione e di selezione degli interessi pubblici, così come la partecipazione è il modo tipico di acquisizione degli interessi privati, ed è una modalità voluta dalla legge per far sì che lo scambio di informazioni tra le varie pubbliche amministrazioni possa essere il più efficiente possibile, uno strumento molto elastico, che prevede una fase dialettica intensa tesa al raggiungimento del miglior risultato possibile, della migliore cura possibile dell’interesse pubblico, o meglio, dei vari interessi pubblici di cui ogni amministrazione è portatrice, ognuna nel rispetto reciproco delle funzioni assegnate dallo Stato.

La conferenza dei servizi decisoria

L’art. 14 c.2 recita “la conferenza stessa può essere indetta anche quando l’amministrazione procedente debba acquisire intese, concerti, nulla-osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche. In tal caso le determinazioni concordate nella conferenza tra tutte le amministrazioni intervenute tengono luogo degli atti predetti. In questo modo le manifestazioni consensuali rese all’interno della conferenza di servizi da parte delle amministrazioni partecipi “tengono luogo”, sostituiscono per espresso dettato legislativo gli atti tipici che sarebbero stati necessari per la conclusione del procedimento.

Il provvedimento finale rimane dunque formalmente e nei suoi aspetti costitutivi nella disponibilità dell’amministrazione procedente. Infatti la conferenza non è un organo collegiale perfetto, sarebbe forse più corretto parlare di decisione concordata occorrendo il consenso di tutte le parti, come se si parlasse di un accordo contrattuale. Nonostante l’efficacia costitutiva del provvedimento sia imputata al solo organo in quanto tale, si ritiene applicabile alla conferenza la disciplina relativa alla convocazione, alle verbalizzazioni, alla presidenza propria degli organi collegiali.

Da un punto di vista strutturale la conferenza di servizi costituisce un particolare modulo procedimentale avente natura di “accordo amministrativo”, tale per cui non può imputarsi alla sola amministrazione procedente, ma a tutte quelle partecipanti.

Infatti l’art. 14 dice che la conferenza si conclude con “le determinazioni concordate… fra tutte le amministrazioni intervenute”, determinazioni che hanno tenuto luogo, come già abbiamo avuto modo di notare, degli atti di competenza delle amministrazioni concorrenti nel procedimento.

Si conclude in altri termini con una approvazione collettiva dell’iniziativa che ne costituisce l’oggetto e che si atteggia come una speciale tipologia di accordo amministrativo.

A differenza della conferenza istruttoria, nella conferenza decisoria l’apporto delle varie amministrazioni rileva direttamente in fase di accordo, e non nella fase istruttoria ed endoprocedimentale.

La legge ha voluto predisporre uno strumento il più agile possibile, prevedendo anche un acquisto automatico dell’assenso delle amministrazioni invitate e non partecipanti o partecipanti tramite soggetti non titolati ove non abbiano tempestivamente espresso il proprio motivato dissenso, ex art. 14 L. 241/90.

Al fine di rendere effettivo il valore della conferenza di servizi si prevede, infatti, che l’assenza di partecipazione alla conferenza o la partecipazione con persone prive di competenza, e quindi non idonee a vincolare le Amministrazioni di appartenenza, importa una situazione analoga a quella conseguente alla prestazione di consenso.

Questa equivalenza può essere preclusa dalla tempestiva comunicazione del motivato dissenso se le determinazioni adottate hanno contenuto sostanzialmente diverso da quelle originariamente previste.

Con quest’ultima locuzione si è inteso riferirsi a provvedimenti aventi carattere vincolato, e quindi agevolmente prevedibili, sia sotto il profilo della loro emanazione, sia per la rispettiva portata, ovvero provvedimenti il cui contenuto sia comunque noto.

La disposizione di cui al comma 3 dell’art.14 è volta a conciliare due esigenze: da un lato, quella di acquisire da parte dell’autorità procedente l’assenso (comunque denominato) delle altre Amministrazioni pubbliche; dall’altro quella di assicurare comunque l’ulteriore iter della procedura, anche in mancanza di un’esplicita pronuncia dell’Amministrazione, per così dire, inadempiente. A tale riguardo, occorre sottolineare che non è sufficiente ad integrare la fattispecie equivalente all’assenso la mera mancata partecipazione alla conferenza (ovvero alla partecipazione con soggetti privi di potere rappresentativo), ma occorre che, entro i termini espressamente stabiliti dalla norma, l’Amministrazione inadempiente non abbia comunicato il proprio motivato dissenso (ovvero entro i 20 giorni decorrenti dalla conferenza stessa ovvero dalla data di ricevimento della comunicazione).

Si richiama l’attenzione sul fatto che il dissenso non può essere puro e semplice ma deve essere accompagnato dall’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto idoneo a giustificarlo. Inoltre, il dissenso è rilevante non con riferimento a qualunque conclusione raggiunta dalla conferenza di servizi. Infatti, come si è già accennato, il dissenso è rilevante quando le determinazioni adottate dalla conferenza sono diverse da quelle previste. Non potrebbe infatti fondatamente ammettersi che sia possibile dare rilevanza generalizzata al dissenso posto che in tal modo sarebbe elusa la disciplina relativa alla conferenza di servizi.

Comunque, in caso di dissenso motivato, si può sempre attivare la procedura prevista dal comma 6 dell’art. 14 L. 241/90, infatti, nel caso in cui una Amministrazione abbia espresso, anche nel corso della conferenza, il proprio motivato dissenso, l’Amministrazione procedente può assumere la determinazione di conclusione positiva al procedimento dandone comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri, ove l’Amministrazione procedente o quella dissenziente sia una Amministrazione statale; negli altri casi la comunicazione è data al Presidente della Regione ed ai Sindaci. Il Presidente del Consiglio dei  Ministri, previa delibera del Consiglio medesimo o il Presidente della Regione o i Sindaci, previa deliberazione del Consiglio Regionale o dei Consigli Comunali, entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione possono disporre la sospensione della determinazione inviata; trascorso tale termine, in assenza di sospensione, la determinazione è esecutiva.

Qualora il motivato dissenso alla conclusione del procedimento sia espresso da una Amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico – territoriale, del patrimonio storico – artistico o alla tutela della salute dei cittadini, l’Amministrazione procedente può richiedere, purché non vi sia stata una precedente valutazione di impatto ambientale negativa in base alle norme tecniche di cui al D.P.C.M. 27.12.1988, pubblicato nella G.U. n. 4. del 05.01.1989, una determinazione di conclusione del procedimento al Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.

Infine, si deve rilevare, che l’indizione della conferenza di servizi, comporta, a carico dell’Amministrazione procedente, una serie di oneri tra cui la preventiva messa a disposizione di tutta la documentazione tecnica occorrente ai vari soggetti competenti al fine di porli in condizione di esprimere consapevolmente le proprie determinazioni al tavolo della conferenza (ad esempio, l’invio dei progetti esecutivi ai soggetti tenuti a rilasciare pareri, autorizzazioni o nulla osta). All’uopo sarà ovviamente necessario prevedere un congruo termine per l’approfondimento e lo studio dell’oggetto della conferenza stessa. Solo successivamente al decorso di tale termine, la conferenza potrà essere validamente convocata.

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