La Cassazione chiarisce quando non è configurabile l’ipotesi della lieve entità di cui all’art. 73, c. 5, d.P.R. n. 309/1990: vediamo in che modo

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(Ricorso dichiarato inammissibile)

(Riferimento normativo: d.P.R., 9/10/1990, n 309, art. 73, c. 5)

Il fatto

Il Tribunale del riesame di Perugia rigettava la richiesta avente ad oggetto l’ordinanza GIP/tribunale di Perugia con cui era stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di detenzione illecita a fini di cessione di sostanza stupefacente del tipo cocaina e hashish nonché per il reato di ricettazione in relazione a fatti contestati come commessi tra il gennaio ed il maggio 2019.

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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Proponeva ricorso per cassazione il ricorrente, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo un unico motivo, la violazione di legge in relazione all’art. 73, co. 5, TU Stup. e correlato vizio di manifesta illogicità della motivazione sostenendosi che erroneamente i giudici del riesame non avevano ritenuto configurabile la fattispecie del fatto di lieve entità ex art. 73, co. 5, TU Stup. contestando la motivazione del tribunale che avrebbe ritenuto ostative alla qualificazione giuridica la pluralità di cessioni a quattro soggetti diversi.

Tale soluzione, tuttavia, a giudizio del ricorrente, contrasterebbe con l’orientamento prevalente della Cassazione, sostenuto da una serie di pronunce della Sesta sezione penale, richiamate nel corpo del ricorso, secondo cui la fattispecie di lieve entità non potrebbe essere esclusa in base al mero rilievo della pluralità di cessioni reiterate nel tempo dovendosi valutare tutti i parametri dettati in proposito dall’art. 73, co. 5, citato.

I giudici del riesame, invece, nonostante le decisioni in senso contrario della Cassazione, avrebbero motivato in modo contraddittorio e manifestamente illogico affermando che una pluralità di cessioni effettuate dal solo indagato nei confronti di soli 4 soggetti in un arco temporale di 4 mesi fossero elementi ostativi alla riqualificazione giuridica invocata pur in assenza di una struttura organizzativa.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso veniva ritenuto infondato alla stregua delle seguenti considerazioni.

Si osservava prima di tutto come i giudici del riesame, investiti della identica doglianza, avessero sul punto condiviso le conclusioni del GIP che aveva già escluso nell’ordinanza genetica la sussumibilità del fatto nell’ipotesi di lieve entità osservando come, nel caso concreto, l’indagato aveva posto in essere continue cessioni di stupefacente, principalmente cocaina, ma anche hashish, nei confronti di un numero indefinito di persone, cessioni che si erano protratte per mesi e conducendo ciò i giudici di merito a ritenere illecita l’attività compiuta dall’indagato come altamente diffusiva e concretamente offensiva aggiungendosi come denotasse abilità e scaltrezza l’accorgimento, adottato dall’indagato, di presentarsi con poche dosi, che teneva occultate in bocca, al fine di farle, all’occorrenza, sparire rapidamente.

A tale conclusione, cui era pervenuto il primo giudice, il Tribunale del riesame aggiungeva poi la considerazione secondo cui costituiva circostanza altamente offensiva, e dunque incompatibile con una ricostruzione del fatto in termini di lieve entità, il fatto che l’indagato, in relazione ai soli quattro tossicodipendenti individuati, in un arco temporale ristretto, che andava dal gennaio al maggio 2019, risultava avere venduto cocaina e hashish in ben circa 170 occasioni.

Orbene, tale elemento, associato a quelli già indicati dal GIP, ad avviso del Supremo Consesso, rendeva del tutto logica e immune da vizi la conclusione cui era pervenuto il Tribunale del riesame secondo cui la valutazione del mero dato quantitativo in uno a quella riguardante le modalità di vendita delle sostanze era tale da escludere la sussumibilità del fatto nell’ipotesi della lieve entità trattandosi di motivazione che, secondo gli Ermellini, si sottraeva al sindacato legittimità della Cassazione anche per quanto concerne la sua correttezza giuridica atteso che, se è ben vero che la giurisprudenza richiamata dal ricorrente ritiene che il fatto di lieve entità non può essere legittimamente escluso in ragione della reiterazione nel tempo di una pluralità di condotte di cessione della droga giacché in tal modo si prescinde da una valutazione di tutti i parametri dettati in proposito dall’art. 73, comma quinto, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (tra le tante: Sez. 6, n. 21612 del 29/04/2014), è tuttavia altrettanto indubbio che, sempre secondo la giurisprudenza della Cassazione, la reiterazione nel tempo di una pluralità di condotte di cessione della droga, pur non precludendo automaticamente al giudice di ravvisare il fatto di lieve entità, entra in considerazione nella valutazione di tutti i parametri dettati, in proposito, dall’art. 73, comma quinto, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, conseguendone che è legittimo il mancato riconoscimento della lieve entità qualora la singola cessione di una quantità modica, o non accertata, di droga costituisca manifestazione effettiva di una più ampia e comprovata capacità dell’autore di diffondere in modo non episodico, né occasionale, sostanza stupefacente, non potendo la valutazione della offensività della condotta essere ancorata al solo dato statico della quantità volta per volta ceduta ma dovendo essere frutto di un giudizio più ampio che coinvolga ogni aspetto del fatto nella sua dimensione oggettiva (in tal senso: Sez. 3, n. 6871 del 08/07/2016).

Orbene, a fronte di ciò, il Supremo Consesso notava come, nel caso di specie, i giudici del riesame avessero dimostrato di aver fatto buongoverno di tale principio procedendo ad una coerente valutazione della offensività della condotta valorizzando in chiave negativa il fatto che l’indagato, in relazione ai soli quattro tossicodipendenti individuati, in un arco temporale ristretto che andava dal gennaio al maggio 2019, risultava avere venduto cocaina e hashish in ben circa 170 occasìoni e, dunque, si trattava di una condotta che denotava come quella pluralità di cessioni costituisse manifestazione effettiva di una più ampia e comprovata capacità dell’autore di diffondere in modo non episodico, né occasionale, sostanza stupefacente, incompatibile, in quanto tale, con la valutazione di tenuità del fatto richiesta dall’art. 73, co. 5, TU Stup..

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante in quanto in essa si spiega in che modo è configurabile l’ipotesi della lieve entità di cui all’art. 73, c. 5, d.P.R. n. 309/1990.

Difatti, in questa pronuncia, è postulato che è legittimo il mancato riconoscimento della lieve entità qualora la singola cessione di una quantità modica, o non accertata, di droga costituisca manifestazione effettiva di una più ampia e comprovata capacità dell’autore di diffondere in modo non episodico, né occasionale, sostanza stupefacente, non potendo la valutazione della offensività della condotta essere ancorata al solo dato statico della quantità volta per volta ceduta ma dovendo essere frutto di un giudizio più ampio che coinvolga ogni aspetto del fatto nella sua dimensione oggettiva.

Pertanto, ove dovesse ravvisarsi una ipotesi di questo genere, ben può essere esclusa la sussistenza di questa ipotesi di reato alla luce di quanto affermato in tale pronuncia.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché chiarisce quando questa norma giuridica non è applicabile, dunque, non può che essere positivo.

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