La Cassazione afferma la nullità della notificazione ad indirizzo di posta elettronica certificata estratto dal registro INI-PEC: una decisione da dimenticare

Redazione 17/04/19
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di Martino Zulberti*

* Ricercatore nell’Università di Milano

Sommario

1. Il caso deciso dalla sentenza n. 3709/2019 della Corte di cassazione

2. Il principio di diritto affermato

3. Osservazioni critiche

4. Rilievi conclusivi

1. Il caso deciso dalla sentenza n. 3709/19 della Corte di cassazione

Con la sentenza n. 3709/19 la Corte di cassazione si occupa della questione se sia valida la notificazione effettuata dal difensore ad indirizzo PEC estratto dal registro INI-PEC.

In sintesi i fatti del caso.

L’amministrazione finanziaria proponeva ricorso per cassazione avverso una sentenza notificata al difensore tramite PEC ad indirizzo estratto dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC).

Al fine di stabilire la tempestività dell’impugnazione, posto che, pur rispettato il termine semestrale di cui all’art. 327 c.p.c., era decorso il termine breve per l’impugnazione di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza, la Corte si è chiesta se potesse ritenersi valida la notificazione effettuata all’indirizzo di posta elettronica risultante nel registro INI-PEC.

La soluzione cui è approdata la Corte è stata in senso negativo, sì da ritenere ammissibile l’impugnazione, sulla scorta del rilievo per cui la notificazione della sentenza ad indirizzo PEC attinto dal registro INI-PEC dovrebbe ritenersi nulla e perciò inidonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione.

2. Il principio di diritto affermato

Siffatta conclusione è stata argomentata attraverso il richiamo a precedenti giurisprudenziali[1], nei quale sarebbe stato stabilito – nella lettura operatane dai giudici di legittimità -, per un verso, che la notificazione dell’impugnazione andrebbe effettuata all’indirizzo PEC del difensore costituito risultante dal registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE) e, per altro verso, che la notificazione della sentenza ad indirizzo PEC diverso da quello inserito in tale registro non sarebbe idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione.

In base a tali principi, la sentenza è giunta ad affermare che «Il domicilio digitale previsto dal d.l. n. 179 del 2012, art. 16 sexies, conv. con modif., in l. n. 221 del 2012, come modificato dal d.l. n. 90 del 2014, conv. con modif., in l. n. 114 del 2014, corrisponde all’indirizzo pec che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza e che, per il tramite di quest’ultimo è inserito nel registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE), gestito dal Ministero della giustizia. Solo questo indirizzo è qualificato ai fini processuali ed idoneo a garantire l’effettiva difesa, sicché la notificazione di un atto giudiziario ad un indirizzo pec riferibile – a seconda dei casi – alla parte personalmente o al difensore, ma diverso da quello inserito nel ReGIndE, è nulla, restando del tutto irrilevante la circostanza che detto indirizzo risulti dall’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INI-PEC)».

1 Cass. 14 dicembre 2017, n. 30139; Cass. 25 maggio 2018, n. 13224.

3. Osservazioni critiche

Un tale principio di diritto appare criticabile per varie ragioni.

L’art. 16-sexies d.l. n. 179/12 dispone che, fatto salvo quanto previsto dall’art. 366 c.p.c. in relazione al giudizio di cassazione[2], le notificazioni di atti in materia civile al difensore in cancelleria su istanza di parti private è possibile solo quando la notificazione tramite PEC sia impossibile per causa imputabile al destinatario. A sua volta, l’art. 82, r.d. n. 37/1934 stabilisce che il difensore, che eserciti fuori dalla circoscrizione d’appartenenza, deve eleggere domicilio nel luogo dove ha sede il giudice adito, considerandosi, in mancanza, il domicilio presso la cancelleria. Dal coordinamento delle due norme sembra oggi da negare la possibilità di procedere alla notifica in cancelleria anziché all’indirizzo PEC[3]. Si coglie dunque che l’art. 16-sexies regola il “domicilio digitale” del difensore imponendo la notifica degli atti alla PEC di quest’ultimo, con esclusione della possibilità di procedere alla notifica in cancelleria, rimanendo per contro estranea dal campo di applicazione della norma l’ipotesi di notificazione direttamente alla parte, di cui erroneamente discorre la Corte[4].

Quanto poi l’indirizzo PEC al quale va effettuata la notificazione, può osservarsi, per un verso, che l’art. 16-sexies d.l. n. 179/12 fa riferimento a quelli risultanti nel registro INI-PEC in alternativa nel ReGIndE e, per altro verso, che i precedenti richiamati dalla sentenza in esame non hanno invero escluso la rilevanza del registro INI-PEC[5]. La soluzione adottata dalla Corte non può perciò essere condivisa neppure sotto tale profilo.

Con riferimento, più in generale, alle notificazioni con modalità telematica ad opera del difensore, l’art. 3-bis l. n. 53/94 stabilisce che vadano eseguite all’indirizzo PEC risultante da pubblici registri. A sua volta, l’art. 16-ter d.l. n. 179/12 individua i pubblici registri dai quali può essere estratto l’indirizzo PEC al quale procedere alla notificazione. Più specificamente, nella versione di tale articolo introdotta, da ultimo, dal d.lgs. n. 217/17 viene fatto riferimento ai registri previsti dagli articoli 6-bis[6], 6-quater[7] e 62[8] d.lgs. n. 82/05, dall’art. 16, comma 12, del medesimo decreto legislativo[9], dall’art. 16, comma 6, d.l. n. 185/08, conv. con modif. dalla l. n. 2/09[10], nonché al registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia. In ragione di ciò, il principio di diritto affermato dalla Corte appare privo di fondamento positivo, laddove, anche con riferimento alla notificazione personale alla parte, ne limita la validità se effettuata ad indirizzo PEC inserito nel ReGIndE[11].

2 In particolare il riferimento va all’art. 366, comma 2, c.p.c. giusta il quale «Se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma ovvero non ha indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di cassazione».

3 Sul punto, cfr. A. Bonafine, L’art. 82, r.d. n. 37/1934 sotto la spinta del “domicilio digitale”. Una pronuncia a conferma del favor per le forme telematiche, in Corriere giur., 2018, 88 ss.

4 Una acritica ed errata applicazione del principio di diritto affermato dalla Corte è stata fatta dalla giurisprudenza di merito, la quale ha ritenuto non correttamente effettuata la notifica di un decreto ingiuntivo all’indirizzo PEC del debitore ingiunto estratto dal registro INI-PEC: cfr. Trib. Cosenza 1 marzo 2019, in www.ilprocessotelematico.it, con nota critica di F. Testa.

5 Cass. 25 maggio 2018, n. 13224 ha sostenuto che «l’unico indirizzo di posta elettronica criticata rilevante è quello risultante dagli elenchi di cui al d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 6 bis [il registro INI-PEC, ndr], nonché dal ReGIndE, gestito dal Ministero della giustizia», su questa premessa escludendo che la notificazione possa essere effettuata al diverso indirizzo PEC che sia eventualmente indicato dalla parte negli atti di causa. In senso simile Cass. 14 dicembre 2017, n. 30139 ha osservato, con riferimento all’art. 16 sexies d.l. n. 179/12 che «tale norma, dunque, nell’ambito della giurisdizione civile (…) impone alle parti la notificazione dei propri atti presso l’indirizzo PEC risultante dagli elenchi INI PEC di cui al d. lgs. n. 82 del 2005, art. 6 bis (codice dell’amministrazione digitale) ovvero presso il ReGIndE, di cui al d.m. n. 44 del 2011, gestito dal Ministero della giustizia», con conseguente nullità della notificazione presso la cancelleria, salvo nei casi di impossibilità a procedersi a mezzo PEC per cause imputabili al destinatario.

6 Indice nazionale dei domicili digitali (INI-PEC).

7 Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato, non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese.

8 A sensi dell’art. 3-bis d.l. n. 179/12 ogni cittadino può comunicare alla PA un proprio indirizzo PEC quale proprio domicilio digitale, che viene inserito nell’Anagrafe nazionale della popolazione residente.

9 Elenco indirizzi PEC delle pubbliche amministrazioni.

10 Registro delle imprese.

11 G. Vitrani, I pubblici registri utilizzabili per la notifica telematica: la Cass. n. 3709/19 e i profili problematici, in www.ilprocessotelematico.it.

4. Rilievi conclusivi

Sorge, infine, il dubbio se il problema giuridico che era chiamata a risolvere la Corte non fosse piuttosto quello della validità della notificazione effettuata ad indirizzo PEC risultante dell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (iPA); registro oggi disciplinato dall’art. 6-ter d.lgs. n. 82/05 e nel quale sono indicati «i domicili digitali da utilizzare per le comunicazioni e per lo scambio di informazioni e per l’invio di documenti a tutti gli effetti di legge tra le pubbliche amministrazioni, i gestori di pubblici servizi e i privati». Difatti, si legge nel provvedimento in esame che la difesa erariale aveva eccepito la nullità della notificazione della sentenza impugnata e sostenuto di conseguenza la tempestività del ricorso per cassazione in ragione del fatto che l’indirizzo PEC al quale era stata effettuata la notifica «viene utilizzato dall’Avvocatura dello Stato per scopi amministrativi e non giudiziari». Il che fa pensare che tale indirizzo PEC fosse quello indicato nell’iPA e non nel registro INI-PEC, come, per contro, si legge nella sentenza[12]. Il registro iPA sino al 2014 poteva essere utilizzato per l’individuazione degli indirizzi PEC ai quali procedere con la notificazione, essendo annoverato dall’art. 16-ter d.l. n. 179/12 fra i pubblici registri. Il richiamo ad esso, però, è stato espunto dal contesto dell’art. 16-ter, per effetto dell’art. 45, comma 2, lett. a), d.l. n. 90/2014, ragione per cui è oggi discussa la validità delle notificazioni effettuate agli indirizzi PEC ricavati da tale registro[13].

12 Secondo il Presidente del CNF, come evidenziato nella lettera del 5 marzo 2019 inviata al Primo Presidente della Corte di cassazione, si tratterebbe di un errore materiale nel quale sarebbero incorsi i giudici di legittimità. Conf., M. Reale, La Cassazione non qualifica INI PEC pubblico elenco valido per le notifiche ex l. n. 53 del 1994 , in www.quotidianogiuridico.it.

13 L’orientamento prevalente appare orientato a negare che il registro iPA che possa essere considerato pubblico registro ai fini in questione: cfr. Cass. 9 gennaio 2019, n. 287; Cass. 11 maggio 2018, n. 7026. Conf. A. Bonafine, L’atto processuale telematico. Forma, patologie, sanatorie, Napoli, 2017, 230; L. Durello, La notificazione a mezzo posta elettronica certificata da parte dell’avvocato, in Giusto proc. civ., 2017, 1251; V. Di Giacomo, Il processo civile telematico, Milano, 2015, 263 s. In senso contrario, cfr. Cons. Stato 12 dicembre 2018, n. 7026; Trib. Milano 8 dicembre 2016, n. 33200, in www.ilprocessociviletelematico.it, con nota critica di P. Calorio.

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